NORMATIVA
Normativa regionale - Lombardia
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Legge regionale 5 dicembre 2008, n. 31
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Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale
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Il Consiglio regionale ha approvato IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA
Promulga la seguente legge
TITOLO I Oggetto del testo unico
ARTICOLO 1 (Oggetto)
1. Il presente testo unico, redatto ai sensi della legge regionale 9 marzo 2006, n. 7 (Riordino e semplificazione della normativa regionale mediante testi unici), riunisce le disposizioni legislative regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale.
TITOLO II Interventi nel settore rurale, silvo-pastorale, agroalimentare e della pesca Capo I Disposizioni generali
ARTICOLO 2 (Finalità e beneficiari)
1. Il presente titolo disciplina le iniziative e le attività a favore del sistema rurale, agroalimentare e silvo-pastorale lombardo, in conformità al Trattato sull’Unione europea e al regolamento (CE) 20 settembre 2005, n. 1698/2005 (Regolamento del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEARS)). 2. Le disposizioni del presente titolo perseguono, in particolare, gli obiettivi di valorizzare la competitività e l’economia del sistema agricolo, agroalimentare e silvo-pastorale lombardo, accordando priorità agli interventi di filiera; riconoscerne la multifunzionalità; promuoverne lo sviluppo attraverso il progresso tecnologico di processo e di prodotto ed assicurare un utilizzo dei mezzi di produzione razionale e sostenibile. 3. Gli obiettivi di cui al comma 2 sono finalizzati a garantire, nei confronti dei consumatori, la qualità e la sicurezza dei prodotti agricoli, sostenere lo sviluppo rurale valorizzando le risorse ambientali e storico-culturali, garantire la permanenza nelle aree montane e svantaggiate di attività rurali e di aziende agricole, indispensabile strumento di tutela e di salvaguardia del territorio, promuovere i prodotti tipici e a denominazione di origine controllata e garantita, nonché a mantenere un adeguato livello di redditività alle attività agricole. 4. Gli obiettivi di cui ai commi 2 e 3 sono attuati dalla Regione, dalle province, dalle comunità montane e da altri enti locali secondo le rispettive competenze. 5. Possono accedere ai benefici di cui al presente titolo i soggetti che producono, trasformano o commercializzano i prodotti agricoli di cui all’allegato 1 del Trattato sull’Unione europea o i soggetti identificati nelle singole misure applicative. 6. Al presente titolo si applicano le definizioni di cui all’allegato A.
ARTICOLO 3 (Programmazione degli interventi)
1. La programmazione degli interventi regionali in agricoltura e la definizione delle priorità per l’allocazione delle relative risorse finanziarie avvengono attraverso la predisposizione, da parte della Regione e delle province, degli strumenti di pianificazione e dei programmi operativi annuali. 2. La Regione predispone il piano agricolo triennale degli interventi, delle iniziative e delle risorse da attivare a sostegno del sistema rurale, silvo-pastorale e agroalimentare in funzione del bilancio triennale e in coerenza con gli obiettivi definiti dal programma regionale di sviluppo, per armonizzare la programmazione di settore con la politica agricola e forestale nazionale e dell’Unione europea e per garantire l’omogeneo ed efficace esercizio delle funzioni conferite. 3. Il piano definisce in particolare: a) le linee strategiche dell’intervento regionale in agricoltura, coordinate con il programma regionale di sviluppo, le politiche nazionali e comunitarie di settore e gli altri strumenti di programmazione negoziata; b) le priorità nella allocazione delle risorse; c) i criteri e i parametri di riparto delle risorse necessarie per l’esercizio delle funzioni conferite. 4. Nell’ambito dei piani agricoli triennali la Regione e le province definiscono specifiche linee guida di politica e programmazione forestale finalizzate a: a) verificare lo stato e le caratteristiche del bosco in relazione all’economia e alla situazione ambientale generale, con particolare riferimento alla conservazione della biodiversità; b) individuare gli obiettivi strategici nel settore forestale, indicare gli indirizzi di intervento e i criteri generali di realizzazione, nonché le previsioni di spesa. 5. Il piano è approvato dal Consiglio regionale. La Giunta regionale approva annualmente i programmi operativi in coerenza con il documento di programmazione economico-finanziaria regionale (DPEFR). 6. Le province partecipano all’attività di programmazione attraverso le forme di consultazione di cui all’articolo 5, nonché mediante lo strumento del piano agricolo triennale provinciale, il quale, articolato in stralci annuali in analogia con lo schema regionale di programmazione: a) indica gli obiettivi della programmazione provinciale in agricoltura, con riferimento alle condizioni socio-economiche, strutturali e territoriali, delle diverse aree sub-provinciali; b) individua i comparti produttivi, indicando le strategie di sviluppo qualitativo e quantitativo delle produzioni e dei servizi, nonché le strategie e gli interventi di supporto e di riconversione per i comparti produttivi in condizioni di difficoltà strutturale e territoriale; c) definisce le strategie e indica gli interventi e gli strumenti per l’attuazione dei servizi di sviluppo agricolo di competenza provinciale; d) formula proposte per la programmazione agricola di competenza regionale; e) definisce le linee di indirizzo per l’omogeneo esercizio delle funzioni amministrative conferite.
ARTICOLO 4 (Anagrafe delle imprese agricole)
1. È istituita l’anagrafe regionale delle imprese agricole e silvo-pastorali, relativa a tutte le aziende riferite a persone fisiche e giuridiche, nonché alle imprese, identificate dal codice fiscale, che svolgono attività in materia agroalimentare, forestale e della pesca e intrattengono a qualsiasi titolo rapporti con la pubblica amministrazione, regionale o locale. 2. L’anagrafe delle imprese è strumento di organizzazione e snellimento dell’azione regionale, coordinato con il registro delle imprese tenuto presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) ed è costituita prioritariamente attraverso la riorganizzazione, l’accorpamento e l’integrazione delle banche dati, degli archivi e delle anagrafi già esistenti. 3. L’anagrafe delle imprese è organizzata e resa operativa con deliberazione della Giunta regionale. 4. L’anagrafe delle imprese è parte del sistema informativo agricolo della Regione Lombardia (SIARL), che costituisce sottosistema del sistema informativo regionale e, attraverso questo, al sistema informativo agricolo nazionale, ai sensi del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173 (Disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole, a norma dell’art. 55, commi 14 e 15, della L. 27 dicembre 1997, n. 449).
ARTICOLO 5 (Tavolo istituzionale per le politiche agricole regionali e tavolo agricolo regionale)
1. La Giunta regionale individua quali strumenti di concertazione permanente con l’ambito istituzionale degli enti a cui sono affidate competenze e funzioni in campo agricolo e con le organizzazioni professionali agricole: a) il tavolo istituzionale per le politiche agricole composto da: 1) l’assessore regionale all’agricoltura, o suo delegato, che lo presiede; 2) gli assessori provinciali all’agricoltura o loro delegati; 3) un presidente di comunità montana per ogni provincia; b) il tavolo agricolo regionale composto da: 1) il presidente della Giunta regionale che lo presiede; 2) l’assessore regionale all’agricoltura; 3) i presidenti delle organizzazioni professionali agricole più rappresentative sul territorio lombardo; 4) un rappresentante dell’unione regionale delle camere di commercio; 5) i presidenti delle organizzazioni cooperative agricole maggiormente rappresentative in ambito regionale. 2. Il direttore generale della struttura organizzativa competente in materia di agricoltura partecipa ai lavori del tavolo istituzionale per le politiche agricole e del tavolo agricolo. 3. Il tavolo istituzionale per le politiche agricole regionali e il tavolo agricolo regionale possono essere integrati da esperti e altri componenti per l’esame di argomenti di carattere specialistico. 4. Attraverso il tavolo istituzionale per le politiche agricole gli enti locali partecipano alla programmazione regionale. 5. Le province istituiscono forme locali di consultazione che vedano coinvolte le comunità montane e i comuni.
Capo II Sostegno e sviluppo del sistema produttivo primario
ARTICOLO 6 (Sviluppo aziendale)
1. Al fine di promuovere l’adeguamento di processo e di prodotto da parte delle aziende agricole e di migliorarne la redditività sono oggetto di contributo le seguenti tipologie di intervento dirette allo sviluppo delle attività agricole aziendali primarie: a)opere di miglioramento fondiario, interventi per lo sviluppo aziendale, nelle fasi di produzione e di trasformazione, anche finalizzate ad attività agrituristiche, incremento della superficie aziendale; b)impianto di colture arboree specializzate, compresa la vite, limitatamente alle operazioni di reimpianto, rinnovo e ristrutturazione degli impianti produttivi, con preferenza per quelli realizzati da organismi collettivi su aree territoriali omogenee; c)acquisto e realizzazione di mezzi mobili, di impianti semimobili e fissi aziendali e interaziendali per la produzione, conservazione, trasformazione dei prodotti agricoli, zootecnici e forestali, acquisto di macchinari e attrezzature e adeguamento tecnologico di quelli in dotazione, nonché acquisto di bestiame iscritto ai libri genealogici; d)adozione di pratiche agricole compatibili con l’ambiente, con particolare riferimento alle zone vulnerabili o a rischio ambientale e ai parchi naturali, realizzazione di strutture di stoccaggio, trattamento e maturazione dei reflui zootecnici; e)adeguamenti aziendali intesi a ridurre i costi di produzione, a realizzare recuperi o risparmi di energia e a produrre energia da fonti rinnovabili; f)rimboschimenti, miglioramenti forestali, interventi selvicolturali, opere accessorie e di viabilità forestale, se relative a interventi aventi preminenti finalità produttive e ambientali; g)opere di adeguamento impiantistico, igienico-sanitario e per la sicurezza dei lavoratori, realizzazione e implementazione dei sistemi informativi aziendali; h)introduzione di pratiche agricole innovative e di colture a destinazione non alimentare; i)interventi di diversificazione aziendale, compresi quelli finalizzati alla valorizzazione faunistica, realizzazione di impianti per l’allevamento della fauna selvatica, l’acquacoltura e l’apicoltura. 2. Gli interventi di cui al comma 1 sono finalizzati alla riduzione dei costi di produzione, al miglioramento e alla diversificazione delle produzioni, allo sviluppo di attività economiche e alla creazione di posti di lavoro, al miglioramento delle condizioni di operatività delle aziende agricole, al risparmio energetico e alla promozione di forme di agricoltura sostenibili. 3. E’ promosso lo sviluppo di cooperative di garanzia e di consorzi fidi e di credito. 4. Per le finalità di cui al comma 3 sono erogati contributi per: a)la formazione e l’integrazione del fondo rischi o del patrimonio di garanzia destinati ad assicurare alle aziende agricole socie idonee garanzie per l’accesso al sistema creditizio; b)il concorso al pagamento degli interessi relativi a finanziamenti, assistiti dalle garanzie prestate dalle cooperative e consorzi, concessi alle aziende agricole socie; c)l’attività di assistenza e consulenza tecnico-finanziaria a favore di aziende agricole socie.
ARTICOLO 7 (Organizzazioni di produttori)
1. Le organizzazioni di produttori agricoli sono riconosciute dalla Regione in base alla normativa nazionale. Con deliberazione della Giunta regionale sono stabilite le modalità applicative e le procedure per il riconoscimento e la revoca. 2. È istituito presso la Giunta regionale l’elenco delle organizzazioni di produttori agricoli, diviso per settori, cui sono iscritte le organizzazioni riconosciute. 3. La Regione può concedere alle organizzazioni di produttori riconosciute aiuti di avviamento o di ampliamento delle attività. 4. La Regione può altresì concedere aiuti alle organizzazioni di produttori riconosciute in grado di organizzare la concentrazione dei prodotti e l’immissione degli stessi sul mercato in misura non inferiore al 75 per cento della produzione degli aderenti, per la realizzazione di programmi operativi riguardanti: a)la programmazione della produzione e l’adeguamento quali-quantitativo della stessa alla domanda; b)la riduzione dei costi di produzione; c)l’assistenza tecnica e lo sviluppo di sistemi di supporto informatici.
ARTICOLO 8 (Sostegno alla nuova imprenditoria in agricoltura)
1. La Regione promuove il ricambio generazionale in agricoltura e l’avvio di nuove imprese agricole attraverso programmi dedicati comprendenti un insieme di servizi di accompagnamento, formazione e sviluppo, coerenti con la normativa comunitaria. 2. I programmi di cui al comma 1 riguardano prioritariamente le aziende condotte da giovani di età inferiore a quaranta anni, nonché le nuove aziende agricole che si sviluppano nelle aree montane di cui all’articolo 37 del regolamento (CE) 1698/2005. 3. La Regione, per facilitare l’accesso ai programmi di cui al comma 1, promuove l’applicazione di procedure unificate, anche attraverso il SIARL.
ARTICOLO 9 (Sostegno al sistema agroalimentare biologico)
1. Al fine di incentivare lo sviluppo dei metodi di coltivazione dell’agricoltura sostenibile sono promosse la produzione, trasformazione, conservazione e commercializzazione di prodotti ottenuti con i metodi dell’agricoltura e della zootecnia biologica e integrata. 2. Per la finalità di cui al comma 1 sono altresì concessi contributi per la realizzazione di specifici programmi relativi a: a) assistenza tecnica di base per le aziende agricole, anche in fase di conversione; b) assistenza tecnica per le aziende di trasformazione; c) informazione e divulgazione sui metodi di produzione e trasformazione biologici; d) promozione e commercializzazione dei prodotti biologici; e) educazione alimentare; f) ricerche di mercato; g) riduzione dei costi sostenuti per le attività di controllo effettuate, a garanzia dei consumatori, secondo la normativa comunitaria. 3. I contributi per gli interventi di cui al comma 2 sono concessi a enti pubblici, associazioni di produttori, organizzazioni professionali agricole, cooperative, singole aziende agricole, altri organismi e realtà operanti nel settore agricolo secondo criteri determinati con deliberazione della Giunta regionale. 4. Al fine di consentire ai consumatori e alle imprese di trasformazione e commercializzazione l’identificazione certa delle aziende agricole che adottano le metodologie dell’agricoltura biologica, sono istituiti presso la Giunta regionale: a) l’elenco regionale degli operatori biologici, articolato per province e suddiviso in sezioni; b) l’elenco regionale delle associazioni dei produttori e degli operatori biologici. 5. La Giunta regionale procede all’aggiornamento annuale degli elenchi di cui al comma 4 e ne cura la diffusione e la pubblicizzazione presso i consumatori e gli operatori del sistema agroalimentare.
Capo III Qualità e competitività
ARTICOLO 10 (Politiche della qualità)
1. Al fine di promuovere forme di produzione e di trasformazione idonee a garantire il consumatore, sono sostenuti e promossi l’introduzione e lo sviluppo di sistemi di gestione per la qualità di prodotto e di processo, di sistemi di gestione ambientale nel settore agricolo, agroalimentare, forestale e ortoflorovivaistico, nonché la loro certificazione. 2. Per le finalità di cui al comma 1 sono concessi contributi destinati a promuovere: a) l’ideazione e la progettazione del prodotto, incluse le spese per la predisposizione delle domande di riconoscimento dei prodotti ai sensi della normativa comunitaria; b) l’introduzione di sistemi di qualità, di tracciabilità e di gestione ambientale; c) l’adozione di sistemi di autocontrollo igienico-sanitario; d) gli studi tecnici, di fattibilità, di ricerca di mercato; e) l’acquisto di beni strumentali finalizzati a prove e valutazioni di prodotto e di processo e utilizzati per rilevazioni di grandezze chimiche, fisiche, meccaniche e di caratteristiche biologiche; f) la formazione del personale destinato all’applicazione delle misure sulla qualità e dei sistemi di autocontrollo igienico-sanitario; g) l’educazione alimentare. 3. E’ istituita la figura del garante regionale della qualità per i prodotti agroalimentari lombardi, soggetto di riferimento dei consumatori e del sistema agroalimentare lombardo, secondo procedure e con competenze e modalità operative da definire con deliberazioni della Giunta regionale. 4. Il garante regionale di cui al comma 3: a) definisce le misure per assicurare le migliori condizioni di informazione del consumatore riguardo ai prodotti agroalimentari lombardi e alle loro modalità di raccolta e trasformazione; b) riferisce annualmente alla Giunta regionale sulle modalità con le quali i consumatori sono stati garantiti in ordine alla qualità dei prodotti agricoli consumati; c) è riferimento per i consumatori lombardi in ordine a richieste di informazioni riguardanti la qualità dei prodotti agroalimentari prodotti in Lombardia; d) si avvale delle indagini svolte dagli osservatori di cui all’articolo 14.
ARTICOLO 11 (Trasformazione e commercializzazione)
1. E’ assicurato il sostegno agli interventi di miglioramento e razionalizzazione delle fasi di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, forestali, ittici e ortoflorovivaistici, allo scopo di incrementarne la competitività e il valore aggiunto. Le misure di sostegno sono, in particolare, finalizzate: a) all’orientamento verso nuovi sbocchi di mercato; b) al miglioramento e alla razionalizzazione dei processi di trasformazione e dei circuiti di commercializzazione, in particolare favorendo l’integrazione delle filiere; c) allo sviluppo di servizi connessi al miglioramento della qualità, salubrità, capacità di attrazione commerciale e orientamento al mercato dei prodotti; d) all’incremento di nuove tecnologie e di investimenti a carattere innovativo; e) al miglioramento e al controllo della qualità dei prodotti; f) all’adeguamento delle condizioni sanitarie e igieniche; g) alla protezione dell’ambiente. 2. Per l’attuazione delle misure di sostegno di cui al comma 1, la Regione, privilegiando progetti di filiera o di area, interviene attraverso strumenti che integrano in modo sinergico gli interventi relativi a: a) investimenti nelle aziende agricole; b) investimenti nel settore della trasformazione e commercializzazione; c) promozione e pubblicità dei prodotti agricoli; d) salvataggio e ristrutturazione delle imprese in difficoltà; e) ingegneria finanziaria; f) formazione e incremento dell’occupazione. 3. La Regione può concorrere agli oneri sostenuti da enti locali e associazioni di produttori per la realizzazione, il completamento, la ristrutturazione o l’ammodernamento dei centri di commercializzazione all’ingrosso delle produzioni agricole e zootecniche di rilevante interesse regionale, con priorità per le azioni finalizzate all’adeguamento delle strutture alla normativa comunitaria.
ARTICOLO 12 (Promozione delle produzioni e del patrimonio enogastronomico lombardo)
1. Per favorire la conoscenza delle produzioni tipiche e di qualità e l’informazione dei consumatori sono sostenute iniziative riguardanti: a) il miglioramento qualitativo e la caratterizzazione delle produzioni; b) la diffusione della cultura della qualità e della sua certificazione; c) la valorizzazione, promozione e diffusione in Italia e all’estero delle produzioni; d) l’orientamento dei consumi alimentari. 2. Per le finalità di cui al comma 1 possono essere concessi contributi: a) alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) e ad altri enti pubblici, alle associazioni di produttori, ai consorzi di tutela e ad altri organismi associativi per la caratterizzazione dei prodotti, l’adozione di disciplinari di produzione e di marchi di origine e di qualità; b) alle CCIAA e ad altri enti pubblici, alle associazioni produttori, ai consorzi di tutela e ad altri organismi associativi operanti nel settore agricolo e agro-silvo-pastorale per la promozione dei prodotti.3. È escluso il sostegno a iniziative di pubblicità di specifici marchi aziendali e collettivi che non rientrano nel quadro di eleggibilità stabilito dalle norme dell’Unione europea. 4. Allo scopo di valorizzare e promuovere le produzioni locali, con particolare riferimento a quelle tipiche, caratterizzate da denominazione di origine controllata e garantita, è incentivata la realizzazione di percorsi turistici a valenza enogastronomica e culturale. 5. Per le finalità di cui al comma 4 sono, in particolare, concessi incentivi per la qualificazione e l’incremento dell’offerta turistica enogastronomica, nell’ambito dei quali possono essere previsti: a) interventi di adeguamento o di miglioramento delle strutture aziendali e dei punti di accoglienza e di degustazione; b) interventi di creazione o adeguamento di centri di informazione e divulgazione, anche a carattere museale, finalizzati ad una informazione specifica sull’area interessata; c) creazione di specifica segnaletica riferita al percorso riconosciuto. 6. Sono conferite alle province le funzioni amministrative riguardanti la realizzazione dei percorsi enogastronomici.
Capo IV Servizi di sviluppo
ARTICOLO 13 (Assistenza tecnica alle aziende agricole, formazione e qualificazione professionale)
1. Per migliorare l’efficienza e la professionalità delle aziende agricole è promosso un sistema integrato di servizi di supporto e di assistenza tecnica che in particolare: a) supporta il potenziamento delle strutture organizzative nonché la rete delle istituzioni territoriali a carattere tecnico-scientifico dipendenti e collegate; b) promuove e sostiene la ricerca, la sperimentazione, l’assistenza tecnica e la diffusione delle innovazioni tecnologiche; c) incentiva la formazione professionale degli operatori e dei tecnici agricoli; d) stabilisce idonee forme di collegamento tra le attività dei servizi di supporto alle aziende, nonché tra i vari enti, istituzioni, associazioni e organismi erogatori. 2. Il sistema integrato di cui al comma 1 si compone delle seguenti articolazioni: a) ricerca e sperimentazione; b) assistenza tecnico-economica di base e specializzata, come definita dall’allegato A; c) informazione e divulgazione di cui all’articolo 15; d) formazione e aggiornamento professionale dei tecnici preposti all’attuazione dei servizi di sviluppo di cui al presente articolo; e) formazione e qualificazione degli operatori agricoli; f) prestazione di servizi di gestione aziendale e di servizi ausiliari, quali analisi e consulenza finanziaria; g) prestazione di consulenti; h) altre attività finalizzate alla diffusione di nuove tecniche di produzione, quali progetti pilota o progetti dimostrativi; i) servizi di sostituzione durante l’assenza dell’agricoltore o dei suoi collaboratori; l) supporto alle attività delle aziende agricole da parte di società di servizi. 3. Al fine di definire e conseguire gli obiettivi del sistema integrato di servizi di supporto e di assistenza tecnica, la Regione, in conformità al principio di sussidiarietà, si avvale dello strumento della concertazione con le organizzazioni professionali agricole territorialmente più rappresentative in ambito regionale e della collaborazione di altre realtà operanti nel settore agricolo. 4. La Regione attua direttamente le azioni in materia di ricerca e sperimentazione o le affida, sulla base di specifici progetti, a propri enti dipendenti, a università e istituti tecnico-scientifici, ad altri organismi e realtà operanti nel settore agricolo; possono essere definite, con convenzione, forme di compartecipazione regionale a progetti di ricerca e sperimentazione promossi da soggetti terzi. 5. Nell’ambito delle attività di assistenza tecnico-economica di base e specializzata sono promosse azioni di formazione e aggiornamento di singoli imprenditori agricoli, prevedendo inoltre l’aggiornamento e la riqualificazione di personale degli enti a cui sono conferite funzioni e del personale dipendente da enti, istituzioni, associazioni, organizzazioni professionali agricole e organismi pubblici e privati che collaborano all’attuazione degli indirizzi di cui al presente titolo. 6. L’attività di formazione professionale si articola in corsi e tirocini diretti: a) alla formazione e all’aggiornamento degli imprenditori agricoli e dei loro collaboratori; b) alla formazione e all’aggiornamento del personale delle associazioni dei produttori e delle cooperative agricole. 7. I corsi e i tirocini di cui al comma 6, lettera a), sono finalizzati a migliorare la professionalità dei soggetti interessati con particolare riferimento al riorientamento qualitativo della produzione e alla applicazione di metodi di produzione compatibili con le esigenze della protezione dello spazio rurale, con particolare riguardo al conveniente sfruttamento della superficie agraria e forestale. 8. Alle iniziative regionali di formazione di cui al presente titolo è assicurato finanziamento prioritario nel quadro delle azioni finanziate dal fondo sociale europeo, con particolare riguardo a quelle relative ad aree a economia debole. 9. La Regione promuove i processi di certificazione o accreditamento dei soggetti che attuano la formazione professionale in agricoltura.
ARTICOLO 14 (Osservatorio agroalimentare e osservatorio del comparto bosco-legno)
1. A supporto della programmazione di settore la Regione attiva un sistema di indagine permanente sui diversi comparti, sull’assetto strutturale del sistema agroalimentare lombardo, sugli effetti delle politiche per il settore poste in essere dalla Regione stessa, denominato osservatorio agroalimentare. 2. A supporto della programmazione forestale di settore la Regione attiva, per finalità analoghe a quelle dell’osservatorio agroalimentare di cui al comma 1, un osservatorio del comparto bosco-legno. 3. All’osservatorio agroalimentare e all’osservatorio del comparto bosco-legno partecipano rappresentanti delle associazioni di produttori, delle organizzazioni professionali agricole, delle imprese di trasformazione e commercializzazione, delle CCIAA ed esperti nominati dalla Giunta regionale.
ARTICOLO 15 (Informazione e divulgazione)
1. La Regione attua direttamente e promuove, anche attraverso le province, le comunità montane e le CCIAA, iniziative mirate alla raccolta, elaborazione e diffusione di dati e notizie di carattere tecnico-scientifico, socio-economico, statistico e promozionale, nonché inerenti all’attività dell’amministrazione, attraverso l’uso integrato e coordinato di idonei strumenti di informazione e divulgazione.
Capo V Azioni congiunturali
ARTICOLO 16 (Interventi di mercato)
1. La Regione assicura gli adempimenti connessi alla gestione degli aiuti e degli interventi derivanti dalla politica agricola comune, comprese la erogazione, la contabilizzazione e la rendicontazione dei pagamenti effettuati, quale organismo pagatore regionale.
ARTICOLO 17 (Sostegno alle imprese agricole in difficoltà)
1. Il presente titolo dispone interventi idonei al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese agricole in difficoltà. 2. Con deliberazione della Giunta regionale sono approvati, in base agli orientamenti comunitari per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, programmi di intervento con cui: a) sono individuati i settori produttivi oggetto degli interventi di sostegno; b) sono delimitate, ove necessario, le aree geografiche in cui si verifica il maggior impatto congiunturale; c) è valutato l’impatto economico, ambientale e sociale, anche sotto il profilo occupazionale, derivante dagli interventi previsti; d) sono definite le priorità nella applicazione delle misure di aiuto, con particolare riserva a favore delle aziende condotte da giovani imprenditori agricoli e ubicate in zone montane o aree svantaggiate; e) sono determinate la misura e l’intensità degli aiuti erogabili nel rispetto dei limiti e delle modalità previste dalla normativa comunitaria; f) sono stabilite condizioni particolari riguardanti l’associazionismo e le imprese cooperative, privilegiando le azioni di ricapitalizzazione e di rafforzamento finanziario; g) sono definite le condizioni generali che regolano gli aiuti, i vincoli per le imprese beneficiarie, le modalità attuative e la procedura nel rispetto delle intese intervenute attraverso il concerto preventivo con gli organi statali e comunitari; h) è stabilito un tetto massimo di aiuti pari a sei milioni di euro; i) sono identificate le cause di difficoltà e definiti gli indicatori per il ritorno in buone condizioni finanziarie. 3. I programmi di interventi di cui al comma 2 sono redatti assicurando il coinvolgimento delle imprese della produzione, trasformazione e commercializzazione e prevedendo il coinvolgimento delle autonomie territoriali e funzionali.
ARTICOLO 18 (Interventi sugli abbandoni produttivi e sugli abbattimenti)
1. Sono posti in essere aiuti idonei a sostenere: a) l’abbandono definitivo delle produzioni caratterizzate da eccesso di capacità produttiva a livello regionale, derivante dall’applicazione di norme nazionali e orientamenti comunitari; b) l’attuazione di programmi e misure di lotta contro epizoozie, fermi pesca e fitopatie, comprendenti anche misure di indennizzo agli agricoltori e incentivi destinati a favorire la partecipazione delle aziende agricole a programmi di prevenzione ed eradicazione. 2. Con deliberazioni della Giunta regionale sono definite le modalità di concessione dell’aiuto e di verifica dei danni dichiarati.
ARTICOLO 19 (Interventi a sostegno delle imprese agricole colpite da calamità naturali)
1. La Regione assicura il tempestivo intervento finanziario, in coerenza con il decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102 (Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole a norma dell’articolo 1, comma 2, lett. i), della legge 7 marzo 2003, n. 38) al fine di permettere interventi di prevenzione e la sollecita ripresa economica dell’attività agricola, nonché di fronteggiare i danni alle produzioni agricole e zootecniche, alle strutture aziendali, alle infrastrutture agricole e di bonifica nelle zone colpite da calamità naturali e altri eventi eccezionali: a) nella fase di attivazione della normativa statale, se è necessario realizzare l’anticipazione o l’integrazione delle provvidenze statali; b) nei casi in cui, pur a seguito di grave avversità atmosferica o di calamità naturale, non è possibile attivare la normativa statale per l’esiguità territoriale dell’area interessata; c) per incentivare la stipula di contratti assicurativi contro i danni alle produzioni animali e vegetali e alle strutture. 2. Possono beneficiare degli interventi di cui all’articolo 18 le aziende agricole che hanno subito i danni di cui al comma 1. 3. Nel caso di perdite consecutive dovute a eventi calamitosi subiti dalla stessa azienda nel corso della stessa annata agraria, le perdite già indennizzate sono escluse dal calcolo delle indennità delle calamità successive. Sono esclusi dal computo dei danni e, quindi, dalle agevolazioni i danni riferiti alle produzioni assicurate.
ARTICOLO 20 (Consorzi di difesa delle produzioni agricole)
1. Al fine di agevolare l’assolvimento degli impegni finanziari nei confronti delle compagnie assicurative, la Regione può concorrere al pagamento degli interessi a favore dei consorzi di difesa delle produzioni agricole dalle calamità naturali, da eventi eccezionali e dalle avverse condizioni atmosferiche, per le operazioni a breve termine che gli stessi assumono in proposito, secondo quanto stabilito con deliberazione della Giunta regionale. 2. Per il finanziamento degli interventi di difesa delle produzioni dai danni causati da grandine, gelo, brina e altri eventi riconducibili al d.lgs. 102/2004, la Regione può concedere contributi, fino ad un ammontare per ciascun consorzio stabilito annualmente con deliberazione della Giunta regionale, da destinare a favore dei singoli imprenditori che realizzano strutture permanenti o semipermanenti di difesa, sulla base di progetti individuali dei soci dei consorzi compresi nel piano annuale redatto dal consorzio di appartenenza. 3. Il contributo è corrisposto con priorità per le iniziative riguardanti la tutela delle colture di pregio o innovative. 4. Sono comprese nei benefici del presente articolo le iniziative assunte direttamente dai consorzi connesse all’attuazione dei programmi di agrometeorologia. 5. La Regione può concedere, a favore dei consorzi di difesa, una integrazione finanziaria nella ipotesi in cui la partecipazione dello Stato non raggiunga i limiti del contributo di cui all’articolo 2, commi 2 e 3, del d.lgs. 102/2004. 6. Al fine della organizzazione e del coordinamento delle attività di competenza, i consorzi possono costituire una propria associazione regionale che è riconosciuta dalla Regione qualora rappresentativa della maggioranza dei consorzi operanti sul territorio. 7. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai soggetti assimilati ai consorzi di difesa di cui all’articolo 11, comma 3, del d.lgs. 102/2004.
ARTICOLO 21 (Interventi sulle infrastrutture agricole)
1. La Regione interviene per la realizzazione o il ripristino delle seguenti tipologie di infrastrutture se attinenti al settore agricolo: a) strade interpoderali; b) opere di approvvigionamento idrico e di energia elettrica; c) reti idrauliche e degli impianti irrigui. 2. Possono presentare richiesta di contributo, relativamente agli interventi previsti dal comma 1, comunità montane, province, comuni, consorzi e associazioni di aziende agricole. 3. Gli interventi di cui al presente articolo sono assoggettati alle procedure previste dalla normativa vigente in materia di opere pubbliche. 4. Nel finanziamento degli interventi di cui al comma 1, lettere a) e b), è assicurata priorità a quelli previsti in area montana.
ARTICOLO 22 (Programmazione negoziata)
1. La Regione promuove e sostiene, anche finanziariamente, la sottoscrizione, tra la Regione stessa, gli enti locali e le persone fisiche o giuridiche esercenti attività agricole, di contratti territoriali riguardanti il settore agricolo. 2. Il contratto territoriale di cui al comma 1 consiste in un accordo volto ad attuare un programma d’intervento coordinato riguardante l’insieme elle attività agricole o di una filiera e, in particolare, le condizioni concordate di produzione, il contributo dell’attività agricola alla conservazione delle risorse naturali, la salvaguardia delle forme del paesaggio agricolo e delle relative strutture ed infrastrutture, la produzione di servizi collettivi, nonché lo sviluppo di progetti collettivi di produzione o di sviluppo del territorio. 3. L’accesso agli aiuti previsti dal presente articolo è garantito a tutti i produttori nel rispetto delle norme sulla concorrenza.
ARTICOLO 23 (Conservazione del patrimonio e delle tradizioni rurali)
1. Al fine di promuovere la conservazione del patrimonio e delle tradizioni rurali sono concessi contributi per la manutenzione e il ripristino di elementi produttivi e non produttivi situati nelle aziende agricole aventi interesse archeologico o storico. 2. Per gli scopi di cui al comma 1 sono concessi contributi per gli interventi volti al mantenimento di attività tradizionali dell’agricoltura purché non comportino un aumento delle capacità produttive dell’azienda.
Capo VI Azioni per la montagna e per il comparto silvo-pastorale
ARTICOLO 24 (Interventi a sostegno dell’agricoltura in montagna)
1. Al fine di assicurare il potenziamento e lo sviluppo delle aziende agricole ubicate nelle aree montane sono promosse, in coerenza con la legge regionale 15 ottobre 2007, n. 25 (Interventi regionali in favore della popolazione dei territori montani), le seguenti linee di intervento: a) miglioramento dell’efficienza delle strutture agricole e della produttività e funzionalità degli alpeggi e dei pascoli montani; b) razionalizzazione e miglioramento delle produzioni agricole e zootecniche; c) adeguamento e modernizzazione del parco macchine e delle attrezzature per il lavoro nei campi e per le attività di stalla; d) introduzione di attività agricole e zootecniche che valorizzino le caratteristiche, le risorse produttive e territoriali e le tradizioni locali della montagna, che presentino competitività economica e si prestino a trasformazioni tecnologiche in loco; e) riqualificazione e modernizzazione dei processi di trasformazione, conservazione e commercializzazione delle produzioni agro-zootecniche, con particolare riferimento al settore lattiero-caseario; f) promozione e valorizzazione delle produzioni; g) realizzazione, sistemazione e adeguamento di acquedotti rurali, elettrodotti e strade al servizio delle attività agro-silvo-pastorali, realizzazione di impianti energetici alimentati con energie rinnovabili; h) sviluppo delle attività agrituristiche o comunque legate alla fruizione degli ambienti naturali; i) manutenzione delle aree boscate e di piccole opere di sistemazione idrualico- forestale. 2. Possono beneficiare dei contributi di cui al comma 1: a) le aziende agricole; b) le cooperative, i consorzi e le associazioni costituite tra proprietari di terreni agricoli, di boschi e di alpeggi; c) le amministrazioni separate di beni di uso civico; d) le comunità montane, i comuni, gli enti morali e senza fini di lucro. 3. Sono riconosciuti e remunerati i servizi di interesse collettivo prestati dagli operatori agricoli di montagna, così come definiti con deliberazione della Giunta regionale. 4. Le comunità montane e i comuni classificati montani possono stipulare con imprenditori agricoli singoli o associati contratti di protezione territoriale e ambientale per l’esecuzione di piccole opere e attività di sistemazione e manutenzione del territorio montano. 5. Sono conferite alle comunità montane le funzioni amministrative riguardanti il presente articolo.
ARTICOLO 25 (Pronto intervento e sistemazioni idraulico-forestali)
1. E’ assicurato il sostegno per lavori di pronto intervento in conseguenza di calamità naturali riguardanti il territorio agro-forestale, nonché per le sistemazioni idraulico-forestali e la loro manutenzione. 2. Sono definiti di pronto intervento le opere e i lavori necessari per fronteggiare: a) situazioni di effettivo pericolo a cose o persone causate da eventi calamitosi nel settore idraulico-agrario-forestale; b) interventi in aree montane per il recupero e il ripristino dei territori compromessi da eventi eccezionali.
