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Conflittualità e affidamento condiviso. Cassazione civile 17191/2011. Una sentenza male interpretata.
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a cura di Marino Maglietta, pres. ass. Crescere Insieme
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La Corte di Cassazione ha recentemente emesso una sentenza (17191, 11 agosto 2011) pressoché unanimemente accolta dai commentatori come la fine della possibilità di stabilire un affidamento condiviso quando la conflittualità è elevata. Tipicamente sono state riportate singole frasi, o frammenti di frasi, del provvedimento e su quella base si sono tratte le conclusioni, prevalentemente dense di soddisfazione. Ad es., commenta l’Associazione Matrimonialisti Italiani: ““Finalmente si sancisce il principio per cui due genitori in aspro conflitto tra loro non siano degni di esercitare congiuntamente il proprio ruolo” (www.jusforas.it). Condivide la presunta scelta anche Anna Costagliola: “Anche alla luce della sentenza in commento”, l’affidamento condiviso “ ... non deve considerarsi un risultato da raggiungere ad ogni costo, in quanto la condivisibile affermazione del giusto principio della piena corresponsabilità genitoriale e del diritto del minore alla bigenitorialità, non può non tener conto del fatto che situazioni di grande litigiosità pregresse alla rottura di un legame rendono, nella maggior parte dei casi, estremamente difficile un dialogo proficuo e sereno fra gli ex coniugi (da “Affido condiviso: la Cassazione lo esclude in ipotesi di grave conflittualità tra i coniugi”, in www.diritto.it). Altri, d’altronde, censurano il provvedimento, ma tuttavia ne avallano l’interpretazione. Come Rita Rossi (www.personaedanno.it, 12 settembre 2011), che così commenta: “Non risponde, poi, al vero ed è anzi un convincimento anacronistico quello che condiziona la possibilità di un affidamento condiviso all’esistenza di un accordo sugli obiettivi educativi” Più correttamente la senatrice Emanuela Baio non entra nel merito della sentenza – perché non ha potuto esaminarla nella sua interezza – ma implicitamente si pronuncia sotto ipotesi: se davvero dice questo sbaglia. Afferma, infatti: “la ratio della norma è valida per tutti i casi di separazione, sia per quelli consensuali e pacifici, ma soprattutto per le situazioni conflittuali”. E aggiunge: “Di fronte al conflitto tra coniugi non ritengo opportuna la scelta di affido unico a discapito dell'affido condiviso e quindi del benessere di chi ne pagherà le conseguenze maggiori: i figli". "I genitori, qualunque siano i rapporti che tra di loro intercorrano, sono e saranno genitori per tutta la vita e i figli per crescere hanno bisogno di entrambi, solo così si può assicurare loro un corretto e armonico equilibrio psicofisico. … Compito delle istituzioni è di garantire ai bambini la possibilità di crescere serenamente e avere l'affetto di entrambi i genitori, è l'unica via per assicurare una crescita serena a coloro che saranno gli adulti di domani.". Rammentando che la Sen. Baio è stata relatrice in Commissione Giustizia del Senato del disegno di legge che ha introdotto l’affidamento condiviso, il suo parere ha il significato e il peso di una interpretazione autentica della legge in vigore. Piaccia o non piaccia. Riepilogando brevemente la vicenda che ci occupa, si tratta di una separazione altamente conflittuale, decisa dalla moglie a causa – a suo dire – delle vessazioni subite dal marito e dai suoceri. In primo grado inizialmente (anno 2000) viene stabilito un affidamento esclusivo alla madre della bimba, allora di pochi anni. Successivamente, al termine di una istruttoria che dura circa sei anni e comprende una consulenza tecnica di ufficio, essendo nel frattempo cambiata la normativa il tribunale stabilisce l’affidamento condiviso della figlia e respinge le incrociate domande di addebito. Ricorso immediato della signora alla Corte di Appello di Brescia, la quale vira su un affidamento esclusivo alla madre, aggiungendo anche l’addebito al padre della responsabilità del fallimento dell’unione. La motivazione fa perno sulla specifica inadeguatezza paterna, anche se si spinge a teorizzazioni inappropriate di tipo generale. Non è, infatti, certamente condivisibile la tesi che l’affidamento condiviso per essere stabilito richieda “un accordo sugli obiettivi educativi, una buona alleanza genitoriale e un profondo rispetto dei rispettivi