Un milione e mezzo di Euro per studiare come applicare la fisica quantistica alla fotosintesi clorofilliana in modo da rubare alla natura i suoi segreti più nascosti. E sfruttarli, con l’obiettivo di produrre artificialmente energie pulite.
A lavorare sul progetto Quenthrel è Elisabetta Collini, 32enne ricercatrice dell’Università di Padova, che dopo un periodo di post dottorato a Toronto è rientrata in Italia e si appresta a mettere insieme un suo gruppo di ricerca con i fondi del Consiglio europeo della ricerca.
«Dopo una laurea e un dottorato in chimica all’Università di Padova sono partita per il Canada», racconta Elisabetta, forte del suo curriculum accademico e della sua determinazione.
«Grazie a laboratori all’avanguardia e a un laser a impulsi ultraveloci dell’Università di Toronto, ho avuto la possibilità di studiare la trasformazione dell’energia durante la fotosintesi».
Passati due anni, Elisabetta Collini decide di far ritorno in Italia. Un cervello in fuga che rientra, dunque, nonostante l’offerta da parte dell’ateneo canadese di un lavoro meglio retribuito e più sicuro. «Volevo portare avanti questo progetto. Ma volevo farlo in Italia. Certo a Toronto avrei avuto più certezze. Ma quando scegli il mio mestiere non pensi tanto al lato economico. A spingermi sono state più che altro la passione e impegno». E se dunque l’interesse scientifico è la molla che ha portato questa trentenne italiana ad attraversare in andata e ritorno l'Atlantico, le applicazioni del Quenthrel un domani potrebbero essere interessanti per le aziende che si occupano di rinnovabili. Ed ecco spiegato anche il riconoscimento del Consiglio europeo.
«L’obiettivo è riprodurre artificialmente, copiandoli, i meccanismi che la natura utilizza per generare energia. E se riesco nel mio intento questi meccanismi potrebbero in futuro essere sfruttati da chi produce pannelli solari o altri sistemi fotovoltaici», continua Collini.
Il progetto avrà una durata di cinque anni e partirà a marzo del 2012 presso l’Università di Padova. Nel frattempo si cerca personale qualificato. Da selezionare secondo logiche meritocratiche.
«Spero di avere nella mia squadra giovani interessati e in gamba», sottolinea Elisabetta. «E vorrei sceglierli davvero solo sulla base delle loro capacità».
Un'utopia in un mondo, quello accademico, troppo spesso dominato dal baronato e dalle raccomandazioni? L’impegno per evitare di cadere nella trappola c’è tutto. «Vorrei rendere i miei collaboratori immediatamente autonomi, in modo che possano essere sin da subito operativi. Ma per fare ciò ho bisogno anche delle macchine oltre che degli uomini». Per il progetto Quenthrel serve infatti «un laser amplificato ultraveloce che dia impulsi di 100 secondi«. E non solo. “È necessaria anche una serie di dispositivi ottici per piegare la luce e allestire la tecnica spettroscopica in modo da colpire le molecole e studiare le variazioni energetiche che avvengono intorno, specie in termini di trasformazione in energia elettrica». Un lavoro complesso, dunque. Che però non spaventa questa giovane scienziata. Perché «La natura ci serve su un piatto d’argento processi di sintesi ad alta efficienza. Si tratta solo di avere la pazienza di studiarli e capire quale tecnica utilizzare per ricrearli».
7 Novembre 2011