Era il 563 d. C. quando un’onda gigante si formò nel lago di Ginevra, abbattendo un muro d’acqua sulle coste, che spazzò via persone, villaggi e mandrie di animali.
Lo raccontano gli scienziati dell’Università di Ginevra, che in una lettera a Nature Geoscience avvertono: il rischio è sottovalutato, perché la gente non pensa che gli tsunami possano accadere nei laghi.
In seguito ai recenti tsunami in Indonesia (2004), Cile (2010) e Giappone (2011), i rischi associati ai maremoti sono sotto i riflettori. La maggior parte avviene in ambito marino a seguito di grandi terremoti. Le comunità che vivono in territori senza sbocco al mare, in regioni non affette da mega-terremoti, non sono tuttavia immuni dai loro effetti distruttivi…», così inizia la lettera inviata da Katrina Kremer e la sua équipe di scienziati.
Gli scianziati hanno ricostruito il cosiddetto «episodio di Tauredunum».
Tauredunum era il nome della montagna oggi nota come Grammont, all’estremità orientale del lago di Ginevra, vicino alla foce del fiume Rodano che vi s’immette.
L’analisi approfondita dell’incidente porta gli scienziati a pensare che città come Ginevra e Losanna rimangano tutt’oggi vulnerabili, così come tutte le città a bordo lago o lungo i fiordi. «Il rischio è sottostimato perché la maggior parte di persone semplicemente non sa che gli tsunami possono avvenire nei laghi», ha dichiarato Kremer.
Le prove raccolte dagli scienziati evidenziano come un pezzo di montagna si abbatté nel fiume Rodano a cinque chilometri di distanza da dove s’immette nel lago Lemano, al lato opposto di quello dove sorge la città che dà nome al lago, Ginevra.
Un muro d’acqua e di fango invase le rive del lago, superando le mura della città di Ginevra e annegando la gente - oltre che intere mandrie di animali - e distruggendo tutto ciò che si trovava sul passaggio.
Due sono i resoconti del disastro pervenuti fino ai nostri giorni.
Uno è quello di un vescovo francese, Gregorio di Tours, che parla di una catastrofe sconcertante quanto terrificante. L’altro racconto di uno dei sopravvissuti è quello del vescovo San Mario di Avenches, che descrive come mulini, chiese, un ponte sul fiume – che a Ginevra riprende il suo corso – uomini e animali siano stati spazzati via.
30 ottobre 2012