ruoli”. Queste circostanze sono certamente auspicabili, ma da vedere come obiettivi - oltre tutto più facilmente raggiungibili se ai due genitori si attribuiscono equilibratamente diritti e doveri - non come prerequisiti. Resta il fatto che poi, sviluppando il ragionamento, il giudice di Brescia sostiene la tesi della inidoneità del padre per immaturità, da collegare alla incapacità di difendere la moglie dagli attacchi ingiustificati della propria madre. E’ il distorto contesto relazionale, all’interno del quale il padre “abdicando all’autonomia del proprio nucleo familiare e della dignità della propria moglie e mantenendo una condotta che confermava le valutazioni compiuta dai consulenti di ufficio circa l’esistenza di una sua dipendenza non ancora risolta con la madre”, che sconsiglia l’affidamento condiviso. Giunti di fronte alla Suprema Corte per ricorso del padre, si può constatare con sollievo che in effetti questa non si è discostata dalle proprie precedenti valutazioni ed ha applicato correttamente la norma. A trarre in inganno molti illustri commentatori è stato con tutta probabilità il termine “Corte”, che nel provvedimento a volte indica la Cassazione e a volte la Corte di Appello di Brescia. Ad es., De Vito (www.personaedanno.it, agosto 2011), scrive: “La Suprema corte nel caso di specie ha escluso, per i coniugi, l’affidamento condiviso della loro figlia minore perché, non avendo rinvenuto tra gli stessi «un accordo sugli obiettivi educativi, una buona alleanza genitoriale e un profondo rispetto dei rispettivi ruoli», ha ritenuto che tale provvedimento avrebbe potuto pregiudicare lo sviluppo psicologico della minore.” Ma il virgolettato riproduce il pensiero e le parole del giudice di secondo grado, non della Cassazione. Se si fa la corretta distinzione, ci si rende conto, invece, che è solo a livello di merito che si introducono qua e là affermazioni false, per altro non decisive. Basandosi esattamente su quest’ultima circostanza - ovvero sulla linea generale del ragionamento e sulle concrete conclusioni, anziché sulle singole frasi – la Corte di Cassazione ha salvato la decisione, astenendosi tuttavia dal condividere le parti della motivazione infedeli alla norma. Anzi, prendendone esplicitamente le distanze. Non a caso, per difendere il giudice di Brescia, prende ad esempio proprio Cassazione 16593/2008 – permanentemente utilizzata per respingere la tesi che la conflittualità possa essere motivo per negare l’affidamento condiviso. Sosteneva quella, infatti, che “L'affidamento condiviso non puo' ragionevolmente ritenersi comunque precluso, di per se', dalla mera conflittualita' esistente fra i coniugi, poiché avrebbe altrimenti una applicazione, evidentemente, solo residuale, finendo di fatto con il coincidere con il vecchio affidamento congiunto. Occorre viceversa, perche' possa derogarsi alla regola dell'affidamento condiviso, che risulti, nei confronti di uno dei genitori, una sua condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa o comunque tale appunto da rendere quell'affidamento in concreto pregiudizievole per il minore”. In concreto, gli Ermellini non tanto sviluppano nuove argomentazioni, quanto si preoccupano di spiegare e giustificare la decisione della Corte di merito. Sotto questo profilo, viene raccolta la parte valida, ovvero la conclusione, ma ci si astiene dal sostenerne il ragionamento. Tutto al contrario, si afferma che “la sentenza impugnata non ha disatteso il principio del diritto della minore alla bigenitorialità nel momento in cui ha ritenuto pregiudizievole per l’interesse della medesima l’affidamento condiviso. … La sentenza non si è limitata ad un generico riferimento ad una mera conflittualità tra coniugi, ma ha esposto un percorso argomentativo conforme all’orientamento di questa Corte (cfr ex multis Cass. 16953/2008; Cass. 1202/2006) e congruamente sostenuto dalle fonti sulle quali si basa”. Rammentato che Cass. 1202/2006, benché antecedente alla novella della legge 54, attiene esattamente ad una valutazione di inidoneità per ingerenze familiari, e che la 169953/2008, esattamente come in questo caso, dopo avere sostenuto la tesi di cui sopra conclude, nel caso specifico, per un affidamento esclusivo, può ben ritenersi Cass. 17191/2011 una ulteriore conferma della irrilevanza della conflittualità, ove non si individui un genitore aggredito e uno aggressore, ovvero uno idoneo e uno non idoneo.
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