Il tempo che passa fra il risveglio e la prima sigaretta della giornata incide in modo importante sulle probabilità di sviluppare il cancro del polmone. Al punto che, secondo uno studio italo-americano, pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute, questo parametro andrebbe affiancato a quelli di cui già si tiene conto quando si valutano i danni da fumo nei singoli pazienti. Stando alle cifre appena rese note, rispetto a chi al mattino aspetta un’ora o più, chi accende la sigaretta entro i cinque minuti vede aumentare di tre volte e mezza il rischio di ammalarsi, chi lo fa fra i sei minuti e la mezz’ora di due volte e mezza, mentre chi inizia a fumare 31-60 minuti dopo che la sveglia ha suonato ha un rischio poco più che doppio di contrarre il tumore. Il fenomeno è più marcato fra chi fuma poco, ed è indipendente da altri fattori che certamente incidono sulla malattia, come il numero di sigarette consumate ogni giorno e quello degli anni trascorsi fumando.
I risultati si basano principalmente sui dati dello studio epidemiologico «Eagle», che ha l’obiettivo di individuare i fattori di rischio del tumore del polmone, e che pur svolgendosi in Italia è finanziato dai National Institutes of Health statunitensi. «Vi partecipano oltre duemila persone con la malattia, tutte residenti in Lombardia, la cui storia viene confrontata con quella di altrettanti soggetti sani» spiega Pier Alberto Bertazzi, direttore del Dipartimento di medicina della prevenzione al Policlinico di Milano e coordinatore di «Eagle». Sebbene sia la prima volta che l’importanza delle abitudini mattutine dei fumatori emerge così chiaramente, altri studi in passato avevano dimostrato che chi fa trascorrere appena una manciata di minuti fra il risveglio e la prima sigaretta ha nelle urine una concentrazione maggiore di metilnitrosamino-piridil-butanolo, uno dei principali agenti cancerogeni contenuti nel tabacco.
«C’è una spiegazione per questo - dice l’epidemiologo milanese -: infatti, il tempo che si lascia passare al mattino prima di fumare è un indice della dipendenza da nicotina. Chi è fortemente dipendente non consuma necessariamente un numero maggiore di sigarette, ma tende a inalare più profondamente e immette così in circolazione una quantità maggiore di cancerogeni». Non esistono insomma i fumatori “light” perché anche chi fuma poco può avere un rischio elevato di ammalarsi. Prova ne sia che «l’incidenza del cancro al polmone fra chi consuma da una a dieci sigarette al giorno, ma inizia entro i 60 minuti dal risveglio, è uguale o persino superiore di quella riscontrata fra chi fuma un pacchetto al giorno, ma aspetta più di un’ora, al mattino, prima di iniziare» si legge sul Journal of the National Cancer Institute.
Questi risultati potrebbero avere applicazioni pratiche nel breve periodo. «Andrebbero certamente considerati da chi si occupa di aiutare i fumatori a smettere - conclude Bertazzi -, ma hanno particolare rilievo nella valutazione dei soggetti nei quali è utile eseguire lo screening per il tumore polmonare. L’anno scorso uno studio pubblicato su New England Journal of Medicine ha stabilito infatti che la Tac spirale (l’esame usato nello screening) riduce del 20 per cento la mortalità legata alla malattia, quando però è eseguita nei pazienti ad alto rischio, ovvero in quelli che hanno più di 55 anni, che fumano o che hanno smesso da meno di 15 anni, e che hanno avuto nel tempo un’esposizione consistente ai cancerogeni del tabacco. Riteniamo che i minuti che trascorrono fra il risveglio e la prima sigaretta, che influenzano in modo così importante le probabilità di ammalarsi, dovrebbero essere inclusi nei criteri di valutazione sull’opportunità di eseguire il test».
8 luglio 2014