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NORMATIVA
Normativa regionale - Emilia Romagna

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Legge regionale 30 giugno 2008, n. 10
Misure per il riordino territoriale, l'autoriforma dell'Amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni
 

Il Consiglio regionale ha approvato
Il Presidente della Giunta regionale


Promulga la seguente legge


TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI


ARTICOLO 1
Finalità e indirizzi generali


1. La Regione adotta misure di riforma organizzativa e funzionale, al fine di elevare il livello di qualità delle prestazioni e di ridurre complessivamente gli oneri organizzativi, procedimentali e finanziari, nel contesto dei processi di riforma volti al rafforzamento dell’efficacia delle politiche pubbliche e con riferimento agli obiettivi specifici condivisi con Province, Comuni e Comunità montane.
2. La Regione persegue i seguenti obiettivi:
a) riordino territoriale, rispetto al quale attua la riforma delle Comunità montane, con la revisione dei rispettivi ambiti territoriali e la loro valorizzazione quali enti di presidio dei territori montani e di esercizio associato delle funzioni comunali, assimilandole alle Unioni di Comuni; sostiene l’incentivazione delle Unioni di Comuni, quali livelli istituzionali appropriati per l’esercizio associato delle funzioni e dei servizi e per la stabile integrazione delle politiche comunali; opera la riallocazione delle funzioni amministrative comunali mediante conferimento alle Comunità montane riformate ed alle Unioni;
b) appropriata configurazione dell’assetto delle funzioni tra i diversi livelli di governo, rispetto alla quale promuove e sostiene:
1) il superamento delle criticità gestionali e la sovrapposizione dei livelli;
2) lo sviluppo della qualità complessiva delle prestazioni dei livelli di governo;
3) l’individuazione di indicatori atti a verificarne l’efficacia nell’ambito del documento di programmazione economico-finanziaria con riferimento alla progressiva acquisizione dell’autonomia finanziaria e di bilancio;
c) razionalizzazione organizzativa, rispetto alla quale promuove misure per:
1) un efficace sistema delle partecipazioni societarie, fondata sul principio dell’interesse pubblico prevalente e con la riduzione degli oneri organizzativi e finanziari;
2) la semplificazione del sistema degli enti pubblici sub-regionali, con l’obiettivo della riduzione degli oneri finanziari e amministrativi e con l’adozione di misure di eliminazione o di rifunzionalizzazione organica;
3) revisione dei meccanismi procedimentali e decisionali, rispetto alla quale promuove misure che consentano ai processi decisionali di svolgersi con efficacia e rapidità e con la riduzione generalizzata dei tempi.
3. La Giunta regionale, per l’attuazione degli obiettivi previsti nel presente articolo, è autorizzata a concludere accordi con il Governo per armonizzare i rispettivi provvedimenti normativi, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 116, comma 3 della Costituzione.


ARTICOLO 2
Riassetto delle funzioni e modalità di esercizio


1. Nelle materie interessate dalle misure di riordino territoriale e organizzativo, così come definite dalle norme dei Titoli II e III, sono individuati i livelli istituzionali cui attribuire le funzioni amministrative già collocate presso i livelli e gli enti oggetto di riorganizzazione, ovvero agenzie ed enti strumentali, garantendo la continuità dei servizi e l’efficacia delle
politiche locali.
2. Le norme relative al riordino delle Comunità montane provvedono a ridefinire le funzioni del nuovo ente montano, con l’attribuzione delle funzioni appropriate sia al ruolo di promozione dello sviluppo socio economico e valorizzazione del territorio montano sia a quello di ente associativo dei Comuni.
3. In coerenza con le finalità dell’articolo 1 e sulla base dei principi di differenziazione e di adeguatezza, le funzioni attribuite ai diversi livelli istituzionali possono essere esercitate, previo accordo di tutti i soggetti istituzionali interessati, in modo da superare la frammentarietà, attuando comuni obiettivi di coesione territoriale.
4. La Giunta regionale, previa ricognizione dell’assetto esistente delle funzioni, d’intesa con Province e Comuni acquisita nella Conferenza Regione - Autonomie locali, formula proposte di riallocazione delle funzioni, in attuazione dei principi di sussidiarietà, adeguatezza, differenziazione, efficienza e semplificazione istituzionale, valutando ambiti adeguati in relazione alla natura delle funzioni e alle esigenze connesse ad una efficace organizzazione sul territorio delle stesse.