ARTICOLO 26 (Protezione e valorizzazione delle superfici forestali)
1. Sono incentivati gli interventi di sviluppo del settore forestale finalizzati a valorizzare le funzioni relative alla protezione dei versanti, degli alvei fluviali e delle sponde, alla difesa della biodiversità, alla produzione di beni forestali, alla tutela dell’occupazione nelle aree montane, alla protezione e tutela del paesaggio e dell’ambiente. 2. Per la realizzazione degli interventi di cui al comma 1 gli enti competenti si avvalgono, ove possibile, delle aziende agricole ubicate nel territorio di competenza, nonché dei consorzi di proprietari quali i consorzi forestali. 3. Sono ammissibili a finanziamento secondo modalità definite con deliberazione della Giunta regionale: a) gli interventi finalizzati alla protezione dei terreni boscati da danni di di natura biotica e abiotica e in particolare: 1) il risanamento da attacchi da parte di insetti, altri animali, funghi e altri agenti biotici; 2) il risanamento da danni causati da eventi climatici di natura eccezionale o da incendi boschivi; 3) le sistemazioni idraulico-forestali; 4) la difesa dagli incendi boschivi; b) gli interventi finalizzati alla valorizzazione delle produzioni forestali e alla difesa dell’occupazione forestale e in particolare: 1)la realizzazione della viabilità di servizio forestale, i rimboschimenti e il miglioramento delle superfici forestali se previsti da piani di assestamento generali o particolari; 2)la realizzazione di piani di assestamento generali e particolari; 3) l’ammodernamento delle dotazioni e delle strutture aziendali delle ditte di utilizzazione boschiva e delle imprese di prima trasformazione del legname; 4)le iniziative di valorizzazione delle produzioni forestali minori, quali, ad esempio, funghi, tartufi, castagne, piccoli frutti; 5)le forme di assistenza tecnica destinate alla corretta esecuzione degli interventi di miglioramento e rimboschimento, delle utilizzazioni forestali, a favore dei proprietari pubblici e privati; c) gli interventi finalizzati alla difesa dell’ambiente e del paesaggio forestale e in particolare: 1) le iniziative finalizzate alla fruizione a scopo turistico-ricreativo degli spazi forestali e alla valorizzazione degli aspetti culturali e storici riguardanti l’utilizzo antropico delle superfici forestali; 2) gli interventi di riequipaggiamento arboreo dell’ambiente rurale; 3) la manutenzione, cura e conservazione di mulattiere e sentieri, strade agro-silvo-pastorali, boschi, sponde dei corsi d’acqua appartenenti al reticolo idrografico minore ubicati in aree montane; 4) le opere e gli interventi di supporto e ausilio nei confronti della fauna selvatica e ittica; 5) gli interventi per il recupero, il miglioramento e il ripristino dei boschi e delle formazioni naturali degli alvei fluviali e golenali di pianura; 6) la predisposizione di ricerche e guide specifiche, la realizzazione di materiale divulgativo.
Capo VII Strumenti finanziari e procedure di intervento
ARTICOLO 27 (Strumenti di intervento finanziario)
1. Gli interventi e le iniziative previste dal presente titolo possono essere attuati attraverso i seguenti strumenti finanziari: a) contributi in conto capitale: consistono nell’erogazione di contributi concorrenti alla copertura di spese di investimento, a iniziative di capitalizzazione o alla partecipazione anche diretta della Regione a iniziative o attività; b) contributi in conto corrente: consistono nell’erogazione di contributi alle comunità montane che si avvalgono delle imprese agricole per realizzare i lavori previsti all’articolo 26, comma 3, lettera c), numero 3); c) premi e aiuti: consistono in contributi finanziari, una tantum o periodici, disposti a favore di specifiche categorie di soggetti o in relazione all’adesione a specifici disciplinari; d) indennità anche a valenza compensativa: consistono in aiuti finanziari corrisposti periodicamente alle aziende agricole che operano in aree montane, svantaggiate o soggette a vincoli ambientali per compensare gli svantaggi temporanei o permanenti derivanti dalla collocazione dell’impresa e supportare la permanenza in detti territori, o alle aziende che si impegnano in disciplinari e tecniche di produzione ecocompatibili, al fine di compensarne gli oneri o il mancato reddito; e) fondi di rotazione: consistono, con specifico riferimento alle finalità di cui all’articolo 28, nell’erogazione di prestiti a rimborso per investimenti aziendali; f) contributi in conto abbattimento interessi: consistono nel concorso negli interessi su finanziamenti a medio e lungo termine ottenuti dalle aziende agricole per investimenti presso gli istituti di credito che si convenzionino a tale fine con la Regione; g) garanzie: consistono nella prestazione di aiuti a favore di consorzi fidi e cooperative di garanzia, al fine della costituzione di fondi di garanzia e di fondi rischio utili a integrare, presso il sistema bancario, le garanzie offerte dai soci per prestiti a medio e lungo termine. 2. Per le finalità di cui al comma 1, lettere f) e g), la Regione disciplina, in particolare, i propri rapporti con il sistema creditizio e bancario, attraverso la stipula di convenzioni che abilitano gli enti sottoscrittori a operare in relazione alle misure volte ad assicurare: a) la costanza e la consistenza dei flussi di credito; b) le entità creditizie necessarie a garantire l’attuazione di specifici programmi; c) la tempestività nella erogazione dei finanziamenti; d) la semplificazione delle procedure istruttorie di pertinenza degli enti creditizi e la uniformazione di queste, se possibile, alle corrispondenti procedure regionali; e) le modalità per il riscatto anticipato dei prestiti e dei mutui; f) la possibilità di fruire del sistema creditizio al fine di accedere ad anticipazioni sugli aiuti, provvidenze e sostegni previsti da disposizioni comunitarie, dalla politica agricola comunitaria e dal fondo nazionale di solidarietà in agricoltura; g) la copertura finanziaria necessaria ad attivare con la massima tempestività e anche in forma di anticipazione, sulla scorta dei riparti approvati, i processi di attribuzione finanziaria da fondi di rotazione attivati sia in sede nazionale che regionale; h) la disciplina dell’istituto delle garanzie cui possono concorrere interventi regionali di supporto; i) la definizione di norme attuative concernenti le operazioni di factoring; l) la disciplina dei meccanismi e delle procedure di controllo, registrazione e rimborso agli enti creditizi delle quote di concorso nel pagamento degli interessi.
ARTICOLO 28 (Fondo di rotazione nel settore primario)
1. È costituito il fondo di rotazione pluriennale per l’innovazione tecnologica nel settore primario finalizzato alla valorizzazione dei prodotti e dei servizi di qualità immessi sul mercato, attraverso l’adozione da parte della Giunta regionale di un programma pluriennale a sostegno dei processi di innovazione, di ammodernamento impiantistico aziendale e interaziendale, di razionalizzazione del parco di meccanizzazione e di adeguamento delle strutture relative alle fasi di produzione, trasformazione, condizionamento e commercializzazione delle produzioni agricole, zootecniche e forestali. 2. Con deliberazione della Giunta regionale sono definite le modalità per l’attivazione del fondo e le priorità per l’assegnazione delle relative risorse. 3. Il fondo esplica le proprie finalità attraverso la concessione ad aziende agricole e agroalimentari di produzione, trasformazione e commercializzazione, anche costituite in forma cooperativa, di finanziamenti in conto capitale soggetti a rimborso entro un arco decennale, con la corresponsione dell’interesse determinato nei limiti della normativa comunitaria. 4. La restituzione delle quote finanziate decorre dalla semestralità successiva alla data di perfezionamento del contratto di concessione del finanziamento. 5. Le quote di capitale costituite dalla restituzione in annualità delle somme finanziate confluiscono nella dotazione del fondo e costituiscono contestuale disponibilità a impegnare a favore di ulteriori beneficiari.
ARTICOLO 29 (Accesso alle misure d’intervento)
1. Le richieste per l’accesso alle misure d’intervento di cui al presente titolo sono presentate all’ente competente per materia, senza vincoli riguardo al periodo di presentazione, fatti salvi termini specifici definiti con deliberazione della Giunta regionale in relazione a singole misure. 2. La documentazione presentata a corredo dell’istanza è registrata all’anagrafe regionale delle imprese costituita ai sensi dell’articolo 4 e contestualmente resa disponibile agli enti aderenti al SIARL per i quali ha valore documentale, nel rispetto della normativa in materia di riservatezza. 3. Gli enti competenti provvedono a redigere e aggiornare, con cadenza almeno semestrale e comunque secondo calendario e criteri definiti con deliberazione della Giunta regionale, le graduatorie delle istanze ricevute. 4. Al fine di garantire omogenea applicazione delle procedure di cui al presente articolo la Regione, di concerto con gli enti locali a cui sono conferite funzioni, definisce la modulistica e le procedure unificate per la presentazione delle richieste di contributo e le rendicontazioni. 5. Le istanze presentate mantengono validità per ventiquattro mesi, anche in assenza di dotazione finanziaria atta a garantirne il finanziamento, fatta salva specifica interruzione di procedimento determinata con deliberazione della Giunta regionale. 6. La documentazione presentata per l’accesso a una misura di intervento è accolta anche in forma autocertificativa nei casi e con le modalità previsti dalla vigente normativa e si intende validamente presentata anche a corredo di altre istanze promosse presso il medesimo ente, nonché presso gli enti che aderiscono all’anagrafe delle imprese. L’aggiornamento della documentazione soggetta a scadenza temporale è richiesto dall’ente competente contestualmente all’ammissione a finanziamento dell’istanza; la mancata integrazione della documentazione entro il termine stabilito dagli uffici competenti e comunicato con lettera raccomandata comporta, fatti salvi casi di documentata forza maggiore, il rigetto dell’istanza. 7. L’acquisto di bestiame, macchine e attrezzature, mobili e fisse, nonché la realizzazione di strutture aziendali, avvenuti successivamente alla presentazione della richiesta di contributo e nelle more di adozione dell’atto formale di accoglimento da parte dell’amministrazione competente, non precludono la concessione dei contributi, non costituendo comunque impegno al finanziamento da parte dell’amministrazione, né diritto a precedenze o priorità.
ARTICOLO 30 (Erogazione dei contributi)
1. Ove non sia diversamente previsto da leggi o provvedimenti specifici, possono essere concessi acconti sino all’80 per cento dei contributi di cui al presente titolo, previa richiesta supportata da idonea garanzia fidejussoria. 2. Possono essere altresì erogati acconti su stati di avanzamento dei lavori, a partire dalla rendicontazione di un importo pari o superiore al 50 per cento dell’investimento. 3. Il saldo dell’importo finanziato avviene ad avvenuto completamento dell’iniziativa ammessa a contributo, previo accertamento delle spese sostenute risultanti da analitica rendicontazione ed entro data certa stabilita nel provvedimento di concessione.
ARTICOLO 31 (Revoca)
1. L’ente competente revoca le agevolazioni e i contributi finanziari concessi se: a) gli interventi finanziati non sono stati effettuati nei termini stabiliti; b) le agevolazioni finanziarie non sono state utilizzate per le finalità per le quali sono state concesse, salvi i casi di forza maggiore o quanto previsto in relazione ai beni soggetti a vincolo di destinazione; c) sono state fornite indicazioni non veritiere tali da indurre in errore la amministrazione rispetto alla concessione del contributo; d) negli altri casi previsti dalle leggi e dagli atti amministrativi che disciplinano le modalità e le condizioni per la concessione dei contributi. 2. La revoca comporta l’obbligo di restituzione delle somme percepite, comprensive degli interessi. Con il provvedimento di revoca sono fissate le eventuali rateizzazioni concesse per la restituzione della somma.
Capo VIII Norme finali
ARTICOLO 32 (Rinvio)
1. Gli atti applicativi ed esplicativi relativi all’attuazione delle specifiche misure d’intervento di cui al presente titolo, se lo stesso non prevede diversamente, sono adottati dalla Giunta regionale. 2. La Giunta regionale, in conformità a quanto previsto dal trattato istitutivo dell’Unione europea, dà attuazione, mediante idonee disposizioni applicative, alla regolamentazione comunitaria direttamente applicabile, relativa ai settori dell’agricoltura, delle foreste e della pesca, anche in relazione alla determinazione dell’ammontare dei contributi, dei limiti qualitativi e dei parametri stabiliti dal presente titolo.
TITOLO III Articolazione delle competenze
ARTICOLO 33 (Funzioni di competenza regionale)
1. La Regione svolge le funzioni concernenti: a) i rapporti con il Ministero per le politiche agricole e l’Unione europea; la formulazione degli indirizzi programmatici generali e settoriali in campo agricolo, forestale, ittico, agrituristico, rurale, alimentare e faunistico, il coordinamento delle funzioni conferite; b) l’attuazione di programmi a dimensione o rilevanza regionale previsti in campo agricolo, forestale, ittico, agrituristico, rurale, alimentare e faunistico dalla normativa comunitaria, da leggi statali e regionali; c) la ripartizione delle risorse finanziarie per l’esercizio delle funzioni conferite; d) le funzioni amministrative relative a enti e istituti a carattere regionale o riconosciuti dalla Regione con specifici provvedimenti legislativi; e) la proposta di delimitazione dei territori danneggiati da calamità naturali e da avversità atmosferiche e l’adozione dei provvedimenti relativi e conseguenti; f) le certificazioni fitosanitarie e i controlli necessari alla produzione e alla circolazione dei prodotti vegetali; g) gli interventi sulle strutture di trasformazione e commercializzazione e gli interventi relativi alle iniziative di cooperazione; h) i rapporti con istituti ed enti esercenti il credito agrario, la definizione delle priorità, dei criteri e dei parametri relativi al credito stesso, nonché la concessione e la liquidazione del concorso regionale negli interessi sui prestiti e mutui; i) il riconoscimento delle organizzazioni di produttori, la vigilanza e il controllo sulle attività delle organizzazioni riconosciute e la concessione alle stesse degli incentivi finanziari; j) le funzioni amministrative, comprese le nomine relative a commissioni e comitati a carattere regionale; k) la ricerca applicata, le attività sperimentali e dimostrative e le attività per il supporto regionale all’assistenza tecnica in agricoltura, nonché, d’intesa con le province, la formazione professionale dei tecnici dei servizi di sviluppo agricolo e le attività di assistenza tecnica di livello regionale e interprovinciale; l) l’impostazione e la gestione di programmi e di azioni coordinate per la promozione, a livello regionale, del comparto agroalimentare lombardo, anche in raccordo con analoghe azioni locali e con le CCIAA; m) la valorizzazione delle produzioni agroalimentari e forestali, comprese le azioni per l’innovazione di processo e di prodotto, nonché gli interventi a livello regionale per l’orientamento dei consumi e per il coordinamento delle politiche nutrizionali anche relative alle produzioni biologiche; n) l’offerta dei prodotti agricoli e forestali e gli interventi sui mercati, comprese le relative forme organizzative; o) la bonifica e l’irrigazione, compresi il controllo e la vigilanza sui consorzi di bonifica; p) l’attività antincendi boschivi, esclusa l’organizzazione delle squadre antincendi; q) la gestione del SIARL, anche in raccordo con i sistemi informativi attivati presso le CCIAA, e il coordinamento delle rilevazioni statistiche agricole previste dal programma statistico nazionale e dagli analoghi programmi regionali; r) la definizione dei capitolati speciali d’appalto finalizzati all’acquisizione di servizi e beni strumentali per i quali è necessaria l’uniformazione su standard di livello regionale; s) la definizione di convenzioni con le CCIAA che disciplinino modalità e condizioni per la messa a disposizione della Regione e degli enti locali a cui sono conferite funzioni di dati, notizie e atti presenti nel registro delle imprese, e per il relativo trasferimento telematico; t) l’utilizzazione agronomica dei fanghi di depurazione e l’utilizzazione agronomica dei reflui zootecnici, ai sensi della legge regionale 15 dicembre 1993, n. 37 (Norme per il trattamento, la maturazione e l’utilizzo dei reflui zootecnici); u) la vigilanza e il monitoraggio a fini programmatori delle risorse forestali e silvo-pastorali e delle sistemazioni idraulico-agrario-forestali; v) il riordino degli usi civici; z) i lavori di pronto intervento per calamità naturali non compresi tra quelli previsti dall’articolo 10 della legge regionale 14 agosto 1973, n. 34 (Provvedimenti in materia di viabilità, opere igieniche ed altre opere pubbliche) e localizzati nei territori montani; aa) l’irrogazione delle sanzioni amministrative in applicazione della normativa comunitaria in materia di gestione delle quote di produzione; bb) la vigilanza sui consorzi costituiti per la difesa delle produzioni agricole dalle avversità atmosferiche; cc) l’istituzione, la tenuta, l’aggiornamento e la pubblicazione degli albi regionali dei vigneti a denominazione d’origine (DO) e degli elenchi regionali delle vigne a indicazione geografica tipica (IGT) .
ARTICOLO 34 (Funzioni conferite alle province e alle comunità montane)
1. Sono conferite alle province le funzioni amministrative concernenti: a) la caccia, la pesca, comprese le attività di vigilanza e controllo, e la gestione delle autorizzazioni; b) il coordinamento, la vigilanza e il controllo sugli enti, aziende, consorzi e organizzazioni locali operanti in materia di agricoltura e foreste; c) le attività agrituristiche e le produzioni biologiche; d) l’accertamento dei requisiti per il riconoscimento della qualifica di imprenditore agricolo professionale; e) le commissioni e i comitati provinciali previsti da norme statali e regionali, compresa la nomina dei relativi componenti, operanti in materia di agricoltura e foreste; f) il rilascio delle autorizzazioni per l’acquisto dei prodotti fitosanitari molto tossici, tossici o nocivi; g) le attività di assistenza tecnica, di informazione e di divulgazione di livello provinciale, nonché di formazione professionale, ad esclusione della formazione dei tecnici dei servizi di sviluppo agricolo; h) lo svolgimento dei servizi riguardanti il prelevamento e l’uso dei carburanti a prezzo agevolato per l’agricoltura, compreso il conferimento della qualifica di utente di motori agricoli (UMA); i) le azioni di interesse locale per la promozione agroalimentare, anche relative alle produzioni biologiche; j) la redazione dei piani triennali agricoli di cui all’articolo 3; k) le funzioni amministrative relative alla formazione, arrotondamento e consolidamento della proprietà coltivatrice; l) le azioni di dimensione provinciale finalizzate allo sviluppo delle certificazioni volontarie e al sostegno delle richieste di riconoscimento delle produzioni ai sensi delle normative comunitarie; m) le competenze in materia di usi civici previste dal titolo XI; n) il miglioramento dell’efficienza delle strutture agrarie, compreso il finanziamento dei piani per lo sviluppo aziendale, per la fase di produzione e di trasformazione aziendale; o) i contributi per l’acquisto di macchine innovative e di macchine sostitutive per rottamazione; p) i contributi in conto interessi sui prestiti di conduzione per le aziende agricole; q) l’istruttoria, l’accertamento e i controlli per l’erogazione di premi, integrazioni di reddito previsti dalle normative comunitarie, nazionali e regionali, nonché gli interventi di mercato; r) la rilevazione e il controllo dei dati sul fabbisogno alimentare e l’attuazione dei programmi provinciali d’intervento relativi all’educazione alimentare e alle politiche nutrizionali, comprese quelle biologiche; s) la gestione del sistema informativo agricolo e forestale di livello provinciale e le rilevazioni statistiche agricole previste dal programma statistico nazionale e dagli analoghi programmi regionali, in raccordo con i sistemi informativi attivati presso le CCIAA ai sensi di quanto disposto all’articolo 33, comma 1, lettere q) e s); t) l’istruttoria, l’accertamento e i controlli per la gestione delle quote di produzione; u) il controllo sulle attività svolte dal servizio di assistenza tecnica agli allevamenti (SATA), la vigilanza sulla tenuta dei registri e dei libri genealogici e sull’attuazione dei relativi controlli funzionali nonché gli adempimenti derivanti dall’applicazione delle norme inerenti alla riproduzione animale; v) le attività istruttorie e la gestione degli interventi conseguenti alle avversità atmosferiche e alle calamità naturali, a sostegno delle colture e delle strutture aziendali, nonché delle infrastrutture rurali a livello provinciale, nell’ambito delle zone delimitate ai sensi dell’articolo 33, comma 1, lettera e); z) tutte le funzioni amministrative già attribuite da leggi statali agli ex ispettorati agricoli provinciali; aa) l’istruttoria per l’iscrizione delle superfici vitate negli albi regionali dei vigneti a denominazione d’origine (DO) e negli elenchi regionali delle vigne a indicazione geografica tipica (IGT) e il relativo controllo. 2. Sono conferite alle comunità montane, nell’ambito dei rispettivi territori, e alle province nella restante parte del territorio provinciale le funzioni amministrative concernenti: a) il miglioramento e lo sviluppo delle produzioni animali e vegetali di rilevante interesse locale; b) le sistemazioni idraulico-agrario-forestali e le manutenzioni di piccola entità delle aree boscate; c) gli interventi in materia di forestazione, silvicoltura e arboricoltura, compresi l’assestamento e la pianificazione dei beni silvo-pastorali, nonché l’organizzazione delle squadre antincendi boschivi, fatto salvo quanto stabilito dal comma 3; d) il vincolo idrogeologico, fatte salve le competenze poste in capo ai comuni ai sensi della vigente normativa e quanto stabilito dal comma 3; e) gli interventi per la realizzazione, il ripristino e la manutenzione di infrastrutture al servizio delle attività agro-silvo-pastorali; f) l’attuazione dei lavori di pronto intervento di cui all’articolo 33, comma 1, lettera z; g) l’erogazione dell’indennità compensativa; h) i contributi per l’acquisto di macchine per la meccanizzazione forestale; i) i contributi per l’abbandono produttivo dei terreni coltivati e gli incentivi per il rimboschimento. 3. Sono conferite agli enti gestori dei parchi e delle riserve regionali, nell’ambito dei rispettivi territori, le funzioni amministrative concernenti il vincolo idrogeologico, il taglio dei boschi nonché l’organizzazione delle squadre antincendi boschivi. 4. Sono confermate in capo agli enti locali le funzioni e le competenze attribuite dalla normativa vigente, fermi restando i compiti esercitati localmente, in regime di autonomia funzionale, dalle CCIAA.
ARTICOLO 35 (Funzioni conferite ai comuni)
1. Sono conferite ai comuni le seguenti funzioni: a) rilascio dell’attestazione della qualifica di coltivatore diretto e di operatore agrituristico, previa verifica delle risultanze del registro delle imprese presso le CCIAA; b) autorizzazione degli interventi relativi a strade vicinali, interpoderali e forestali; c) perimetrazione delle superfici percorse dal fuoco sul proprio territorio.
ARTICOLO 36 (Acquisizione di servizi)
1. La Regione e gli enti locali, in relazione alle funzioni amministrative di cui al titolo II e al presente titolo, possono affidare a soggetti terzi, in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà, selezionati tramite procedure di gara, lo svolgimento di procedimenti o istruttorie inerenti alle rispettive competenze. 2. La Regione e gli enti locali, nell’espletamento delle funzioni di rispettiva competenza, riconoscono il ruolo delle autonomie funzionali operanti sul territorio regionale, con particolare riferimento alle CCIAA.
ARTICOLO 37 (Poteri sostitutivi)
1. In caso di accertate inadempienze degli enti locali nell’esercizio delle funzioni conferite ai sensi del presente titolo, la Giunta regionale assegna un congruo termine per provvedere. Decorso inutilmente il termine assegnato, la Giunta regionale, sentito l’ente inadempiente, provvede direttamente o mediante un commissario ad acta.
ARTICOLO 38 (Raccordo tra i sistemi informativi)
1. La Regione, gli enti e i soggetti coinvolti dall’attuazione del presente titolo assicurano la disponibilità e il trasferimento telematico dei dati per l’efficace esercizio delle rispettive funzioni, per l’implementazione del sistema informativo agricolo nazionale e del SIARL. 2. La raccolta, l’elaborazione e la divulgazione dei dati e delle informazioni relative al settore agricolo sono assicurate dal SIARL. 3. La Regione assicura, attraverso il SIARL e tramite convenzione con le CCIAA, l’accesso degli enti locali ai dati e alle informazioni occorrenti alla gestione delle funzioni conferite. 4. I dati e le informazioni presenti nel SIARL hanno valore ai fini istruttori nei procedimenti in materia agricola e forestale di competenza della Regione e degli enti locali. 5. La Giunta regionale definisce i protocolli di comunicazione e gli standard informatici occorrenti alla efficace attuazione del raccordo con i sistemi informativi locali, le modalità organizzative del SIARL, il dizionario telematico dei dati, i codici univoci di identificazione dei soggetti e i protocolli di comunicazione, secondo gli standard definiti dall’autorità per l’informatica.
ARTICOLO 39 (Risorse finanziarie per l’esercizio delle funzioni conferite)
1. In relazione alla necessità di assicurare la conoscenza delle risorse a disposizione per l’effettuazione delle spese di investimento, le province e le comunità montane, nella predisposizione dei loro bilanci, fanno riferimento alle previsioni di spesa contenute nel bilancio pluriennale regionale. 2. I fondi da trasferire alle province e alle comunità montane sono determinati con la legge di approvazione del bilancio dei singoli esercizi finanziari, sulla base degli indirizzi contenuti nel piano agricolo triennale di cui all’articolo 3 e delle priorità individuate con il DPEFR. 3. La Giunta regionale comunica, entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore della legge annuale di bilancio, agli enti interessati, l’effettiva disponibilità finanziaria per ogni voce di spesa attinente alle funzioni conferite.
TITOLO IV Disposizioni sulle superfici e sull’economia forestali Capo I Finalità e norme generali
ARTICOLO 40 (Finalità e obiettivi)
1. Le disposizioni del presente titolo sono finalizzate, nel rispetto degli impegni assunti a livello internazionale in materia di biodiversità e sviluppo sostenibile e delle norme dello Stato e dell’Unione europea, alla conservazione, all’incremento e alla gestione razionale del patrimonio forestale e pascolivo, nonché allo sviluppo delle attività economiche che riguardano direttamente e indirettamente le superfici forestali. 2. La Regione riconosce il rilevante apporto del settore agro-silvo-pastorale per la crescita economica e sociale, lo sviluppo del turismo e di altre attività ricreative, la fissazione di gas ad effetto serra, la produzione di beni e di servizi ecocompatibili, la protezione degli ecosistemi, la conservazione della biodiversità, la difesa idrogeologica, la salvaguardia del paesaggio e delle tradizioni culturali. 3. La Regione promuove, anche attraverso forme associative e consorziali, la gestione attiva delle superfici silvo-pastorali. 4. La Regione, al fine di garantire la conservazione dei sistemi ecologici forestali e l’erogazione di servizi e prodotti alla collettività, promuove e incentiva la gestione razionale e sostenibile delle risorse forestali attraverso lo sviluppo delle attività selvicolturali. La programmazione e la pianificazione forestale tendono al mantenimento e all’incremento della biodiversità, delle potenzialità delle superfici forestali e alla economicità della gestione. 5. Sono obiettivi prioritari della Regione: a) nelle aree montane e collinari, il potenziamento, la manutenzione, il miglioramento e il presidio delle aree agro-silvo-pastorali; b) nelle aree di pianura e di fondovalle, la tutela e conservazione delle superfici forestali, nonché la creazione di nuove aree boscate e di sistemi verdi multi-funzionali.
ARTICOLO 41 (Funzioni amministrative)
1. La Regione, le province, i comuni, le comunità montane, gli enti gestori dei parchi e delle riserve regionali esercitano le funzioni amministrative relative al settore silvo-pastorale secondo principi di semplificazione, sussidiarietà e decentramento. 2. Le province esercitano le funzioni amministrative relative all’approvazione dei piani di indirizzo forestale di cui all’articolo 47. 3. Le province, le comunità montane e gli enti gestori dei parchi e delle riserve regionali esercitano le funzioni amministrative relative al rilascio delle autorizzazioni per la trasformazione del bosco di cui all’articolo 43, coordinandole con le procedure inerenti ai vincoli paesistici. 4. La Regione esercita le funzioni di coordinamento delle funzioni conferite, nonché le funzioni amministrative relative a progetti per lo sviluppo del settore agro-silvo-pastorale di rilevanza regionale.
ARTICOLO 42 (Definizione di bosco)
1. Sono considerati bosco: a)le formazioni vegetali, a qualsiasi stadio di sviluppo, di origine naturale o artificiale, nonché i terreni su cui esse sorgono, caratterizzate simultaneamente dalla presenza di vegetazione arborea o arbustiva, dalla copertura del suolo, esercitata dalla chioma della componente arborea o arbustiva, pari o superiore al venti per cento, nonché da superficie pari o superiore a 2.000 metri quadrati e larghezza non inferiore a 25 metri; b) i rimboschimenti e gli imboschimenti; c) le aree già boscate prive di copertura arborea o arbustiva a causa di trasformazioni del bosco non autorizzate. 2. Sono assimilati a bosco: a) i fondi gravati dall’obbligo di rimboschimento per le finalità di difesa idrogeologica del territorio, qualità dell’aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e dell’ambiente in generale; b) le aree forestali temporaneamente prive di copertura arborea e arbustiva a causa di utilizzazioni forestali, avversità biotiche o abiotiche, eventi accidentali e incendi; c) le radure e tutte le altre superfici d’estensione inferiore a 2.000 metri quadrati che interrompono la continuità del bosco. 3. I confini amministrativi, i confini di proprietà o catastali, le classificazioni urbanistiche e catastali, la viabilità agro-silvo-pastorale e i orsi d’acqua minori non influiscono sulla determinazione dell’estensione e delle dimensioni minime delle superfici considerate bosco. 4. Non sono considerati bosco: a) gli impianti di arboricoltura da legno e gli impianti per la produzione di biomassa legnosa; b) i filari arborei, i parchi urbani e i giardini; c) gli orti botanici, i vivai, i piantonai, le coltivazioni per la produzione di alberi di Natale e i frutteti, esclusi i castagneti da frutto in attualità di coltura; d) le formazioni vegetali irrilevanti sotto il profilo ecologico, paesaggistico e selvicolturale. 5. La colonizzazione spontanea di specie arboree o arbustive su terreni non boscati dà origine a bosco solo quando il processo è in atto da almeno cinque anni. 6. I piani di indirizzo forestale di cui all’articolo 47 individuano e delimitano le aree qualificate bosco in conformità alle disposizioni del presente articolo. Nel periodo di vigenza del piano, la colonizzazione spontanea di specie arboree o arbustive e su terreni non boscati, nonché l’evoluzione di soprassuoli considerati irrilevanti sotto il profilo ecologico, paesaggistico e selvicolturale determinano nuovo bosco solo se previsto nella variante del piano stesso. In mancanza dei piani di indirizzo forestale o alla loro scadenza, la superficie a bosco è determinata secondo quanto previsto dai commi 1 e 2. 7. La Giunta regionale determina gli aspetti applicativi e di dettaglio per la definizione di bosco, i criteri per l’individuazione delle formazioni vegetali irrilevanti di cui al comma 4, lettera d), nonché i criteri e le modalità per l’individuazione dei coefficienti di boscosità. 8. Agli effetti del presente titolo i termini bosco, foresta e selva sono equiparati.
Capo II Difesa del patrimonio silvo-pastorale
ARTICOLO 43 (Tutela e trasformazione del bosco)
1. Ai fini del presente titolo si intende per trasformazione del bosco ogni intervento artificiale che comporta l’eliminazione della vegetazione esistente oppure l’asportazione o la modifica del suolo forestale finalizzato a una utilizzazione diversa da quella forestale. 2. Gli interventi di trasformazione del bosco sono vietati, fatte salve le autorizzazioni rilasciate dalle province, dalle comunità montane e dagli enti gestori di parchi e riserve regionali, per il territorio di rispettiva competenza, compatibilmente con la conservazione della biodiversità, con la stabilità dei terreni, con il regime delle acque, con la difesa dalle valanghe e dalla caduta dei massi, con la tutela del paesaggio, con l’azione frangivento e di igiene ambientale locale. La conservazione della biodiversità si basa sulla salvaguardia e gestione sostenibile del patrimonio forestale mediante forme appropriate di selvicoltura. 3. Le autorizzazioni alla trasformazione del bosco prevedono, a carico dei richiedenti, gli interventi compensativi finalizzati a realizzare: a) nelle aree con elevato coefficiente di boscosità, di norma identificate con quelle di montagna e di collina, specifiche attività selvicolturali ai sensi dell’articolo 50 volte al miglioramento e alla riqualificazione dei boschi esistenti e al riequilibrio idrogeologico, compresi gli interventi sulla rete viaria forestale previsti dagli strumenti di pianificazione forestale; b) nelle aree con insufficiente coefficiente di boscosità, di norma identificate con quelle di pianura, rimboschimenti e imboschimenti con specie autoctone, preferibilmente di provenienza locale, su superfici non boscate di estensione almeno doppia di quella trasformata, da sottoporre a regolare manutenzione fino all’affermazione. 4. I piani di indirizzo forestale, in relazione alle caratteristiche dei territori oggetto di pianificazione, delimitano le aree in cui la trasformazione può essere autorizzata; definiscono modalità e limiti, anche quantitativi, per le autorizzazioni alla trasformazione del bosco; stabiliscono tipologie, caratteristiche qualitative e quantitative e localizzazione dei relativi interventi di natura compensativa, in conformità al comma 3 e al provvedimento di cui al comma 8. In mancanza o alla scadenza dei piani di indirizzo forestale, è vietata la trasformazione dei boschi d’alto fusto non autorizzata dalla provincia territorialmente competente; l’autorizzazione può essere concessa, dopo aver valutato le possibili alternative, esclusivamente per : a) opere di pubblica utilità; b) viabilità agro-silvo-pastorale; c) allacciamenti tecnologici e viari agli edifici esistenti; d) ampliamenti o costruzione di pertinenze di edifici esistenti; e) manutenzione, ristrutturazione, restauro e risanamento conservativo di edifici esistenti purché non comportino incremento di volumetria e siano censiti dall’agenzia del territorio. 5. I piani di indirizzo forestale possono prevedere obblighi di compensazione di minima entità o l’esenzione dall’obbligo di compensazione in relazione a interventi: a) di sistemazione del dissesto idrogeologico, preferibilmente tramite l’ingegneria naturalistica; b) di viabilità agro-silvo-pastorale o altri interventi di miglioramento forestale previsti in piani di indirizzo forestale o in piani di assestamento forestale approvati; c) di conservazione della biodiversità o del paesaggio; d) presentati da aziende agricole e forestali, finalizzati all’esercizio dell’attività primaria in montagna e in collina. 6. In mancanza o alla scadenza dei piani di indirizzo forestale: a) gli interventi di cui al comma 5, lettera a), non sono assoggettati all’obbligo di compensazione; b) gli interventi di cui al comma 5, lettera b), sono soggetti ad oneri di compensazione di minima entità. 7. Gli interventi compensativi, le successive manutenzioni e il reperimento delle aree a tal fine necessarie sono a carico del richiedente l’autorizzazione alla trasformazione del bosco. Gli interventi possono essere realizzati anche dall’ente che ha rilasciato l’autorizzazione; in tal caso, il richiedente versa l’intero importo presunto corrispondente alla sommatoria dei costi di acquisto delle aree di intervento, di progettazione, di realizzazione e di successiva manutenzione degli interventi compensativi. 8. Con deliberazione della Giunta regionale, nel rispetto delle esigenze di tutela di cui al comma 2, sono definiti: a) l’estensione dell’area boscata soggetta a trasformazione del bosco oltre la quale sussiste l’obbligo della compensazione; b) i criteri, le procedure e i limiti per le autorizzazioni alla trasformazione del bosco e per i relativi interventi di natura compensativa; c) i criteri per la determinazione dei costi degli interventi compensativi e le procedure per il versamento di adeguate cauzioni per l’esecuzione degli interventi medesimi; d) le caratteristiche degli interventi di trasformazione del bosco che, per il loro effetto di miglioramento della biodiversità o del paesaggio, possono essere realizzati senza compensazione o con obblighi di compensazione di minima entità; e) i criteri per la redazione di piani colturali e di manutenzione degli interventi compensativi.
ARTICOLO 44 (Vincolo idrogeologico e trasformazione d’uso del suolo)
1. Ai fini del presente titolo si intende per trasformazione d’uso del suolo ogni intervento artificiale che comporta una modifica permanente delle modalità di utilizzo e occupazione dei terreni soggetti a vincolo idrogeologico. 2. Sono vietati gli interventi di trasformazione d’uso del suolo non autorizzati in conformità alle indicazioni e alle informazioni idrogeologiche contenute negli studi geologici comunali, nei piani territoriali e nei piani forestali di cui all’articolo 47. 3. Per interventi che non comportano anche la trasformazione del bosco l’autorizzazione alla trasformazione d’uso del suolo è rilasciata dai comuni interessati in caso di: a) interventi su edifici già presenti per ampliamenti pari al cinquanta per cento dell’esistente e comunque non superiori a 200 metri quadrati di superficie; b) posa in opera di cartelli e recinzioni; c) posa in opera di fognature e condotte idriche totalmente interrate; linee elettriche di tensione non superiore a 15 Kw; linee di comunicazione e reti locali di distribuzione di gas; posa in opera di serbatoi interrati, comportante scavi e movimenti di terra non superiori a 50 metri cubi;d) interventi comportanti scavi e movimenti di terra non superiori a 100 metri cubi, di sistemazione idraulicoforestale, di ordinaria e straordinaria manutenzione della viabilità agro-silvo-pastorale e di realizzazione di manufatti di sostegno e contenimento. 4. Le province, le comunità montane e gli enti gestori di parchi e riserve regionali, per il territorio di rispettiva competenza, rilasciano, compatibilmente con quanto disposto dal titolo III e fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 43, le autorizzazioni alla trasformazione d’uso del suolo nei casi non compresi nel comma 3. 5. I comuni e gli enti di cui al comma 4 possono prevedere il versamento di adeguate cauzioni a garanzia dell’esecuzione delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni di cui ai commi 3 e 4. 6. La Regione definisce: a) i criteri per la revisione del vincolo idrogeologico, anche in relazione alle indicazioni dei piani di bacino e del piano paesaggistico regionale, tenendo conto delle nuove conoscenze tecniche e in coerenza con la restante pianificazione territoriale; b) in conformità ai commi 2, 3 e 4, le caratteristiche degli interventi di trasformazione d’uso del suolo che, per il loro irrilevante impatto sulla stabilità idrogeologica dei suoli, sono realizzati previa comunicazione agli enti competenti.
