Siccome la scadenza di giugno è quasi dietro l'angolo occupiamoci di questa.
Gli immobili urbani sono divisi in due categorie:
- la prima è costituita dalle abitazioni principali, e con l'espressione si intende la casa in cui il contribuente ha la propria residenza fiscale;
- la seconda è invece composta dalle case in cui non si ha residenza e dagli immobili non residenziali (uffici, laboratori, negozi, fabbriche eccetera).
I box stanno a mezzo del guado: se sono pertinenziali a un'abitazione principale le sono assimilati (ma il beneficio può riguardare una sola unità), altrimenti seguono le regole degli immobili non residenziali.
L'aliquota di riferimento per le abitazioni principali è pari allo 0,4% sulla rendita catastale originaria rivalutata del 5% e moltiplicata per 160.
Dalla somma così ottenuta si detraggono 200 euro più altri 50 euro per ogni figlio di età inferiore a 26 anni se residente nella stessa abitazione.
L'aliquota standard per gli altri immobili è dello 0,76% calcolato senza nessuna ulteriore detrazione e su una base imponibile che si ottiene:
a. per le case e i box effettuando lo stesso calcolo indicato sopra per le abitazioni principali;
b. per i negozi aumentando la rendita del 5% e moltiplicando il risultato per 55;
c. per gli uffici e gli studi professionali aumentando la rendita del 5% e moltiplicando il risultato per 80.
L'acconto di giugno sarà pari alla metà dei risultati così ottenuti.
Il calcolo di per sé non è complicato ma il meccanismo appare oggettivamente farraginoso.
Per conoscere la rendita catastale su cui effettuare il computo basta però disporre di una dichiarazione dei redditi in cui si sia già indicato l'immobile: nel 730 il riferimento è il rigo B1 (dove la rendita è indicata senza rivalutazione del 5%), nel modello Unico invece il punto di partenza è il rigo RB1, dove però la rendita indicata ingloba anche la rivalutazione del 5%.
4 Aprile 2012