TITOLO II
RIORDINO TERRITORIALE


ARTICOLO 3
Oggetto e finalità


1. Il presente Titolo detta misure di riordino dei livelli istituzionali operanti in ambito
sovracomunale per l’esercizio associato di funzioni e servizi comunali, con particolare riferimento ai seguenti oggetti e finalità:
a) riordino delle Comunità montane mediante la ridelimitazione dei loro ambiti territoriali e l’assimilazione del loro ordinamento a quello delle Unioni di Comuni;
b) promozione delle Unioni di Comuni quali livelli istituzionali appropriati per l’esercizio
associato delle funzioni e dei servizi e per la più efficace e stabile integrazione sul territorio delle politiche settoriali;
c) previo accordo con le Province, qualora sia ritenuto necessario per la dimensione ottimale dell’esercizio delle funzioni, promozione dell’esercizio in forma associata anche di funzioni provinciali;
d) incentivazione dell’unificazione in livelli dimensionali adeguati all’esercizio di funzioni e servizi comunali attraverso l’eliminazione di sovrapposizioni, valorizzando a tal fine le Comunità montane e le Unioni di Comuni;
e) definizione di principi sull’allocazione delle funzioni amministrative, volti a conseguire l’efficienza e l’economicità, perseguendo, attraverso le forme associative tra gli enti locali, l’adeguatezza degli enti a svolgere i compiti assegnati;
f) completezza, omogeneità e unicità della responsabilità amministrativa in capo agli enti, per assicurare l’unitaria responsabilità di servizi o attività amministrative omogenee nonché una effettiva autonomia di organizzazione e di svolgimento;
g) graduale superamento della sovrapposizione di enti di governo e di gestione di servizi negli stessi ambiti territoriali, mediante unificazione in capo ad un solo ente di compiti e responsabilità, tenendo conto del rilievo pubblicistico delle attività di indirizzo politico-programmatico spettanti a ciascun livello istituzionale;
h) armonizzazione degli strumenti, generali e settoriali, della programmazione per lo sviluppo della montagna.


Capo I
Riordino delle Comunità montane


ARTICOLO 4
Revisione degli ambiti territoriali delle Comunità montane


1. Per favorire la valorizzazione delle zone montane e l’esercizio associato di funzioni comunali, la Regione, in deroga a quanto disposto dall’articolo 5, dall’articolo 9, comma 1 lettera c) e dall’articolo 10, comma 1 della legge regionale 26 aprile 2001, n. 11 (Disciplina delle forme associative e altre disposizioni in materia di enti locali), provvede, in attuazione dell’articolo 2, commi da 16 a 22 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008) e con le procedure indicate nel presente articolo, alla ridelimitazione degli ambiti territoriali delle Comunità montane, quali enti specificamente preposti alla salvaguardia, alla valorizzazione ed al presidio delle zone montane.
2. A tal fine la Regione opera una riduzione del numero complessivo delle Comunità montane, che non potranno essere superiori a nove, attraverso:
a) l’accorpamento di Comunità montane;
b) lo scioglimento di Comunità montane ed eventuale contestuale trasformazione in Unioni di Comuni, anche allargate ad altri Comuni;
c) lo scioglimento della Comunità montana e contestuale incorporazione in una Unione di Comuni preesistente o nel Nuovo Circondario imolese;
d) la fusione in un unico Comune montano di Comuni facenti parte della Comunità montana che conseguentemente viene soppressa.
3. In attuazione del comma 2, la Giunta regionale, tenuto conto delle caratteristiche territoriali, demografiche, socio-economiche complessive e dei preesistenti ambiti di cooperazione tra i Comuni, delibera, entro il 31 ottobre 2008, una proposta di ridelimitazione degli ambiti territoriali delle Comunità montane, ivi incluse eventuali ipotesi di scioglimento o di esclusione di alcuni comuni dal loro ambito territoriale. La proposta è trasmessa a tutte le Comunità montane ed ai Comuni interessati, che devono esprimere il loro parere in merito entro il 31 gennaio 2009.
4. Il parere ai sensi del comma 3 deve essere deliberato dagli organi rappresentativi dei Comuni e delle Comunità montane interessati e può contenere proposte diverse di ridelimitazione o scioglimento, purché coerenti ad una delle ipotesi indicate al comma 2.
5. Qualora i Comuni interessati, nel rendere il suddetto parere, deliberino di aderire ad una delle ipotesi di cui al comma 2, lettere b) e c) del presente articolo, disciplinate all’articolo 6, la nuova Unione di Comuni, ovvero l’incorporazione in Unione preesistente, deve essere costituita entro il 30 giugno 2009; decorso tale termine la Comunità montana può essere, in ogni caso, sciolta.
6. In caso di mancata trasmissione alla Regione del parere e delle diverse proposte entro i dieci giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 3, il parere si intende favorevole.
7. Il presidente della Giunta regionale, tenuto conto dei pareri e delle proposte espressi dagli enti interessati, adotta decreti di ridelimitazione entro il 28 febbraio 2009, dandone preventivamente comunicazione agli enti interessati. I decreti possono prevedere la decorrenza dei propri effetti dalla data di insediamento dei nuovi Consigli comunali successiva alle prossime elezioni amministrative locali.
8. Il presidente della Giunta regionale, con i decreti di ridelimitazione disciplina i rapporti successori fra le precedenti Comunità montane, i nuovi enti ed i Comuni nominando, ove necessario, un commissario per le relative operazioni. Di norma, in caso di accorpamento di più Comunità montane, la Nuova Comunità montana subentra in tutti i rapporti giuridici delle precedenti. Gli stessi decreti prevedono, altresì, il termine per l’approvazione dei nuovi statuti e per la costituzione dei nuovi organi, anche in deroga all’articolo 7 della legge regionale n. 11 del 2001.
9. Al fine di favorire la trasformazione di Comunità montane in Unioni di Comuni, una quota del fondo regionale per il funzionamento delle Comunità montane di cui all’articolo 17 viene destinata alle Unioni derivanti da preesistenti Comunità montane per finanziarne il funzionamento, fino alla attribuzione alla Regione della gestione del fondo ordinario corrente statale.
10. La Regione assicura un riequilibrio nell’impiego delle risorse regionali, anche regolate da provvedimenti di settore, allo scopo di attenuare, per i Comuni montani, gli effetti sfavorevoli nell’accesso alle risorse statali per il funzionamento derivanti dallo scioglimento delle Comunità montane.