ARTICOLO 45 (Protezione dagli incendi boschivi e difesa fitosanitaria)
1. La Regione attua direttamente o tramite le province, le comunità montane e gli enti gestori di parchi e riserve regionali le iniziative di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi, nonché le attività di formazione e informazione, avvalendosi anche del supporto del volontariato, specificatamente organizzato, addestrato ed equipaggiato. 2. Per rendere più efficaci le azioni volte a limitare i danni causati dagli incendi boschivi, la Giunta regionale, annualmente, trasferisce risorse alle comunità montane, alle province e agli enti gestori di parchi e riserve regionali per sostenere gli oneri per l’equipaggiamento, l’addestramento, l’assicurazione e il rimborso delle spese delle squadre di volontariato, nonché per le opere e gli interventi necessari per la migliore difesa dal fuoco. La Giunta regionale sostiene direttamente gli oneri per i programmi di intervento antincendio su scala regionale e può instaurare rapporti di collaborazione con il corpo forestale dello Stato, il corpo nazionale dei vigili del fuoco e le organizzazioni di volontariato. 3. In applicazione della legge 21 novembre 2000, n. 353 (Legge-quadro in materia di incendi boschivi), il piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi rappresenta lo strumento di pianificazione e di programmazione del settore. Per le attività di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi è istituita la sala operativa unificata permanente di cui all’articolo 7, comma 3, della medesima legge. 4. Fatti salvi i contenuti del piano di cui al comma 3, in occasione di codizioni meteorologiche o ambientali favorevoli allo sviluppo degli incendi boschivi, il Presidente della Giunta regionale o l’assessore delegato dichiara lo stato di rischio per gli incendi boschivi su tutto o parte del territorio regionale, impartendo le prescrizioni necessarie. 5. I comuni e le province, con l’ausilio delle comunità montane, degli eni gestori di parchi e riserve regionali e del corpo forestale dello Stato, nell’ambito delle rispettive competenze e secondo le indicazioni della Giunta regionale, assicurano le attività necessarie per il rispetto dei divieti e delle prescrizioni di cui all’articolo 10 della legge 353/2000. 6. La Giunta regionale predispone annualmente, attraverso l’ERSAF, la relazione sulla protezione dagli incendi boschivi e sulla difesa fitosanitaria dei boschi e la presenta al Consiglio regionale. 7. Le attività di controllo fitosanitario nei pascoli montani e nei boschi, nonché la produzione e la commercializzazione dei prodotti vegetali derivanti dalla selvicoltura e dall’alpicoltura sono esercitate nel rispetto delle disposizioni di cui al titolo VI. 8. Nei pascoli montani e nei boschi la difesa fitosanitaria è attuata preferibilmente con metodi selvicolturali, attraverso forme di utilizzazione boschiva in grado di limitare ed attenuare, direttamente o indirettamente, l’effetto degli organismi nocivi. E’ vietato il ricorso alla lotta chimica non autorizzato dalla Regione per motivi di pubblica utilità e comunque con la previsione di presidi finalizzati alla salvaguardia dell’ecosistema forestale. 9. A integrazione di quanto disposto dall’articolo 10 della legge 353/2000, la Giunta regionale adotta ulteriori prescrizioni per la difesa dei boschi dagli incendi e gli indirizzi per la ricostituzione dei soprassuoli percorsi dal fuoco. 10. Al di fuori dei casi in cui trovano applicazione l’articolo 10, comma 5, della legge 353/2000 e il comma 4 del presente articolo è vietato accendere all’aperto fuochi nei boschi o a distanza da questi inferiore a cento metri, fatte salve le deroghe previste nel regolamento di cui all’articolo 50, comma 4.
Capo III Inventario e carta forestale regionale, programmazione e pianificazione
ARTICOLO 46 (Inventario, carta forestale regionale e sistema informativo silvo-pastorale)
1. La Regione effettua, attraverso l’inventario forestale regionale, l’analisi e il monitoraggio dello stato, della consistenza e delle funzioni del patrimonio forestale e redige, in base ai dati rilevati, la carta forestale regionale. L’aggiornamento dell’inventario forestale regionale e della carta forestale regionale avviene con periodicità decennale. 2. La Regione realizza il sistema informativo forestale, coordinato con il sistema informativo territoriale, che comprende gli strumenti conoscitivi di cui al comma 1, il catasto delle aree percorse dal fuoco, il catasto dei piani forestali e il catasto degli alpeggi; in esso confluiscono i dati e le informazioni di interesse regionale a fini programmatori delle risorse forestali, silvo-pastorali e delle sistemazioni idraulico-forestali.
ARTICOLO 47 (Programmazione e pianificazione forestale)
1. Nell’ambito dei rispettivi piani agricoli triennali di cui all’articolo 3 la Regione e le province stabiliscono specifiche linee guida di politica e programmazione forestale, finalizzate a: a) verificare lo stato e le caratteristiche del bosco in relazione all’economia e alla situazione ambientale generale, con particolare riferimento alla conservazione della biodiversità; b) individuare gli obiettivi strategici del settore forestale e indicare gli indirizzi di intervento e i criteri generali di realizzazione, nonché le previsioni di spesa. 2. Le province, le comunità montane e gli enti gestori dei parchi predispongono, per i territori di competenza, sentiti i comuni interessati, i piani di indirizzo forestale per la valorizzazione delle risorse silvo-pastorali. 3. Il piano di indirizzo forestale costituisce uno strumento di analisi e di indirizzo per la gestione dell’intero territorio forestale ad esso assoggettato, di raccordo tra la pianificazione forestale e la pianificazione territoriale, di supporto per la definizione delle priorità nell’erogazione di incentivi e contributi e per la individuazione delle attività selvicolturali da svolgere; inoltre, contiene le previsioni di cui all’articolo 43, commi 4 e 5, e all’articolo 51, comma 4. 4. I piani di indirizzo forestale di cui al comma 2 e le loro varianti sono approvati dalla provincia, previo parere obbligatorio della Regione, e sono validi per un periodo variabile tra i dieci e i quindici anni. 5. Le proprietà silvo-pastorali, singole o associate, possono essere gestite in base a piani di assestamento forestale a carattere aziendale, anche in versione semplificata per i boschi che svolgono prevalentemente funzioni diverse da quella produttiva. 6. I piani di assestamento forestale e le relative varianti sono approvati dagli enti gestori di parchi e riserve regionali, dalle comunità montane e dalle province nel territorio di rispettiva competenza, salvo quelli riguardanti il patrimonio forestale regionale, approvati dalla Giunta regionale. 7. Al fine di assicurare una metodologia comune e valori qualitativi omogenei per la redazione della pianificazione forestale, la Giunta regionale definisce, con l’ausilio dell’ERSAF e sentite le province, le comunità montane e gli enti gestori di parchi riserve regionali, criteri e procedure per la redazione e l’approvazione dei piani di indirizzo forestale e dei piani di assestamento forestale.
ARTICOLO 48 (Raccordi con la pianificazione territoriale)
contenuti dei piani territoriali di coordinamento provinciali, dei piani paesaggistici di cui all’articolo 135 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), dei piani di bacino e della pianificazione regionale delle aree protette di cui alla legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 (Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale). 2. Il piano di indirizzo forestale costituisce specifico piano di settore del piano territoriale di coordinamento della provincia cui si riferisce. 3. Gli strumenti urbanistici comunali recepiscono i contenuti dei piani di indirizzo e dei piani di assestamento forestale. La delimitazione delle superfici a bosco e le prescrizioni sulla trasformazione del bosco stabilite nei piani di indirizzo forestale sono immediatamente esecutive e costituiscono variante agli strumenti urbanistici. 4. Nei parchi regionali il piano di indirizzo forestale sostituisce il piano attuativo di settore boschi di cui all’articolo 20 della l.r. 86/1983.
Capo IV Gestione delle risorse silvo-pastorali
ARTICOLO 49 (Ricerca, formazione e assistenza tecnica)
1. La Regione promuove e sostiene lo sviluppo della ricerca applicata e della sperimentazione nel settore forestale, pastorale e delle loro filiere, ai fini del miglioramento del patrimonio silvo-pastorale. 2. Per contribuire allo sviluppo delle professionalità legate alla corretta gestione del bosco la Regione promuove e sostiene la realizzazione di materiale divulgativo nel settore agro-silvo-pastorale e la formazione professionale per gli imprenditori, i professionisti e gli operatori della filiera bosco-legno e dell’alpicoltura. 3. Per le attività di ricerca, sperimentazione, formazione e divulgazione la Regione si avvale, oltre che dei propri enti strumentali, degli enti, istituzioni, associazioni e aziende, sia pubblici che privati, con competenze nel settore agro-silvo-pastorale. 4. La Regione, le province, le comunità montane e gli enti gestori di parchi e riserve regionali promuovono e incentivano l’assistenza tecnica specializzata a favore dei proprietari, dei titolari di altri diritti reali di godimento, dei possessori di boschi, pubblici e privati, e delle imprese boschive, singole o associate, ai fini della gestione corretta e sostenibile delle formazioni boscate. 5. La Regione si avvale dell’ERSAF, del corpo forestale regionale istituito dalla legge regionale 12 gennaio 2002, n. 2 (Istituzione del Corpo forestale regionale) e dell’Istituto di ricerca per l’ecologia e l’economia applicata alle aree alpine (IREALP) per promuovere condizioni di sviluppo per la ricerca, la formazione, l’assistenza tecnica e per la redazione degli inventari e della carta forestale di cui all’articolo 46. La Regione può, altresì, stipulare convenzioni con enti, istituti di ricerca, consorzi forestali, nonché con il corpo forestale dello Stato ai sensi della legge 6 febbraio 2004, n. 36 (Nuovo ordinamento del Corpo forestale dello Stato).
ARTICOLO 50 (Attività selvicolturali, norme forestali regionali e certificazione ecocompatibile)
1. Si considerano attività selvicolturali tutti gli interventi, diversi dalla trasformazione del bosco, relativi alla gestione forestale, quali i tagli di utilizzazione, gli sfolli, i diradamenti, le cure colturali, la difesa fitosanitaria, gli interventi di realizzazione, manutenzione ordinaria e straordinaria della viabilità agro-silvo-pastorale vietata al transito ordinario, le opere di sistemazione idraulico-forestale, nonché i rimboschimenti e gli imboschimenti. Non si considerano attività selvicolturali gli interventi che consistono nella realizzazione di muraglioni in cemento armato o raccordi viabilistici e tutti gli interventi che non si basano su criteri di ingegneria naturalistica. 2. Le attività selvicolturali finalizzate alla salvaguardia e all’utilizzo rinnovabile e duraturo delle risorse forestali sono un fattore di sviluppo dell’economia locale e regionale e uno strumento fondamentale per la tutela attiva degli ecosistemi, dell’assetto idrogeologico e paesaggistico. 3. È vietata la conversione dei boschi governati o avviati a fustaia in boschi governati a ceduo, fatti salvi gli interventi autorizzati ai fini della difesa fitosanitaria o per altri motivi di rilevante interesse pubblico. E’ vietato altresì il taglio a raso dei boschi laddove le tecniche selvicolturali non sono finalizzate alla rinnovazione naturale, salvo casi diversi previsti dai piani di indirizzo forestale e dai piani di assestamento redatti e approvati secondo i criteri della gestione forestale sostenibile. 4. Con regolamento sono approvate le norme forestali regionali, con disposizioni distinte per tipi forestali, prevedendo norme dedicate alla gestione selvicolturale all’interno delle aree protette. Le attività selvicolturali, ovunque esercitate, devono essere conformi alle norme forestali regionali. 5. Il regolamento di cui al comma 4 disciplina in particolare: a)le deroghe, per motivi fitosanitari o di rilevante interesse pubblico, al divieto generale di conversione dei boschi governati o avviati a fustaia in boschi governati a ceduo; b) le caratteristiche tecniche del taglio a raso affinché sia finalizzato alla rinnovazione naturale del bosco; c) i criteri e le modalità per effettuare i tagli a raso previsti dai piani di assestamento forestale o dai piani di indirizzo forestale; d) i criteri e le modalità per il rilascio in bosco di alberi da destinare all’invecchiamento a tempo indefinito; e) il divieto di impiegare specie esotiche a carattere infestante, dannose per la conservazione della biodiversità; f) i contenuti e la disciplina della denuncia di inizio attività di cui al comma 7; g) le modalità e i limiti da osservare nella redazione dei piani di indirizzo forestale per l’utilizzo di mandrie e greggi per la ripulitura di boschi e di terreni incolti; h) le modalità per lo svolgimento delle attività agro-pastorali sui terreni non boscati sottoposti a vincolo idrogeologico. 6. I piani di assestamento e di indirizzo forestale possono derogare alle reginale. Nel caso di superfici boscate assoggettate sia a piano di assestamento che a piano di indirizzo forestale prevalgono le norme contenute nel piano di assestamento forestale. 7. L’esecuzione di attività selvicolturali in conformità alle norme forestali regionali è subordinata alla presentazione di una denuncia di inizio attività all’ente competente per territorio, fatte salve le disposizioni riguardanti i siti con particolare regime di tutela previsto dalla normativa comunitaria, nonché le riserve naturali e i parchi naturali all’interno dei parchi regionali. Alla denuncia di inizio attività si applicano le disposizioni degli articoli 3 e 5 della legge regionale 22 luglio 2002, n. 15 (Legge di semplificazione 2001. Semplificazione legislativa mediante abrogazione di leggi regionali. Interventi di semplificazione amministrativa e delegificazione). Fino all’approvazione dei piani di indirizzo forestale, il taglio colturale dei boschi all’interno delle aree protette è autorizzato preventivamente dall’ente gestore dell’area protetta. 8. La Giunta regionale mette a disposizione degli enti competenti e dei soggetti interessati procedure informatizzate per la presentazione della denuncia di inizio attività di cui al comma 7. 9. I tagli e le altre attività selvicolturali eseguiti in conformità al presente articolo, al regolamento recante le norme forestali regionali e alla pianificazione forestale sono considerati interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica secondo quanto previsto dall’articolo 149, comma 1, lettere b) e c), del d.lgs. 42/2004. 10. Nella concessione dei contributi previsti dagli articoli 25 e 26 è accordata priorità agli interventi realizzati direttamente dai proprietari interessati, a quelli realizzati dalle aziende agricole e dai consorzi forestali operanti nei territori oggetto degli interventi, nonché agli interveti realizzati secondo tecniche di ingegneria naturalistica. 11. Gli interventi di realizzazione e di manutenzione straordinaria della viabilità agro-silvo-pastorale e le opere di sistemazione idraulico forestale soo soggetti alle autorizzazioni per la trasformazione del bosco e per la trasformazione d’uso del suolo di cui agli articoli 43 e 44 e alle procedure autorizzative o agli atti di assenso eventualmente previsti dalla normativa vigente. 12. La Giunta regionale, al fine di promuovere la gestione forestale sostenibile, ne determina i criteri e i sistemi di valutazione, incentivando l’introduzione di sistemi di certificazione ecocompatibile delle produzioni forestali e della selvicoltura.
ARTICOLO 51 (Alpicoltura)
1. Il Consiglio regionale, al fine di salvaguardare, valorizzare e sviluppare la pratica dell’alpicoltura, integrandola con il settore forestale,approva il piano regionale degli alpeggi, basato sul relativo catasto. 2. La Regione, per riconoscere i benefici ambientali e sociali derivanti dall’alpicoltura e per compensare i disagi dovuti alla carenza di viabilità di accesso ai pascoli, trasferisce risorse finanziarie alle comunità montane per l’erogazione di indennità compensative, da determinare in funzione del numero di capi monticati, della superficie utilizzata e delle difficoltà di accesso agli alpeggi. 3. La Regione promuove e incentiva il ricambio generazionale al fine di assicurare nel tempo il mantenimento dell’alpicoltura. 4. I piani di indirizzo forestale di cui all’articolo 47 definiscono aree e modalità per l’utilizzo di mandrie e greggi per la ripulitura di boschi e di terreni incolti a scopo di prevenzione degli incendi boschivi e di conservazione del paesaggio rurale, secondo le modalità e nel rispetto dei limit stabiliti dalle norme forestali regionali. In mancanza o alla scadenza dei piani di indirizzo forestale, l’autorizzazione all’utilizzo di mandrie e greggi per la ripulitura di boschi e di terreni incolti è rilasciata dall’ente competente in materia forestale.
ARTICOLO 52 (Sistemazioni idraulico-forestali)
1. Si considerano sistemazioni idraulico forestali le attività di riassetto idrogeologico di bacini attraverso interventi integrati di consolidamento di versanti, di regimazione delle acque e di ricostituzione e cura dei boschi. 2. Le attività selvicolturali di cui all’articolo 50 sono considerate opere dirette di prevenzione del dissesto idrogeologico e delle calamità naturali. 3. Si considerano di pronto intervento le opere e i lavori necessari: a) per fronteggiare situazioni di effettivo pericolo a cose o persone causate da eventi calamitosi nel settore idraulico-agrario-forestale; b) per ripristinare sistemazioni idraulico-agrario-forestali rese necessarie da eventi di natura eccezionale; c)per interventi in aree montane finalizzati al recupero di alberi danneggiati da eventi eccezionali o da evenienze fitosanitarie. 4. Per l’esecuzione delle opere e dei lavori di pronto intervento di cui al comma 3 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 1 della l.r. 34/1973. 5. La Giunta regionale, in coerenza con i programmi di difesa del suolo, trasferisce annualmente risorse alle province e alle comunità montane per la realizzazione e manutenzione delle opere di sistemazione idraulico-forestale sulla base dei seguenti indirizzi prioritari: a) manutenzione conservativa delle opere di sistemazione idraulico-forestale esistenti, taglio e recupero di alberi danneggiati da eventi eccezionali o da evenienze fitosanitarie; b) attuazione diretta degli interventi da parte dei proprietari in forma associata o consorziata, dei consorzi forestali o delle aziende agricole ubicate nei territori interessati dagli interventi; c)ricorso a tecniche di ingegneria naturalistica. 6. Le province e le comunità montane impiegano preferibilmente, per la realizzazione degli interventi di cui al presente articolo, le imprese agricole, così come previsto dall’articolo 15 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57). 7. Se vi sono gravi processi di degrado o motivi di pubblica incolumità, le province, le comunità montane e gli enti gestori di parchi e riserve regionali provvedono direttamente alla realizzazione degli interventi di manutenzione e ripristino delle superfici forestali.
ARTICOLO 53 (Materiale forestale di base e di moltiplicazione)
1. La Regione promuove la conservazione e la tutela del patrimonio genetico forestale autoctono e della biodiversità sostenendo l’utilizzo, la moltiplicazione e la diffusione delle specie forestali autoctone di provenienza certificata. 2. La Regione, tramite l’ERSAF, provvede all’individuazione, selezione, costituzione e caratterizzazione genetica, fenotipica ed ecologica di popolamenti vegetali e di singole piante in grado di fornire materiale di riproduzione idoneo alla coltivazione vivaistica, attraverso la stipula di apposite convenzioni con i rispettivi proprietari, nonché all’acquisizione di aree boscate e di piante singole o gruppi di piante di particolare importanza. I popolamenti e le piante selezionate sono iscritti nei registri regionali dei materiali di base. 3. La Regione contribuisce alle spese di gestione e manutenzione delle superfici forestali e delle piante iscritte nei registri regionali dei materiali di base, per assicurare le migliori condizioni per la conservazione del patrimonio genetico conservato. 4. La Giunta regionale, anche avvalendosi dell’ERSAF, approva criteri e modalità per la raccolta e la certificazione della provenienza e della qualità del materiale forestale di base e del materiale forestale di moltiplicazione da destinare ad attività selvicolturali, ad interventi di rinaturalizzazione, ingegneria naturalistica e ripristino ambientale, ad impianti di arboricoltura da legno, nonché ad interventi di riqualificazione paesaggistica dello spazio rurale.
ARTICOLO 54 (Patrimonio forestale regionale e patrimonio degli enti locali)
1. Il patrimonio indisponibile agro-silvo-pastorale della Regione, denominato patrimonio forestale regionale, è costituito: a) dai beni già facenti parte del demanio forestale dello Stato, trasferiti alla Regione a norma dell’articolo 11, quinto comma, della legge 16 maggio 1970, n. 281 (Provvedimenti finanziari per l’attuazione delle Regioni a statuto ordinario); b) dai vivai forestali già di proprietà dello Stato; c) dai terreni montani che pervengono alla Regione ai sensi dell’articolo 9 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102 (Nuove norme per lo sviluppo della montagna), nonché per acquisto comunque diretto alla formazione di boschi, prati, pascoli, vivai, aziende modello o riserve naturali; d) dai terreni montani acquisiti in base a provvedimenti di attuazione di piani regionali; e) da altri terreni e beni rustici che in qualsiasi modo diventano proprietà della Regione. 2. Il patrimonio forestale regionale è una risorsa messa a disposizione della collettività lombarda e delle generazioni future; esso è utilizzato per le seguenti finalità: a) promozione di attività ricreative, didattiche e culturali; b) costituzione di riserve e parchi aperti al pubblico; c) salvaguardia ambientale, prevenzione del dissesto idrogeologico, incremento del patrimonio faunistico e della biodiversità, tutela e miglioramento del paesaggio; d) ricerca e sperimentazione; e) incremento delle produzioni forestali rinnovabili; f) coinvolgimento delle realtà socio-economiche e delle aziende agricole e forestali locali; g) razionalizzazione della gestione delle risorse forestali attraverso la promozione dell’istituzione di aziende modello, anche miste, a proprietà pubblica e privata; h) integrazione di reddito alle popolazioni locali. 3. All’interno del patrimonio forestale regionale non è consentito l’esercizio dell’attività venatoria. 4. L’ERSAF gestisce il patrimonio forestale regionale e previo nulla osta della Giunta regionale: a)realizza acquisizioni volte ad ampliare il patrimonio forestale regionale nei casi previsti dall’articolo 9, primo e secondo comma, della legge 1102/1971 e, nel caso di terreni ad esso interclusi, di aree occorrenti per strade di accesso o spazi di deposito e in ogni altro caso, qualora l’incorporamento dei terreni sia necessario per una migliore e razionale gestione del patrimonio forestale regionale; b)costituisce servitù attive e passive. 5. I beni immobili facenti parte del patrimonio forestale regionale, gestibili a livello locale in modo più efficace ed efficiente, possono essere affidati alla gestione pianificata di realtà socio economiche locali e in particolare a consorzi forestali, aziende agricole o imprese forestali, associazioni ambientaliste riconosciute dalla Regione e da enti pubblici. 6. Gli enti locali possono gestire i propri patrimoni forestali, fatta salva la fruizione degli usi civici da parte degli aventi diritto, direttamente o tramite il conferimento degli stessi a un consorzio forestale di cui fanno parte o tramite l’ERSAF. 7. Se dalla mancata o inadeguata gestione dei patrimoni forestali di proprietà pubblica possono derivare danni irreparabili agli stessi o fenomeni di degrado, la Giunta regionale sollecita l’ente locale proprietario o il consorzio forestale cui lo stesso ente partecipa ad attuare direttamente i necessari interventi o ad affidarne la gestione all’ERSAF. 8. Le attività selvicolturali previste dai piani di assestamento forestale riguardanti superfici forestali di proprietà pubblica non affidate in gestione ai consorzi forestali possono essere effettuate dall’ERSAF, dai comuni, dalle province, dalle comunità montane o dagli enti gestori dei parchi e delle riserve regionali con le seguenti modalità: a)amministrazione diretta fino ad un massimo di 100 metri cubi nel caso dei tagli di utilizzazione; b)concessione diretta a impresa iscritta all’albo regionale di cui all’articolo 57, per un periodo non superiore alla validità del piano di assestamento forestale; c)vendita diretta o appalto a un’impresa iscritta nell’albo regionale. 9. La Regione dispone con regolamento in ordine ai lavori in economia da realizzarsi nel settore forestale.
ARTICOLO 55 (Progetto grandi foreste)
1. Su proposta delle province, la Regione finanzia la realizzazione di grandi foreste e di sistemi forestali, da effettuarsi preferibilmente in comprensori privi o scarsi di vegetazione forestale. 2. Le grandi foreste di cui al comma 1 sono fruibili gratuitamente dalla collettività, sono realizzate utilizzando esclusivamente specie forestali autoctone e in esse è escluso l’esercizio dell’attività venatoria. 3. La Regione con le province e le comunità montane, nonché con il coinvolgimento degli imprenditori agricoli promuove la realizzazione, entro il 31 dicembre 2009, di 10.000 ettari di nuovi boschi e sistemi forestali multifunzionali, in coerenza con le finalità dell’articolo 40, comma 5, con la pianificazione territoriale e di bacino, nonché in applicazione dei protocolli internazionali. 4. La Regione promuove e finanzia altresì progetti di forestazione urbana da realizzarsi in modo diffuso nei comuni che non dispongono di grandi estensioni e nei comuni fortemente urbanizzati. Gli interventi di forestazione urbana hanno lo scopo di rinaturazione e riqualificazione di aree ad urbanizzazione densa, di costruzione del paesaggio, di contenimento degli inquinanti, di mitigazione climatica e acustica.
Capo V Promozione dell’economia forestale. Associazionismo, filiera bosco-legno e infrastrutture territoriali
ARTICOLO 56 (Associazionismo e consorzi forestali)
1. La Regione, al fine di valorizzare il patrimonio forestale attraverso una sua corretta gestione, riconosce e promuove la costituzione di consorzi forestali e altre forme di associazione e incentiva la partecipazione di soggetti pubblici e privati. 2. I consorzi forestali sono costituiti volontariamente tra i soggetti pubblici e privati proprietari dei terreni e altri soggetti della filiera bosco-legno, al fine di svolgere prevalentemente le attività di assistenza tecnica di cui all’articolo 49, le attività selvicolturali di cui all’articolo 50, nonché le attività di alpicoltura di cui all’articolo 51. Tali attività sono svolte esclusivamente sui terreni conferiti. 3. Ai consorzi forestali costituiti interamente da soggetti privati si applicano le disposizioni di cui agli articoli 2602 e seguenti del codice civile. 4. I consosecondo il piano dei lavori approvato dai consorzi stessi nell’ambito del piano di assestamento forestale, ovvero in coerenza con gli indirizzi della pianificazione forestale. 5. Se in base all’estensione dei terreni conferiti la partecipazione pubblica al consorzio è maggioritaria, l’affidamento di lavori a terzi è soggetto alle procedure ad evidenza pubblica previste dalle normative comunitarie e nazionali. 6. La Regione trasferisce alle province fondi per il finanziamento dei servizi ambientali erogati dai consorzi forestali riconosciuti con provvedimento regionale, nonché, per un periodo massimo di cinque anni e decrescenti, per la copertura delle spese di avviamento dei consorzi forestali stessi. Il finanziamento delle spese di avviamento è riservato ai consorzi che dimostrano una soddisfacente e sostenibile condizione amministrativa e finanziaria. 7. La Giunta regionale definisce direttive sulla costituzione dei consorzi, sui loro statuti, sulle procedure di riconoscimento, sui criteri e sulle modalità di finanziamento
ARTICOLO 57 (Albo delle imprese boschive)
1. E’ istituito l’albo regionale delle imprese boschive, cui vengono iscritte imprese con idonee capacità tecnico-professionali nell’esecuzione delle attività selvicolturali di cui all’articolo 50 e degli interventi di manutenzione delle superfici pascolive di cui all’articolo 51. Le imprese boschive iscritte all’albo possono ottenere in gestione aree silvo-pastorali di proprietà o possesso pubblico. 2. La Giunta regionale stabilisce le modalità per la tenuta e l’aggiornamento dell’albo, nonché i criteri, i tempi e le modalità per l’iscrizione nello stesso.
ARTICOLO 58 (Professionalità degli operatori forestali)
1. La Regione promuove, sentite le province, le comunità montane, gli enti gestori dei parchi e delle riserve regionali e le parti sociali interessate, la formazione e l’aggiornamento professionale degli operatori del settore silvo-pastorale, avvalendosi dell’ERSAF e dell’IREALP. 2. Le cooperative, i loro consorzi, i consorzi forestali e le imprese boschive che forniscono in via principale, anche nell’interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, comprese le idraulico-forestali e le utilizzazioni boschive, sono equiparate agli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile.
ARTICOLO 59 (Viabilità agro-silvo-pastorale, gru a cavo e fili a sbalzo)
1. Le strade agro-silvo-pastorali sono infrastrutture finalizzate a un utilizzo prevalente di tipo agro-silvo-pastorale, non adibite al pubblico transito. Il transito è disciplinato da un regolamento comunale, approvato sulla base dei criteri stabiliti dalla Giunta regionale. 2. Per il territorio di rispettiva competenza, le province, le comunità montane e gli enti gestori dei parchi, compatibilmente con i regimi di tutela ambientale e i relativi strumenti di pianificazione, predispongono piani di viabilità agro-silvo-pastorale, nell’ambito dei piani di indirizzo forestale, allo scopo di razionalizzare le nuove infrastrutture e di valorizzare la interconnessione della viabilità esistente. 3. Sulle strade agro-silvo-pastorali, sulle mulattiere e sui sentieri è vietato il transito dei mezzi motorizzati, ad eccezione di quelli di servizio e di quelli autorizzati in base al regolamento comunale di cui al comma 1. 4. È altresì vietato il transito dei mezzi motorizzati, ad eccezione di quelli autorizzati dalla Regione, sui terreni appartenenti al patrimonio forestale della stessa, nonché in tutti i boschi e nei pascoli, ad eccezione dei mezzi di servizio. 5. I comuni provvedono a segnalare i divieti di transito sulle strade agro-silvo-pastorali. 6. L’esbosco è effettuato, di norma, per via aerea con gru a cavo o fili a sbalzo, oppure utilizzando la viabilità agro-silvo-pastorale. 7. L’installazione di gru a cavo e fili a sbalzo per l’esbosco di tronchi e altri assortimenti legnosi è soggetta ad autorizzazione dei comuni interessati da comunicare alla comunità montana o alla provincia competente per territorio, al corpo forestale regionale e dello Stato e all’ente gestore del parco o della riserva regionale. 8. I soggetti autorizzati all’installazione di gru a cavo e fili a sbalzo sono tenuti a stipulare un’assicurazione per la responsabilità civile valida per il periodo di esercizio dell’impianto. 9. Le gru a cavo e i fili a sbalzo non autorizzati o abbandonati, pericolosi per la navigazione dei mezzi aerei antincendio, devono essere messi in sicurezza e rimossi. Se il proprietario non è rintracciabile o se il trasgressore non ottempera, possono provvedere alla messa in sicurezza e alla rimozione le comunità montane competenti per territorio.
ARTICOLO 60 (Valorizzazione delle filiere bosco-legno e legno-energia)
1. La Regione promuove l’ammodernamento delle dotazioni, degli impianti, delle strutture e infrastrutture, dei dispositivi per la sicurezza degli operatori delle imprese di utilizzazione boschiva e di prima trasformazione del legno, quale contributo allo sviluppo della filiera bosco-legno e di corrette metodologie di lavoro nella foresta. 2. La Regione, allo scopo di promuovere l’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili provenienti dalla foresta e dall’arboricoltura da legno, incentiva, anche in collaborazione con le province e le comunità montane, la realizzazione di impianti energetici alimentati a biomassa legnosa, dando priorità a quelli realizzati dagli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, dai consorzi forestali e dai proprietari di superfici boscate.
Capo VI Vigilanza, sanzioni e norme finali
ARTICOLO 61 (Vigilanza e sanzioni)
1. Le funzioni di vigilanza e di accertamento delle violazioni relative all’attuazione del presente titolo sono esercitate dal corpo forestale regionale, dal corpo forestale dello Stato, dalle guardie dei parchi regionali, dalle guardie boschive comunali, dagli agenti della polizia locale. Tali funzioni possono essere attribuite alle guardie ecologiche volontarie, di cui alla legge regionale 28 febbraio 2005, n. 9 (Nuova disciplina del servizio volontario di vigilanza ecologica), che abbiano frequentato corsi di formazione sugli aspetti selvicolturali e normativi in materia forestale. 2. Chi realizza trasformazioni del bosco di cui all’articolo 43 senza la prescritta autorizzazione o in difformità dalla stessa è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 105,57 a euro 316,71 per ogni 10 metri quadrati o frazione di superficie di bosco trasformata. La medesima sanzione, calcolata sulla base della superficie trasformata o sua frazione, si applica per la mancata realizzazione degli interventi compensativi prescritti dall’autorità. 3. Chi realizza trasformazioni d’uso del suolo di cui all’articolo 44 senza la prescritta autorizzazione o in difformità della stessa è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 52,79 a euro 158,36 per ogni 10 metri cubi o frazione di suolo trasformato. La medesima sanzione, calcolata sulla base dei metri cubi di suolo trasformato o sua frazione, si applica per la mancata esecuzione delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni. 4. Se con la medesima condotta sono violati gli articoli 43 e 44 si applica la sanzione amministrativa pecuniaria prevista per la violazione più grave, aumentata di un terzo. Il pagamento della sanzione non esonera il trasgressore dall’obbligo di richiedere l’autorizzazione in sanatoria per l’intervento realizzato. Se l’opera realizzata non è comunque autorizzabile, il trasgressore è tenuto al ripristino e al recupero ambientale dei luoghi; a tal fine i comuni, le province, le comunità montane e gli enti gestori dei parchi e delle riserve regionali ordinano il ripristino, indicandone le modalità e i termini. Se il trasgressore non ottempera, i medesimi enti, previa diffida, dispongono l’esecuzione degli interventi con oneri a carico del trasgressore stesso. 5. Chi realizza interventi di manutenzione e gestione delle superfici classificate a bosco ai sensi dell’articolo 42, in assenza della denuncia di inizio attività di cui all’articolo 50, comma 7, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria di 52,79 euro. Tale sanzione è elevata a 527,85 euro se la denuncia di inizio attività prevede la presentazione in allegato di elaborati tecnici. 6. Chi realizza interventi di manutenzione e gestione delle superfici classificate bosco ai sensi dell’articolo 42 o su terreni sottoposti a vincolo idrogeologico ai sensi del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani) in difformità dalle norme forestali regionali è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 52,79 euro a 263,93 euro per ogni 1.000 metri quadrati o frazione di superficie. 7. Fatto salvo quanto previsto dal comma 4, chi viola le ulteriori norme forestali regionali di cui all’articolo 50, comma 4, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 105,57 euro a 1.055,70 euro. 8. Chi distrugge o danneggia il soprassuolo arboreo nelle superfici classificate a bosco, anche nel caso di sradicamento di singole piante, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria fissa, per ogni pianta, pari al valore riportato nella tabella di cui all’allegato B. 9. Chi distrugge o danneggia le superfici classificate a bosco a mezzo del fuoco, nonché distrugge o danneggia la rinnovazione forestale è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 105,57 euro a 527,85 euro per ogni 100 metri quadrati o frazione di superficie. Nelle aree e nei periodi a rischio di incendio boschivo le trasgressioni alle prescrizioni di cui all’articolo 45, comma 4, sono punite con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 316,71 a euro 3.167,10. Le trasgressioni al divieto di accensione di fuochi all’interno dei boschi o in prossimità di questi di cui all’articolo 45, comma 10, sono punite con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 105,57 a euro 316,71. 10. Chi transita senza l’autorizzazione di cui all’articolo 59, commi 3 e 4, è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 105,57 euro a 316,71 euro; tale sanzione è ridotta a un terzo se l’inosservanza è accertata a carico di persone che transitano in difformità dall’autorizzazione ad essi rilasciata. 11. Chi installa gru a cavo o fili a sbalzo senza l’autorizzazione di cui all’articolo 59, comma 7, o non li rimuove ad autorizzazione scaduta è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 527,85 ero a 1.583,55 euro. 12. Le sanzioni di cui ai commi da 2 a 11 sono irrogate, nei territori di rispettiva competenza, dalle province, dalle comunità montane e dagli enti gestori dei parchi e delle riserve regionali nelle forme e nei modi stabiliti dalla legge regionale 5 dicembre 1983, n. 90 (Norme di attuazione della legge 24 novembre 1981, n. 689, concernente modifiche al sistema penale) e introitate dagli enti medesimi. 13. Gli enti di cui al comma 12, in caso di distruzioni o danneggiamenti, intimano al trasgressore il ripristino dello stato dei luoghi e delle cose danneggiate; in caso di inottemperanza, i lavori di remissione sono eseguiti dagli stessi enti con oneri a carico del trasgressore. 14. La misura delle sanzioni amministrative è aggiornata ogni tre anni in misura pari all’intera variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (media nazionale) verificatasi nei tre anni precedenti. A tal fine la Giunta regionale fissa, con proprio provvedimento, entro il 15 dicembre di ogni triennio, i nuovi limiti delle sanzioni amministrative pecuniarie che si applicano dal 1° gennaio successivo.
TITOLO V Ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste (ERSAF)
ARTICOLO 62 (Finalità e oggetto)
1. Al fine del miglioramento, dell’ammodernamento e dell’incremento dell’efficienza dei servizi ai settori agricolo, agroalimentare, agroforestale e al territorio rurale, il presente titolo disciplina il riordino degli enti regionali in agricoltura e foreste. 2. In attuazione delle finalità di cui al comma 1 la Regione, nell’esercizio delle funzioni di programmazione, indirizzo e coordinamento nei settori agricolo e agroalimentare e in raccordo con le politiche comunitarie e nazionali, istituisce l’Ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste (ERSAF) e ne definisce le modalità di raccordo con l’azione regionale, assicurando la coerenza ed integrazione dell’attività dello stesso con la programmazione della Regione. 3. L’ERSAF nell’ambito degli indirizzi definiti annualmente nel documento di programmazione economico-finanziaria regionale supporta il sistema agricolo e agroalimentare lombardo con riguardo ai temi della competitività sui mercati nazionali e internazionali, dello sviluppo rurale, della sostenibilità ambientale, della multifunzionalità e della tutela del paesaggio rurale, della ricerca - anche in rapporto con le università italiane ed europee - e del trasferimento dell’innovazione tecnologica nonché della qualità e salubrità dei prodotti, anticipando ed accompagnando l’evoluzione della politica agricola. L’esercizio di tali funzioni avviene privilegiando, ove possibile, le sinergie con il settore privato e le autonomie locali e funzionali nonché l’integrazione degli obiettivi legati alla redditività con quelli legati alla gestione attiva dell’ambiente rurale. 4. Il presente titolo disciplina altresì le modalità di raccordo e di interazione tra l’ERSAF, la Giunta e il Consiglio regionale in conformità alle disposizioni statutarie.