ARTICOLO 5
Disciplina e riduzione del numero dei componenti degli organi delle Nuove Comunità montane


1. Il Consiglio delle Nuove Comunità montane è formato esclusivamente da sindaci o consiglieri dei Comuni partecipanti.
2. La composizione e le modalità di elezione del Consiglio della Comunità montana sono stabiliti dallo statuto secondo uno dei seguenti modelli:
a) elezione di due rappresentanti di ciascun Consiglio comunale con voto separato dei consiglieri di maggioranza, compreso il sindaco, e di minoranza;
in tal caso ciascun consigliere di maggioranza o di minoranza può esprimere un solo voto a favore di un consigliere, rispettivamente, di maggioranza o di minoranza, considerando nulli i voti espressi in modo difforme. Lo statuto può prevedere, in luogo della elezione del rappresentante di maggioranza, che il sindaco sia membro di diritto del Consiglio comunitario. Nel Consiglio così costituito il sindaco o il rappresentante consiliare della maggioranza dispone di due voti e quello della minoranza di un unico voto;
b) elezione congiunta del Consiglio della Comunità montana con sistema proporzionale sulla base di liste concorrenti, in un’unica assemblea alla quale partecipano tutti i consiglieri dei Comuni in essa ricompresi ciascuno dei quali ha diritto a un voto;
c) individuazione di tutti i sindaci quali membri di diritto del Consiglio comunitario ed elezione della rimanente quota di componenti con il metodo di cui alla lettera b). A tal fine, ogni sindaco deve dichiarare, in sede di presentazione delle liste, il proprio collegamento con una di esse. I seggi sono attribuiti con il metodo proporzionale puro. Qualora la lista maggioritaria risulti avere conseguito oltre il sessanta per cento dei seggi, sommando quelli ottenuti sulla base del risultato della votazione e quelli dei sindaci membri di diritto che ad essa hanno dichiarato il collegamento, dai seggi elettivi si detrae un numero pari a quello necessario per riportare la consistenza della rappresentanza della lista non oltre il sessanta per cento dei componenti l’organo. I seggi così sottratti vengono ridistribuiti con metodo proporzionale tra le altre liste concorrenti.
3. Nei casi previsti al comma 2, lettere b) e c), in caso di tornate elettorali differenziate tra i Comuni aderenti, il Consiglio dell’ente associativo deve essere rinnovato e il precedente organo resta in carica in regime di prorogatio fino alla elezione del nuovo. In tali casi, previsti dal comma 2, lettere b) e c), lo statuto stabilisce altresì il numero massimo dei componenti il Consiglio in misura non superiore a:
a) 24 membri nelle Comunità montane con popolazione superiore a 30.000 abitanti;
b) 16 membri nelle Comunità montane con popolazione superiore a 10.000 abitanti;
c) 13 membri nelle Comunità montane con popolazione superiore a 3.000 abitanti.
4. La Giunta è composta da tutti i sindaci dei Comuni aderenti. Lo statuto disciplina le modalità di elezione del presidente, da scegliersi tra i sindaci.
5. Per le Comunità montane costituite da almeno otto Comuni lo statuto può prevedere una Giunta a composizione ridotta, di cui facciano parte un numero massimo di sindaci pari a cinque, compreso il presidente, eletti dal Consiglio comunitario. In tal caso lo statuto deve prevedere che i sindaci siano membri di diritto del Consiglio comunitario o, in alternativa, che sia costituito un ulteriore organismo, la Conferenza dei sindaci. La Conferenza dei sindaci, i cui componenti non percepiscono alcuna indennità, deve essere obbligatoriamente sentita su tutti gli atti concernenti gestioni associate intercomunali.
6. Ai sensi dell’articolo 2, comma 18, lettera c) della legge n. 244 del 2007, agli assessori non è riconosciuta alcuna indennità, ferma restando quella ad essi spettante in quanto sindaci dei rispettivi Comuni. Al presidente può essere riconosciuta una indennità, a carico della Comunità montana, in misura pari alla differenza tra l’indennità spettante in quanto sindaco e quella spettante per la carica di presidente della Comunità montana, calcolata ai sensi dell’articolo 82, comma 8, lettera c) del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).
Permane altresì il diritto a fruire dei permessi, licenze, gettoni di presenza, rimborsi spese e di ogni altra tutela spettante ai componenti degli organi delle Comunità montane in base alla vigente normativa statale in materia di “status degli amministratori”.
7. I Comuni adeguano lo statuto delle Nuove Comunità montane alle disposizioni della presente legge entro il termine stabilito dal decreto del presidente della Giunta regionale di cui all’articolo 4, comma 8 della presente legge.
Fermo restando quanto previsto all’articolo 8, comma 2, decorso tale termine e fino al momento della entrata in vigore delle modifiche statutarie di adeguamento, le norme statutarie in contrasto con la presente legge sono da considerarsi prive di ogni effetto.
8. L’articolo 18 della legge regionale 24 marzo 2004, n. 6 (Riforma del sistema amministrativo regionale e locale. Unione europea e relazioni internazionali. Innovazione e semplificazione. Rapporti con l’Università) è abrogato.