ARTICOLO 63 (Natura giuridica e raccordo con la programmazione)
1. L’ERSAF è un ente di gestione, di ricerca e sperimentazione, di promozione e di supporto tecnico e amministrativo nei settori agricolo, agroalimentare e agroforestale in Lombardia. 2. L’ERSAF ha personalità giuridica di diritto pubblico ed è dotato di autonomia statutaria, amministrativa, organizzativa, tecnica, finanziaria e contabile nei limiti di cui al presente titolo. 3. L’ERSAF, in attuazione degli indirizzi e degli obiettivi della programmazione regionale, svolge attività tecnica e amministrativa a favore dei settori agricolo, agroalimentare e agroforestale e del territorio rurale, nonché a favore di altri enti pubblici. 4. La Giunta regionale, per assicurare la coerenza dell’azione dell’ente con gli indirizzi definiti dal documento di programmazione economico-finanziaria regionale, entro quindici giorni dalla sua approvazione, impartisce le direttive cui l’ERSAF deve uniformarsi nella predisposizione degli atti di programmazione. 5. Sono atti di programmazione dell’ERSAF il piano triennale e il programma annuale da redigersi in conformità agli indirizzi e alle direttive regionali. 6. Il piano triennale dell’ERSAF, aggiornabile annualmente, fornisce un quadro previsionale delle tipologie di interventi, delle risorse necessarie, dei tempi di attuazione e dei risultati attesi. Il piano deve essere presentato, entro i tre mesi antecedenti alla scadenza del piano precedente, alla Giunta regionale che lo trasmette al Consiglio regionale per l’approvazione. 7. Il programma annuale dell’ERSAF indica, in modo aggregato a livello regionale e disaggregato a livello provinciale e territoriale, gli obiettivi specifici, i progetti, il quadro finanziario, nonché il sistema di verifica dei risultati. Il programma è presentato alla Giunta regionale per l’approvazione entro il termine stabilito per la presentazione del bilancio annuale di previsione dall’articolo 78, comma 1, della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione).
ARTICOLO 64 (Funzioni e attività)
1. Le funzioni dell’ERSAF, in riferimento al settore agricolo, comprendono la formazione specialistica, l’assistenza tecnica, lo sviluppo dell’innovazione tecnologica e della competitività delle aziende, della ricerca e dei servizi innovativi alle aziende agricole e alle imprese agroalimentari, la promozione dei prodotti e delle produzioni lombarde, compresa l’agricoltura biologica, nonché il sostegno all’agricoltura delle zone montane, marginali e delle aree protette. 2. Le funzioni dell’ERSAF, in riferimento al settore forestale e al territorio rurale, comprendono la gestione e valorizzazione del demanio forestale regionale e le attività vivaistiche e di sostegno della biodiversità, il supporto alla lotta contro gli incendi boschivi e lo svolgimento di attività gestionali sul territorio relative alle funzioni del servizio fitosanitario regionale, il supporto tecnico nei settori della produzione e utilizzo delle biomasse e nelle tematiche relative all’agroambiente e allo sviluppo sostenibile del territorio, lo studio e valorizzazione dei suoli e della fitodepurazione, l’agrometeorologia, la valorizzazione e protezione della fauna selvatica e ittica autoctona. 3. L’ERSAF esercita le funzioni di cui ai commi 1 e 2 anche in collaborazione con altre realtà pubbliche e private. 4. L’ERSAF fornisce alla Giunta regionale gli elementi e i dati necessari per la predisposizione degli atti di programmazione concernenti i settori agricolo, agroalimentare e agroforestale. 5. L’ERSAF può svolgere attività a favore di soggetti pubblici e privati secondo le modalità stabilite dallo statuto e dal regolamento organizzativo, nel rispetto comunque del perseguimento prioritario delle finalità pubbliche proprie dell’ente; le predette attività sono remunerate secondo apposito tariffario.
ARTICOLO 65 (Statuto, organizzazione e contabilità)
1. L’ERSAF ha uno statuto che disciplina le competenze degli organi e le loro modalità di funzionamento, compresi l’adozione degli atti urgenti e i casi di decadenza dei membri del consiglio di amministrazione per mancata partecipazione alle sedute, individua la sede e detta le disposizioni generali relative all’organizzazione e alla contabilità dell’ente. Lo statuto è deliberato dal consiglio di amministrazione e approvato dalla Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, entro novanta giorni dalla sua ricezione. 2. Sono organi dell’ERSAF: a) il consiglio di amministrazione; b) il presidente; c) il collegio dei revisori. 3. Il consiglio di amministrazione è nominato dalla Giunta regionale; è composto da sette membri, di cui uno in rappresentanza della minoranza, compreso il presidente, e dura in carica cinque anni. Uno dei membri è nominato su proposta dell’Unione delle province lombarde. 4. Per le cause di incompatibilità, di revoca e di decadenza dalla carica di consigliere si applicano le disposizioni della vigente normativa regionale. 5. Il presidente è nominato dalla Giunta regionale tra i membri del consiglio di amministrazione dell’ERSAF contestualmente alla nomina del consiglio di amministrazione; è il rappresentante legale dell’ente, convoca e presiede il consiglio di amministrazione. 6. L’indennità di carica del presidente e dei consiglieri di amministrazione è determinata dalla Giunta regionale. 7. Il collegio dei revisori è composto da tre membri effettivi e due supplenti, compreso il presidente, iscritti al registro dei revisori contabili di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88 (Attuazione della direttiva 84/253/CEE, relativa all’abilitazione delle persone incaricate del controllo di legge dei documenti contabili). 8. Il collegio dei revisori è nominato dal Consiglio regionale, che ne indica anche il presidente, e dura in carica tre anni. L’incarico è revocabile dal Consiglio regionale e può essere rinnovato una sola volta; in caso di sostituzione il componente subentrato cessa dalla carica con la scadenza del collegio. 9. Il compenso spettante ai componenti del collegio dei revisori è determinato dalla Giunta regionale. 10. In caso di gravi violazioni di legge, di grave inosservanza degli indirizzi programmatici o delle direttive regionali, ovvero di prolungata inattività o riscontrata inefficienza dell’ente la Giunta regionale può procedere, previa diffida, allo scioglimento del consiglio di amministrazione. Nel caso di dimissioni contestuali della maggioranza dei membri, il consiglio di amministrazione è sciolto; lo scioglimento è dichiarato con decreto del presidente della Giunta regionale, che provvede contestualmente alla nomina di un commissario per la temporanea gestione dell’ente, fino alla ricostituzione degli organi ordinari che deve avvenire entro sessanta giorni. 11. Il bilancio di previsione, le eventuali variazioni allo stesso e il conto consuntivo sono deliberati dal consiglio di amministrazione e sottoposti al Consiglio regionale secondo quanto previsto dall’articolo 48, comma 2, dello statuto. 12. Il piano triennale è deliberato dal consiglio di amministrazione e approvato dal Consiglio regionale. Il regolamento organizzativo, il regolamento di contabilità, il programma annuale e il tariffario sono deliberati dal consiglio di amministrazione e sottoposti all’approvazione della Giunta regionale; i predetti atti si intendono approvati decorsi quarantacinque giorni dalla loro ricezione senza che la Giunta regionale abbia formulato osservazioni. La relazione annuale sull’attività svolta nell’anno precedente è trasmessa per la presa d’atto alla Giunta regionale e alla competente commissione consiliare. 13. Al personale e all’attività gestionale dell’ERSAF è preposto un direttore nominato dal consiglio di amministrazione entro trenta giorni dal suo insediamento. Il direttore deve essere in possesso di diploma di laurea e deve avere maturato competenze ed esperienza professionale adeguate alle funzioni da svolgere. 14. Il direttore risponde della corretta ed efficace esecuzione degli atti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi, partecipa con funzioni di segretario alle sedute del consiglio di amministrazione ed esercita tutte le altre funzioni attribuitegli dallo statuto e dai regolamenti. 15. Il rapporto di lavoro del direttore è regolato da contratto di diritto privato, rinnovabile, ed è a tempo pieno. Il contenuto del contratto è definito dal consiglio di amministrazione che determina anche il trattamento economico, in misura non superiore a quella massima stabilita dalla legge regionale 7 luglio 2008, n. 20 (Testo unico delle leggi regionali in materia di organizzazione del personale) per i direttori generali della Giunta regionale. 16. L’incarico di direttore è incompatibile con la carica di parlamentare nazionale o europeo, consigliere o assessore regionale, provinciale o comunale in comuni al di sopra di 15 mila abitanti con cariche politiche e sindacali in organismi esecutivi e con cariche derivanti da designazioni di carattere politico, nonché con ogni attività di lavoro autonomo o dipendente; qualora il direttore sia dipendente pubblico, l’incarico è subordinato al collocamento nella posizione prevista dall’ordinamento di appartenenza o, in mancanza, in quella prevista dall’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Non costituiscono cause di incompatibilità gli incarichi e le funzioni conferite da norme di legge, di statuto o di regolamento in connessione con l’incarico di direttore. 17. La struttura organizzativa dell’ERSAF, in conformità alle disposizioni dello statuto, è stabilita nel regolamento organizzativo che articola la struttura in due dipartimenti: a) dipartimento dei servizi all’agricoltura; b) dipartimento dei servizi al territorio rurale e alle foreste. 18. Il regolamento organizzativo di cui al comma 17 definisce la dotazione organica e le modalità di reclutamento del personale, l’organizzazione dei centri operativi sul territorio, le procedure operative interne e quelle relative a rapporti con soggetti esterni; il regolamento individua inoltre le eventuali forme di collaborazione con enti locali e altri soggetti pubblici e privati. Nella predisposizione della proposta di regolamento il direttore si attiene agli indirizzi e alle direttive regionali in materia agricola e forestale. 19. Per lo svolgimento delle attività riguardanti compiti istituzionali, nonché per l’esecuzione di attività strumentali o accessorie l’ERSAF può costituire o partecipare a società o fondazioni aventi come scopo la realizzazione e la gestione di programmi, iniziative o attività per lo sviluppo dei settori agricolo, agroalimentare e forestale, anche con la partecipazione di altri soggetti pubblici o privati, singoli o associati. Le deliberazioni concernenti la costituzione di società o fondazioni, l’acquisizione di partecipazioni societarie o la partecipazione a fondazioni sono assunte dal consiglio di amministrazione, previa autorizzazione della Giunta regionale, sentito il parere della competente commissione consiliare. 20. Ai dirigenti e agli altri dipendenti inquadrati nella struttura organizzativa dell’ERSAF si applica il trattamento giuridico ed economico previsto per il personale regionale. 21. Per l’esecuzione in amministrazione diretta dei lavori concernenti le opere di bonifica, idraulico-forestali, idraulico-agrarie, di forestazione e agrarie-florovivaistiche, l’ERSAF può assumere operai e impiegati agricoli e forestali con contratto di diritto privato nel rispetto dei relativi contratti o accordi collettivi nazionali, regionali e provinciali. 22. La Regione e l’ERSAF possono, attraverso apposite convenzioni, instaurare forme di reciproco avvalimento del personale secondo le norme vigenti in materia. 23. Le modalità di redazione e i termini di presentazione del bilancio d previsione, delle variazioni allo stesso, di redazione del conto consuntivo nonché le modalità di gestione delle entrate e delle uscite e le modalità di implementazione di un sistema di controllo di gestione sono stabilite dal regolamento di contabilità, in conformità alla l.r. 34/1978. 24. Le entrate dell’ERSAF sono costituite da: a) contributi straordinari finalizzati alla realizzazione dei piani triennali e dei programmi annuali di attività; b) donazioni, lasciti, obbligazioni e contribuzioni a qualsiasi titolo disposte da soggetti pubblici o privati; c) proventi dei servizi e delle attività di cui all’articolo 64, comma 5; d) eventuali entrate derivanti da finanziamenti comunitari, statali e regionali per interventi specifici in relazione alle attività di cui all’articolo 64; e) contributo annuale di gestione a carico della Regione; f) ogni altra entrata.
ARTICOLO 66 (Raccordo con altri soggetti pubblici e privati)
1. Le attività di cui all’articolo 64 sono svolte dall’ERSAF in raccordo con gli altri soggetti pubblici e privati operanti nei settori agricolo e forestale, e in particolare con le autonomie locali e funzionali, con le CCIAA, con le università e gli altri enti di ricerca, con gli enti gestori dei parchi nonché con il mondo produttivo. 2. A tal fine l’ERSAF può, mediante apposite convenzioni, istituire forme di collaborazione con altri soggetti pubblici e privati operanti nel campo della ricerca, sperimentazione e gestione, riferite ai settori di propria competenza, con particolare riguardo alle università e agli altri istituti di ricerca; può stipulare accordi con operatori nei settori agricolo, agroalimentare e forestale finalizzati all’applicazione dei risultati di ricerche, sperimentazioni, indagini conoscitive e di mercato. Può inoltre, mediante specifici accordi, condurre ricerche, indagini e sperimentazioni per conto di enti locali, autonomie funzionali e operatori privati. 3. L’ERSAF predispone e aggiorna un’apposita banca dati telematica per la divulgazione delle informazioni acquisite ed elaborate, garantendone l’accesso gratuito agli operatori del settore; promuove altresì campagne informative di pubblica utilità. 4. A supporto del consiglio di amministrazione e al fine di assicurarne il raccordo con la comunità scientifica e della ricerca e con il mondo produttivo agroforestale della Lombardia è istituito, quale organo consultivo, il comitato tecnico scientifico dell’ERSAF. Il comitato tecnico scientifico è composto da un massimo di sette membri, scelti tra esperti di particolare competenza nelle discipline economiche, agricole, agroalimentari, forestali e agroambientali, nonché da individuare nell’ambito di enti, istituti, organismi ed associazioni operanti nel mondo universitario, della ricerca, economico produttivo, delle associazioni dei consumatori e delle associazioni ambientaliste. Il comitato è nominato dalla Giunta regionale entro trenta giorn dalla data di nomina del consiglio di amministrazione dell’ERSAF e dura in carica cinque anni; è presieduto dal presidente del consiglio di amministrazione che ne convoca le riunioni. Del comitato tecnico scientifico fa parte di diritto il direttore dell’ERSAF. Il compenso spettante ai componenti del comitato tecnico-scientifico è determinato dalla Giunta regionale.
TITOLO VI Sorveglianza fitosanitaria
ARTICOLO 67 (Finalità e competenze della Regione)
1. Il presente titolo disciplina le attività di sorveglianza fitosanitaria sul territorio, nonché le attività di produzione e commercializzazione dei vegetali e dei prodotti vegetali con riguardo alle imprese che hanno sede legale, sedi secondarie o centri d’attività comunque denominati in Lombardia. 2. La Regione individua, all’interno delle proprie strutture competenti in materia di agricoltura, le strutture che svolgono le funzioni del servizio fitosanitario regionale. Ai sensi dell’articolo 1 della legge regionale 27 dicembre 2006, n. 30 (Disposizioni legislative per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9 ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 ’Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione’ - collegato 2007), l’ERSAF assicura lo svolgimento delle attività gestionali e del servizio sul territorio. Con apposita convenzione, in particolare: a) sono specificate le attività e i servizi il cui svolgimento è affidato all’ERSAF e determinata la data di decorrenza; b) sono definiti gli obblighi reciproci e le modalità di controllo e coordinamento, da parte delle strutture regionali competenti in materia di agricoltura, delle attività e dei servizi esercitati dall’ERSAF; c) sono individuate le modalità di trasferimento del personale che, alla data del 30 aprile 2007, svolgeva prevalentemente i compiti inerenti alle attività e ai servizi di cui alla lettera a) affidati all’ERSAF. 3. La Regione, attraverso le strutture di cui al comma 2, svolge i seguenti compiti: a) il controllo del territorio mediante la vigilanza sullo stato fitosanitario delle colture agrarie, ornamentali, forestali, dei relativi prodotti e della vegetazione spontanea; b) i controlli e le certificazioni per l’importazione, l’esportazione e la circolazione comunitaria dei vegetali e dei prodotti vegetali; c) la collaborazione con le strutture preposte ai controlli e alla vigilanza sugli organismi geneticamente modificati; d) i controlli di campo e di laboratorio sulle sementi destinate all’esportazione verso paesi terzi o alla commercializzazione in ambito comunitario e il rilascio del nulla osta per il materiale sementiero proveniente da paesi terzi; e) la registrazione di produttori, importatori e commercianti all’ingrosso di vegetali sottoposti a controlli fitosanitari e il rilascio agli stessi soggetti dell’autorizzazione all’emissione del passaporto delle piante CE; f) l’accreditamento e il controllo dei fornitori di materiale di moltiplicazione di fruttiferi, ortive e ornamentali, nonché l’accreditamento e il controllo dei laboratori pubblici o privati per le analisi fitosanitarie e di identità varietale; g) il rilascio delle autorizzazioni al vivaismo; h) la diagnostica fitopatologica per l’individuazione degli agenti responsabili di malattie o di danni alle piante; i) la realizzazione di studi, ricerche e sperimentazioni per la definizione di nuove strategie di difesa fitosanitaria e di diserbo e l’adozione, con deliberazione della Giunta regionale, delle disposizioni tecniche per l’applicazione delle misure agroambientali introdotte dalla normativa comunitaria; j) l’aggiornamento professionale degli ispettori fitosanitari, dei tecnici e delle imprese, nonché la divulgazione del corretto impiego dei prodotti fitosanitari e delle tecniche di lotta biologica, guidata e integrata; k) la predisposizione del piano triennale delle attività fitosanitarie e dei piani annuali di cui all’articolo 69; l) l’adozione di misure ufficiali, quali l’imposizione di quarantene fitosanitarie, distruzioni o trattamenti anti-parassitari di vegetali o prodotti vegetali, al fine di impedire la diffusione di organismi pericolosi per l’agricoltura, con la possibilità di eseguire direttamente o tramite ssoggetti terzi, opportunamente selezionati, interventi fitosanitari in via di urgenza o in sostituzione di soggetti inadempienti ai quali sono addebitate le spese di tali interventi; m) la realizzazione di attività di controllo e certificazione fitosanitaria a fini istituzionali previa corresponsione di tariffe che tengano conto dei costi sostenuti, come previsto dalla direttiva 2000/29/CE del Consiglio, dell’8 maggio 2000, concernente le misure di protezione contro l’introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità; n) la realizzazione di attività di controllo e certificazione fitosanitaria su richiesta di soggetti terzi, pubblici o privati, previa corresponsione di corrispettivi che tengano conto dei costi sostenuti; o) l’irrogazione delle sanzioni amministrative previste dalla normativa nazionale. 4. Le competenze gestionali di cui al comma 2 continuano ad essere svolte dalle strutture regionali cui competono le funzioni del servizio fitosanitario regionale qualora si determinino situazioni di incompatibilità o di conflitto di interessi con le attività di produzione vegetale e vivaismo svolte dall’ERSAF. 5. La Regione, nell’attività di ricerca, sperimentazione e indagine, può avvalersi, anche in regime di convenzione, dell’ERSAF, della fondazione centro lombardo per l’incremento della floro-orto frutticoltura - scuola di Minoprio e di altri soggetti operanti nei settori agricolo-forestali e di comprovata esperienza nel campo della fitopatologia agraria, tra i quali l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, le università, i laboratori diagnostici e gli istituti di ricerca. 6. Al personale di cui al comma 2, lettera c), è garantito il trattamento economico percepito alla data di trasferimento fino all’effettivo completamento delle procedure di armonizzazione degli istituti giuridici ed economici fra la Giunta regionale e gli enti di cui all’articolo 1, comma 2, del d. lgs. 165/2001 compresi nell’allegato A della l.r. 30/2006.
ARTICOLO 68 (Controlli fitosanitari presso l’aeroporto di Malpensa e gli altri punti di ingresso doganali)
1. Nell’ambito delle attività di cui all’articolo 67, comma 3, rientrano i controlli fitosanitari presso l’aeroporto di Malpensa e gli altri punti di ingresso comunitari presenti sul territorio regionale riguardanti l’importazione ed esportazione di prodotti vegetali freschi, quali i fiori, l’ortofrutta e gli altri prodotti previsti dalla normativa vigente. 2. L’attività si svolge nel rispetto delle direttive tecniche nazionali, comunitarie e internazionali allo scopo di evitare l’introduzione di organismi nocivi ai vegetali e ai prodotti vegetali all’interno del territorio comunitario. I controlli sono integrati, se del caso, da indagini di laboratorio e sono intensificati in presenza di rischio imminente di introduzione di organismi nocivi. 3. Le modalità tecnico-amministrative di rilascio delle certificazioni sono definite con decreto del direttore generale competente utilizzando le procedure, anche informatiche, più idonee ad assicurare, in coordinamento con gli altri uffici pubblici e nel rispetto delle normative vigenti, la massima tempestività al fine di contemperare le esigenze di corretto svolgimento delle operazioni di controllo e quelle di celere svolgimento delle transazioni economiche tra gli operatori del settore.
ARTICOLO 69 (Piano delle attività fitosanitarie)
1. La Giunta regionale approva il piano delle attività fitosanitarie con validità triennale, sentito il parere della commissione consiliare competente; nel piano sono individuate le principali problematiche fitosanitarie, le azioni di monitoraggio, controllo, certificazione e di lotta obbligatoria, le priorità d’intervento, nonché le relative previsioni finanziarie. Annualmente sono approvati con decreto del direttore generale i relativi piani attuativi.
ARTICOLO 70 (Ispettori fitosanitari)
1. È istituito il registro regionale degli ispettori fitosanitari tenuto dalla competente struttura organizzativa regionale. Nel registro sono iscritti i soggetti in possesso della qualifica di ispettori fitosanitari operanti alle dipendenze o su incarico della struttura organizzativa regionale competente. La conclusione del rapporto di lavoro o dell’incarico comporta la perdita della qualifica e la cancellazione dal registro. La qualifica è attribuita con decreto del dirigente competente adottato previa verifica del possesso dei seguenti requisiti: a) laurea in scienze agrarie o equipollente o diploma di laurea breve in materia di protezione delle piante o diploma di perito agrario o agrotecnico; b) attestato di frequenza di specifici corsi di addestramento promossi direttamente dalla struttura regionale competente oppure organizzati da altri soggetti pubblici; c) comprovata esperienza nel settore fitosanitario. 2. Per l’espletamento dei compiti di cui all’articolo 67, comma 3, la Regione si avvale di ispettori fitosanitari iscritti nel registro di cui al comma 1, nel quale è indicato anche il numero identificativo attribuito a ciascuno. Gli ispettori fitosanitari sono inoltre iscritti nel registro nazionale degli addetti ai controlli fitosanitari previsto dall’articolo 34, comma 4, del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214 (Attuazione della direttiva 2002/89/CE concernente le misure di protezione contro l’introduzione e la diffusione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali). I soggetti già iscritti nel registro nazionale sono iscritti nel registro regionale previa verifica del possesso dei requisiti di cui al comma 1. 3. Gli ispettori fitosanitari, nell’esercizio delle loro funzioni, sono agenti accertatori ai sensi dell’articolo 4 della l.r. 90/1983, rivestono le qualifiche e svolgono le funzioni loro attribuite dall’articolo 35 del d.lgs. 214/2005. Per accertare la presenza di malattie o di parassiti gli ispettori fitosanitari possono entrare nei fondi, qualunque sia la coltura e la destinazione, nei locali di deposito, confezionamento e vendita di piante o parti di piante e semi, negli stabilimenti per la selezione e preparazione di semi, nonché nelle aree a verde sia pubbliche che private. Gli ispettori fitosanitari sono, altresì, preposti ai controlli sulla circolazione dei vegetali e dei prodotti vegetali, nonché all’applicazione delle misure di protezione necessarie a tutelare il territorio contro l’introduzione e la diffusione di organismi nocivi. 4. Nel caso in cui vi sia rischio imminente di diffusione di organismi nocivi, nelle more dell’esecuzione di accertamenti o dell’emanazione di provvedimenti regionali, gli ispettori fitosanitari possono disporre le misure ritenute idonee nell’ambito e con le modalità stabiliti con il regolamento di cui all’articolo 75, comma 2. 5. La Regione, a supporto delle attività della competente struttura regionale, può avvalersi, in conformità alla normativa comunitaria e nazionale in vigore ed in regime di convenzione, di personale tecnico dipendente dai soggetti di cui all’articolo 67, comma 5, riconosciuto idoneo allo svolgimento di tali attività. Il riconoscimento dell’idoneità è effettuato con decreto del direttore generale. Il personale incaricato deve essere in possesso dei requisiti richiesti dal comma 1 e operare sotto il diretto controllo e la responsabilità della struttura regionale competente, che ne cura l’aggiornamento obbligatorio e verifica che non sussistano cause ostative all’assunzione dei singoli incarichi. I requisiti minimi per il riconoscimento regionale dei soggetti incaricati, l’indicazione delle cause ostative, nonché i contenuti minimi delle convenzioni sono previsti dal regolamento di cui all’articolo 75, comma 2.
ARTICOLO 71 (Autorizzazioni. Registro regionale fitosanitario)
1. La produzione e la commercializzazione di vegetali e prodotti vegetali è subordinata al rilascio di un’unica autorizzazione regionale che sostituisce le autorizzazioni per l’espletamento dell’attività sotto il profilo fitosanitario e in particolare: a) l’autorizzazione al vivaismo; b) la licenza per la produzione a scopo di vendita delle sementi; c) l’autorizzazione alla produzione e alla vendita di materiale di propagazione forestale; d) l’autorizzazione all’uso del passaporto delle piante CE; e) la produzione e il commercio dei materiali di moltiplicazione della vite; f) la produzione e la vendita di piante micorrizate artificialmente o di materiale di moltiplicazione dei funghi coltivati; g) gli accreditamenti come fornitore e l’autorizzazione all’impiego del documento di commercializzazione per i materiali di moltiplicazione di qualità. 2. Sono esonerati dall’obbligo di autorizzazione regionale i rivenditori al dettaglio di piante in vaso e i rivenditori di sementi già confezionate da altri produttori, fatta salva la possibilità del controllo di detti materiali da parte della struttura regionale competente. 3. L’autorizzazione regionale, se connessa alla realizzazione di impianti produttivi, può essere rilasciata nell’ambito del procedimento dello sportello unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447 (Regolamento recante norme di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l’ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi, per l’esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi, a norma dell’articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59). 4. È subordinato alla denuncia di inizio attività l’esercizio: a) dell’importazione da paesi terzi di vegetali, prodotti vegetali e altri prodotti elencati nell’allegato IV, parte A, sezione I e nell’allegato V, parte B, della direttiva 2000/29/CE; b) della commercializzazione all’ingrosso di vegetali, prodotti vegetali e altri prodotti contemplati nell’allegato IV, parte A, sezione II e nell’allegato V, parte A, della direttiva 2000/29/CE; c) della produzione e vendita di ammendanti, composti, terreni e terricci di coltura ottenuti anche parzialmente da vegetali, prodotti vegetali o sottoprodotti vegetali. 5. È istituito il registro regionale fitosanitario, che integra, per quanto concerne le imprese agricole, il SIARL; il registro si compone di due sezioni nelle quali sono rispettivamente indicati i soggetti autorizzati alla produzione e commercializzazione dei vegetali e prodotti vegetali ai sensi del comma 1 e i soggetti che hanno denunciato l’inizio attività, ai sensi del comma 4. Il registro regionale fitosanitario è comprensivo del registro ufficiale dei produttori di cui all’articolo 20 del d.lgs. 214/2005 e dei registri ufficiali dei fornitori. 6. Alla denuncia di inizio attività si applica la procedura di cui agli articoli 3 e 5 della l.r. 15/2002.
ARTICOLO 72 (Adempimenti degli iscritti al registro regionale fitosanitario)
1. I soggetti iscritti nel registro regionale fitosanitario di cui all’articolo 71 devono: a) consentire agli ispettori fitosanitari il libero accesso ai fondi, ai luoghi di produzione e di vendita, ai magazzini di vegetali e prodotti vegetali; b) monitorare lo stato fitosanitario delle colture o delle merci e segnalare immediatamente la comparsa di organismi nocivi di quarantena e di organismi nocivi alla qualità, secondo le indicazioni tecniche della competente struttura organizzativa regionale; c) sospendere la commercializzazione dei vegetali e dei prodotti vegetali in caso di infestazioni attribuibili a organismi nocivi di quarantena e a organismi nocivi alla qualità, secondo le disposizioni della competente struttura organizzativa regionale; d) conformarsi alle misure ufficiali disposte dalla competente struttura organizzativa regionale; e) rilasciare il passaporto delle piante CE e il documento di commercializzazione; tenere le registrazioni secondo quanto prescritto in sede di autorizzazione e iscrizione al registro regionale fitosanitario; f) conservare per un anno e mettere a disposizione per i controlli la documentazione fitosanitaria e fiscale relativa ad acquisti e cessioni di vegetali e prodotti vegetali; g) comunicare alla competente struttura organizzativa regionale la cessazione dell’attività e le variazioni intervenute relative al titolare, al rappresentante legale, alla sede legale o operativa, alle specie vegetali e alle superfici coltivate, entro trenta giorni dal verificarsi dell’evento. 2. I soggetti titolari di autorizzazione regionale alla produzione e commercializzazione dei vegetali e prodotti vegetali autorizzati all’uso del passaporto delle piante CE garantiscono l’identificazione delle coltivazioni attraverso una mappa aziendale aggiornata delle superfici e delle strutture; i soggetti titolari dell’autorizzazione regionale alla produzione e commercializzazione dei vegetali e prodotti vegetali, accreditati come fornitori di materiale di moltiplicazione, trasmettono alla competente struttura organizzativa regionale, entro il 31 marzo di ogni anno, la descrizione preventiva dei propri processi di produzione.
ARTICOLO 73 (Aiuti alle imprese per il controllo delle malattie)
1. Nell’ambito di specifici programmi di eradicazione e controllo degli organismi nocivi da quarantena o soggetti a interventi di lotta obbligatoria, la Regione può riconoscere aiuti finanziari alle imprese e alle loro associazioni. La Giunta regionale stabilisce i criteri e le modalità di concessione degli aiuti, anche per la divulgazione delle tecniche più appropriate di produzione e commercializzazione di vegetali e prodotti vegetali e di controllo delle malattie.
ARTICOLO 74 (Sanzioni amministrative)
1. Per l’inosservanza delle disposizioni del presente titolo trovano applicazione le sanzioni previste dal d.lgs. 214/2005 e dalle normative di settore. 2. Per le modalità di irrogazione delle sanzioni si applicano le disposizioni della l.r. 90/1983. L’attività di vigilanza e l’accertamento delle violazioni competono agli ispettori fitosanitari iscritti nel registro regionale di cui all’articolo 70, comma 1.
ARTICOLO 75 (Disposizioni finali)
1. La competente struttura regionale procede d’ufficio al rilascio dell’autorizzazione unica di cui all’articolo 71 in sostituzione delle precedenti autorizzazioni. 2. La Regione definisce con regolamento: a) le procedure per il rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 71, comma 1; b) le modalità per l’iscrizione al registro regionale fitosanitario di cui all’articolo 71; c) le modalità di controllo periodico delle attività svolte dagli iscritti; d) le procedure per l’accertamento delle violazioni; e) il regime tariffario previsto dalla direttiva 2000/29/CE e le modalità di applicazione del medesimo; f) le modalità per la realizzazione di attività di controllo e certificazione fitosanitaria su richiesta di soggetti terzi, pubblici o privati di cui all’articolo 67, comma 3, lettera n), e i corrispettivi; g) le condizioni, le modalità, i termini e le procedure per l’applicazione dell’articolo 70, comma 4, per la disposizione di misure idonee in caso di rischio imminente di diffusione di organismi nocivi; h) i requisiti minimi per il riconoscimento regionale dei soggetti incaricati, l’indicazione delle cause ostative, nonché i contenuti minimi delle convenzioni di cui all’articolo 70, comma 5.3. A decorrere dalla data di pubblicazione sul burl della convenzione di cui all’articolo 67, comma 2, sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari in contrasto con quelle di cui al medesimo comma laddove dispone per lo svolgimento delle funzioni da parte dell’ERSAF.
TITOLO VII Disposizioni in materia di bonifica e irrigazione Capo I Disposizioni generali
ARTICOLO 76 (Finalità e ambito di applicazione)
1. La Regione promuove e organizza l’attività di bonifica e di irrigazione quale strumento essenziale e permanente finalizzato a garantire: a) la sicurezza idraulica del territorio; b) l’uso plurimo e la razionale utilizzazione a scopo irriguo delle risorse idriche; c) la provvista, la regimazione e la tutela quantitativa e qualitativa delle acque irrigue; d) il risparmio idrico, l’attitudine alla produzione agricola del suolo e lo sviluppo delle produzioni agro-zootecniche e forestali; e) la salvaguardia e la valorizzazione del territorio. 2. L’attività di bonifica e irrigazione ha rilevanza pubblica. Tale attività è svolta in base al piano generale di bonifica, di irrigazione e di tutela del territorio rurale, ai programmi triennali dell’attività di bonifica, ai piani comprensoriali di bonifica e irrigazione e di tutela del territorio rurale, ai piani di riordino irriguo in modo coordinato con gli obiettivi, le procedure e le azioni previste nel piano di bacino di cui all’articolo 65 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e negli strumenti di programmazione e pianificazione della Regione e degli enti locali. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1 la Regione, tramite gli enti di cui al presente titolo, realizza le necessarie azioni e attività di carattere conoscitivo, di programmazione, di progettazione, l’esecuzione delle opere e gli interventi di informazione e di divulgazione relativi all’attività di bonifica e irrigazione. 3. Il presente titolo disciplina altresì le modalità dell’intervento pubblico per la bonifica e l’irrigazione che si realizza tenendo conto degli obiettivi e delle linee generali della programmazione economica comunitaria, nazionale e regionale, secondo i principi di collaborazione e sussidiarietà in modo di assicurare il coordinamento delle attività di bonifica e di irrigazione con le altre azioni per la gestione delle risorse idriche, nonché con le azioni previste nel piano di bacino e negli strumenti di programmazione e di pianificazione della Regione.
ARTICOLO 77 (Opere pubbliche di bonifica e di irrigazione)
1. Ai fini del presente titolo nei comprensori di bonifica e irrigazione sono considerate opere pubbliche di competenza regionale: a) la canalizzazione della rete scolante, le opere di raccolta, approvvigionamento, utilizzazione e distribuzione dell’acqua per l’irrigazione, nonché le opere di sistemazione e regolazione dei corsi d’acqua di bonifica ed irrigui; b) gli impianti di sollevamento e di derivazione delle acque; c) le opere di cui all’articolo 166, comma 1, del d.lgs. 152/2006; d) le opere per la sistemazione idraulico-agraria e di bonifica idraulica; e) le infrastrutture di supporto per la realizzazione e la gestione delle opere di cui alle lettere a), b), c), d); f) le opere finalizzate alla manutenzione e al ripristino ambientale e di protezione dalle calamità naturali rientranti nell’ambito dei comprensori di bonifica e secondo quanto previsto dalle norme vigenti. 2. All’esecuzione delle opere di cui al comma 1 la Regione provvede, di norma, tramite concessione ai consorzi di bonifica e ai consorzi di miglioramento fondiario di secondo grado. 3. La manutenzione e l’esercizio delle opere e degli impianti consortili esistenti, nonché, a decorrere dalla data di compimento di ciascun lotto utilmente funzionante, la manutenzione e l’esercizio delle opere di cui al comma 1, eseguite in attuazione dell’attività programmatoria prevista dal presente titolo spettano, per quanto di competenza, ai consorzi di cui al comma 2. I relativi oneri, unitamente alle spese di funzionamento degli enti, sono posti a carico dei soggetti consorziati. 4. In considerazione delle finalità di pubblico interesse perseguite dai consorzi di bonifica, la Giunta regionale, in presenza di situazioni eccezionali, può concorrere alla spesa relativa al sollevamento delle acque irrigue e di colo eccedenti il costo ordinario.
Capo II Organizzazione del territorio e soggetti di bonifica e di irrigazione
ARTICOLO 78 (Comprensori di bonifica e irrigazione)
1. Il territorio regionale non montano è classificato territorio di bonifica e irrigazione. 2. Il territorio di cui al comma 1 è suddiviso in comprensori di bonifica e irrigazione delimitati in modo da costituire unità omogenee sotto il profilo idrografico e idraulico e da risultare funzionali alle esigenze di programmazione, esecuzione e gestione dell’attività di bonifica di irrigazione e di difesa del suolo e di coordinamento dell’intervento pubblico con quello privato. 3. La Giunta regionale provvede alla delimitazione dei comprensori di bonifica e irrigazione nonché alle relative modificazioni. A tal fine adotta una proposta e la trasmette ai comuni, alle province e ai consorzi di bonifica interessati affinché, entro sessanta giorni dal ricevimento, esprimano parere; trascorso tale termine, esso si intende favorevole. La Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, approva la proposta definitiva e ne dispone la pubblicazione nel burl. 4. La pubblicazione nel burl della deliberazione di delimitazione dei comprensori di bonifica e irrigazione produce gli effetti della pubblicità del perimetro consortile nei confronti di tutti gli interessati. 5. Ai sensi degli articoli 8 e 73 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della L. 22 luglio 1975, n. 382) le regioni interessate possono delimitare, nei bacini idrografici che ricadono nel territorio di più regioni, comprensori di bonifica e irrigazione interregionali. 6. La delimitazione dei comprensori interregionali di cui al comma 5 e la relativa disciplina sono stabiliti d’intesa tra le regioni interessate. A tal fine la Regione, sentiti gli enti locali e i consorzi interessati, predispone, in collaborazione con le altre regioni interessate, le proposte d’intesa, le quali sono approvate dalla Giunta regionale e pubblicate nel burl. 7. Le disposizioni di cui al comma 6 si applicano anche ai consorzi di irrigazione di interesse interregionale che abbiano già ottenuto il riconoscimento di consorzio di miglioramento fondiario ai sensi del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215 (Nuove norme per la bonifica integrale), nonché la facoltà di svolgere con separata gestione le funzioni di bonifica su territori classificati ai sensi di legge; essi conservano la natura di consorzio di miglioramento fondiario e le competenze sui predetti territori attribuite ai consorzi di bonifica. 8. Nei territori montani le funzioni di bonifica e irrigazione sono esercitate dalla comunità montana; a tal fine essa può promuovere, relativamente ad aree omogenee, la costituzione di consorzi tra i proprietari degli immobili che traggono beneficio dalle opere di irrigazione. Tali consorzi hanno la natura giuridica dei consorzi di miglioramento fondiario. 9. I consorzi di cui al comma 8 provvedono: a) ad assumere in consegna e a gestire le opere irrigue di interesse del loro comprensorio eseguite dalla comunità montana, divenendo responsabili della loro manutenzione e conservazione; b) ad approvare il piano di riparto degli oneri consortili; c) a riscuotere mediante ruoli i relativi contributi consortili, comprese le quote di spesa a carico dei proprietari per l’esecuzione delle opere pubbliche di bonifica. 10. La comunità montana nomina propri rappresentanti nel consiglio d’amministrazione dei consorzi di cui al comma 8 nel limite massimo del venti per cento dei componenti del consiglio
ARTICOLO 79 (Consorzi di bonifica)
1. Per ciascun comprensorio di bonifica e irrigazione, se non già costituito e operante alla data del 21 dicembre 2003, può essere istituito un consorzio di bonifica, avente natura di ente pubblico economico a carattere associativo, che opera secondo i principi di efficienza, efficacia, economicità, trasparenza e sussidiarietà. 2. Fanno parte dei consorzi di bonifica i proprietari pubblici e privati dei beni immobili ubicati nei singoli comprensori, nonché i conduttori singoli o associati che per legge, per statuto consortile o per contratto sono tenuti a pagare i contributi consortili di cui all’articolo 90. 3. L’istituzione del consorzio di bonifica non priva di autonomia e di funzioni i preesistenti consorzi di irrigazione e i consorzi di miglioramento fondiario operanti all’interno dei comprensori di bonifica e non disciolti in applicazione della legge regionale 26 novembre 1984, n. 59 (Riordino dei consorzi di bonifica), ma comporta per questi l’obbligo di non realizzare opere incompatibili con le previsioni del piano comprensoriale di bonifica e di effettuare le opere di loro competenza individuate dal piano stesso e ammesse o ammissibili ai finanziamenti di cui all’articolo 95. Qualora il consorzio di irrigazione o di miglioramento fondiario non adempia ai suddetti obblighi, il consorzio di bonifica esercita il potere di sostituzione con facoltà di rivalsa di ogni spesa a carico del soggetto inadempiente. 4. Presso ciascun consorzio è istituito il catasto consortile al fine di individuare tutti gli immobili situati nell’ambito del comprensorio. Nel catasto consortile sono registrate per ciascun immobile la titolarità della proprietà, nonché l’eventuale titolarità di diritti reali di godimento. I conduttori che, ai sensi del comma 2, abbiano obblighi di contribuenza sono parimenti iscritti al catasto consortile. Le modalità di tenuta del catasto consortile sono stabilite con regolamento regionale. 5. I consorzi di bonifica esercitano, a decorrere dalla data di pubblicazione della relativa deliberazione della Giunta regionale, le funzioni e i poteri di consorzi per le opere di quarta, di quinta categoria e quelle non classificate che interessano il comprensorio consortile. A tal fine la Regione promuove la riforma dei consorzi idraulici esistenti ai sensi dell’articolo 31, comma 2, del regio decreto 25 luglio 1904 n. 523 (Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie). In tal caso trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 2. 6. Ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 16 dicembre 1993, n. 520 (Soppressione dei consorzi idraulici di terza categoria) i consorzi di bonifica esercitano le funzioni dei soppressi consorzi idraulici di terza categoria riferite ai corsi d’acqua che interessano il comprensorio consortile. 7. La Giunta regionale, anche su richiesta dei consorzi di bonifica territorialmente interessati, può costituire consorzi di bonifica di secondo grado tra distinti consorzi di bonifica, qualora sussistano interessi comuni a più comprensori. Nell’organo amministrativo dell’ente di secondo grado i consorzi aderenti devono essere adeguatamente rappresentati in base ai criteri della superficie territoriale, del numero di utenti e dell’entità complessiva della contribuenza. Il consorzio di bonifica di secondo grado può deliberare l’ammissione anche di altri soggetti pubblici e privati che abbiano interesse a garantire l’esercizio delle derivazioni da invasi o da aste fluviali e a realizzare e gestire opere e servizi comuni di interesse intercomprensoriale aventi finalità a carattere plurisettoriale. Il consorzio di bonifica di secondo grado può inserire nei propri organi collegiali una adeguata rappresentanza dei soggetti pubblici e privati. 8. I consorzi di bonifica di secondo grado sono disciplinati dalla normativa riguardante i consorzi di bonifica, in quanto applicabile.
ARTICOLO 80 (Funzioni dei consorzi di bonifica)
1. I consorzi di bonifica, per la realizzazione delle finalità di cui all’articolo 76, esercitano nell’ambito del comprensorio di competenza le seguenti funzioni: a) progettazione, realizzazione e gestione delle opere pubbliche di bonifica di cui all’articolo 77 avute in concessione dalla Regione; b) progettazione, realizzazione e gestione di impianti di produzione di energia elettrica nei canali consortili e approvvigionamento di imprese produttive e attività civili con le acque fluenti nei canali stessi per usi che comportino la restituzione delle acque e siano compatibili con le successive utilizzazioni; c) promozione, realizzazione e concorso, anche attraverso appositi accordi di programma, di azioni di salvaguardia ambientale e paesaggistica, di valorizzazione economica sostenibile di risanamento delle acque, anche al fine della utilizzazione irrigua e plurima, della rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e della fitodepurazione ai sensi di quanto previsto dall’articolo 144, comma 3, del d.lgs. 152/2006; d) realizzazione di opere di prevenzione e protezione dalle calamità naturali mediante interventi di ripristino delle opere di bonifica e irrigazione, di manutenzione idraulica, di forestazione e di ripristino ambientale; e) attuazione e promozione, per il perseguimento delle finalità di cui all’articolo 76, anche tramite associazioni di consorzi riconosciute dalla Regione, di attività di studio, ricerca e sperimentazione di interesse per la bonifica, l’irrigazione e la tutela del territorio rurale, nonché di attività di informazione e formazione degli utenti e di diffusione delle conoscenze circa la bonifica e l’irrigazione e le risorse acqua e suolo; f) espressione del parere sulle domande di concessione di derivazione di acqua pubblica aventi rilevanza per il comprensorio, nonché del parere obbligatorio alla provincia previsto dall’articolo 36 della legge regionale 8 agosto 1998, n. 14 (Nuove norme per la disciplina della coltivazione di sostanze minerali di cava); g) attuazione degli interventi di competenza anche in economia secondo uno specifico regolamento regionale. 2. I consorzi di bonifica possono progettare, realizzare e gestire strade, acquedotti ed elettrodotti rurali, nonché opere di protezione civile e opere di navigazione. Possono altresì esercitare ogni altro compito connesso e funzionale alla difesa del suolo, alla conservazione dinamica e alla valorizzazione del sistema e dello spazio rurale nonché alla tutela e gestione delle risorse idriche attribuito dalla normativa vigente, dagli atti di programmazione e dai provvedimenti di finanziamento di opere e di servizi della Regione, dell’autorità di bacino, delle province e dei comuni nell’ambito delle rispettive competenze. 3. Nel comprensorio di competenza i consorzi di bonifica svolgono funzioni di vigilanza sulla corretta attuazione dei piani generali di bonifica, dei programmi triennali e dei piani comprensoriali da parte dei consorzi di miglioramento fondiario, dei consorzi volontari di irrigazione e in genere da parte di tutte le utenze idriche operanti nel rispettivo comprensorio. In caso di mancata esecuzione degli interventi necessari all’attuazione del piano comprensoriale da parte degli interessati, i consorzi di bonifica possono essere autorizzati con decreto del competente direttore generale della Giunta regionale a eseguire interventi diretti per l’adeguamento delle opere e per il funzionamento dei sistemi irrigui, con spese a carico degli inadempienti. 4. I consorzi provvedono altresì: a) alla vigilanza sulle opere di bonifica e irrigazione; b) all’accertamento e alla contestazione delle violazioni previste dalle norme di polizia idraulica attraverso gli agenti dei consorzi di bonifica; c) al rilascio delle concessioni relative ai beni demaniali attinenti alla bonifica, come individuati ai sensi dell’articolo 85, comma 5. 5. I consorzi di bonifica possono stipulare apposita convenzione con gli enti locali per l’erogazione di servizi, per la progettazione di opere pubbliche, per la tenuta del catasto, per la gestione del reticolo idrico minore e, in genere, per la valorizzazione e la salvaguardia del territorio rurale. 6. I consorzi di bonifica possono essere autorizzati dalla Regione ad assumere le funzioni dei consorzi di utilizzazione idrica, qualora la Regione non ritenga opportuno costituire un consorzio di bonifica di secondo grado.
ARTICOLO 81 (Statuto dei consorzi di bonifica)
1. La Giunta regionale approva le linee guida per la predisposizione degli statuti dei consorzi di bonifica, anche di secondo grado, cui gli stessi devono adeguarsi al fine di uniformare le modalità di funzionamento degli organi di amministrazione e di gestione. 2. Lo statuto del consorzio adottato dal consiglio di amministrazione è pubblicato per trenta giorni nell’albo consortile; della pubblicazione è data notizia nel burl e negli albi dei comuni del comprensorio consortile. 3. Entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione nel burl possono essere presentate al consorzio osservazioni da parte degli interessati. Entro i successivi trenta giorni lo statuto, unitamente alle osservazioni e alle controdeduzioni, è trasmesso alla Giunta regionale per l’approvazione.
ARTICOLO 82 (Organi)
1. Sono organi del consorzio di bonifica: a) il consiglio di amministrazione; b) il presidente; c) il revisore dei conti. 2. Gli organi del consorzio durano in carica cinque anni. Con apposito regolamento regionale è disciplinato il procedimento elettorale, garantendo: a) il carattere associativo dei consorzi; b) l’elezione da parte dei contribuenti del consiglio di amministrazione; c) la partecipazione delle minoranze al consiglio di amministrazione; d) l’elezione del presidente da parte del consiglio di amministrazione, scelto tra i propri componenti eletti; e) la designazione di rappresentanti dei comuni e delle province nel consiglio di amministrazione. 3. La Giunta regionale, per i consorzi autorizzati ad assumere le funzioni dei consorzi di utilizzazione idrica ai sensi dell’articolo 80, comma 6, nomina un proprio rappresentante nel consiglio di amministrazione. 4. La Giunta regionale nomina per ciascun consorzio di bonifica e di miglioramento fondiario di secondo grado il revisore dei conti, iscritto nel registro dei revisori contabili, con compiti di controllo gestionale e finanziario e di legittimità secondo le modalità stabilite dalle direttive regionali. Il revisore è nominato per un periodo corrispondente al mandato degli organi elettivi o del commissario regionale; lo stesso può essere revocato con atto motivato della Giunta regionale.
ARTICOLO 83 (Struttura organizzativa, bilancio e programmazione finanziaria)
1. La struttura organizzativa degli uffici del consorzio è individuata dal piano di organizzazione dei servizi consortili deliberato dal consiglio di amministrazione. 2. La gestione amministrativa è attribuita al direttore, assunto esclusivamente con contratto a tempo determinato secondo quanto previsto dall’articolo 10, comma 4, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES) e della contrattazione collettiva di categoria, per periodi non eccedenti il mandato elettivo del consiglio di amministrazione. Il direttore esercita, in attuazione dei provvedimenti assunti dagli organi, la gestione amministrativa attraverso gli uffici. 3. Le funzioni di ufficiale rogante degli atti di interesse dei consorzi di bonifica possono essere conferite, con atto dell’amministrazione consortile, a funzionari appartenenti all’area amministrativa in servizio presso i consorzi medesimi e in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza o di titolo equipollente. 4. L’organizzazione e la gestione contabile e finanziaria si ispirano ai principi di efficacia e di efficienza, il cui rispetto è verificato mediante azioni di monitoraggio. A tal fine la Giunta regionale approva lo schema di bilancio e lo schema dei regolamenti di contabilità e gestione del servizio di economato, cui i consorzi di bonifica sono tenuti ad adeguarsi. 5. I consorzi adottano, entro i termini e con le modalità stabiliti dagli statuti, il bilancio di previsione per l’anno successivo e il conto consuntivo nel rispetto dei principi dell’annualità, dell’universalità, dell’integrità e del pareggio economico e finanziario.
ARTICOLO 84 (Consorzi di miglioramento fondiario di secondo grado)
1. Tra i consorzi di irrigazione e di miglioramento fondiario operanti all’interno di un comprensorio omogeneo, delimitato ai sensi dell’articolo 78 sotto il profilo idrografico e idraulico, in cui non sia già stato costituito un consorzio di bonifica che operi su una superficie corrispondente almeno al 10 per cento dell’intero comprensorio, al fine di rendere più organici e coordinati gli interventi dell’attività irrigua, può essere costituito un consorzio di miglioramento fondiario di secondo grado, disciplinato dall’articolo 863 del codice civile, in quanto applicabile. 2. L’iniziativa per la costituzione dei consorzi di cui al comma 1 può essere assunta dai soggetti interessati nonché dalla Regione. La Giunta regionale delibera la costituzione di tali consorzi e ne approva gli statuti, elaborati in base alle linee guide approvate dalla Giunta regionale cui gli stessi devono adeguarsi. Gli statuti definiscono i compiti, le finalità, la natura giuridica, la composizione degli organi e le norme di funzionamento. 3. I consorzi di miglioramento fondiario di secondo grado esercitano, nell’ambito dei piani di riordino irriguo, la funzione di vigilanza e coordinamento dell’attività dei consorzi che ne fanno parte e possono altresì stipulare apposite convenzioni con gli enti locali per la gestione del reticolo minore.
ARTICOLO 85 (Demanio regionale)
1. La Regione, contestualmente al provvedimento di affidamento in concessione dell’esecuzione delle opere di cui all’articolo 77, che entrano a far parte del demanio regionale, dispone a favore dei consorzi di bonifica manutentori la costituzione del diritto d’uso sulle opere eseguite, a decorrere dalla data del collaudo o dell’eventuale provvedimento di esproprio. 2. I diritti di servitù costituiti per l’esecuzione di opere in tubazione sono iscritti a favore del demanio regionale. 3. Su iniziativa dei proprietari possono essere trasferite al demanio regionale le opere di bonifica ricadenti nel territorio regionale di proprietà dei consorzi di bonifica o degli enti cui sono subentrati nelle funzioni i consorzi stessi, che mantengono sulle anzidette opere il diritto d’uso. 4. La Giunta regionale approva il regolamento consortile per il rilascio delle concessioni di cui all’articolo 80, comma 4, lettera c), determinando le modalità di adeguamento delle stesse. 5. La Giunta regionale individua il reticolo idrico di competenza dei consorzi di bonifica e approva il regolamento di polizia idraulica. Le violazioni al regolamento sono punite con la sanzione amministrativa da un minimo di euro 200,00 a un massimo di euro 1.200,00. Sui contravventori grava altresì l’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi. 6. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 5 si applicano le disposizioni di cui al titolo VI del regio decreto 8 maggio 1904, n. 368 (Regolamento per la esecuzione del t.u. della L. 22 marzo 1900, n. 195, e della L. 7 luglio 1902, n. 333, sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi).
ARTICOLO 86 (Opere di competenza dei privati)
1. I privati realizzano nei comprensori di bonifica e irrigazione tutte le opere minori necessarie ai fini della bonifica, secondo quanto previsto dagli strumenti di pianificazione consortile. 2. I privati possono affidare l’esecuzione, la manutenzione e l’esercizio delle opere di cui al comma 1 e quelle di miglioramento fondiario e irriguo ai consorzi di bonifica, ai consorzi di miglioramento fondiario e ai consorzi di irrigazione. 3. In caso di inadempienza da parte dei privati nell’esecuzione delle opere previste dalla pianificazione di cui al comma 1 l’esecuzione delle opere affidata ai consorzi di bonifica con decreto del competente direttore generale della Giunta regionale che fissa il termine di completamento dei lavori. 4. Le spese relative alle opere eseguite ai sensi del comma 3 sono a carico dei proprietari privati dei fondi su cui insistono le opere in rapporto ai benefici conseguiti. La Regione può concedere contributi in conto capitale sulla spesa ritenuta ammissibile.
Capo III Programmazione ed esecuzione dell’attività di bonifica
ARTICOLO 87 (Piano generale di bonifica, di irrigazione e di tutela del territorio rurale)
1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, approva il piano generale di bonifica, di irrigazione e di tutela del territorio rurale. 2. Il piano generale di bonifica, di irrigazione e di tutela del territorio rurale definisce: a) la situazione, le problematiche e le prospettive della bonifica, dell’irrigazione e del territorio rurale; b) gli indirizzi generali e le linee fondamentali dell’azione della Regione; c) le modalità e i contenuti di coordinamento con gli altri strumenti di pianificazione della Regione e degli enti locali; d) le principali attività, opere e interventi da attuare nel periodo di attività del piano, con i tempi e le risorse di massima necessari; e) le linee per le proposte e le indicazioni di competenza della Regione relative ai piani di bacino di cui all’articolo 65 del d.lgs. 152/2006 e alla disciplina generale per la tutela delle acque contenuta nello stesso decreto legislativo; f) le linee e le azioni principali nel campo della ricerca, della sperimentazione e delle attività conoscitive, formative, promozionali e divulgative. 3. La Giunta regionale predispone la proposta del piano di cui al comma 1, ne dispone la pubblicazione per estratto nel burl e, prima dell’invio al Consiglio regionale, la sottopone al parere dei consorzi di bonifica, dei consorzi di miglioramento fondiario di secondo grado e degli altri enti pubblici interessati che possono presentare osservazioni e proposte entro quarantacinque giorni dalla pubblicazione. 4. Il piano di cui al comma 1 è attuato mediante programmi triennali dell’attività di bonifica e irrigazione approvati dalla Giunta regionale e aggiornati annualmente in funzione della disponibilità del bilancio pluriennale e degli stanziamenti finanziari annuali. 5. Nell’elaborazione e attuazione della attività di pianificazione e di programmazione concernente l’assetto del territorio la Regione e gli enti locali, nel rispetto delle competenze stabilite dalla legislazione in materia, tengono conto del piano generale di bonifica, di irrigazione e di tutela del territorio rurale di cui al comma 1 e prevedono norme di salvaguardia degli impianti di bonifica irrigua e idraulica esistenti, previa acquisizione delle parti dei piani e programmi regionali e comprensoriali relative alle opere di cui all’articolo 77. 6. La Giunta regionale autorizza i consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario di secondo grado a eseguire interventi non previsti nel programma triennale, se questi si rendono necessari in conseguenza di calamità naturali e di eventi imprevedibili, per garantire la funzionalità delle opere di bonifica e irrigazione, per evitare danni alle medesime e in generale a persone e immobili. L’autorizzazione è rilasciata su richiesta motivata degli interessati e a seguito di sopralluogo degli uffici regionali competenti. 7. La Giunta regionale può attuare, tramite concessione ai soggetti di cui al presente titolo, progetti speciali anche in deroga al piano generale, al programma triennale e ai piani comprensoriali. L’approvazione di tali progetti segue la procedura di approvazione dei piani di cui all’articolo 90 e costituisce variante al piano. I progetti speciali devono rivestire carattere di urgenza ed essere di interesse generale di più comprensori di bonifica.
ARTICOLO 88 (Piani comprensoriali di bonifica, di irrigazione e di tutela del territorio rurale)
1. Nei comprensori di bonifica e irrigazione l’attività di bonifica e irrigazione si svolge sulla base del piano comprensoriale di bonifica, di irrigazione e di tutela del territorio rurale. Il piano comprensoriale è adottato dal consorzio in conformità al piano generale di bonifica, di irrigazione e di tutela del territorio rurale, assicurando la partecipazione degli enti locali, dei soggetti irrigui e degli altri enti operanti nel comprensorio. Fino all’approvazione del piano generale i consorzi operano in base al piano comprensoriale provvisorio di bonifica predisposto sulla base di criteri approvati dalla Giunta regionale. 2. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, approva il piano comprensoriale che ha valore di dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità delle opere in esso previste. Con provvedimento motivato, previo parere del consorzio interessato qualora gli interventi non siano realizzati direttamente dallo stesso, sono ammessi interventi in deroga al piano nei casi di: a) eventi imprevedibili o calamitosi; b) modifiche dipendenti da nuove disposizioni di leggi o di regolamenti; c) nuovi piani e programmi dello Stato, della Regione, dell’autorità di bacino e degli enti locali ai quali il piano comprensoriale non sia ancora stato adeguato. 3. Il piano comprensoriale è attuato mediante programmi comprensoriali triennali. Con provvedimenti della Giunta regionale sono definiti metodologie, contenuti e procedure di elaborazione, approvazione e attuazione del piano comprensoriale e dei programmi comprensoriali triennali. Gli atti e strumenti di programmazione degli enti locali tengono conto del piano comprensoriale e dei programmi triennali.
ARTICOLO 89 (Progetto fontanili)
1. Ai fini della salvaguardia del sistema dei fontanili e dei colatori, in quanto componente essenziale dell’ambiente e del paesaggio nonché fattore indispensabile per il risparmio idrico, la Giunta regionale predispone un apposito progetto fontanili finalizzato alla loro conservazione e valorizzazione.
ARTICOLO 90 (Contributi consortili)
1. Il consorzio di bonifica elabora, sulla base di criteri e indirizzi deliberati dalla Giunta regionale, un piano di classificazione degli immobili, al fine di individuare i benefici derivanti dalle opere di bonifica e di stabilire gli indici e i parametri per la quantificazione dei medesimi. Tale piano è approvato dalla Giunta regionale. 2. I proprietari degli immobili pubblici e privati, agricoli ed extragricoli ricadenti nei comprensori di bonifica e irrigazione di cui all’articolo 78 che traggono beneficio dalle opere gestite dai consorzi di bonifica sono tenuti al pagamento dei contributi di bonifica secondo le disposizioni del presente titolo. 3. I contributi consortili sono riscossi mediante versamento volontario presso la tesoreria oppure a mezzo dei concessionari del servizio per la riscossione dei tributi ovvero, previa convenzione, da altri soggetti che nei confronti degli utenti consortili già riscuotono tributi o tariffe per servizi pubblici. 4. I contributi di bonifica e irrigazione costituiscono oneri reali sui fondi dei contribuenti e hanno natura tributaria. 5. Allo scopo di conseguire l’equo riparto delle spese per la realizzazione, gestione e manutenzione delle opere irrigue, chiunque utilizza la rete dei canali consortili come recapito di scarichi anche se depurati è assoggettato al pagamento dei contributi secondo le modalità e le prescrizioni fissate dal consorzio. 6. L’ammontare del contributo consortile è determinato con deliberazione annuale di riparto della contribuenza in proporzione ai benefici e secondo gli indici e i parametri di contribuenza di cui al comma 1. Non può essere determinato un importo minimo di contribuenza. I contributi inferiori alla soglia di economicità di riscossione, fissata con deliberazione della Giunta regionale, non sono riscossi. 7. Chiunque, ancorché non consorziato, utilizza a qualsiasi titolo e uso acque superficiali o sotterranee oppure canali consortili come recapito di scarichi, anche se depurati e provenienti da insediamenti di qualsiasi natura, è tenuto a contribuire alle spese consortili in proporzione al beneficio ottenuto, in relazione alla stretta connessione esistente nei comprensori irrigui tra acque superficiali e acque sotterranee e alla funzione svolta dalla rete dei colatori, mantenuta e gestita dai consorzi di bonifica anche a vantaggio degli utenti non agricoli. 8. I consorzi di bonifica provvedono al censimento degli scarichi nei canali consortili. Per ciascuno degli scarichi i consorzi di bonifica devono rivedere gli atti di concessione individuando il relativo canone da determinare in proporzione al beneficio ottenuto. Le somme introitate sono utilizzate esclusivamente a riduzione delle spese consortili addebitabili agli immobili ove insistono gli insediamenti da cui provengono gli scarichi. 9. Gli enti locali che, per l’esercizio di funzioni di loro competenza, utilizzano servizi e opere di bonifica sono chiamati a contribuire alla realizzazione, manutenzione ed esercizio delle stesse in misura proporzionale al beneficio ottenuto. Per gli immobili situati in aree urbane servite da pubblica fognatura, le cui acque trovano recapito nel sistema scolante del relativo comprensorio di bonifica, il contributo di bonifica, limitatamente alla quota riferita allo scolo delle acque reflue urbane, è assolto dall’ente gestore del servizio di fognatura con decorrenza dalla data di pubblicazione della deliberazione della Giunta regionale che stabilisce le modalità di attuazione di tale riscossione.
ARTICOLO 91 (Piano di riordino irriguo)
1. I consorzi di bonifica e i consorzi di miglioramento fondiario di secondo grado provvedono all’adozione e alla conseguente attuazione del piano di riordino irriguo. 2. Il piano di riordino irriguo, approvato dalla Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, ha valore di dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità delle opere in esso previste. Gli interventi previsti dal piano di riordino irriguo, comprese le espropriazioni, sono equiparati alle opere pubbliche di bonifica e irrigazione. Il piano si intende approvato qualora la Giunta regionale non si pronunci nel termine di centoventi giorni dal ricevimento della deliberazione di adozione. 3. Ai fini del comma 2 la Regione, nel rispetto della legislazione vigente e nell’ambito delle specifiche competenze in materia, approva i provvedimenti necessari per l’esecuzione del piano di riordino irriguo. 4. Con provvedimento della Giunta regionale sono stabiliti metodologie, contenuti e procedure di elaborazione, approvazione e attuazione del piano di riordino irriguo. 5. Nell’ambito del riordino irriguo, allo scopo di conseguire l’equo riparto delle spese per la costruzione e la manutenzione delle opere e per la distribuzione delle acque irrigue, chiunque utilizza la rete dei canali irrigui è assoggettato a contributo ordinario in proporzione al beneficio ottenuto. A tale fine il consorzio determina annualmente le aliquote di contribuzione nella misura necessaria a coprire le spese per l’attuazione e la gestione delle opere irrigue. 6. Nei comprensori ove si attui il piano di riordino irriguo e siano presenti utenze di diritto, gratuite o agevolate, praticate in base ad antichi titoli, il consorzio competente per territorio redige per l’intero comprensorio, o per singoli settori di esso, il piano di riordino delle utenze idriche contenente, oltre agli interventi intesi a razionalizzare la distribuzione idrica, l’elenco delle utenze di diritto i cui titoli risultino ancora validi e, per ciascuna di esse, il loro valore attuale, ai fini del riordino delle utenze idriche. Il piano è approvato dalla Giunta regionale.
Capo IV Vigilanza e controllo
ARTICOLO 92 (Attività di direzione e vigilanza della Regione)
1. Al fine di assicurare omogeneità, organicità ed efficacia all’attività di bonifica e irrigazione e di coordinare l’azione dei consorzi, la Giunta regionale adotta atti di indirizzo e criteri in ordine all’attività programmatoria e gestionale dei consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario di secondo grado nelle forme e nei modi di cui al presente articolo. 2. La Giunta regionale, tramite la competente direzione generale, può chiedere ai consorzi documenti, informazioni e chiarimenti ed effettuare ispezioni e perizie volte ad accertare il regolare funzionamento degli organi e il regolare esercizio dell’attività del consorzio, anche avvalendosi della consulenza di esperti o di società di servizi. 3. La Giunta regionale, sentiti i consorzi interessati, può procedere al raggruppamento di uffici di più consorzi, qualora tale raggruppamento porti a significativi risparmi e a maggiore efficacia e tempestività nell’attività dei consorzi stessi. La Giunta regionale può concedere contributi per le spese tecniche e organizzative necessarie per il raggruppamento e l’avvio dei nuovi uffici. 4. La Giunta regionale può sciogliere i consigli di amministrazione dei consorzi in caso di accertata inefficienza nello svolgimento dell’attività consortile, nell’esercizio o nella manutenzione delle opere, per gravi violazioni di leggi e regolamenti, dello statuto consortile e delle direttive regionali, nonché in caso di gravi irregolarità amministrative e contabili che compromettano il conseguimento delle finalità istituzionali dei consorzi. 5. Con il provvedimento di scioglimento è nominato un commissario regionale per la gestione temporanea del consorzio e per l’indizione delle elezioni consortili ai fini della costituzione del nuovo consiglio di amministrazione. Il provvedimento di scioglimento stabilisce i compiti e gli indirizzi cui il commissario deve attenersi nella propria attività. Gli organi ordinari di amministrazione devono essere ricostituiti entro un anno dal provvedimento di scioglimento. 6. Alla scadenza del termine di cui al comma 5 la Giunta regionale provvede alla sostituzione del commissario regionale o alla proroga del suo incarico nel caso in cui l’amministrazione consortile non sia stata ricostituita; la proroga può essere disposta una sola volta per un periodo non superiore a sei mesi. 7. Al commissario regionale è corrisposto lo stesso trattamento economico dello stipendio base della fascia media di inquadramento contrattuale collettivo dei dirigenti dei consorzi di bonifica. Qualora il commissario regionale non proceda alle elezioni e alla costituzione della nuova amministrazione consortile nel termine di cui al comma 5 il trattamento economico è ridotto nella misura del cinquanta per cento. 8. Le deliberazioni assunte dagli organi consortili ordinari e dai commissari regionali sono pubblicate all’albo del consorzio entro quindici giorni dalla data della loro adozione, per otto giorni consecutivi. Le deliberazioni acquistano efficacia dalla data della loro pubblicazione, fatti salvi i provvedimenti assunti ai sensi degli articoli 81, 88, 90, 91 che sono sottoposti all’approvazione della Giunta regionale. 9. Il consorzio comunica alla Giunta regionale entro trenta giorni dalla loro adozione le deliberazioni relative a: a) bilanci di previsione e loro variazioni; b) conti consuntivi; c) piani di organizzazione e regolamenti di servizi consortili. 10. Qualora i consorzi omettano di adottare atti obbligatori per legge la Giunta regionale assegna un congruo termine per provvedere. Decorso inutilmente il termine assegnato, la Giunta regionale, sentito l’ente inadempiente, provvede alla nomina di un commissario ad acta. 11. È costituito presso la competente direzione della Giunta regionale il sistema informativo per la bonifica, l’irrigazione e il territorio rurale (SIBITeR) che raccoglie, organizza e diffonde le informazioni necessarie per conoscere e migliorare l’attività programmatoria e gestionale degli enti di bonifica e irrigazione. La Giunta regionale può affidare la gestione operativa del SIBITeR all’ERSAF o ad associazioni dei consorzi di bonifica riconosciute dalla Regione. Il SIBITeR è raccordato e alimentato con i sistemi informativi regionali e dei singoli consorzi.
ARTICOLO 93 (Ricorsi avverso gli atti consortili)
1. Contro tutti gli atti deliberativi del consorzio è ammesso da parte degli interessati ricorso al Presidente della Giunta regionale, ai sensi del capo I del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi), entro trenta giorni dalla data di conoscenza degli stessi.
ARTICOLO 94 (Consulta regionale della bonifica e irrigazione)
1. È istituita presso la competente direzione generale regionale la consulta regionale della bonifica e irrigazione, organo consultivo della Regione per l’attuazione del presente titolo e per l’attività di bonifica e irrigazione. 2. La Giunta regionale determina la composizione della consulta assicurando la rappresentanza degli enti locali, dell’unione regionale delle bonifiche, delle irrigazioni e dei miglioramenti fondiari (URBIM) per la Lombardia, delle organizzazioni agricole sindacali, nonché la presenza delle direzioni generali della Giunta regionale competenti. 3. La consulta è presieduta dall’assessore regionale competente per la bonifica e l’irrigazione o da un suo delegato e non comporta oneri economici per la Regione.
ARTICOLO 95 (Finanziamenti regionali)
1. Per il conseguimento delle finalità di cui all’articolo 76, per l’attuazione dei piani e programmi regionali e comprensoriali e per la realizzazione delle tipologie di opere di cui all’articolo 77 previste dai piani e programmi medesimi, la Regione concorre con contributi a favore dei soggetti di cui all’articolo 79 e di quelli costituiti ai sensi dell’articolo 84. 2. La Giunta regionale delibera il concorso finanziario nella spesa ritenuta ammissibile per l’esecuzione delle opere di cui al comma 1 nella misura del 90 per cento per: a) opere di pronto intervento; b) opere di esclusivo carattere ambientale. 3. La Giunta regionale delibera il concorso finanziario nella spesa ritenuta ammissibile per l’esecuzione delle opere di cui al comma 1 fino al massimo del 90 per cento per l’esecuzione di opere idrauliche e irrigue primarie e secondarie o di altra natura che inducano comunque un sostanziale miglioramento anche indiretto sull’assetto generale della bonifica, dell’irrigazione e del territorio rurale. 4. La Giunta regionale delibera altresì il concorso finanziario: a) fino al massimo del 80 per cento della spesa ammissibile per la manutenzione delle opere di rilevante interesse comprensoriale; b) fino al massimo del 60 per cento della spesa ammissibile per: 1) gli oneri derivanti dal sollevamento delle acque irrigue e di colo eccedenti il costo ordinario di cui all’articolo 77, comma 4; 2) la redazione dei piani di riordino irriguo di cui all’articolo 91 e dei piani comprensoriali di cui all’articolo 88; 3) l’esecuzione delle opere di competenza dei privati di cui all’articolo 86, comma 4; 4) le spese tecnico-organizzative necessarie per il raggruppamento e l’avvio di nuovi uffici di cui all’articolo 92, comma 3. 5. La Giunta regionale contribuisce alle spese degli enti di cui agli articoli 79 e 84 e loro associazioni per la realizzazione delle azioni e delle attività di carattere conoscitivo e divulgativo relative alla bonifica e irrigazione; la Giunta regionale può altresì concorrere a spese per la realizzazione delle attività di indagine propedeutiche e di applicazione operativa alla classificazione del territorio non montano, secondo quanto previsto dall’articolo 78, commi 2 e 3.
TITOLO VIII Disposizioni sulla raccolta, coltivazione e commercializzazione di funghi epigei e ipogei (tartufi) Capo I Raccolta e commercializzazione dei funghi epigei freschi e conservati
ARTICOLO 96 (Finalità)
1. Il presente capo, nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla legge 23 agosto 1993, n. 352 (Norme quadro in materia di raccolta e commercializzazione dei funghi epigei freschi e conservati), reca disposizioni sulla raccolta e commercializzazione dei funghi epigei al fine di: a) tutelare nel tempo la risorsa fungina e le relative nicchie ecologiche di sviluppo; b) permettere una gestione economica diretta della raccolta con particolare riguardo alle popolazioni residenti in montagna; c) assicurare la tutela della salute pubblica tramite appositi servizi di controllo micologico.
ARTICOLO 97 (Modalità di autorizzazione alla raccolta)
1. La raccolta sul territorio regionale avviene secondo le modalità previste dalla legge 352/1993. I comuni, singoli o associati, possono determinare le modalità di autorizzazione e i criteri per il rilascio di eventuali permessi a chiunque ne faccia richiesta, anche mediante il rilascio di appositi tesserini stagionali, settimanali e giornalieri. 2. Il comune che intende avvalersi della facoltà di cui al comma 1 assume le deliberazioni conseguenti entro il 31 marzo di ogni anno. 3. Previo accordo con i comuni interessati, le comunità montane o i consorzi forestali possono provvedere per il rilascio di permessi a chi ne faccia richiesta.
ARTICOLO 98 (Modalità di raccolta)
1. Su tutto il territorio regionale: a) la raccolta autorizzata è limitata ai soli corpi fruttiferi epigei ed è consentita dall’alba al tramonto in maniera esclusivamente manuale, senza l’impiego di alcun attrezzo, fatta salva l’asportazione dei corpi fruttiferi di Armillaria mellea per i quali è consentito il taglio del gambo; b) il limite massimo di raccolta giornaliera per persona è di tre chilogrammi salvo che tale limite sia superato da un solo esemplare o da un unico cespo di Armillaria mellea; c) è obbligatoria la pulitura sommaria sul luogo di raccolta dei funghi riconosciuti eduli; non sussiste obbligo di pulitura per gli esemplari da sottoporre al riconoscimento degli ispettorati micologici; d) sono vietati: 1) la raccolta, l’asportazione e la movimentazione dello strato umifero e di terriccio; 2) la raccolta di funghi decomposti e di ovuli chiusi di Amanita cesarea; 3) l’uso di contenitori non aerati per il trasporto; e) è obbligatorio l’uso di contenitori idonei a favorire la dispersione delle spore durante il trasporto.
ARTICOLO 99 (Limitazioni nelle aree protette)
1. Il comune, d’intesa con l’ente gestore del parco, stabilisce annualmente il numero massimo di autorizzazioni da concedere. 2. L’attività di raccolta dei funghi nelle riserve naturali, se non esplicitamente vietata dalla relativa deliberazione istitutiva, è regolamentata dal piano di cui all’articolo 14 della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 (Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolar rilevanza naturale e ambientale). 3. L’attività di raccolta dei funghi nei parchi regionali è disciplinata con i regolamenti d’uso di cui all’articolo 20 della l.r. 86/1983 aventi i contenuti di cui agli articoli 97 e 111. 4. Fino all’entrata in vigore dei regolamenti di cui al comma 3 la raccolta dei funghi nei parchi regionali è consentita. 5. In caso di incompatibilità con gli strumenti di pianificazione o di compromissione dell’ecosistema i regolamenti d’uso di cui al comma 3 possono contenere restrizioni con riguardo: a) alla riduzione dei quantitativi massimi raccoglibili; b) alle limitazioni anche assolute in relazione a determinate specie fungine; c) ai periodi e alle modalità di protezione degli ecosistemi.