ARTICOLO 6
Scioglimento di Comunità montane per trasformazione in Unioni di Comuni e per incorporazione ad Unioni di Comuni esistenti


1. Qualora i Comuni già facenti parte di una Comunità montana deliberino, anche unitamente a Comuni contermini non montani, di costituire una o più Unioni di Comuni, o di aderire ad una Unione o al Nuovo Circondario imolese, la Regione provvede, con decreto del presidente della Giunta regionale, allo scioglimento della Comunità montana regolamentando i relativi rapporti successori anche attraverso la nomina di un commissario. Il decreto produce effetto contestualmente alla approvazione o alla modifica dello statuto e dell’atto costitutivo dell’Unione.
2. Le Unioni di Comuni istituite ai sensi del comma 1, per esercitare le funzioni ed i compiti delle preesistenti Comunità montane, devono prevedere nel loro statuto:
a) una durata dell’Unione di Comuni non inferiore a dieci anni;
b) una maggioranza qualificata per il recesso da parte dei Comuni dall’Unione pari a due terzi dei componenti il Consiglio comunale;
c) nel caso di legittimo recesso di un Comune dall’Unione, che detto recesso abbia effetto a partire dal secondo anno dalla adozione della deliberazione consiliare.
3. Qualora l’Unione di Comuni ricomprenda anche Comuni non montani, la Giunta dell’Unione si riunisce in composizione ristretta ai sindaci dei Comuni montani quando delibera sulle funzioni proprie della Comunità montana soppressa e su materie di esclusivo interesse dei Comuni montani.
4. L’adesione di Comuni montani ad Unioni di Comuni e la soppressione delle Comunità montane o comunque l’esclusione di tali Comuni da Comunità montane non priva i relativi territori montani, come precisato all’articolo 2, comma 19 della legge n. 244 del 2007, dei benefici e degli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea e dalle leggi statali ed anche regionali.
5. Le Unioni istituite o ampliate ai sensi del presente articolo assumono le funzioni della Comunità montana preesistente, subentrando alla stessa in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi. E’ attribuita alle suddette Unioni la potestà di svolgere le funzioni, esercitare le competenze, partecipare agli organismi istituiti, adottare gli atti e le iniziative attribuite alle Comunità montane dalle disposizioni delle leggi regionali vigenti.
6. In caso di successivo scioglimento volontario dell’Unione o di recesso dei Comuni già
appartenenti alle Comunità montane soppresse, la Regione può, con decreto del presidente della Giunta regionale e sentiti i Comuni interessati, disporre nuovamente l’istituzione della Comunità montana includendovi i Comuni montani o parzialmente montani. Il decreto di ricostituzione indica i Comuni e ricostituisce la Comunità, stabilendo le procedure per l’insediamento dell’organo rappresentativo e regolando gli aspetti successori.
7. Le disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 si applicano anche al Nuovo Circondario imolese qualora esso subentri, ai sensi del comma 1, ad una Comunità montana.


ARTICOLO 7
Costituzione di presidi territoriali


1. Al fine di garantire l’ottimale gestione, l’esercizio delle funzioni da parte della Comunità montana ridelimitata per accorpamento può essere svolto, in modo da assicurarne l’esercizio unitario, mediante sportelli unici decentrati di presidio territoriale, di regola istituiti presso i Comuni, competenti per tutti gli adempimenti inerenti ciascuna funzione o servizio e che curino l’acquisizione di tutti gli elementi e atti necessari.


ARTICOLO 8
Modifiche alla disciplina di approvazione dello statuto delle Comunità montane


1. Lo statuto della Comunità montana è approvato o modificato dai Consigli dei
Comuni partecipanti con le procedure e le maggioranze richieste per le modifiche statutarie dei Comuni.
2. Quando la legge impone obblighi di adeguamento statutario se i Consigli comunali non vi provvedono entro il termine fissato o, in mancanza, entro i quattro mesi dall’entrata in vigore dalla legge che impone l’adeguamento, provvede in via sostitutiva il presidente della Giunta regionale.


Capo II
Misure di riordino ed incentivazione delle forme associative


ARTICOLO 9
Principio di non sovrapposizione tra enti associativi


1. La Regione favorisce la razionalizzazione del processo di riorganizzazione delle funzioni, dei servizi e delle strutture incentivando le forme associative con personalità giuridica a vocazione plurifunzionale e in ambito sovracomunale in cui non vi sia sovrapposizioni di enti e di competenze.
A tal fine, per accedere ai contributi regionali destinati alle forme associative, ivi incluse le Nuove Comunità montane ed il Nuovo Circondario imolese, i Comuni non possono aderire per le stesse funzioni o servizi a più di un ente associativo, salva l’adesione a consorzi istituiti o resi obbligatori da leggi nazionali o regionali.
2. La Regione promuove, in via prioritaria la fusione tra Comuni, la costituzione di Unioni di Comuni e l’esercizio associato delle funzioni da parte delle Nuove Comunità montane.