ARTICOLO 100 (Limitazioni particolari)
1. La raccolta è vietata nei terreni di pertinenza degli immobili destinati ad uso abitativo adiacenti agli immobili medesimi, salvo che ai proprietari. 2. La raccolta è vietata nelle aree di nuovo rimboschimento fino a che non siano trascorsi quindici anni dalla messa a dimora delle piante.
ARTICOLO 101 (Raccolta per scopi diversi dall’alimentazione)
1. La Regione rilascia, previa valutazione di opportunità, apposite autorizzazioni gratuite in deroga alle disposizioni del presente capo per motivi scientifici, di studio e di ricerca, in occasione di mostre, di seminari, per i corsi propedeutici e per le necessità di aggiornamento degli ispettorati micologici. Le autorizzazioni hanno validità per un periodo non superiore ad un anno e sono rinnovabili; ad esse si applicano le disposizioni di cui all’articolo 4 della l.r. 15/2002. 2. Il comune può rilasciare apposite autorizzazioni speciali e gratuite, in deroga ai divieti di cui al presente capo, per motivi scientifici, di studi e di ricerca, in occasione di mostre e di seminari.
ARTICOLO 102 (Ispettorati micologici)
1. Al fine della tutela della salute pubblica sono costituiti ispettorati micologici nell’ambito dei dipartimenti di prevenzione di cui alla legge regionale 11 luglio 1997, n. 31 (Norme per il riordino del Servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali), utilizzando personale abilitato al controllo dei funghi eduli.
ARTICOLO 103 (Informazione)
1. I comuni, le province e le comunità montane possono promuovere l’organizzazione e lo svolgimento di corsi didattici e di iniziative culturali, scientifiche e di prevenzione collegati alla raccolta dei funghi.
ARTICOLO 104 (Disponibilità finanziaria)
1. I proventi derivanti dall’eventuale rilascio dei permessi o tesserini di cui all’articolo 97, comma 1, sono utilizzati prioritariamente per opere di riqualificazione e tutela ambientale. 2. I proventi derivanti dalle sanzioni di cui all’articolo 110, comma 1, sono introitati dai comuni sul cui territorio sono accertate le infrazioni.
ARTICOLO 105 (Vendita dei funghi epigei freschi)
1. Per la vendita dei funghi epigei freschi è necessario l’attestato di idoneità all’identificazione delle specie fungine commercializzate rilasciato dalle aziende sanitarie locali (ASL) territorialmente competenti. 2. Per quanto non previsto dal presente capo la vendita dei funghi coltivati è assoggettata alla normativa vigente per i prodotti ortofrutticoli.
ARTICOLO 106 (Certificazioni sanitarie)
1. La vendita di funghi epigei freschi spontanei destinati al dettaglio e alla somministrazione nella ristorazione pubblica e collettiva è consentita, previa certificazione di avvenuto controllo da parte delle ASL, purché effettuata secondo le seguenti modalità: a) i funghi, suddivisi per specie, devono essere contenuti in cassette o in altri imballaggi idonei da destinare alla vendita; b) i funghi devono essere a singolo strato e non eccessivamente pressati, devono inoltre essere freschi, interi, sani e in buono stato di conservazione, puliti dal terriccio o da corpi estranei; c) i funghi devono essere corredati della documentazione relativa all’acquisto o, nel caso di raccolta diretta, di una dichiarazione del venditore dalla quale risulti la data e il luogo di raccolta; d) i funghi devono essere corredati della certificazione dell’avvenuto controllo da parte dell’ASL, con l’applicazione su ogni contenitore di funghi controllati, contenente una sola specie fungina, di un cartellino originale numerato riportante il genere o la specie di appartenenza, la data e l’ora del controllo e le eventuali avvertenze per il consumo qualora si rendano necessarie operazioni di cottura o operazioni preliminari alla stessa, la firma dell’ispettore micologo e il timbro dell’ispettorato micologico dell’ASL.
ARTICOLO 107 (Specie ammesse)
1. È consentita la commercializzazione delle specie di funghi epigei e freschi di cui all’allegato 1 del decreto del Presidente della Repubblica 14 luglio 1995, n. 376 (Regolamento concernente la disciplina della raccolta e della commercializzazione dei funghi epigei freschi e conservati) integrato con le seguenti specie: a) Russula cyanoxantha; b) Russula virescens; c) Lactarius salmonicolor; d) Lactarius deterrimus; e) Lactarius sanguifluus; f) Lactarius semisanguifluus. 2. L’elenco dei funghi freschi spontanei commercializzabili può essere integrato con provvedimento del dirigente competente.
ARTICOLO 108 (Funghi secchi - specie consentite)
1. Con la denominazione di funghi secchi possono essere posti in commercio funghi appartenenti alle specie di cui all’articolo 5 del dpr 376/1995.
ARTICOLO 109 (Funghi secchi e conservati)
1. È consentita la vendita dei funghi secchi sminuzzati purché rispondenti alle caratteristiche di cui all’articolo 5 del dpr 376/1995 e comunque con modalità tali da consentire l’esame visivo e il riconoscimento della specie di appartenenza di ciascun pezzo. 2. I funghi conservati di cui all’articolo 9 del dpr 376/1995 devono essere riconoscibili all’analisi morfobotanica anche se sezionati.
ARTICOLO 110 (Sanzioni)
1. Sono sanzionate con il pagamento di una somma da euro 25,82 a euro 51,65 le seguenti violazioni: a) esercizio della raccolta senza autorizzazione oltre al pagamento della autorizzazione giornaliera; b) esercizio della raccolta al di fuori della zona di validità territoriale della autorizzazione oltre al pagamento della autorizzazione giornaliera; c) mancata esibizione del tesserino salvo che l’esibizione sia effettuata entro dieci giorni dalla contestazione; d) raccolta per un quantitativo superiore al limite massimo consentito; e) raccolta di Amanita cesarea allo stato di ovulo chiuso; f) uso di attrezzi o di contenitori non conformi alle prescrizioni del presente capo; g) raccolta non consentita nelle aree di cui all’articolo 100, commi 1 e 2; h) mancata pulitura dei corpi fruttiferi. 2. All’accertamento delle violazioni di cui al comma 1 fa seguito la confisca dei funghi e degli attrezzi per mezzo dei quali è stata compiuta la violazione. 3. La reiterazione, nel corso dello stesso anno solare, delle violazioni di cui al comma 1, lettera b), d), f) e g) comporta la revoca dell’autorizzazione alla raccolta e il conseguente ritiro del tesserino. 4. Il destinatario del provvedimento di revoca di cui al comma 3 non può essere nuovamente autorizzato per l’anno solare in corso. 5. Salvo che il fatto costituisca reato, sono sanzionate con il pagamento di una sanzione amministrativa da euro 258,23 a euro 1032,91 le seguenti violazioni: a) vendita di funghi epigei freschi senza che sia stato effettuato il controllo di cui all’articolo 106 o senza la relativa certificazione; b) commercializzazione di funghi epigei freschi o conservati appartenenti a specie non ammesse; c) vendita di funghi non riconoscibili.
ARTICOLO 111 (Provvedimenti di attuazione)
1. Il dirigente competente, sentiti gli enti locali, determina: a) le agevolazioni a favore di quanti effettuano la raccolta per integrare il proprio reddito e dei soggetti di cui all’articolo 2, comma 3, della legge 352/1993; b) le zone del territorio regionale in cui la raccolta è consentita con le agevolazioni ai soggetti di cui alla lettera a); c) le aree in cui la raccolta è consentita ai residenti senza le limitazioni di cui alle lettere d) ed e) nell’ambito dei territori classificati montani; d) le quantità massime di raccolta per ciascuna specie fungina inferiori al limite massimo di cui all’articolo 98, comma 1, lettera b), con riferimento a zone determinate, alle tradizioni e alle esigenze locali; e) le dimensioni minime che il corpo fruttifero deve presentare per poter essere raccolto.
ARTICOLO 112 (Vigilanza)
1. La vigilanza sull’applicazione delle disposizioni del presente capo è affidata al corpo forestale dello Stato, ai nuclei antisofisticazione e sanità dell’arma dei carabinieri, alle guardie venatorie provinciali, agli organi di polizia locale urbana e rurale, ai servizi competenti del dipartimento di prevenzione medico delle ASL di cui alla l.r. 31/1997, alle guardie giurate e alle guardie ecologiche volontarie. 2. La vigilanza è altresì esercitata dai dipendenti della Regione, delle comunità montane, delle province, dei comuni e degli enti di gestione in possesso della qualifica di agente di polizia giudiziaria.
Capo II Raccolta, coltivazione e commercializzazione dei tartufi freschi e conservati
ARTICOLO 113 (Finalità)
1. Il presente capo reca disposizioni sulla raccolta, coltivazione e commercializzazione dei tartufi freschi e conservati in attuazione dei principi della legge 16 dicembre 1985, n. 752 (Normativa quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo).
ARTICOLO 114 (Misure generali di tutela)
1. Ai fini del presente capo: a) sono considerate protette tutte le specie di tartufi; b) per raccolta controllata s’intende l’insieme delle operazioni che comprendono la ricerca e il prelievo dei corpi fruttiferi dei tartufi, nonché il trasporto degli stessi nei e dai luoghi naturali di produzione; la raccolta controllata è consentita nel rispetto delle disposizioni del presente capo. 2. Sono vietati l’estirpazione e il danneggiamento di parti sotterranee di tartufi, fatta salva la raccolta controllata di cui al comma 1.
ARTICOLO 115 (Competenze)
1. Le funzioni amministrative di cui al presente capo sono conferite: a) alle province limitatamente al rilascio e alla vidimazione dei tesserini di raccolta dei tartufi e alle prove d’esame di cui all’articolo 121; b) alle province e agli enti gestori dei parchi regionali, per i territori di rispettiva competenza, limitatamente all’elaborazione delle proposte per i calendari regionali e per le carte delle vocazioni e potenzialità tartufigene; c) alle province, agli enti gestori dei parchi regionali e alle comunità montane, per i territori di rispettiva competenza, limitatamente all’organizzazione dei corsi di cui all’articolo 121, comma 8, all’istruttoria per il riconoscimento delle tartufaie controllate e coltivate e alla redazione dei programmi di recupero e miglioramento ambientale.
ARTICOLO 116 (Modalità di raccolta dei tartufi e divieti)
1. Su tutto il territorio regionale è consentita, nell’arco delle ventiquattro ore giornaliere, nei periodi stabiliti annualmente dai calendari di raccolta in relazione alle usanze locali, la raccolta dei tartufi commestibili compresi nell’elenco di cui all’articolo 2 della legge 752/1985. 2. La ricerca deve essere effettuata con l’ausilio del cane appositamente addestrato; lo scavo con attrezzi quali vanghetto o zappetta deve avvenire solo dopo il rinvenimento del tartufo da parte del cane e deve essere limitato al punto ove lo stesso lo abbia iniziato. 3. E’ fatto obbligo di riempire con il terriccio asportato le buche create dall’estrazione dei tartufi 4. Sono vietate: a) la raccolta dei tartufi immaturi; b) nel periodo di raccolta dei tartufi, la lavorazione andante del terreno nelle zone tartufigene individuate nelle carte delle vocazioni e potenzialità tartufigene, fatte salve le operazioni direttamente connesse con le normali pratiche colturali.
ARTICOLO 117 (Calendari di raccolta)
1. Fermi restando le limitazioni particolari e i divieti di raccolta di cui agli articoli 122 e 123, i calendari per la raccolta dei tartufi specificano i limiti e le modalità di raccolta dei tartufi nel corso dell’anno solare, indicando quantità e periodi di raccolta per le diverse specie e per le diverse località del territorio regionale, nonché qualsiasi altra limitazione ritenuta necessaria sulla base dell’andamento stagionale e delle esigenze di tutela ambientale. 2. Il dirigente competente, avvalendosi del collegio di esperti di cui all’articolo 119, predispone, anche sulla base delle proposte di cui al comma 3, e approva entro il 31 marzo di ogni anno i calendari di raccolta, a cui sono allegate cartografie in scala adeguata delle diverse zone nelle quali sono applicate limitazioni particolari alla raccolta, nonché tutta la documentazione descrittiva ritenuta necessaria. 3. Le province e gli enti gestori dei parchi regionali, sentite le comunità montane, elaborano le proposte per il territorio di loro competenza, corredate di adeguata documentazione contenente le relative motivazioni tecniche e socio-economiche e le trasmettono alla Giunta regionale entro il 31 gennaio di ogni anno. 4. I calendari sono pubblicati sul burl ed esposti negli albi pretori dei comuni.
ARTICOLO 118 (Carte delle vocazioni e potenzialità tartufigene)
1. La Giunta regionale approva, sentita la competente commissione consiliare e avvalendosi del collegio di esperti di cui all’articolo 119, le carte delle vocazioni e potenzialità tartufigene relative all’intero territorio regionale; a tal fine le province e gli enti gestori dei parchi regionali, sentite le comunità montane, elaborano e trasmettono alla Giunta regionale le proposte per il territorio di competenza. 2. Le carte delle vocazioni e potenzialità tartufigene redatte in scala adeguata: a) delimitano le zone geografiche di raccolta dei tartufi, anche ai sensi dell’articolo 7, quinto comma, della legge 752/1985; b) individuano i territori vocati alla produzione dei tartufi, anche con riferimento alle diverse specie o gruppi di specie di particolare interesse scientifico ed economico; c) localizzano le aree di particolare valore scientifico, finalizzate alle attività di controllo e di ricerca, nelle quali può essere vietata la raccolta; d) identificano le altre aree di elevata vocazione ove realizzare prioritariamente gli interventi di recupero e di miglioramento ambientale. 3. Alle carte delle vocazioni e potenzialità tartufigene sono allegati: a) l’analisi dello stato ambientale e produttivo dei territori regionali e le proposte di interventi di conservazione e di valorizzazione delle potenzialità tartufigene; b) i criteri per l’elaborazione dei calendari annuali di raccolta. 4. Per le modifiche delle carte delle vocazioni e potenzialità tartufigene si applica la procedura di cui al comma 1.
ARTICOLO 119 (Collegio di esperti)
1. La Regione si avvale della consulenza di un collegio di esperti in micologia, scienze naturali e scienze forestali, nominato con decreto del dirigente competente. 2. Il collegio è composto da: a) un membro scelto tra gli esperti delle facoltà di scienze agrarie e forestali o di scienze naturali delle università della Lombardia; b) due membri scelti tra i rappresentanti designati dalle associazioni naturalistiche maggiormente rappresentative a livello regionale; c) tre membri, ciascuno dei quali designato, rispettivamente, dalle associazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale; d) un membro designato dall’associazione regionale dei ricercatori di tartufi; e) un funzionario designato dal dirigente competente. 3. Il dirigente competente nomina il responsabile del collegio. 4. Le funzioni di segreteria del collegio sono svolte da un dipendente della direzione generale competente. 5. Ai componenti il collegio non appartenenti all’amministrazione regionale spetta la corresponsione, per ogni seduta, di un gettone di presenza nella misura stabilita dalle vigenti disposizioni.
ARTICOLO 120 (Tesserino)
1. La ricerca e la raccolta dei tartufi sono consentite a coloro i quali sono in possesso del tesserino di idoneità, valido su tutto il territorio nazionale, rilasciato ai sensi dell’articolo 5 della legge 752/1985. 2. Il tesserino, le cui caratteristiche sono stabilite dal dirigente competente, è rilasciato dalle province a seguito del superamento dell’esame di idoneità. 3. Il tesserino è vidimato annualmente, a partire dall’anno successivo al rilascio, presso l’ente che lo ha emesso. 4. Le domande per il rilascio e la vidimazione del tesserino possono essere inoltrate anche tramite le associazioni professionali, sociali e sindacali o loro patronati. 5. Sono esentati dalla prova d’esame coloro che, alla data di entrata in vigore della legge 752/1985, sono già muniti dell’autorizzazione di cui all’articolo 6 della legge 17 luglio 1970, n. 568 (Disciplina della raccolta e del commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo). 6. I tesserini sono personali, non cedibili e devono essere esibiti al personale addetto alla vigilanza.
ARTICOLO 121 (Commissioni d’esame e corsi di preparazione)
1. L’idoneità alla ricerca e alla raccolta del tartufo è conseguita mediante superamento di specifiche prove d’esame da tenersi presso le province nel cui territorio risiedono i candidati; i non residenti nella Regione possono sostenere l’esame presso ognuna delle province. 2. La preparazione dei candidati è valutata sulla base della capacità di riconoscimento delle specie di tartufi, nonché sulla conoscenza delle disposizioni contenute nel presente capo e delle norme generali di comportamento nell’ambiente naturale. 3. La valutazione finale è espressa con giudizio di idoneità o di inidoneità. 4. Le commissioni d’esame sono composte da: a) il presidente della provincia o suo delegato, con funzioni di presidente; b) un dipendente dello STER competente per territorio, designato dal dirigente competente; c) tre esperti in micologia, scienze naturali e forestali e agrarie nominati dalla provincia. 5. Le funzioni di segreteria sono svolte da un impiegato appositamente incaricato. 6. Le province stabiliscono i calendari degli esami prevedendo almeno una sessione d’esami annuale. 7. Per l’ammissione alle prove d’esame i candidati devono presentare la ricevuta di versamento di euro 10,33 alla tesoreria della provincia, a titolo di rimborso spese. 8. Le province, gli enti gestori dei parchi regionali e le comunità montane organizzano, anche d’intesa tra loro, corsi di preparazione per i raccoglitori, propedeutici all’esame di idoneità. 9. La Regione predispone i programmi didattici per i corsi di preparazione e il materiale divulgativo atto a facilitare il riconoscimento delle specie e il più corretto comportamento nell’ambiente naturale.
ARTICOLO 122 (Norme particolari per i parchi, le riserve e i monumenti naturali)
1. Gli enti gestori dei parchi naturali possono disciplinare la raccolta dei tartufi mediante i regolamenti d’uso di cui all’articolo 20 della l.r. 86/1983. 2. Nelle riserve naturali la raccolta dei tartufi, qualora non sia esplicitamente vietata dalla deliberazione istitutiva, è disciplinata dal piano di cui all’articolo 14 della l.r. 86/1983. 3. A integrazione di quanto stabilito dall’articolo 11, primo comma, lettera c), della l.r. 86/1983, la Regione può istituire riserve naturali parziali aventi specifica finalità micologica. 4. Le disposizioni dei regolamenti e dei piani di cui al presente articolo sono recepite nei calendari di raccolta.
ARTICOLO 123 (Aree di particolare tutela)
1. La raccolta dei tartufi è comunque vietata: a) nelle riserve naturali integrali e orientate micologiche, fatte salve le regolamentazioni specifiche ai sensi dell’articolo 122; b) nelle aree di nuovo rimboschimento prima che siano trascorsi quindici anni dalla messa a dimora delle piante; c) nelle aree di particolare valore scientifico indicate nelle carte delle vocazioni e potenzialità tartufigene. 2. Le aree di cui al comma 1 sono individuate nei calendari di raccolta. 3. Nel territorio delle aziende faunistiche la raccolta dei tartufi è consentita nelle ore notturne e nelle giornate di silenzio venatorio.
ARTICOLO 124 (Raccolta riservata dei tartufi)
1. I titolari e conduttori, singoli o associati o consorziati ai sensi dell’articolo 4 della legge 752/1985, di terreni a vocazione tartufigena possono richiedere alle province, agli enti gestori dei parchi regionali e alle comunità montane il riconoscimento di tartufaie controllate o coltivate esistenti su fondi in loro possesso. 2. Previa istruttoria tecnica, gli enti di cui al comma 1 trasmettono le richieste al dirigente competente che, avvalendosi del collegio di esperti di cui all’articolo 119, provvede al riconoscimento. 3. Per tartufaie controllate si intendono le tartufaie naturali su fondi interessati da operazioni di miglioria ambientale e di incremento boschivo con la messa a dimora di piante tartufigene. 4. Per tartufaie coltivate si intendono quelle impiantate ex novo in territori a vocazione tartufigena. 5. La concessione della tartufaia controllata ha una durata di cinque anni. 6. La concessione della tartufaia coltivata ha una durata commisurata al periodo necessario alle specie vegetazionali messe a dimora di accrescersi; non può comunque superare i quindici anni. 7. Per il riconoscimento di tartufaie controllate e coltivate si applicano le disposizioni di cui all’articolo 4 della l.r 15/2002. Il riconoscimento è rilasciato previa verifica dei requisiti di idoneità di cui ai commi 3 e 4 e sulla base dell’impegno dei titolari e dei conduttori a effettuare interventi di miglioramento e incremento quali: a) decespugliamento o diradamento delle piante arboree, da eseguirsi almeno ogni tre anni; b) trasformazione in alto fusto del bosco, secondo un progetto di conversione, privilegiando il rilascio di matricine delle specie simbionti con i tartufi; c) potatura delle piante simbionti; d) messa in opera di graticciate trasversali sulle superfici delle cave, per evitare erosioni superficiali; e) drenaggio e governo delle acque superficiali; f) irrigazioni di soccorso; g) ogni altro intervento ritenuto utile o necessario. 8. Per le tartufaie coltivate la posa a dimora di idonee piante tartufigene deve essere effettuata secondo un corretto rapporto tra superfici coltivate e piante utilizzate. 9. La perdita dei requisiti di idoneità determina la decadenza dal riconoscimento. 10. Nelle tartufaie controllate e in quelle coltivate la raccolta dei tartufi è riservata ai titolari e ai conduttori dei fondi. 11. Il diritto di raccolta si estende a tutti i tartufi di qualunque specie purché le zone riservate siano delimitate con tabelle. 12. Le tabelle devono essere poste ad almeno 2,50 metri di altezza dal suolo, lungo il confine del terreno, a una distanza tale da essere visibili da ogni punto di accesso e in modo che da ogni cartello siano visibili il precedente e il successivo, con la scritta in stampatello ben visibile da terra «Raccolta di tartufi riservata». 13. Nelle zone riservate sono ammesse recinzioni conformi alle prescrizioni impartite con provvedimento del dirigente competente. 14. I titolari e i conduttori dei fondi di cui al presente articolo non sono soggetti agli obblighi di cui all’articolo 120 per la raccolta dei tartufi nei fondi stessi. 15. Sono fatti salvi gli usi civici vigenti secondo quanto disposto dall’articolo 4 della legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Conversione in legge del R.D. 22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno, del R.D. 28 agosto 1924, n. 1484, che modifica l’art. 26 del R.D. 22 maggio 1924, n. 751, e del R.D. 16 maggio 1926, n. 895, che proroga i termini assegnati dall’art. 2 del R.D.L. 22 maggio 1924, n. 751) e dall’articolo 9 del regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332 (Approvazione del regolamento per la esecuzione della legge 16 giugno 1927, n. 1766 sul riordinamento degli usi civici del Regno).
ARTICOLO 125 (Commercializzazione dei tartufi)
1. Per quanto riguarda la lavorazione, la conservazione e la vendita dei tartufi si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 7 a 14 della legge 752/1985.
ARTICOLO 126 (Interventi di recupero e miglioramento ambientale)
1. Le province, gli enti gestori dei parchi regionali e le comunità montane, sulla base delle indicazioni delle carte delle vocazioni e potenzialità tartufigene, predispongono programmi di recupero e miglioramento ambientale e forestale, compresa la messa a dimora delle piante tartufigene nei territori a vocazione tartufigena, tenuto conto anche delle iniziative di cui all’articolo 124. Per la predisposizione dei programmi gli enti si avvalgono, sulla base di rapporti convenzionali, della collaborazione tecnica dell’ ERSAF per gli aspetti di competenza. 2. Annualmente la Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, approva, sulla base dei programmi di cui al comma 1 e con l’osservanza delle procedure di cui all’articolo 130, un piano di riparto dei contributi.
ARTICOLO 127 (Vigilanza)
1. La vigilanza sull’osservanza degli obblighi e dei divieti di cui al presente capo e alla relativa normativa d’attuazione è affidata: a) agli enti gestori dei parchi, delle riserve naturali e dei monumenti naturali per i territori di rispettiva competenza; b) alle province per il restante territorio della Regione. 2. I soggetti di cui al comma 1 si avvalgono di proprio personale dipendente a ciò preposto, del servizio volontario di vigilanza ecologica, nonché, previe le necessarie intese, degli agenti del corpo forestale dello Stato, delle guardie ittico-venatorie provinciali, degli organi di polizia urbana e rurale e del personale di vigilanza delle comunità montane. 3. Ai soggetti di cui al comma 2 compete l’accertamento delle violazioni di cui all’articolo 129. 4. Collaborano alla vigilanza sull’osservanza della presente normativa, senza potere di accertamento, le guardie giurate volontarie designate da consorzi, enti e associazioni che abbiano per fine istituzionale la protezione della natura e la salvaguardia dell’ambiente.
ARTICOLO 128 (Competenza per l’irrogazione delle sanzioni)
1. La competenza all’irrogazione delle sanzioni di cui all’articolo 129 spetta agli enti a cui è affidata la vigilanza. 2. I proventi delle sanzioni pecuniarie sono acquisiti al bilancio degli enti competenti per l’irrogazione delle medesime. 3. Il sequestro e la confisca dei beni e dei mezzi oggetto delle violazioni sono disciplinati dall’articolo 8 della l.r. 90/1983.
ARTICOLO 129 (Sanzioni)
1. Per le violazioni alle disposizioni di cui all’articolo 114, comma 2, e all’articolo 116 si applica la sanzione amministrativa da euro 103,29 a euro 1.032,91, raddoppiabile per la raccolta nelle aree di cui all’articolo 123. 2. Per le violazioni alle disposizioni di cui all’articolo 120, comma 1, si applica la sanzione amministrativa da euro 103, 29 a euro 516,46. 3. Se il raccoglitore non è in grado di esibire il tesserino o i documenti autorizzativi di cui è in possesso si applica la sanzione amministrativa da euro 5,16 a euro 51,65 con l’obbligo di esibirli entro una settimana all’ente competente alla vigilanza. 4. In caso di gravi e reiterate violazioni alle disposizioni inerenti alla raccolta di tartufi, gli enti competenti al rilascio del tesserino provvedono alla sospensione o al ritiro del tesserino stesso; a tal fine gli enti competenti all’irrogazione della sanzione provvedono a comunicare i provvedimenti sanzionatori adottati agli enti che hanno rilasciato i tesserini ai contravventori. 5. Per l’inosservanza delle disposizioni sulla vendita al mercato pubblico dei tartufi freschi e conservati si applica la sanzione amministrativa da euro 258,23 a euro 2.582,28, salvo che il fatto costituisca reato a norma degli articoli 515 e 516 del codice penale.
ARTICOLO 130 (Procedure di spesa)
1. Le domande di contributo di cui all’articolo 126 devono pervenire alla struttura regionale competente in materia di agricoltura entro il 31 marzo di ogni anno, corredate di un programma dettagliato dell’attività e di un preventivo analitico delle spese previste. 2. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, delibera entro il 30 giugno di ogni anno un piano per la concessione dei contributi.
TITOLO IX Disposizioni sull’incremento e la tutela del patrimonio ittico e sull’esercizio della pesca nelle acque della Regione Capo I Disposizioni generali e organizzative
ARTICOLO 131 (Principi e finalità)
1. La Regione, al fine di tutelare la fauna ittica e in particolare quella autoctona, persegue la salvaguardia delle acque interne dalle alterazioni ambientali e disciplina l’attività piscatoria nel rispetto dell’equilibrio biologico e ai fini dell’incremento naturale della fauna stessa, in conformità alla normativa vigente in materia di tutela delle acque e alla programmazione e pianificazione regionale in ambito territoriale e ambientale. 2. La Regione promuove e favorisce la ricerca, la sperimentazione, nonché l’acquacoltura finalizzate alla gestione della pesca e al ripopolamento delle acque. 3. Per la finalità di cui al comma 1 la Regione promuove, con la collaborazione delle province, dei parchi regionali, delle scuole, delle associazioni culturali, naturalistiche e piscatorie, la conoscenza della fauna ittica e dell’ambiente anche mediante attività di divulgazione, corsi di formazione e di aggiornamento, manifestazioni culturali, sociali e di solidarietà. 4. L’attività piscatoria nelle acque pubbliche della Regione è disciplinata dal presente titolo, salvo quanto disposto in materia dalla legge 22 novembre 1988, n. 530 (Ratifica ed esecuzione della convenzione tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera per la pesca nelle acque italo-svizzere firmata a Roma il 19 marzo 1986).
ARTICOLO 132 (Funzioni amministrative)
1. Alla Regione competono le funzioni e i compiti concernenti i rapporti con l’Unione europea e con lo Stato nonché la formulazione degli indirizzi programmatici in campo ittico e il coordinamento delle funzioni conferite. 2. Le province esercitano le funzioni amministrative previste dal presente titolo, comprese quelle concernenti la pesca nelle acque di bonifica e nei corpi idrici all’interno delle aree regionali protette, ad esclusione delle funzioni espressamente riservate alla Regione e di quelle che richiedono accordi con altre regioni. 3. Le funzioni amministrative relative ad acque di interesse interprovinciale sono esercitate da tutte le province interessate, sentita la Regione . 4. Le province possono adottare regolamenti relativi alla gestione di corpi idrici classificati ai fini della pesca per il raggiungimento delle finalità del piano ittico provinciale. 5. In caso di accertate inadempienze della province nell’esercizio delle funzioni di cui al presente titolo la Giunta regionale assegna un congruo termine per provvedere. Decorso inutilmente il termine assegnato, la Giunta regionale, sentito l’ente inadempiente, provvede direttamente o mediante un commissario ad acta.
ARTICOLO 133 (Diritti esclusivi di pesca)
1. Le province esercitano le funzioni amministrative concernenti i diritti esclusivi di pesca e ne effettuano la ricognizione. 2. Il diritto esclusivo di pesca è esercitato dal proprietario o dal concessionario in base a quanto disposto dal presente titolo nell’interesse della comunità. 3. Il programma delle opere ittiogeniche, da effettuarsi nel corso dell’anno successivo, è comunicato dai soggetti di cui al comma 2 alla provincia competente per territorio entro il 31 agosto e si intende approvato in caso di mancato diniego entro il 31 ottobre successivo. 4. In caso di mancata presentazione del programma delle opere ittiogeniche, la provincia elabora un programma sostitutivo congruente con i programmi presentati negli ultimi tre anni e ne affida l’esecuzione al concessionario o proprietario del diritto esclusivo al quale competono gli oneri economici della redazione del programma sostitutivo. 5. La provincia, sentita la consulta provinciale della pesca prevista dall’articolo 135, comma 10, espropria, ai sensi delle vigenti leggi e salvo indennizzo, i diritti esclusivi di pesca comunque denominati e costituiti, anche in caso di mancata esecuzione dei programmi approvati ai sensi dei commi 3 e 4. 6. L’indennità di esproprio è determinata dalla provincia nel rispetto delle disposizioni vigenti, in proporzione alle tasse pagate dall’espropriando nell’ultimo decennio per l’esercizio del diritto. 7. La provincia può stipulare convenzioni con i titolari dei diritti esclusivi di pesca al fine di liberalizzarne l’esercizio. 8. Per l’attuazione dei piani di cui all’articolo 138 le province utilizzano il personale delle precedenti gestioni che ne faccia domanda entro novanta giorni dall’avvenuto esproprio e risulti in servizio, da almeno un anno, alla data di avvio dello stesso procedimento di esproprio.
ARTICOLO 134 (Concessioni a scopo di piscicoltura o acquacoltura, e gestioni particolari della pesca)
1. La provincia, per favorire la pescosità delle acque o la produzione ittica, può rilasciare a soggetti pubblici o privati, singoli o associati, concessioni a scopo di piscicoltura o acquacoltura. 2. Nel rispetto della carta ittica provinciale, la provincia, per attuare particolari gestioni della pesca previste dal piano ittico provinciale, può affidare la gestione di tratti di corpi idrici classificati ai fini della pesca a comuni, comunità montane o associazioni qualificate di pescatori dilettanti e professionisti, preferibilmente consorziate, che ne facciano richiesta. 3. La concessione è rilasciata per una durata non superiore a dieci anni ed è rinnovabile. 4. Al concessionario o a persone da lui autorizzate è consentito prelevare fauna ittica a scopo di vendita o di ripopolamento di altre acque dello stesso bacino imbrifero. 5. Nel rilascio delle concessioni è data priorità ai pescatori di professione associati per le acque classificate di tipo A, ai sensi dell’articolo 137; per le acque diversamente classificate è data priorità alle associazioni di pescatori dilettanti che siano in possesso della qualifica di cui all’articolo 136. 6. Le province, i comuni e le comunità montane, per esercitare la gestione della pesca, possono avvalersi delle associazioni di pescatori dilettanti in possesso della qualifica di cui all’articolo 136.
ARTICOLO 135 (Consulta regionale e consulte provinciali della pesca)
1. È istituita la consulta regionale della pesca che ha il compito di formulare proposte e di esprimere pareri: a) sulla legislazione regionale in materia di pesca; b) sulla proposta di indirizzi di pianificazione regionale che abbiano attinenza con la gestione della fauna ittica; c) sui programmi di aggiornamento del personale tecnico e di informazione finalizzati alla conoscenza delle specie ittiche presenti e alle conseguenti attività gestionali; d) su ogni altro argomento sottoposto dagli organi regionali. 2. La consulta regionale della pesca esprime pareri in tempi determinati dal regolamento interno e comunque non inferiori a trenta giorni. 3. La consulta regionale della pesca ha sede presso la Giunta regionale ed è composta: a) dall’assessore regionale competente o da un suo delegato che la presiede; b) da quattro assessori provinciali designati dall’unione province lombarde (UPL); c) dal dirigente regionale competente; d) da un funzionario della direzione generale regionale competente con funzioni di segretario; e) da sei rappresentanti dei pescatori dilettanti, di cui tre designati dall’associazione maggiormente rappresentativa a livello regionale e tre dalle altre associazioni più rappresentative a livello regionale; f) da quattro rappresentanti dei pescatori di professione, uno per ogni lago, designati dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello regionale; g) da un rappresentante designato dalle associazioni ambientaliste maggiormente rappresentative a livello regionale; h) da un rappresentante degli acquacoltori designato dall’associazione di categoria maggiormente rappresentativa a livello regionale; i) da un esperto in materia ittica con funzioni di consulente scientifico. 4. Ai lavori della consulta regionale della pesca possono partecipare, senza diritto di voto, un rappresentante per ogni associazione di pesca dilettantistica in possesso della qualifica di cui all’articolo 136 e un rappresentante dell’unione regionale delle bonifiche. 5. I componenti della consulta regionale sono nominati con decreto del Presidente della Giunta o dell’assessore competente per materia se delegato. La consulta rimane in carica per la durata della legislatura in cui viene costituita. Per la partecipazione alle sedute della consulta spettano i compensi previsti dalle disposizioni regionali. 6. Le associazioni a carattere regionale di cui al comma 3, lettera e), devono essere in possesso della qualifica di cui all’articolo 136. 7. Non può far parte della consulta regionale e ne decade colui nei cui confronti siano state accertate violazioni alle disposizioni in materia di pesca. 8. Le designazioni di cui al comma 3, lettere e), f), g) e h) devono pervenire alla direzione generale regionale competente entro trenta giorni dalla richiesta, trascorsi i quali il Presidente della Giunta regionale o l’assessore competente per materia se delegato provvede comunque alle nomine, tenuto conto delle designazioni pervenute. 9. Il Presidente della consulta regionale può far partecipare ai lavori, senza diritto di voto, rappresentanti dei comuni, delle comunità montane territorialmente competenti e delle direzioni generali della Giunta regionale direttamente coinvolte, nonché di associazioni e istituzioni a carattere nazionale o regionale interessate ai problemi della gestione della fauna ittica e della pesca. 10. Le province provvedono alla costituzione di consulte provinciali della pesca. Nella composizione di tali organismi tecnico-consultivi è assicurata la rappresentanza delle associazioni di pesca dilettantistica, di pesca professionale, dei piscicoltori, dell’associazionismo ambientalista e di un esperto in materia ittica con funzioni di consulente scientifico.
ARTICOLO 136 (Associazioni piscatorie dilettantistiche qualificate)
1. Sono qualificate dalla Regione, su loro richiesta, le associazioni di pescatori dilettanti operanti sul territorio regionale che: a) siano costitute mediante atto pubblico o scrittura privata registrata; b) abbiano un minimo di quattromila soci residenti in Lombardia o duemila soci residenti in almeno sei province lombarde con almeno duecento soci per provincia che, in entrambi i casi, siano in possesso della licenza e abbiano versato il tributo regionale annuale; c) garantiscano un’adeguata pubblicità al bilancio; d) perseguano i seguenti scopi: 1) organizzare i pescatori e tutelare i loro interessi; 2) promuovere e diffondere tra i pescatori, con adeguate iniziative, la coscienza ecologica in relazione alla difesa della fauna ittica e dell’integrità dell’ambiente naturale; 3) collaborare con la Regione e le province ai fini di una reale partecipazione dei pescatori alla realizzazione degli obiettivi di cui all’articolo 138; 4) promuovere iniziative di pesca dilettantistica e disporre di volontari che collaborino alle funzioni di vigilanza ittica; 5) collaborare con le province alle attività di gestione delle acque; 6) collaborare con i parchi regionali alle attività di divulgazione, formazione e aggiornamento. 2. La qualificazione è attribuita con decreto del dirigente competente e revocata se vengono meno i requisiti di cui al comma 1.
Capo II Programmazione e gestione dell’ittiofauna
ARTICOLO 137 (Classificazione delle acque. Acque pubbliche in disponibilità privata)
1. Ai fini della pesca le acque del territorio regionale sono classificate in acque di tipo A, B, C e acque pubbliche in disponibilità privata. 2. Le acque dei grandi corpi idrici con caratteristiche biologico-ittiogeniche che presentano una popolazione ittica durevole e abbondante o che rappresentano prevalentemente una risorsa economica per la pesca sono classificate di tipo A. 3. Le acque che, per le loro caratteristiche fisico-chimiche, sono principalmente e naturalmente popolate da specie ittiche salmonicole sono classificate di tipo B. 4. Le acque che presentano un popolamento ittico prevalente di specie ciprinicole o comunque diverse dai salmonidi sono classificate di tipo C. 5. Laghetti, cave e specchi d’acqua situati all’interno di aree di proprietà privata sono denominati acque pubbliche in disponibilità privata. 6. Nelle acque di tipo A, B, C e nelle acque denominate acque pubbliche in disponibilità privata è consentita la pesca dilettantistica. 7. Le province provvedono, secondo quanto previsto dal presente articolo, alla classificazione delle acque di tipo A, B e C interamente situate nel proprio territorio. 8. Le province interessate provvedono, attraverso specifici accordi, alla classificazione delle acque interprovinciali di tipo A, B e C; in mancanza di accordi, la Regione provvede con proprio atto, anche sulla base degli elementi e delle indicazioni fornite dalle medesime province. 9. La classificazione delle acque di cui ai commi 7 e 8 è trasmessa, entro trenta giorni dall’approvazione, dalle province alla Regione. 10. Con regolamento regionale sono classificate le acque e disciplinate le modalità e i tempi di pesca nei bacini idrografici che ricadono in parte nel territorio di altre regioni, d’intesa con le regioni confinanti e sentite le province interessate.
ARTICOLO 138 (Carta regionale delle vocazioni ittiche e documento tecnico regionale per la gestione ittica. Piani ittici provinciali e carta provinciale delle vocazioni ittiche)
1. La Giunta regionale, sentita la consulta regionale della pesca di cui all’articolo 135, adotta il documento tecnico regionale per la gestione ittica e la carta regionale delle vocazioni ittiche contenenti le indicazioni operative e le principali prescrizioni per la tutela e l’incremento dell’ittiofauna. 2. La carta regionale delle vocazioni ittiche contiene: a) l’individuazione dei principali corpi idrici; b) le zone di tutela e ripopolamento per le specie ittiche autoctone di maggior importanza faunistica e alieutica; c) le vocazioni ittiogeniche delle acque in base alle loro caratteristiche chimico-fisiche e biologiche, attuali e potenziali. 3. Le previsioni del documento tecnico regionale per la gestione ittica comprendono: a) le finalità principali relative alla gestione e al governo della pesca; b) l’indicazione della tipologia degli interventi da effettuarsi per il recupero delle acque ai fini della tutela e dell’incremento dell’ittiofauna; c) l’elenco delle specie ittiche presenti nei corpi idrici della Regione, distinte in autoctone e alloctone, con l’indicazione per queste ultime di quelle ritenute dannose per l’equilibrio delle comunità indigene; d) i tempi di attuazione delle prescrizioni e degli interventi; e) l’indicazione dei finanziamenti necessari per la gestione dei piani ed i criteri di ripartizione dei fondi tra le province. 4. Il documento tecnico regionale per la gestione ittica è verificato e aggiornato almeno ogni cinque anni tenendo conto degli aggiornamenti dei piani ittici provinciali di cui al comma 6 e delle indicazioni del piano di tutela delle acque previsto dalla vigente normativa in materia. 5. Le province predispongono, sentita la consulta provinciale della pesca e in base ai contenuti del documento tecnico regionale per la gestione ittica entro novanta giorni dall’adozione del documento tecnico regionale di cui al comma 1, un piano e una carta provinciale delle vocazioni ittiche. 6. Il piano ittico provinciale contiene necessariamente: a) l’indicazione, a fini ricognitivi, delle acque interessate da diritti esclusivi di pesca, da diritti demaniali esclusivi di pesca, da usi civici, o da altri vincoli di riserva di pesca di qualsiasi natura; b) le eventuali espropriazioni e le convenzioni inerenti a diritti esclusivi di pesca; c) l’utilizzazione dei diritti demaniali esclusivi di pesca; d) le concessioni in atto di piscicoltura e acquacoltura; e) l’individuazione delle zone, costituite o da costituire, destinate alla protezione, al ripopolamento e alla tutela ittica, nonché la durata della destinazione; f) l’individuazione dei tratti di acque, classificate ai fini della pesca, nei quali si possono svolgere gare e manifestazioni di pesca; g) le particolari regolamentazioni di tratti di corpi d’acqua che permettono il raggiungimento di finalità di miglioramento, incremento o difesa della fauna ittica nonché di un coordinato svolgimento della pesca professionale e del controllo del prelievo; h) le indicazioni relative ai ripopolamenti di fauna ittica che nelle acque di competenza devono essere effettuati periodicamente con specie autoctone; i) l’individuazione dei tratti di acque ove inibire o limitare la navigazione a motore; k) l’individuazione dei tratti lacuali nei quali può essere consentita la pesca subacquea; l) l’individuazione dei tratti di acque ove si svolge in via esclusiva la pesca a mosca, con coda di topo e con la tecnica "prendi e rilascia"; m) l’organizzazione della vigilanza a tempo pieno per la pesca; n) la previsione su base triennale dei mezzi finanziari necessari per la gestione del piano provinciale. 7. Per quanto attiene ai ripopolamenti di fauna ittica di cui al comma 6, lettera h), la provincia in casi specifici e in particolari ambienti, secondo quanto previsto dalla propria carta ittica, sentita la consulta provinciale della pesca, può effettuare ripopolamenti con le specie alloctone ammissibili di cui al comma 3, lettera c). 8. La carta provinciale delle vocazioni ittiche comprende: a) l’individuazione in scala 1:50.000 dei corpi idrici nell’ambito provinciale, con l’indicazione della lunghezza, larghezza e portata d’acqua; b) le vocazioni ittiogeniche delle acque in base alle loro caratteristiche chimico-fisiche e biologiche attuali e potenziali con l’indicazione, per le acque di tipo A e B, della consistenza della fauna ittica.
ARTICOLO 139 (Interventi di salvaguardia e valorizzazione dell’ittiofauna. Esercizio della pesca all’interno delle aree regionali protette)
1. La salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio ittico autoctono e di rilevanza faunistica per l’attività alieutica professionale sono attuate anche tramite la previsione di specifiche zone di ripopolamento naturale, di protezione e di tutela ittica. 2. Le zone di protezione e ripopolamento ittico naturale di cui all’articolo 138, comma 6, lettera e), sono costituite da tratti di acque nelle quali la pesca è vietata per tutta la durata della loro specifica destinazione e possono essere dotate di opere particolari per la produzione naturale di fauna ittica. In queste zone sono ammesse catture esclusivamente ad opera della provincia al fine di ripopolare altre acque di propria competenza e di contenere eventuali specie interferenti con quelle di preminente interesse gestionale. 3. Le zone di tutela ittica previste dall’articolo 138, comma 6, lettera e) sono costituite da tratti di acque opportunamente individuate al fine di salvaguardare e incrementare, anche tramite la realizzazione di opere destinate alla valorizzazione e al miglioramento degli ambienti acquatici, le specie di rilevanza ittiofaunistica per periodi limitati. In tali zone le province possono autorizzare la pesca unicamente da terra con una sola canna con o senza mulinello e con un massimo di tre ami. 4. Le province, in casi di necessità e urgenza, possono istituire provvisoriamente zone di sola protezione e tutela ittica anche al di fuori delle previsioni dei piani ittici provinciali di cui all’articolo 138, comma 6. 5. Al fine di evitare danni all’ittiofauna e all’ambiente in cui vive, la pesca può essere vietata o limitata per periodi e località determinati con decreto del direttore generale regionale competente. In casi di eccezionale gravità e urgenza i predetti limiti e divieti di pesca nelle acque di competenza provinciale sono disposti dalla provincia medesima con provvedimento da comunicarsi immediatamente alla Regione. 6. La provincia, al fine di proteggere una determinata specie ittica o di tutelare una zona di pesca, può consentire l’esercizio della pesca dilettantistica esclusivamente con esche artificiali munite di singolo amo privo di ardiglione o con lo stesso schiacciato. 7. La provincia, al fine di tutelare specie ittiche autoctone, interviene con azioni mirate atte a contenere le specie animali predatrici dell’ittiofauna nel caso queste provochino danni all’equilibrio biologico del popolamento ittico. 8. La pesca all’interno delle aree regionali protette è disciplinata nel rispetto delle disposizioni del presente titolo. La provincia, competente per territorio, esercita le funzioni amministrative necessarie all’attuazione delle suddette disposizioni, disponendo anche divieti o limitazioni particolari all’esercizio della pesca, allo scopo di conservare l’ambiente delle aree regionali protette o di loro zone particolari o di riequilibrare le comunità ittiche delle acque ricomprese nelle stesse aree regionali protette, in coerenza con le finalità di protezione, conservazione e valorizzazione del patrimonio ittico autoctono e di riqualificazione degli ambienti acquatici espresse dagli atti programmatori propri degli enti gestori delle aree protette.
ARTICOLO 140 (Ripopolamenti ittici)
1. I ripopolamenti ittici hanno lo scopo di migliorare, ricostruire e potenziare il patrimonio ittico nelle acque della Regione. 2. La provincia entro il 31 dicembre di ogni anno approva il programma per i ripopolamenti ittici da attuarsi nei dodici mesi successivi. 3. La provincia dispone, in deroga ai tempi di divieto previsti dal regolamento di cui all’articolo 149, la cattura di esemplari delle specie ittiche presenti nelle acque di propria competenza, necessari per la riproduzione artificiale a scopo di ripopolamento. 4. La provincia, previa comunicazione alla Regione, può autorizzare la cattura di talune specie e la loro immissione in altre acque allo scopo di riequilibrare la presenza di specie ittiche in determinati corpi idrici. 5. È vietato immettere nelle acque fauna ittica senza l’autorizzazione della provincia competente per territorio. 6. Le modalità d’uso della pesca con elettrostorditore e di altri attrezzi necessari per la cattura della fauna ittica sono determinate: a) dalla provincia per le attività di cui ai commi 3 e 4, nonché per le attività di censimento qualitativo e quantitativo finalizzato alla predisposizione e all’aggiornamento della carta ittica provinciale e per eventuali recuperi dell’ittiofauna durante le asciutte; b) dalla Regione per gli interventi a scopo di ricerca scientifica e di sperimentazione e per tutti gli altri usi non previsti alla lettera a).
ARTICOLO 141 (Derivazioni di acque in concessione e interventi sui corpi idrici)
1. Le amministrazioni che rilasciano le concessioni di derivazioni d’acqua provvedono a inserire nei disciplinari disposizioni per la tutela della fauna ittica e a prevedere il rilascio continuo di una quantità d’acqua sufficiente a garantire, anche nei periodi di magra, la sopravvivenza e la risalita dell’ittiofauna, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa in materia. 2. Con regolamento regionale sono stabilite le disposizioni per la tutela della fauna ittica di cui al comma 1, in particolare relativamente: a) agli oneri a carico del concessionario per l’immissione annuale di specie ittiche; b) alle modalità di realizzazione di strutture idonee a consentire la risalita dei pesci e alle cautele da adottarsi nei punti di presa; c) alle modalità di scarico delle acque di lavaggio degli impianti di estrazione e frantumazione; d) ai criteri per la definizione dei deflussi idrici ecologicamente compatibili con la tutela della fauna ittica. 3. L’amministrazione concedente trasmette agli uffici provinciali competenti in materia di pesca copia delle concessioni e dei disciplinari. Gli uffici provinciali, in caso di inosservanza da parte del concessionario delle prescrizioni a tutela della fauna ittica, richiedono all’amministrazione concedente di applicare, previa diffida, le sanzioni previste dalle leggi e, in caso di reiterate violazioni, di provvedere alla revoca della concessione. 4. Quanto previsto ai commi 1, 2 e 3 si applica anche in caso di rinnovo della concessione ovvero di interventi di manutenzione straordinaria che comportino significativi lavori sull’opera di sbarramento. 5. Chi intende svuotare o interrompere corsi d’acqua o bacini che non siano soggetti ad asciutte per cause naturali, compresi quelli privati in comunicazione con acque pubbliche, è obbligato, salvo quanto previsto dal comma 8, a darne comunicazione alla provincia competente per territorio almeno trenta giorni prima dell’inizio dei lavori. 6. La provincia, entro la data di inizio dei lavori, impartisce all’interessato le prescrizioni a salvaguardia del patrimonio ittico e dispone gli adempimenti da eseguire a spese dello stesso per il successivo ripopolamento ittico del corpo posto in asciutta. 7. Nei tratti dei corsi d’acqua e dei bacini posti in asciutta completa la pesca è proibita; la fauna ittica eventualmente rimasta deve essere recuperata e immessa in acque pubbliche a spese di chi effettua il prosciugamento e sotto il controllo del personale incaricato dalla provincia interessata. 8. Nei casi d’urgenza determinati da calamità naturali o da guasti alle opere che possano provocare gravi danni, il titolare della concessione costretto a interrompere i corsi d’acqua o bacini deve darne immediatamente comunicazione alla provincia competente per territorio. 9. Le norme del presente articolo non si applicano ai canali, ai bacini artificiali creati a scopo irriguo su corsi d’acqua naturali e ai canali di derivazione idrica per gli impianti di acquacoltura.
Capo III Contributi regionali e licenze
ARTICOLO 142 (Aiuti alla pesca professionale)
1. La Regione può attivare, nel rispetto della normativa comunitaria in materia, aiuti ai pescatori professionisti, singoli e associati, per le seguenti tipologie di intervento: a) ammodernamento dei mezzi adibiti alla pesca professionale; b) miglioramento dell’efficienza delle strutture produttive adibite alla pesca nelle acque interne; c) acquisto di celle frigorifere per l’immagazzinaggio e vendita diretta di prodotti ittici; d) sistemazione e miglioramento degli impianti di cattura e di stabulazione in stagni e in altri bacini idonei, anche mediante impianto di peschiere e di vivai fissi o mobili, nonché di vasche attrezzate con apparecchi di ossigenazione per la conservazione e la distribuzione del pesce vivo; e) acquisto di automezzi per il trasporto del pescato muniti di refrigeratori con vasche munite di apparecchi di ossigenazione per la conservazione del pesce vivo; f) realizzazione di nuovi impianti e ampliamenti o miglioramenti di impianti esistenti per la produzione di materiale ittico per il ripopolamento delle acque. 2. I criteri e le procedure di concessione degli aiuti sono definiti annualmente con deliberazione della Giunta regionale.
ARTICOLO 143 (Contributi alle associazioni di pescatori dilettanti)
1. Le province, previa presentazione di appositi programmi di intervento, possono concedere contributi alle associazioni dei pescatori dilettanti qualificate. 2. I contributi sono assegnati con priorità ai programmi che prevedono: a) interventi di riqualificazione degli ambienti acquatici; b) strutture per la produzione di ittiofauna da ripopolamento; c) ripopolamenti conformi ai programmi di gestione delle specie ittiche tutelate; d) spese correnti per l’esercizio della vigilanza sulle acque di interesse ittico.
ARTICOLO 144 (Licenze)
1. L’esercizio della pesca nelle acque della Regione, ad eccezione di quelle denominate acque pubbliche in disponibilità privata, è subordinato al possesso di apposita licenza. 2. Non è dovuta la tassa di concessione regionale, di cui al numero d’ordine 18, tipo B e C, della tariffa approvata con decreto legislativo 22 giugno 1991, n. 230 (Approvazione della tariffa delle tasse sulle concessioni regionali ai sensi dell’art. 3 della L. 16 maggio 1970, n. 281, come sostituito dall’art. 4 della L. 14 giugno 1990, n. 158), per la licenza per l’esercizio della pesca dilettantistica rilasciata a cittadini residenti nel territorio italiano di età inferiore ai 18 anni o superiore ai 65 anni e ai portatori di handicap fisico, di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) che esercitino la pesca con l’uso della sola canna, con o senza mulinello, armata con uno o più ami. 3. Ai fini della classificazione del tipo di licenza si tiene conto del regolamento previsto dall’articolo 149, comma 2.
Capo IV Pesca-turismo
ARTICOLO 145 (Attività di pesca-turismo)
1. Per pesca-turismo si intende l’attività dell’imprenditore ittico che imbarca su un’unità di navigazione adibita a pesca professionale persone diverse dall’equipaggio per scopi turistico-ricreativi, compresa la pesca dilettantistica. L’attività di pesca-turismo esclude il servizio di trasporto pubblico. Per la definizione di imprenditore ittico si rinvia all’articolo 2 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 226 (Orientamento e modernizzazione del settore della pesca e dell’acquacoltura, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57). 2. La licenza di pesca professionale dell’imprenditore ittico assolve l’obbligo di possesso di licenza da parte delle persone imbarcate. 3. L’imprenditore ittico è tenuto a rispettare tutte le norme in materia di trasporto passeggeri e relativa sicurezza e a stipulare apposita polizza assicurativa di responsabilità civile a copertura dei rischi derivanti dall’attività di pesca-turismo.
Capo V Divieti e sanzioni
ARTICOLO 146 (Divieti)
1. È vietato: a) usare la dinamite o altro materiale esplosivo, nonché la corrente elettrica per uccidere o stordire la fauna ittica; b) gettare o infondere nelle acque sostanze atte ad intorpidire, stordire o uccidere la fauna ittica; c) collocare reti o apparecchi fissi o mobili di pesca attraverso fiumi o torrenti o canali e altri corpi idrici, occupando più di un terzo della larghezza del bacino; d) usare il guadino, salvo che come mezzo ausiliario per il recupero del pesce già allamato; e) pescare a strappo in modo da catturare il pesce in parti diverse dall’apparato boccale; f) pescare con le mani; g) pescare prosciugando i corsi o i bacini d’acqua, deviandoli o ingombrandoli con opere stabili, ammassi di pietra, terrapieni, arginelli, chiuse e impianti simili o smuovendo il fondo delle acque o impiegando altri sistemi non previsti dal presente titolo; h) pescare durante l’asciutta completa, salvo il recupero del materiale ittico per la reimmissione in altre acque pubbliche sotto il controllo della provincia; i) pasturare con l’uso del sangue solido e liquido o con l’uso di sostanze chimiche; l) usare il sangue solido come esca; m) utilizzare la larva di mosca carnaria, sia come pastura che come esca, nonché pasturare in qualsiasi forma nelle acque di tipo B; per la pesca nelle altre acque è vietato detenere, per la pastura e come esca, un quantitativo superiore a cinquecento grammi di larva di mosca carnaria; n) usare fonti luminose durante l’esercizio della pesca, con eccezione della lampara quale sussidio alla pesca con una fiocina, laddove consentita; o) pescare attraverso aperture praticate nel ghiaccio; p) collocare nelle acque reti o altri attrezzi di pesca, ad esclusione della lenza con o senza mulinello, a una distanza inferiore a quaranta metri dalle strutture per la risalita dell’ittiofauna, dalle opere idrauliche trasversali, dalle centrali idroelettriche e dai loro sbocchi nei canali, dalle cascate e dai ponti; q) abbandonare esche, pesce o rifiuti a terra, lungo i corsi e gli specchi d’acqua e nelle loro adiacenze; r) usare attrezzature radenti il fondo nelle acque di tipo B e C durante il periodo di divieto di pesca alle trote e al temolo; s) manovrare paratie a scopo di pesca; t) detenere esche e pasture sul luogo di pesca, ove ne sia vietato l’uso; u) esercitare la pesca subacquea con l’ausilio di fonti luminose. 2. Altri divieti particolari possono essere disposti dalle province, anche per periodi limitati, sentita la direzione generale regionale competente.
ARTICOLO 147 (Sanzioni amministrative e altre disposizioni in merito)
1. Per la violazione delle disposizioni del presente titolo si applicano le seguenti sanzioni: a) sanzione amministrativa da euro 20,00 a euro 61,00 per chi esercita la pesca con licenza non in corso di validità o senza essere munito del tesserino segna pesci, ove previsto dal regolamento di cui all’articolo 149, comma 2; b) sanzione amministrativa da euro 103,00 a euro 619,00 per chi esercita la pesca usando attrezzi e mezzi non consentiti; c) sanzione amministrativa da euro 1.032,00 a euro 6.197,00 per chi non ottempera alle disposizioni di cui all’articolo 141; la medesima sanzione si applica a chi non rispetta le disposizioni previste dal regolamento di cui all’articolo 149, comma 2, per la tutela degli storioni autoctoni; d) sanzione amministrativa da euro 1.549,00 a euro 7.746,00 per chi viola i divieti di cui all’articolo 146, comma 1, lettere a) e b); qualora a seguito dell’attività vietata prevista dalla disposizione di cui alla predetta lettera b) si verifichi moria di pesce o di altra fauna acquatica si applica la sanzione da euro 2.582,00 a euro 9.296,00; in caso di recidiva si procede alla revoca della licenza di pesca; e) sanzione amministrativa da euro 51,00 a euro 154,00 per chi viola i divieti di cui all’articolo 146, comma 1, lettere d), e), f), m), o), q) e t) o non ottempera alle disposizioni del regolamento di cui all’articolo 149, comma 2; in caso di recidiva si procede inoltre alla sospensione della licenza fino a tre mesi; ogni ulteriore recidiva comporta la sospensione della licenza stessa fino a dodici mesi; f) sanzione amministrativa da euro 80,00 a euro 300,00 per chi esercita la pesca con attrezzi consentiti per la pesca dilettantistica senza essere munito di licenza di tipo B e sanzione amministrativa da euro 160,00 a euro 600,00 per chi esercita la pesca con attrezzi consentiti per la pesca professionale senza essere munito di licenza di tipo A; g) sanzione amministrativa da euro 154,00 a euro 464,00 per chi viola i divieti di cui all’articolo 139, commi 2, 3, 4, 5, 8 e all’articolo 146, comma 1, lettere c), g), h), i), l), n), p), r), s) e u); in caso di recidiva si procede inoltre alla sospensione della licenza fino a sei mesi; ogni ulteriore recidiva comporta la sospensione della licenza stessa fino a trentasei mesi; h) sanzione amministrativa da euro 154,00 a euro 516,00 per chi esercita la pesca in acque dove la pesca è vietata o viola le limitazioni gravanti su dette acque, nonché per chi, in possesso di licenza per la pesca professionale, esercita la pesca in acque non destinate alla pesca professionale o utilizza la rete a strascico o mezzi non consentiti ai sensi del regolamento di cui all’articolo 149, comma 2; incorre nella stessa sanzione chi utilizza mezzi di navigazione a motore o pratica la pesca subacquea dove non consentito dai piani ittici provinciali; in caso di recidiva si procede alla sospensione della licenza fino a dodici mesi; ogni ulteriore recidiva comporta la sospensione della licenza fino a ventiquattro mesi; i) sanzione amministrativa da euro 516,00 a euro 1.549,00 per chi viola le disposizioni di cui all’articolo 140, commi 5 e 6; l) sanzione amministrativa da euro 51,00 a euro 154,00 per chi viola ogni altra disposizione del presente titolo non diversamente sanzionata, nonché ogni ulteriore prescrizione prevista in attuazione del presente titolo dalle amministrazioni competenti. 2. La sanzione è ridotta a metà nei minimi e nei massimi nel caso di trasgressione commessa da un minore di anni diciotto. 3. La sanzione è raddoppiata, nei minimi e nei massimi, in caso di violazioni commesse da soggetti ai quali sia stata sospesa la licenza. 4. A chi esercita la pesca con licenza di tipo B scaduta da meno di trenta giorni si applica il minimo delle sanzioni previste dal comma 1, lettera a). 5. Il pescatore temporaneamente non in grado di esibire la licenza di pesca non è soggetto ad alcuna sanzione purché provveda all’esibizione della stessa alla provincia competente entro otto giorni dalla data della richiesta di esibizione. 6. All’accertamento delle infrazioni e alla irrogazione delle sanzioni provvede la provincia con le modalità previste dalla normativa regionale vigente. 7. I relativi proventi sono introitati dalle province che li destinano a finalità di ripopolamento e per interventi diretti al miglioramento dell’ambiente acquatico per la tutela e l’incremento della fauna ittica autoctona. 8. Gli attrezzi e i materiali non consentiti utilizzati per commettere infrazioni devono essere immediatamente sequestrati. 9. Gli attrezzi e i materiali illegali di cui al comma 1, lettera b), e quelli di cui all’articolo 146, comma 1, lettere a), b) e c), nonché il fucile subacqueo non autorizzato sono confiscati e messi all’asta o distrutti dalla provincia, tenuto conto della loro destinazione d’uso. 10. La fauna acquatica catturata comunque detenuta in violazione del presente titolo, dei regolamenti regionali e provinciali e dei piani ittici provinciali è immediatamente confiscata; se è ancora viva e vitale e appartiene a specie autoctone si procede alla sua immediata reimmissione nelle acque; in caso contrario è acquisita dalla provincia che provvede alla sua destinazione.
ARTICOLO 148 (Vigilanza)
1. La vigilanza sull’osservanza delle disposizioni del presente titolo e l’accertamento delle relative violazioni spettano agli agenti di polizia provinciale e ai dipendenti della provincia ai quali è riconosciuta la qualifica di agente giurato. La vigilanza compete anche agli ufficiali, sottoufficiali e guardie forestali, agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria e pubblica sicurezza. La vigilanza compete, altresì, solo nelle acque di propria competenza, ai soggetti di cui all’articolo 133. 2. La vigilanza è anche esercitata da cittadini ai quali è riconosciuta la qualifica di agente giurato, disposti a prestare volontariamente e gratuitamente la propria opera, nonché da membri delle associazioni di pescatori, qualificate ai sensi dell’articolo 136, cui è riconosciuta la qualifica di agente giurato. 3. I soggetti di cui al comma 2, al fine dell’attribuzione delle funzioni di vigilanza, frequentano corsi di qualificazione e sostengono un esame di idoneità. 4. La provincia riconosce la nomina di agenti giurati addetti alla sorveglianza sulla pesca nelle acque interne ai sensi dell’articolo 163, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59). 5. La provincia, in caso di violazioni delle norme del presente titolo commesse dagli addetti alla sorveglianza sulla pesca nelle acque interne, dispone la revoca del riconoscimento della nomina di agenti giurati. 6. L’attività di vigilanza è consentita dalla provincia anche mediante l’emanazione di disposizioni organizzative che devono assicurarne l’esercizio continuativamente nell’arco delle ventiquattro ore. 7. Le somme eventualmente spettanti alla Regione e alla provincia a titolo di risarcimento per fatti lesivi del patrimonio ittico, anche ai sensi dell’articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349 (Istituzione del ministero dell’ambiente e norme in materia di danno ambientale), sono introitate dalla provincia e destinate ai ripopolamenti ittici e a interventi di ripristino degli ambienti acquatici.
Capo VI Disposizioni finali
ARTICOLO 149 (Disposizioni finali)
1. Il personale appartenente all’ufficio regionale competente in materia ittica nell’esercizio delle proprie funzioni non è assoggettato ai limiti e ai divieti previsti dal presente titolo. 2. La Regione, sentita la consulta regionale della pesca, approva il regolamento attuativo del presente titolo; tale regolamento disciplina: a) la gestione della pesca nelle acque sottoposte a forme esclusive di pesca comunque denominate e costituite; b) le modalità di pesca professionale consentita nelle acque di tipo A e C; c) le acque pubbliche in disponibilità private; d) la pesca nelle acque di tipo B nonché i periodi di divieto per la pesca dell’ittiofauna autoctona e di maggior pregio alieutico; e) le modalità, i limiti, gli orari e i mezzi di pesca dilettantistica, professionale, subacquea e le gare di pesca nonché la pesca nei laghetti, cave e specchi d’acqua situati all’interno di aree di proprietà privata; f) i tipi di licenze, le procedure e i requisiti per il rilascio delle stesse. 3. Il regolamento di cui al comma 2 determina i criteri tecnici attraverso i quali assicurare le esigenze di tutela dell’ittiofauna e delle acque dalla stessa popolate, articolandoli in funzione delle caratteristiche ecologiche, biologiche, ambientali e del recupero degli habitat dei corsi d’acqua. 4. La fauna ittica appartiene a chi, nel rispetto del presente titolo, la ha catturata; il pescatore che si appresti alla cattura o al recupero della fauna ittica non deve essere disturbato da parte di terzi fino a quando non abbia ultimato o palesemente abbandonato tale operazione.
TITOLO X Disciplina regionale dell'agriturismo
ARTICOLO 150 (Finalità)
1. Il presente titolo, nel rispetto della programmazione regionale e comunitaria, disciplina l’attività dell’agriturismo allo scopo di sostenere l’agricoltura, anche mediante la promozione di forme idonee di turismo nelle campagne e nella fascia pedemontana e montana, volte a: a) favorire lo sviluppo e il riequilibrio del territorio agricolo, rurale e forestale; b) favorire la permanenza dei produttori agricoli nelle zone rurali e nelle zone montane attraverso l’integrazione del reddito agricolo e il miglioramento delle condizioni di vita e l’incremento dell’occupazione; c) favorire il recupero del patrimonio edilizio e ambientale rurale rappresentativo dei valori ambientali e paesaggistici, storici e culturali della Regione; d) sostenere e valorizzare i prodotti tipici e tradizionali, le produzioni agricole di qualità e biologiche e le connesse tradizioni enogastronomiche; e) tutelare, promuovere e valorizzare le tradizioni e la cultura del mondo rurale; f) favorire una migliore conoscenza dell’ambiente, degli usi e delle tradizioni rurali.
ARTICOLO 151 (Definizione di attività agrituristiche)
1. Per attività agrituristiche si intendono le attività di ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, anche nella forma di società di capitali o di persone, oppure associati fra loro, attraverso l’utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali. 2. Possono essere addetti allo svolgimento dell’attività agrituristica l’imprenditore agricolo e i suoi familiari ai sensi dell’articolo 230-bis del codice civile, nonché i lavoratori dipendenti a tempo determinato, indeterminato e parziale, fermi restando il rispetto e l’applicazione delle disposizioni legislative relative a questo tipo di attività, nonché dei contratti nazionali e provinciali in vigore per il settore di appartenenza. Tali addetti sono considerati lavoratori agricoli ai fini della vigente disciplina previdenziale, assicurativa e fiscale, secondo quanto disposto dall’articolo 2, comma 2, della legge 20 febbraio 2006, n. 96 (Disciplina dell’agriturismo). Il ricorso a soggetti esterni è consentito esclusivamente per lo svolgimento di attività e servizi complementari, per quanto applicabili al settore agricolo la legge 14 febbraio 2003, n. 30 (Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro) e la legge regionale 28 settembre 2006, n. 22 (Il mercato del lavoro in Lombardia). 3. Sono attività agrituristiche, nel rispetto delle modalità e dei limiti previsti dal presente titolo: a) dare ospitalità in alloggi o in spazi aperti attrezzati per la sosta dei campeggiatori fino ad un massimo di sessanta ospiti al giorno; b) somministrare pasti e bevande, fino ad un massimo di centosessanta pasti al giorno, costituiti prevalentemente da prodotti propri e da prodotti acquistati da aziende agricole della zona, compresi i prodotti a carattere alcolico e superalcolico, con preferenza per i prodotti tipici regionali e caratterizzati dai marchi DOP, IGP, IGT, DOC e DOCG o compresi nell’elenco regionale dei prodotti agroalimentari tradizionali; c) organizzare degustazioni di prodotti aziendali, inclusa la mescita di vini; d) organizzare, nell’ambito dell’azienda o delle aziende associate o anche all’esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell’impresa, attività ricreative, culturali, educative, seminariali, di pratica sportiva, fattorie didattiche, fattorie sociali, aziende agrituristico-venatorie, attività di ittiturismo, di pesca-turismo, attività escursionistiche e di ippoturismo, anche per mezzo di convenzioni con gli enti locali finalizzate alla valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale. 4. L’attività agrituristica può essere esercitata in forma familiare, utilizzando anche l’abitazione e la cucina dell’imprenditore quando la somministrazione dei pasti non supera i quaranta pasti al giorno e la ricezione non supera i dieci ospiti al giorno. 5. Sono assimilate alle attività agrituristiche e ad esse sono applicabili le norme del presente titolo quelle svolte dai pescatori professionisti relativamente all’ospitalità, alla somministrazione dei pasti se costituiti prevalentemente da prodotti derivanti dall’attività di pesca.
ARTICOLO 152 (Connessione con l’attività agricola)
1. Gli imprenditori agricoli che intendono svolgere l’attività agrituristica si dotano di una certificazione comprovante la connessione dell’attività agrituristica rispetto a quella agricola che rimane prevalente. Il carattere di prevalenza dell’attività agricola rispetto a quella agrituristica si intende realizzato quando il tempo di lavoro impiegato nelle attività agricole è superiore a quello impiegato nell’attività agrituristica. 2. La certificazione comprovante la connessione di cui al comma 1 è rilasciata dalla provincia nel cui territorio si svolge l’attività agricola, in base ai criteri definiti nel regolamento di cui all’articolo 164. Nel caso di più province interessate il rilascio della connessione compete alla provincia nella quale si svolge l’attività agricola principale.
ARTICOLO 153 (Elenco degli operatori agrituristici)
1. Presso ogni provincia è istituito l’elenco degli operatori agrituristici. 2. Nell’elenco sono iscritti, a domanda, i soggetti che intendono esercitare le attività agrituristiche nella provincia stessa, in possesso del certificato di abilitazione e dei requisiti soggettivi di cui all’articolo 6 della legge 96/2006. 3. Il certificato di abilitazione è rilasciato dalla provincia solo a coloro che hanno frequentato con esito positivo un corso di formazione e preparazione all’esercizio dell’attività agrituristica istituito o riconosciuto dalla Regione. 4. La provincia cura e aggiorna l’elenco degli operatori agrituristici utilizzando il SIARL e verifica periodicamente la sussistenza e il mantenimento dei requisiti richiesti. 5. L’iscrizione nell’elenco degli operatori agrituristici costituisce condizione per la presentazione al comune della dichiarazione di avvio attività di cui all’articolo 154. 6. Se l’azienda agrituristica non si configura come azienda agrituristico-venatoria l’operatore agrituristico può presentare motivata domanda alla provincia affinché sia vietato a terzi l’esercizio della caccia all’interno dell’azienda.
ARTICOLO 154 (Dichiarazione di avvio attività – DAA)
1. L’esercizio dell’attività agrituristica è subordinato alla presentazione della dichiarazione di avvio attività (DAA) al comune in cui si trova l’immobile destinato all’attività agrituristica. 2. La DAA contiene la descrizione dettagliata delle attività proposte, con l’indicazione delle caratteristiche aziendali, dell’attività e delle aree adibite ad uso agrituristico, della capacità ricettiva, dei periodi di esercizio dell’attività e delle tariffe che si intendono praticare. 3. Alla DAA sono allegati: a) il certificato attestante il rapporto di connessione dell’attività agrituristica rispetto all’attività agricola che deve rimanere prevalente; b) il certificato di iscrizione all’elenco degli operatori agrituristici; c) l’avvio della procedura di registrazione ai sensi del regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativo all’igiene dei prodotti alimentari e dell’articolo 5 della legge regionale 2 aprile 2007, n. 8 (Disposizioni in materia di attività sanitarie e socio-sanitarie. Collegato); d) l’autocertificazione relativa ai requisiti soggettivi di cui all’articolo 6, comma 1, della legge 96/2006. 4. La DAA consente l’immediato avvio dell’attività agrituristica. Il comune, entro sessanta giorni dal ricevimento della dichiarazione, verifica d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. Nel caso si riscontrino lievi carenze e irregolarità, il comune può formulare rilievi motivati prevedendo i relativi tempi di adeguamento, senza sospensione dell’attività. Nel caso di gravi carenze e irregolarità il comune dispone l’immediata sospensione dell’attività sino alla loro rimozione da parte dell’interessato, opportunamente verificata, entro il termine stabilito dal comune stesso. 5. In caso di variazione delle attività dichiarate, il titolare dell’agriturismo ne dà comunicazione al comune, entro quindici giorni, confermando, sotto la propria responsabilità, la sussistenza dei requisiti e degli adempimenti di legge. 6. L’attività agrituristica può essere svolta tutto l’anno oppure, previa comunicazione al comune, in periodi stabiliti dall’imprenditore agricolo. La ricezione degli ospiti può essere sospesa per brevi periodi in caso di necessità per esigenze di conduzione dell’azienda agricola, senza obbligo di comunicazione al comune. 7. Entro l’1 ottobre di ogni anno i soggetti che esercitano l’attività agrituristica comunicano al comune i prezzi minimi e massimi, riferiti ai periodi di alta e bassa stagione, che intendono praticare a decorrere dall’1 gennaio dell’anno successivo. Per le strutture di nuova apertura la comunicazione è effettuata entro la data di avvio della attività. 8. Il comune comunica il ricevimento della DAA alla provincia, alla Giunta regionale e alla ASL competente per territorio.