ARTICOLO 10
Principi per il conferimento di funzioni in adeguatezza alle Nuove Comunità montane e alle Unioni di Comuni


1. Le leggi regionali successive al riordino delle forme associative operato dalla presente legge, disciplinano il conferimento alle Nuove Comunità montane ed alle Unioni di Comuni di funzioni e compiti amministrativi e delle relative risorse. Le suddette leggi si ispirano ai seguenti principi:
a) valorizzare i principi di sussidiarietà, di adeguatezza, di semplificazione, di concentrazione e di differenziazione nella individuazione delle condizioni e modalità di esercizio delle funzioni amministrative, in modo da assicurarne l’esercizio unitario da parte del livello di ente locale che, per le caratteristiche dimensionali e strutturali, ne garantisca l’ottimale gestione;
b) razionalizzare, semplificare e contenere i costi per l’esercizio associato delle funzioni da parte dei Comuni, attraverso il criterio dell’unificazione per ambiti territoriali adeguati;
c) riordinare e semplificare le strutture organizzative dell’amministrazione, limitandole a quelle strettamente necessarie all’esercizio delle funzioni, anche al fine di eliminare le sovrapposizioni;
d) razionalizzare e semplificare i livelli di governo e di gestione, prevedendo, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 97 e 118 della Costituzione, che su un medesimo territorio possa configurarsi, di regola, un solo livello, plurifunzionale, per l’esercizio associato delle funzioni che i singoli Comuni non sono in grado di svolgere singolarmente.
2. Il conferimento di funzioni di cui al comma 1 alle Unioni di Comuni è effettuato, in attuazione del principio di adeguatezza, a condizione che siano rispettati i requisiti per l’accesso ai contributi regolati dall’articolo 14.
3. Le Unioni di Comuni e le Nuove Comunità montane, oltre alle funzioni conferite ai sensi dei commi 1 e 2, gestiscono tutte le funzioni che i Comuni conferiscono loro al fine dello svolgimento in forma associata. Solgono altresì tutte le funzioni conferite loro dalla Provincia, previa apposita convenzione tra la Provincia medesima e gli enti interessati ai sensi dell’articolo 12.


ARTICOLO 11
Conferimento volontario di funzioni dei Comuni alle Nuove Comunità montane ed alle Unioni


1. Il conferimento volontario alle Nuove Comunità montane ed alle Unioni di funzioni comunali deve essere integrale, senza che residuino in capo ai Comuni attività e compiti riferibili alla stessa funzione, salva la possibilità di articolare sportelli decentrati territoriali per un migliore rapporto con l’utenza. Tale conferimento deve essere effettuato, di norma, da tutti i Comuni aderenti alla forma associativa. I commi 2, 3 e 4 del presente articolo si applicano qualora il conferimento sia effettuato da tutti i Comuni aderenti.
2. In presenza del conferimento di funzioni, i compiti che la legge attribuisce ai sindaci, ivi inclusa la sottoscrizione di accordi di programma ed altri accordi, sono esercitati dal presidente dell’Unione o della Nuova Comunità montana.
3. I compiti e le funzioni che per legge spettano ai Consigli comunali sono esercitate, in caso di conferimento all’Unione o alla Nuova Comunità montana, dal Consiglio dell’Unione o della Nuova Comunità montana, sentita la Giunta dell’ente associativo Nuova Comunità montana. Le funzioni della Giunta comunale sono esercitate, in caso di conferimento, dalla Giunta dell’ente associativo.
4. Ove la Nuova Comunità montana o l’Unione coincidano con il distretto socio sanitario le funzioni del Comitato di distretto sono esercitate dalla Giunta, la cui composizione viene integrata ove la legge lo preveda, con la partecipazione del direttore del distretto, o di altri soggetti che per legge devono essere sentiti.
5. Entro il 31 dicembre 2010 i Comuni provvedono ad adeguare alle previsioni del comma 1 i conferimenti di funzioni già effettuati in favore delle rispettive Unioni e Comunità montane di appartenenza.


ARTICOLO 12
Sviluppo della cooperazione tra le Province e gli enti associativi


1. Le Province, anche in forma associata, in convenzione con gli enti interessati, possono attribuire alle Nuove Comunità montane o alle Unioni di Comuni il compito di svolgere anche attività e funzioni provinciali decentrate, in relazione alle esigenze della popolazione ed alla funzionalità dei servizi.
2. La convenzione, nel rispetto dei criteri definiti all’articolo 30 del decreto legislativo n. 267 del 2000, dovrà stabilire, nell’ambito delle competenze provinciali, le funzioni ed i compiti attributi, e dovrà stabilire altresì le modalità di svolgimento, anche mediante delega, costituzione di uffici comuni o specifiche modalità di organizzazione degli uffici provinciali e degli altri enti locali.
3. Nell’ambito della Conferenza territoriale prevista dall’articolo 10, comma 2, della legge regionale n. 6 del 24 marzo 2004 (Riforma del sistema amministrativo regionale e locale. Unione europea e relazioni internazionali.
Innovazione e semplificazione. Rapporti con l’Università) viene periodicamente convocata una apposita sessione di coordinamento dei Sindaci dei Comuni montani, al fine di garantire l’unitarietà dei processi di programmazione, valorizzazione, rappresentanza e pianificazione del territorio montano.


ARTICOLO 13
Modifiche alla legge regionale n. 11 del 2001 in materia di programma di riordino territoriale e di incentivi alle forme associative


1. Il comma 4 dell’articolo 3 della legge regionale n. 11 del 2001 è abrogato.
2. La lettera a) del comma 1 dell’articolo 9 della legge regionale n. 11 del 2001 è abrogata.
3. Al comma 1 dell’articolo 10 della legge regionale n. 11 del 2001 dopo l’espressione “di cui alle lettere” è soppressa la lettera “a),”.
4. Il comma 5 dell’articolo 13 della legge regionale n. 11 del 2001 è abrogato. Il programma di riordino territoriale, qualora all’interno di una Comunità montana costituita da almeno otto Comuni, o insistente su valli separate, siano state individuate una o più zone, può prevedere in via transitoria, in deroga a quanto stabilito dal secondo periodo del comma 4 dell’articolo 14 della legge regionale n. 11 del 2001, come modificato dal comma 6 del presente articolo, che i contributi siano erogati in proporzione al numero dei Comuni appartenenti alla zona interessata dall’esercizio associato, sempre che ciascun Comune sia computato in una sola zona.
5. L’articolo 15 della legge regionale n. 11 del 2001 è abrogato.
6. L’articolo 14 della legge regionale n. 11 del 2001, è così sostituito:
"Art. 14 Criteri per la concessione degli incentivi alle forme associative
1. Il programma di riordino territoriale specifica i criteri per la corresponsione degli incentivi alle diverse forme di gestione associata, tenendo conto della tipologia della forma associativa, delle funzioni e dei servizi oggetto della gestione associata, del grado di integrazione nell’esercizio delle funzioni e del raggiungimento di eventuali obiettivi di efficacia ed efficienza.
2. Il programma prevede l’erogazione di contributi ordinari annuali alle Unioni ed alle Nuove Comunità montane e di contributi straordinari da erogarsi all’atto della costituzione di Unioni, ed in particolare di quelle derivanti dalla trasformazione di preesistenti Comunità montane, nonché per l’istituzione di Nuove Comunità montane derivanti dall’accorpamento di preesistenti Comunità montane. Non è corrisposto alcun contributo alle Unioni di Comuni comprese, in tutto o in parte, in una Comunità montana.
3. Nella determinazione dell’importo dei contributi, è prevista in ogni caso una maggiorazione per le Unioni e le Comunità montane, secondo quanto previsto dall’articolo 33, comma 4, lettera a), punto 2) del decreto legislativo n. 267 del 2000.
4. Nella determinazione dell’importo del contributo ordinario, sono preferite le funzioni ed i servizi gestiti tramite uffici comuni o che comunque implicano una maggiore integrazione tra gli uffici ed il personale dei Comuni aderenti, incentivando prioritariamente il trasferimento del personale adibito alle funzioni conferite alla forma associativa. Il contributo ordinario si computa con esclusivo riferimento alle funzioni ed ai servizi svolti in forma associata dalla totalità dei Comuni ricompresi nell’Unione o nella Nuova Comunità montana.
5. Sono valutabili, ai fini della incentivazione, solo le funzioni integralmente conferite all’Unione o alla Nuova Comunità montana escludendo tassativamente il permanere di residue funzioni in capo ai singoli Comuni.
6. Il programma può prevedere che per talune funzioni e servizi l’entità dei contributi venga commisurata al raggiungimento di determinati obiettivi di efficacia ed efficienza incentivando le forme associative che raggiungano un livello minimo di prestazioni definito dalla Giunta nell’ambito del programma di riordino territoriale medesimo.
7. Il programma può altresì prevedere che la quantificazione dei contributi tenga conto della entità del bilancio della forma associativa e del volume di risorse effettivamente gestite, o della dimensione demografica e territoriale complessiva della forma associativa.
8. I contributi ordinari successivi alla prima annualità sono decurtati delle somme già concesse nell’anno precedente, laddove, sulla base della documentazione finanziaria, non sia comprovata l’effettiva gestione associata dei servizi o il raggiungimento dei risultati programmati. Essi non sono soggetti alle disposizioni dell’articolo 158 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e sono rendicontati in base alla disciplina prevista nel programma di riordino territoriale.
9. Il programma di riordino territoriale può prevedere, altresì, l’erogazione di contributi in conto capitale in favore delle Unioni di Comuni e delle Nuove Comunità montane per spese di investimento finalizzate ad una più efficace gestione associata di funzioni e servizi. Il programma di riordino detta la specifica disciplina, regolando anche le opportune forme di raccordo e coordinamento con le discipline settoriali.
10. La concessione dei contributi è effettuata nei limiti dello stanziamento annuale di bilancio.
Se il totale dei contributi massimi, erogabili sulla base delle domande presentate, eccede le risorse finanziarie impegnabili, il contributo spettante a ciascuno dei richiedenti è ridotto in proporzione.".
7. Il programma di riordino territoriale può prevedere in via transitoria, in deroga a quanto stabilito dal secondo periodo del comma 4 dell’articolo 14 della legge regionale n. 11 del 2001, che il contributo ordinario si computi anche considerando le funzioni ed i servizi svolti in forma associata da almeno i quattro quinti dei Comuni ricompresi nella Unione o nella Nuova Comunità montana, costituite tra almeno otto Comuni.