ARTICOLO 155 (Locali da utilizzare nell’attività agrituristica)
1. Possono essere utilizzati per attività agrituristiche tutti gli immobili rurali già esistenti facenti parte dell’azienda agricola. Sono da considerare esistenti gli edifici che fanno parte del nucleo centrale dell’azienda agricola o posti nelle sue immediate vicinanze, compresa l’abitazione dell’imprenditore agricolo, indipendentemente dalla destinazione urbanistica dei fabbricati; possono inoltre essere utilizzati edifici distaccati dal centro aziendale, purché con destinazione agricola, qualora sussista un rapporto di connessione fisica o funzionale dell’intera azienda. 2. La ristrutturazione degli immobili rurali esistenti da destinare ad uso agrituristico di cui al comma 1, nonché dei fabbricati distaccati può avvenire attraverso interventi di ristrutturazione edilizia, di restauro conservativo o di miglioramento e attraverso ampliamenti necessari all’adeguamento igienico-sanitario e tecnologico. 3. Gli edifici utilizzati per l’attività agrituristica mantengono la loro destinazione di uso agricolo anche ai fini dei tributi comunali; il permesso di costruire finalizzato alla sistemazione di tali immobili non è subordinato alla stipulazione di alcun vincolo di destinazione d’uso. 4. Nelle aree destinate dagli strumenti urbanistici generali a zona agricola è ammesso l’approntamento di spazi per la sosta di mezzi da campeggio, nonché la realizzazione degli impianti tecnologici e dei servizi igienici accessori da destinare alla sosta di campeggiatori, in rapporto alla potenzialità agrituristica riconosciuta all’azienda attraverso la certificazione di cui all’articolo 152. 5. La sosta di cui al comma 4 si intende regolata dalle caratteristiche proprie dell’attività agrituristica da definire con il regolamento di cui all’articolo 164.
ARTICOLO 156 (Requisiti igienico-sanitari)
1. Le strutture e i locali destinati all’esercizio dell’attività agrituristica devono avere i requisiti di abitabilità e agibilità previsti per i locali di abitazione dai regolamenti comunali edilizi e di igiene, che devono tenere conto delle particolari caratteristiche architettoniche e di ruralità degli edifici, specie per quanto attiene all’altezza e al volume dei locali in rapporto alle superfici aeroilluminanti, nonché delle limitate dimensioni dell’attività esercitata. 2. Nelle piazzole di sosta attrezzate per le attività di ospitalità in spazi aperti sono assicurati l’allacciamento elettrico e i servizi igienici ricavati preferibilmente all’interno di strutture edilizie esistenti. 3. La produzione, la preparazione, il confezionamento, la conservazione e la somministrazione di alimenti e bevande sono soggetti alle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 852/2004 e, per quanto applicabile, alla legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del T.U. delle leggi sanitarie, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande). Fermo restando quanto disposto dal comma 4, per la lavorazione, trasformazione e conservazione di prodotti aziendali, compresa la lavorazione in azienda di conserve vegetali, confetture di marmellata e il congelamento di materie prime di origine animale e vegetale destinate ad essere utilizzate nella preparazione dei cibi, è possibile attrezzare un idoneo locale polifunzionale. 4. La macellazione degli animali delle specie bovina, equina, suina, ovina, caprina e avicunicola è consentita esclusivamente in impianti riconosciuti ai sensi del regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativo alle norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale. Non rientra nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 853/2004 e può quindi avvenire in assenza di strutture e attrezzature dedicate, la macellazione sino a cinquecento capi all’anno di pollame e lagomorfi o il prelievo di prodotti di acquacoltura destinati alla vendita diretta al consumatore nell’ambito della stessa azienda di produzione primaria. 5. L’operatore agrituristico individua nel piano aziendale di autocontrollo igienico-sanitario le procedure operative necessarie per garantire che l’attività di produzione, preparazione, confezionamento, conservazione e somministrazione di alimenti e bevande avvenga nel rispetto dei requisiti di sicurezza alimentare previsti dalle vigenti disposizioni di legge. L’autorità sanitaria, nella valutazione delle attività svolte, tiene conto della necessaria ruralità dei locali utilizzati, della diversificazione delle produzioni necessaria alla gestione del ristoro agrituristico e della limitata quantità delle stesse, dell’opportunità di utilizzare locali comuni già esistenti, dell’adozione di metodi tradizionali di lavorazione e dell’impiego di prodotti agricoli propri. 6. Per gli edifici e manufatti destinati all’esercizio dell’attività agrituristica la conformità alle norme vigenti in materia di accessibilità e superamento delle barriere architettoniche è assicurata con opere compatibili con le caratteristiche di ruralità degli edifici.
ARTICOLO 157 (Requisiti della somministrazione di pasti e bevande)
“1. Nella somministrazione di pasti e bevande l’azienda agrituristica garantisce l’apporto di prodotti propri secondo le seguenti proporzioni minime:
a) almeno il 30 per cento dei prodotti utilizzati deve essere ricavato da materie prime dell’azienda agricola direttamente trasformate, oppure ottenuto attraverso lavorazioni esterne di materie prime aziendali; b) una quota non inferiore al 70 per cento sul totale dei prodotti utilizzati deve essere costituito dall’insieme dei prodotti aziendali di cui alla lettera a) e da prodotti direttamente acquistati da altre aziende agricole o da artigiani alimentari della zona trasformati utilizzando materie prime di origine locale.”. 2. L’imprenditore agrituristico è tenuto ad esporre nei locali destinati alla ristorazione l’indicazione della provenienza dei prodotti di cui al comma 1, lettera b). 3. Ai fini dell’applicazione del comma 1 si considerano come zone di produzione quelle definite dall’ambito provinciale e dalle province contigue. 4. Se per cause di forza maggiore dovute in particolare a calamità atmosferiche, fitopatie o epizoozie accertate dall’autorità competente non è possibile rispettare i limiti di cui al comma 1 deve essere data comunicazione al comune in cui ha sede l’impresa il quale, verificato il fatto, autorizza temporaneamente l’esercizio dell’attività. 5. Le attività di cui all’articolo 151, comma 3, lettera d), possono svolgersi autonomamente rispetto all’ospitalità e alla somministrazione di pasti e bevande di cui all’articolo 151, comma 3, lettere a) e b), solo in quanto realizzino la connessione con l’attività e con le risorse agricole aziendali, nonché con le altre attività volte alla conoscenza del patrimonio storico-ambientale e culturale. Le attività per le quali tale connessione non si realizza possono svolgersi esclusivamente come servizi integrativi e accessori riservati agli ospiti che soggiornano nell’azienda agricola e la partecipazione, anche facoltativa, a tali attività non può pertanto dare luogo ad autonomo corrispettivo.
Note: Nell’art. 157 il comma 1 è stato così sostituito dall’AVVISO DI RETTIFICA N. 52/1-S.O. 2008 pubblicato sul "BOLLETTINO UFFICIALE N. 52 DEL 27 DICEMBRE 2008, I SUPPLEMENTO ORDINARIO"
ARTICOLO 158 (Uso della denominazione agriturismo)
1. L’uso della denominazione agriturismo e dei termini attributivi derivati, nonché la possibilità di fregiarsi di idonei segni distintivi nell’esercizio dell’attività e nei rapporti con i terzi sono riservati esclusivamente alle aziende agricole che esercitano l’attività agrituristica. 2. La Giunta regionale, al fine di valorizzare e qualificare il sistema delle aziende agrituristiche lombarde, adotta un marchio di riconoscimento che deve essere utilizzato nell’esercizio delle loro attività e nei rapporti con terzi, dagli operatori agrituristici iscritti nell’elenco di cui all’articolo 153. Fino a nuova determinazione della Giunta regionale conserva efficacia la deliberazione della Giunta regionale del 28 febbraio 1995, n. 64511. 3. Sui confini delle aziende agricole entro le quali si pratica l’agriturismo è apposto un numero adeguato di tabelle indicanti il marchio, la denominazione dell’azienda agrituristica e l’eventuale divieto a terzi dell’esercizio venatorio. 4. Le aziende agrituristiche adottano criteri di classificazione e qualificazione omogenei rispetto a quelli adottati sul territorio nazionale, con modalità che valorizzino le peculiarità dell’offerta agrituristica della Lombardia.
ARTICOLO 159 (Programmazione e sviluppo dell’agriturismo)
1. La Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, in armonia con gli indirizzi della programmazione nazionale e regionale e con la pianificazione territoriale, sentite le province, approva un programma di durata triennale finalizzato alla promozione della domanda e dell’offerta agrituristica lombarda sui mercati nazionali ed internazionali. 2. Il programma comprende, in particolare, le iniziative agrituristiche da proporre nei seguenti settori: a) turismo rurale; b) educazione alimentare e fattorie didattiche; c) strade dei prodotti tipici; d) ambiente, con particolare attenzione alle aree protette; e) storia, cultura e tradizioni locali. 3. La Regione sostiene lo sviluppo dell’agriturismo anche attraverso attività di studio, di ricerca, di sperimentazione, nonché di formazione professionale dei tecnici utilizzati per l’assistenza diretta alle azioni e degli addetti all’attività agrituristica. 4. Le azioni individuate dal programma di cui al presente articolo possono essere attivate anche in collaborazione con le organizzazioni professionali, le associazioni e i consorzi agrituristici, gli enti locali, l’ERSAF, l’Unioncamere e le aggregazioni d’impresa così come previste dalla legge regionale 2 febbraio 2007, n. 1 (Strumenti di competitività per le imprese e per il territorio della Lombardia).
ARTICOLO 160 (Finanziamenti regionali)
1. Per il conseguimento della finalità di cui all’articolo 150 e per l’attuazione di piani aziendali e interaziendali di sviluppo agrituristico, la Regione concede incentivi per interventi sugli immobili e per l’acquisto e la realizzazione di dotazioni e servizi da utilizzare per attività agrituristiche. 2. La Regione, in accordo con le province e con le associazioni agrituristiche, promuove le seguenti azioni: a) organizzazione di seminari e corsi obbligatori di preparazione all’esercizio dell’attività agrituristica; b) redazione di piani e programmi di sviluppo dell’attività agrituristica nelle aree rurali attraverso azioni di studio, ricerca, marketing, sperimentazione e formazione professionale; c) programmi di monitoraggio dell’attività agrituristica, anche attraverso la partecipazione all’osservatorio regionale dell’agriturismo, finalizzati alla conoscenza della consistenza e dello stato dell’agriturismo, nonché all’implementazione di siti internet di iniziative promozionali e alla programmazione normativa; d) predisposizione di piani e programmi di adozione di tecniche per la qualità e la classificazione degli agriturismi.
ARTICOLO 161 (Osservatorio regionale dell’agriturismo)
1. E’ istituito presso la competente direzione generale, senza oneri aggiuntivi per il bilancio regionale, l’osservatorio regionale dell’agriturismo con i seguenti compiti: a) esame della consistenza della domanda e dell’offerta agrituristica, anche a supporto della fase informativa e della promozione italiana ed estera; b) supporto alla realizzazione di piani e programmi di sviluppo ed investimento relativi all’agriturismo, con l’indicazione di coefficienti di impatto sul reddito e sull’occupazione; c) definizione e promozione di standard qualitativi relativi al miglioramento dell’offerta agrituristica lombarda; d) partecipazione all’osservatorio nazionale dell’agriturismo. 2. All’osservatorio partecipano le rappresentanze delle province, delle comunità montane, dell’associazione nazionale comuni italiani (ANCI), delle CCIAA, delle aggregazioni d’imprese più rappresentative del settore agrituristico, anche come previsto dalla l.r. 1/2007, nonché delle competenti direzioni generali della Giunta regionale. 3. La Giunta regionale trasmette al Consiglio regionale una relazione biennale sull’attività svolta dall’osservatorio regionale.
ARTICOLO 162 (Controlli)
1. La provincia verifica il possesso e il mantenimento dei requisiti 3. Entro il 31 dicembre di ogni anno le province trasmettono alla Regioneoggettivi e soggettivi necessari al rilascio del certificato di connessione, compresa la verifica, nel caso di somministrazione di pasti e bevande, del rispetto dell’utilizzo prevalente dei prodotti propri. 2. L’esito dei controlli effettuati dalla provincia è comunicato al Comune ove ha sede l’agriturismo per l’assunzione dei provvedimenti di competenza, nonché all’osservatorio regionale dell’agriturismo. una relazione dell’attività di vigilanza e controllo esercitata.
ARTICOLO 163 (Sanzioni amministrative)
1. Incorre nella sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500,00 a euro 3.000,00 l’imprenditore agricolo che esercita l’attività agrituristica senza aver presentato la DAA di cui all’articolo 154; in tal caso, oltre alla sanzione pecuniaria, il comune dispone il divieto di prosecuzione dell’attività. 2. Incorre nella sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000,00 a euro 10.000,00 chi utilizza la denominazione agriturismo in mancanza dei requisiti soggettivi e oggettivi necessari per lo svolgimento dell’attività agrituristica; in tal caso, oltre alla sanzione pecuniaria, il comune dispone il divieto di prosecuzione dell’attività. 3. Incorre nella sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000,00 a euro 5.000,00 l’operatore agrituristico che non rispetta i limiti e le modalità di esercizio dell’attività agrituristica previsti dal presente titolo e dal regolamento di attuazione di cui all’articolo 164. In caso di particolare gravità o di reiterazione della violazione, il comune, oltre alla sanzione pecuniaria, può disporre con provvedimento motivato la sospensione dell’esercizio dell’attività per un periodo non superiore a trenta giorni. 4. I provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività agrituristica disposti dal comune sono comunicati alla provincia, alla Regione e alle ASL competenti per territorio. 5. Le sanzioni amministrative sono applicate dai comuni che introitano i relativi proventi. Il procedimento per l’applicazione delle sanzioni è regolato dalla l.r. 90/1983.
ARTICOLO 164 (Regolamento di attuazione)
1. Il regolamento di attuazione del presente titolo disciplina: a) i criteri per la valutazione del rapporto di connessione tra le attività agricole e agrituristiche, utilizzando il parametro tempo di lavoro e tenendo conto delle peculiarità del territorio e delle diverse produzioni agricole; b) i criteri per la somministrazione di pasti e bevande, tenendo conto dell’offerta enogastronomia, della promozione dei prodotti agroalimentari regionali e di quanto disposto dall’articolo 157; c) i requisiti igienico-sanitari degli immobili per l’ospitalità e la somministrazione di pasti e bevande, tenuto conto delle particolari caratteristiche architettoniche e di ruralità degli edifici e della tipologia di agriturismo familiare; d) le modalità per il rilascio del certificato di abilitazione all’esercizio dell’attività agrituristica; e) le modalità e le procedure per l’iscrizione all’elenco provinciale degli operatori agrituristici e per la tenuta dell’elenco; f) le modalità e l’organizzazione di corsi di formazione e di preparazione all’esercizio dell’attività agrituristica; g) le modalità di classificazione delle attività agrituristiche anche a carattere familiare e dell’indirizzo specializzato aziendale, in relazione all’attività esercitata, nonché i criteri con cui possono essere esercitate le diverse attività agrituristiche e gli obblighi cui l’operatore agrituristico deve attenersi nell’esercizio dell’attività; h) i criteri per la pratica dell’ittiturismo esercitata da pescatori professionisti, ai sensi della normativa vigente regionale e statale, con l’utilizzo di locali connessi all’attività principale che deve rimanere prevalente; i) i criteri per la qualificazione dell’offerta agrituristica; j) le modalità dei controlli sulle attività e le regole per il trasferimento e le variazioni di attività; k) la modulistica necessaria per gli adempimenti amministrativi; l) ogni altra disposizione necessaria per dare esecuzione al presente titolo.
TITOLO XI Disposizioni sugli usi civici Capo I Disposizioni organizzative
ARTICOLO 165 (Articolazione delle competenze)
1. La Regione e le province esercitano le funzioni amministrative in materia di usi civici trasferite con decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 11 (Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste, di caccia e di pesca nelle acque interne e dei relativi personali ed uffici) e con dpr 616/1977. 2. La Regione, attraverso l’ERSAF, promuove il riordino degli usi civici. 3. Sono conferite alle province le funzioni amministrative previste dall’articolo 167 del presente capo e dal capo II, fatta eccezione per i procedimenti amministrativi già iniziati alla data del 13 novembre 2004, ma non ancora conclusi, che restano di competenza della Regione. 4. Le funzioni di competenza della Regione relative ai procedimenti amministrativi in corso sono adottate con provvedimento dirigenziale.
ARTICOLO 166 (Oneri)
1. Sono a carico della Regione gli oneri relativi alle operazioni di propria competenza previste dalla legge 1766/1927 e dal rd 332/1928, ad eccezione di quelle riguardanti registrazioni e trascrizioni che sono a carico dei soggetti interessati. 2. Al fine di accelerare la definizione delle operazioni di cui al comma 1, la Regione concede contributi ai comuni che attuano un programma di ricerche storico-documentarie e allestiscono strumentazioni cartografiche funzionali agli obiettivi di cui al presente capo. 3. Le domande dei comuni rivolte ad ottenere i contributi devono pervenire alla struttura competente entro il 31 marzo di ogni anno. 4. La Giunta regionale approva il piano di riparto fra i comuni richiedenti. 5. La liquidazione dei contributi è subordinata al positivo accertamento della collaborazione prestata.
ARTICOLO 167 (Alienazioni e mutamenti di destinazione)
1. Sino all’entrata in vigore di organiche disposizioni regionali in materia di usi civici, per le alienazioni e le modifiche di destinazione dei beni d’uso civico di cui all’articolo 12 della legge 1766/1927 si applicano le disposizioni dei commi 2 e 3. 2. Le alienazioni o i mutamenti di destinazione sono autorizzati a condizione che gli strumenti urbanistici generali prevedano diversa destinazione dei beni stessi ovvero in connessione ad opere ed interventi di pubblica utilità. 3. Per gli adempimenti istruttori relativi ai procedimenti in corso la Regione può avvalersi degli uffici di province o di comunità montane, previe intese con le amministrazioni interessate; la Regione può altresì conferire incarichi professionali a esperti di comprovata competenza in materie agrarie, forestali, catastali e storico-giuridiche.
Capo II Disposizioni procedurali
ARTICOLO 168 (Liquidazioni a canone enfiteutico)
1. Se il progetto di liquidazione degli usi civici su terreni alieni prevede per il titolare, anche non individuale, un canone enfiteutico annuo di affrancazione inferiore a 25,82 euro, può essere stabilito il pagamento dell’intero ammontare del capitale di affrancazione in non più di cinque annualità consecutive. 2. Se il canone è superiore a 25,82 euro e inferiore a 51,65 euro, il pagamento può essere stabilito in non più di dieci annualità consecutive. 3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche per il pagamento del canone imposto in sede di legittimazione di occupazioni abusive, ai sensi dell’articolo 10 della legge 1766/1927.
ARTICOLO 169 (Domanda di liquidazione)
1. Su domanda degli interessati, è ammessa la liquidazione degli usi civici su terreni alieni, anche indipendentemente da un progetto di liquidazione su tutti o parte dei terreni siti in un comune o, nell’ambito del territorio dello stesso, in quello di una frazione. 2. La domanda contiene l’offerta della porzione di terreno da assegnarsi in compenso dei diritti civici da liquidare o dell’ammontare del canone di natura enfiteutica, ai sensi degli articoli 6 e 7 della legge 1766/1927. 3. Può essere omessa la perizia sul valore dell’offerta se sulla medesima si è espresso favorevolmente il consiglio comunale e, per i beni frazionali e delle associazioni agrarie, la rappresentanza, ove esistente, della frazione o dell’associazione interessata.
ARTICOLO 170 (Promiscuità)
1. Se l’uso civico a favore degli abitanti di un comune, frazione o associazione è esercitato, in promiscuità o meno, su terreni di esclusiva proprietà di altro comune o frazione o associazione, non si fa luogo a divisione, ma i terreni vengono affrancati dall’altrui uso civico attraverso il pagamento, secondo le modalità previste dal comma 3 dell’articolo 168, di un capitale di affrancazione determinato in ragione dell’entità e attualità d’esercizio del diritto. 2. Parimenti, di norma, non si dà luogo a divisione nelle ipotesi di promiscuità se la divisione interrompe la continuità dei terreni o pregiudica la miglior utilizzazione dei terreni oggetto della promiscuità. 3. Se è conservata la promiscuità, anche per ragioni diverse dai bisogni dell’economia locale in caso di successiva alienazione dei terreni, sono determinate, con lo stesso provvedimento autorizzativo di cui all’articolo 167, le quote del corrispettivo della vendita spettanti ad ogni comune, frazione e associazione.
ARTICOLO 171 (Regolarizzazione)
1. In alternativa al provvedimento di legittimazione di cui al titolo I, capo IV, del r.d. 332/1928 può essere autorizzata la regolarizzazione della situazione dei terreni occupati senza titolo giuridico attraverso la compravendita dei terreni medesimi, anche al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 167, comma 2. 2. In caso di occupazioni abusive costituite da sconfinamenti di modesta entità a danno di terreni d’uso civico di comuni, frazioni o associazioni contigui ai terreni di proprietà degli occupatori, si può procedere a semplici rettifiche dei confini, da approvarsi su proposta del consiglio comunale o della rappresentanza, ove esistente, della frazione o dell’associazione interessata, con l’autorizzazione della Regione o della provincia. 3. Per l’adozione dei provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 è chiesto il parere del commissario per la liquidazione degli usi civici; in caso di mancata risposta, entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta, si prescinde dal parere.
ARTICOLO 172 (Prescrizioni di strumenti urbanistici)
1. Se lo strumento urbanistico comunale generale prevede per interi comparti il mutamento di destinazione dei terreni di cui all’articolo 11, primo comma, lettera a), della legge 1766/1927 non si fa luogo a ulteriori specifici provvedimenti autorizzativi riguardanti i singoli terreni compresi nei comparti suddetti.
ARTICOLO 173 (Terreni utilizzabili per la coltura agraria)
1. Non si procede alla ripartizione di cui all’articolo 13 della legge 1766/1927 dei terreni indicati all’articolo 11, primo comma, lettera b), della stessa legge. 2. Dei terreni comunali di cui al comma 1 il comune può liberamente disporre e parimenti possono disporne, sentito il consiglio comunale, le frazioni e le associazioni per i rispettivi beni, purché nel rispetto delle previsioni dello strumento urbanistico generale senza che occorra una specifica autorizzazione. 3. Su richiesta del comune e sentito il consiglio comunale, o su richiesta della frazione o dell’associazione interessata, i capitali e le altre somme di denaro di cui all’articolo 24 della legge 1766/1927 possono essere esentati dal vincolo previsto dallo stesso articolo.
ARTICOLO 174 (Conciliazione)
1. Per la sollecita definizione delle pratiche concernenti la liquidazione degli usi civici su terreni alieni, lo scioglimento di promiscuità, la regolarizzazione di occupazioni abusive nonché ogni altra questione attinente alla materia degli usi civici, è promosso e favorito ogni esperimento di accordo e conciliazione dalla struttura competente. 2. In caso di procedimento pendente avanti al commissario, la struttura competente tiene costantemente informato il commissario stesso degli sviluppi e dell’esito dell’esperimento di conciliazione.
ARTICOLO 175 (Chiusura delle operazioni)
1. Ultimate le operazioni di accertamento dei terreni comunali o frazionali d’uso civico o delle associazioni, di liquidazione degli usi civici su terreni alieni, di scioglimento o di conservazione delle promiscuità, di regolarizzazione delle occupazioni, nonché ogni altra operazione collegata, si procede per ogni singolo comune alla dichiarazione di chiusura delle operazioni medesime e alla archiviazione della relativa pratica. 2. Il provvedimento, come ogni altro nella materia degli usi civici, è pubblicato sull’albo pretorio del comune e diviene definitivo se non sono presentati reclami e opposizioni entro trenta giorni; copia dei reclami o opposizioni indirizzati al commissario per gli usi civici è inviata alla Regione, alla provincia e al comune interessato. 3. La riapertura delle operazioni di cui al comma 1 è sempre ammessa, sulla base di nuovi documentati elementi di conoscenza, di iniziativa d’ufficio della Regione o della provincia o su richiesta del commissario. 4. Tutti gli atti d’archivio in materia di usi civici sono a disposizione del commissario.
TITOLO XII Disposizioni finali
ARTICOLO 176 (Abrogazioni)
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono o restano abrogate le seguenti leggi regionali: 1. la legge regionale 24 maggio 1985, n. 52 (Norme organizzative in materia di usi civici); 2. la legge regionale 16 maggio 1986, n. 13 (Norme procedurali in materia di usi civici); 3. la legge regionale 8 luglio 1989, n. 24 (Norme in materia di raccolta, coltivazione e commercializzazione dei tartufi freschi e conservati in attuazione dei principi della Legge 16 dicembre 1985, n. 752); 4. la legge regionale 23 giugno 1997, n. 24 (Raccolta, incremento e commercializzazione dei funghi epigei freschi e conservati); 5. la legge regionale 4 luglio 1998, n. 11 (Riordino delle competenze regionali e conferimento di funzioni in materia di agricoltura); 6. la legge regionale 7 febbraio 2000, n. 7 (Norme per gli interventi regionali in agricoltura); 7. la legge regionale 30 luglio 2001, n. 12 (Norme per l’incremento e la tutela del patrimonio ittico e l’esercizio della pesca nelle acque della Regione Lombardia); 8. la legge regionale 12 gennaio 2002, n. 3 (Istituzione dell’Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste – ERSAF); 9. la legge regionale 16 giugno 2003, n. 7 (Norme in materia di bonifica e irrigazione); 10. la legge regionale 23 marzo 2004, n. 4 (Disciplina della sorveglianza fitosanitaria e delle attività di produzione e commercializzazione dei vegetali e prodotti vegetali); 11. la legge regionale 28 ottobre 2004, n. 27 (Tutela e valorizzazione delle superfici, del paesaggio e dell’economia forestale: 12. la legge regionale 8 giugno 2007, n. 10 (Disciplina regionale dell’agriturismo). 2. Sono o restano abrogate altresì le seguenti disposizioni: a) il riferimento normativo alla legge regionale 24/1989 di cui all’allegato D della legge regionale 27 gennaio 1998, n. 1 (Legge di programmazione economico-finanziaria ai sensi dell’art. 9 ter della L.R. 31 marzo 1978, n. 34 "Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della regione" e successive modificazioni e integrazioni"); b) il comma 10 dell’articolo 1 e l’articolo 2 della legge regionale 27 marzo 2000, n. 18 (Modifiche ed integrazioni a disposizioni legislative a supporto degli interventi connessi alla manovra di finanza regionale); c) i commi 8, 10 e 11 dell’articolo 2 della legge regionale 2 febbraio 2001, n. 3 (Modifiche ed integrazioni a disposizioni legislative regionali in materia di assetto istituzionale, sviluppo economico, territorio e ambiente e infrastrutture e servizi alla persona, finalizzate all’attuazione del DPEFR ai sensi dell’art. 9-ter della L.R. 34/1978); d) il comma 3 dell’articolo 7, il comma 1 dell’articolo 10 e i commi 1 e 4 dell’articolo 11 della legge regionale 22 luglio 2002, n. 15 (Legge di semplificazione 2001. Semplificazione legislativa mediante abrogazione di leggi regionali. Interventi di semplificazione amministrativa e delegificazione); e) i riferimenti normativi alle leggi regionali 24/1989 e 24/1997 di cui all’allegato C della legge regionale 15/2002; f) il comma 5 dell’articolo 1 della legge regionale 20 dicembre 2002, n. 32 “Disposizioni legislative per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione) – Collegato 2003"; g) l’articolo 6 della legge regionale 18 giugno 2003, n. 8 (Modifiche a leggi regionali in materia di assetto istituzionale e sviluppo economico); h) l’articolo 21 della legge regionale 24 marzo 2004, n. 5 (Modifiche a leggi regionali in materia di organizzazione, sviluppo economico e territorio. Collegato ordinamentale 2004); i) i commi 7 e 19 dell’articolo 1 della legge regionale 5 maggio 2004, n. 12 (Modifiche a leggi regionali in materia di potestà regolamentare); j) i commi 4, 5, 6, 7 e 8 dell’articolo 2 della legge regionale 8 febbraio 2005, n. 6 (Interventi normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica e integrazione di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2005); k) gli articoli 1, 2, 4 e 5 della legge regionale 7 febbraio 2006, n. 3 (Modifiche a leggi regionali in materia di agricoltura); l) il comma 4 dell’articolo 2 e l’articolo 10 della legge regionale 27 febbraio 2007, n. 5 (Interventi normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica e integrazione di disposizioni legislative - (Collegato ordinamentale 2007); m) i commi 9, 10, 11 e 12 dell’articolo 1 della legge regionale 31 luglio 2007, n. 18 (Assestamento al bilancio per l’esercizio finanziario 2007 ed al bilancio pluriennale 2007/2009 a legislazione vigente e programmatico - I provvedimento di variazione con modifiche di leggi regionali); n) i commi 1, 2 e 3 dell’articolo 5 e l’articolo 13 della legge regionale 28 dicembre 2007, n. 33 “Disposizioni legislative per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9 ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione) - collegato 2008”; o) la lettera e) del comma 1 dell’articolo 16 della legge regionale 31 marzo 2008, n. 10 (Disposizioni per la tutela e la conservazione della piccola fauna, della flora e della vegetazione spontanea). 3. Sono fatti salvi gli effetti prodotti dalle leggi e dalle disposizioni abrogate dal presente articolo, permangono e restano efficaci gli atti adottati sulla base delle medesime. 4. Restano salve le modifiche introdotte nella legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 (Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale) dall’articolo 24, comma 3, della l.r. 27/2004.
ARTICOLO 177 (Disposizioni che restano in vigore)
1. Restano in vigore le seguenti disposizioni: a) la legge regionale 19 novembre 1976, n. 51 (Norme per l’attuazione delle direttive del Consiglio della C.E.E. nn. 159, 160 e 161 del 17 aprile 1972 e della direttiva n. 268 del 28 aprile 1975 nella Regione Lombardia); b) la legge regionale 18 dicembre 1979, n. 76 (Contributi di gestione all’istituto per la fecondazione artificiale Lazzaro Spallanzani); c) la legge regionale 30 gennaio 1984, n. 3 (Interventi della Regione Lombardia a favore dell’istruzione agraria superiore); d) la legge regionale 24 maggio 1985, n. 48 (Contributi regionali alla fondazione centro lombardo per l’incremento della floro-orto-frutticoltura “Scuola di Minoprio”); e) la legge regionale 15 dicembre 1993, n. 37 (Norme per il trattamento, la maturazione e l’utilizzo dei reflui zootecnici); f) la legge regionale 20 aprile 1995, n. 28 (Interventi della Regione Lombardia per la promozione e lo sviluppo delle ricerche biotecnologiche); g) gli articoli 11 e 12 della legge regionale 24 marzo 2004, n. 5 (Modifiche a leggi regionali in materia di organizzazione, sviluppo economico e territorio. Collegato ordinamentale 2004); h) gli articoli 3, 6, 7 e 8 della legge regionale 7 febbraio 2006, n. 3 (Modifiche a leggi regionali in materia di agricoltura).
ARTICOLO 178 (Disposizioni in materia di aiuti di Stato)
1. Tutti i regimi di aiuto e tutti gli aiuti individuati dal presente testo unico sono soggetti a procedure di notifica alla Commissione europea prima di essere portati in esecuzione ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato istitutivo dell’Unione europea. 2. Gli aiuti di Stato esistenti individuati dal presente testo unico già autorizzati o esentati dalla Commissione europea in base agli orientamenti comunitari e ai regolamenti di esenzione e conformi alla normativa comunitaria vigente sono applicati secondo le norme definite dalla Commissione europea.
ARTICOLO 179 (Disposizioni in ordine ai ricorsi gerarchici)
1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono irricevibili i ricorsi gerarchici avverso gli atti emananti dagli enti locali nell’esercizio di funzioni conferite. Sono portati a compimento, secondo le disposizioni vigenti al momento del loro avvio, i soli procedimenti avviati alla data di entrata in vigore della presente legge in base ai ricorsi gerarchici presentati ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera a) della legge regionale 4 luglio 1998, n. 11 (Riordino delle competenze regionali e conferimento delle funzioni in materia di agricoltura).
ARTICOLO 180 (Norma finanziaria )
1. Alle spese di parte corrente previste dalla presente legge si fa fronte con le risorse stanziate annualmente all’U.P.B. 3.7.1.2.34 “Governance, sistemi agricoli e rurali” del bilancio di previsione dell’esercizio finanziario 2008 e successivi. 2. Alle spese in conto capitale previste dalla presente legge si fa fronte con le risorse stanziate annualmente all’U.P.B. 3.7.1.3.35 “Sistemi agricoli e filiere agroalimentari” e all’U.P.B. 3.7.3.3.93 ”Sostenibilità delle produzioni e contributo dei sistemi agricoli e forestali alle politiche territoriali, ambientali ed energetiche regionali” del bilancio di previsione dell’esercizio 2008 e successivi.
Formula Finale: La presente legge regionale e’ pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della Regione lombarda. Milano,10 dicembre 2008 (Approvata con deliberazione del Consiglio regionale n. VIII/731 del 25 novembre 2008) ALLEGATO 1 Allegato A (articolo 2, comma 6) Definizioni 1. Azienda agricola beneficiaria Possono accedere ai contributi previsti dal titolo II le aziende agricole titolari di partita IVA. 2. Attività agricole Si definiscono attività agricole: a) le attività dirette alla coltivazione del terreno, alla floricoltura, alla silvicoltura, alla funghicoltura e all’apicoltura; b) l’allevamento di animali; c) le attività dirette alla lavorazione, trasformazione, commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici, svolte direttamente dall’azienda agricola, e che abbiano per oggetto prodotti ottenuti per almeno la metà dalla stessa azienda. 3. Imprenditore agricolo È imprenditore agricolo colui che esercita una o più delle attività disciplinate dall’articolo 2135 del codice civile o dalla normativa nazionale speciale in materia di funghicoltura, tartuficoltura, acquacoltura, attività agrituristica, attività cinotecnica, allevamenti equini. 4. Imprenditore agricolo professionale Per la definizione di imprenditore agricolo professionale si rinvia all’articolo 1, commi 1 e 3, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 (Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della legge 7 marzo 2003, n. 38). 5. Giovane imprenditore agricolo Per giovane imprenditore agricolo si intende il titolare o il contitolare di impresa agricola che abbia meno di quaranta anni di età. 6. Operatore di agricoltura biologica Per operatore di agricoltura biologica si intende la persona fisica o giuridica che produce, prepara o acquista da paesi aderenti all’Unione europea i prodotti di cui all’articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2092/91 della Commissione del 24 giugno 1991, relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari ai fini della loro commercializzazione, anche direttamente effettuata. 7. Attività agrituristica Si definiscono attività agrituristiche le attività di ricezione e ospitalità, e sportivo-ricreative esercitate dagli imprenditori agricoli, singoli o associati, nonché dai loro familiari attraverso l’utilizzazione della azienda in conduzione, in rapporto di connessione con le attività agricole tradizionali che devono mantenere carattere principale secondo i criteri di cui al numero 2. 8. Turismo rurale Costituiscono turismo rurale le attività turistiche svolte in ambiente rurale finalizzate alla fruizione dei beni naturalistici, ambientali e culturali del territorio rurale. 9. Organizzazioni di produttori agricoli Per organizzazioni di produttori agricoli si intendono gli organismi costituiti nelle forme previste dall’articolo 3 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102 (Regolazioni dei mercati agroalimentari, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera e), della l. 7 marzo 2003, n. 137), al fine di porre in essere azioni comuni volte a concentrare l’offerta e ad adeguare la produzione agricola alle esigenze di mercato. 10. Assistenza tecnico-economica di base e specializzata Per assistenza tecnica e consulenza all’impresa agricola si intendono le attività di supporto e di orientamento delle scelte imprenditoriali riferite agli aspetti tecnici, gestionali ed economici dell’azienda singola ed associata attuate attraverso: a) la consulenza sulla gestione aziendale; b) la consulenza sullo sviluppo e sulla valorizzazione della multifunzionalità; c) la consulenza tecnico-produttiva; d) la consulenza per l’attivazione di sistemi di qualità; e) la consulenza per l’adeguamento alle norme in materia di condizionalità e di sicurezza sul lavoro. 11. Servizi sostitutivi in agricoltura Si definiscono servizi sostitutivi in agricoltura quelli finalizzati a: a) sostituire temporaneamente il conduttore dell’azienda, un suo partner o un suo collaboratore assente per motivi quali malattie, infortunio, maternità; b) sostituire temporaneamente il conduttore dell’azienda o un suo collaboratore assente per formazione professionale; c) sostituire temporaneamente il conduttore dell’azienda, un suo partner o un suo collaboratore che usufruisce di riposo settimanale o di uno o più periodi di ferie annuali.
ALLEGATO 2 Allegato B (art. 61, comma 8) Sanzioni per il danneggiamento di [-] piante Classi diametriche (in cm a 1,30 m di altezza) Gruppo botanico Piccole Medie Grandi Eccezionali 20-25-30-35-40 45-50-55-60-65 70-75-80-85-90-95 100 e oltre gimnosperme a crescita lenta: Pinus cembra, Pinus uncinata, Taxus baccata € 184,75 € 395,89 € 659,81 € 1055,70 altre Pinacee, Cupressacee € 131,96 € 290,32 € 475,06 € 738,99 Acer, Castanea, Fagus, Fraxinus, Juglans, Platanus, Prunus avium, Quercus, Tilia, Ulmus € 211,14 € 422,28 € 712,60 € 1.161,27 Alnus, Betula, Carpinus, Celtis, Crataegus, Ilex, Morus, Ostrya, altri Prunus, Populus, Robinia, Salix Sorbus e altre Angiosperme autoctone € 131,96 € 343,10 € 607,03 € 1029,31 Acer negundo, Ailanthus altissima, Prunus serotina e altre specie esotiche non contemplate oppure inserite nell’elenco di specie vietate di cui all’articolo 50, comma 5, lettera e) € 12,14 € 24,28 € 36,42 € 48,56
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