ARTICOLO 14
Ulteriori requisiti per l’accesso ai contributi


1. La Regione incentiva le Unioni dei Comuni e le Nuove Comunità montane nei cui confronti sia effettuato il conferimento stabile ed integrato di funzioni comunali, riferito ad almeno tre tra le seguenti aree di amministrazione generale:
a) personale;
b) gestione delle entrate tributarie e servizi fiscali;
c) gestione economica e finanziaria;
d) servizi tecnici, urbanistica ed edilizia;
e) servizi informativi;
f) organizzazione unitaria dei servizi demografici (anagrafe e stato civile);
g) appalti di forniture di beni e servizi;
h) appalti di lavori pubblici;
i) sportello unico attività produttive;
l) attività istituzionali e segreteria;
m) polizia municipale;
n) protezione civile;
o) servizi sociali;
p) servizi scolastici;
q) elaborazione degli strumenti di pianificazione urbanistica in ambito intercomunale;
r) catasto;
s) funzioni comunali in materia di edilizia residenziale pubblica.
2. Il numero minimo delle aree di amministrazione generale di cui al comma 1 deve essere incrementato ad almeno sei a decorrere dal terzo anno successivo alla entrata in vigore della presente lege o dalla costituzione o ridelimitazione dell’ente associativo.
3. I conferimenti effettuati ai sensi dei commi 1 e 2 devono essere effettuati da tutti i Comuni aderenti alla forma associativa e devono riguardare l’intera area funzionale.
4. La Regione incentiva la costituzione su base volontaria di Unioni formate da almeno quattro Comuni di norma contermini o da almeno tre Comuni con popolazione complessiva non inferiore ai 15.000 abitanti, con una durata non inferiore a cinque anni ed il cui statuto preveda che la Giunta sia composta esclusivamente da sindaci. Il requisito del numero minimo di Comuni non si applica alle Unioni derivanti da trasformazione di preesistenti Comunità montane istituite ai sensi dell’articolo 4, comma 2, lettera b) della presente legge.
5. L’Unione e la Nuova Comunità montana possono gestire servizi pubblici locali privi di rilevanza economica anche attraverso aziende speciali o istituzioni, di cui all’articolo 114 del decreto legislativo n. 267 del 2000, previa analisi dei costi e dei benefici che dimostri l’economicità e la convenienza del ricorso a tale forma di gestione.


ARTICOLO 15
Contributi per il riordino territoriale


1. Le Associazioni intercomunali possono accedere ai contributi di settore, con priorità rispetto alle semplici convenzioni, in base alle disposizioni dell’articolo 12 della legge regionale n. 11 del 2001, dell’articolo 14 della legge regionale n. 6 del 2004, ferma restando la preferenza da accordare prioritariamente alle Unioni ed alle Nuove Comunità montane.
2. In deroga a quanto previsto dall’articolo 13, fino al 31 dicembre 2009 il programma di riordino territoriale può prevedere, ferma restando la preferenza per le Unioni e le Nuove Comunità montane,
contributi in favore delle Associazioni intercomunali a condizione che, entro tale data, intervenga la trasformazione dell’Associazione intercomunale in Unione.
3. Qualora, ai sensi dell’articolo 6, comma 1 della presente legge, i Comuni aderenti alla Comunità montana deliberino di conferire al Nuovo Circondario imolese la gestione associata delle funzioni già da essi conferite alla Comunità montana, il presidente della Giunta regionale decreta lo scioglimento della Comunità montana medesima ed il Nuovo Circondario è autorizzato a richiedere l’erogazione dei contributi regionali ordinari e dei contributi in conto capitale disciplinati dal programma di riordino territoriale per le funzioni ed i servizi da esercitarsi in forma associata in luogo della Comunità montana disciolta.
4. Fermo restando quanto disposto al comma 1, ai fini dell’applicazione dell’articolo 14, comma 2 della legge regionale n. 11 del 2001, il Nuovo Circondario imolese è equiparato ad una Unione di Comuni.


ARTICOLO 16
Incentivazione della fusione di Comuni


1. La Regione incentiva le fusioni dei Comuni, con specifiche premialità per quelle coinvolgenti i Comuni aventi meno di 3.000 abitanti o comunque di minori dimensioni demografiche. Il programma di riordino territoriale prevede altresì specifiche premialità per la fusione di Comuni già precedentemente aderenti alla medesima Unione di Comuni.
2. Decorsi tre anni dalla entrata in vigore della presente legge la Giunta regionale e le Unioni interessate effettuano annualmente una ricognizione delle Unioni che, avendo beneficiato da almeno tre anni dei contributi regionali per le Unioni, presentano altresì caratteristiche demografiche, territoriali e di integrazione delle funzioni tali da incoraggiare l’avvio di una apposita iniziativa legislativa regionale, d’intesa con i Comuni interessati, finalizzata alla fusione. Tali percorsi coinvolgono prioritariamente le Unioni costituite da un numero ridotto di Comuni e con una popolazione complessiva inferiore a 30.000 abitanti.
3. Il Programma di riordino territoriale specifica gli incentivi corrisposti alle fusioni, e
stabilisce la durata, non inferiore a quindici anni, di quelli ordinari annuali.
4. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 12, comma 10 della legge regionale 8 luglio 1996, n. 24, il Programma di riordino territoriale può prevedere e disciplinare contributi straordinari per sostenere le spese del procedimento amministrativo e organizzativo della fusione di Comuni e per contribuire alle spese di investimento necessarie per l’apertura di sportelli decentrati o per l’acquisto di mezzi e strumentazioni utili per assicurare l’erogazione uniforme dei servizi sull’intero territorio del comune derivante dalla fusione o incorporazione di Comuni.
5. Ai contributi corrisposti alle fusioni non si applica alcuna riduzione proporzionale.
6. I programmi e provvedimenti regionali di settore che prevedono contributi a favore degli enti locali garantiscono priorità assoluta ai Comuni derivanti da fusione, nei dieci anni successivi alla loro costituzione. La disposizione si applica anche ai provvedimenti provinciali adottati su delega regionale.
7. Agli oneri derivanti dall’applicazione delle norme dei commi precedenti, la Regione fa fronte con l’istituzione di appositi capitoli del bilancio di previsione che verranno previsti al momento della approvazione delle leggi regionali di fusione dei Comuni.


ARTICOLO 17
Destinazione alle Unioni di Comuni subentranti a Comunità montane disciolte del fondo regionale per il funzionamento delle Comunità montane


1. I contributi di cui all’articolo 7 bis della legge regionale n. 11 del 2001 vengono destinati anche alle Unioni di Comuni che, ai sensi dell’articolo 6 della presente legge, subentrino a preesistenti Comunità montane disciolte.
2. A tal fine la Giunta regionale, tenuto conto del riordino complessivo delle Comunità montane e delle ipotesi di cui all’articolo 6, individua la quota del fondo allocato sul capitolo 03215 del bilancio annuale di previsione da ripartire tra le Nuove Unioni stabilendo altresì i criteri di riparto, che terranno conto esclusivamente dei Comuni appartenenti alla Comunità montana disciolta.
3. La restante quota del fondo viene ripartita tra le Comunità montane in base alla disciplina contenuta nell’articolo 7 bis della legge regionale n. 11 del 2001.


Capo III
Interventi per la valorizzazione dei territori montani Modifiche alla legge regionale n. 2 del 2004


ARTICOLO 18
Modifiche alla legge regionale n. 2 del 2004


1. Alla legge regionale 20 gennaio 2004, n. 2 (Legge per la montagna), sono apportate le seguenti modifiche:
a) il comma 5 dell’articolo 1 è sostituito dal seguente:
"5. Ai fini della presente legge si definiscono:
a) Comuni montani: i Comuni compresi nelle zone montane di cui alla lettera b);
b) zone montane: i territori appartenenti al sistema appenninico emiliano-romagnolo individuati secondo criteri geomorfologici e socio-economici definiti con apposito atto della Giunta regionale.";
b) dopo il comma 5 dell’articolo 1 è aggiunto il seguente comma:
"5 bis. Le disposizioni della presente legge relative alle Comunità montane si applicano anche alle Unioni di Comuni comprendenti zone montane ed al Nuovo Circondario imolese, di cui all’articolo 23 della legge regionale 24 marzo 2004, n. 6 (Riforma del sistema amministrativo regionale e locale.
Unione europea e relazioni internazionali. Innovazione e semplificazione. Rapporti con l’Università), qualora esso ricomprenda zone montane non incluse in una Comunità montana.";
c) l’articolo 2 è sostituito dal seguente:"Art. 2 Conferenza per la montagna
1. La Conferenza per la montagna, organo di coordinamento delle politiche per lo sviluppo delle zone montane, è costituita dai presidenti delle Comunità montane e delle Province comprendenti zone montane, dai sindaci dei Comuni di cui all’articolo 1, comma 4, e dal presiente della Regione, o dai loro delegati.
2. La Conferenza partecipa all’elaborazione dei contenuti del programma regionale per la montagna, di cui all’articolo 3 bis.
3. Il presidente della Regione, o su sua delega l’assessore competente in materia di politiche per la montagna, svolge le funzioni di presidenza della Conferenza e provvede alla relativa convocazione.";
d) al comma 2 dell’articolo 3 le parole "sentite le Province, le Comunità montane ed i Comuni coinvolti" sono sostituite dalle parole "sentite le Province e le Comunità montane coinvolte";
e) dopo l’articolo 3 è aggiunto il seguente articolo:"Art. 3 bisProgramma regionale per la montagna1. L’Assemblea legislativa regionale definisce con un atto di programmazione a valenza pluriennale:
a) le priorità da osservarsi nell’ambito degli obiettivi di sviluppo delle zone montane di cui all’articolo 1, e le conseguenti linee di indirizzo per la programmazione settoriale regionale e per la definizione dei contenuti degli accordi-quadro di cui all’articolo 4;
b) i criteri generali per il riparto annuale delle risorse del fondo regionale per la montagna, di cui all’articolo 8, prevedendo priorità di finanziamento per le Comunità montane che realizzino processi di fusione tra i relativi Comuni;
c) le modalità di erogazione, nonché le ipotesi e le modalità dell’eventuale revoca dei finanziamenti di cui alla lettera b);
d) le attività di monitoraggio concernenti l’utilizzo delle risorse regionali destinate al perseguimento degli obiettivi di sviluppo della montagna, con particolare riferimento all’attuazione degli interventi previsti negli accordi-quadro di cui all’articolo 4.
2. I contenuti del programma costituiscono riferimento per gli atti di programmazione settoriale della Regione che individuano misure ed interventi a favore dello sviluppo della montagna. Tali programmi recepiscono le priorità e le linee d’indirizzo di cui al comma 1, lettera a).
3. La Giunta regionale predispone la proposta di programma con la partecipazione della Conferenza per la montagna, ai sensi dell’articolo 2, e la sottopone all’Assemblea legislativa regionale previo parere del Consiglio delle Autonomie locali, di cui all’articolo 23 dello Statuto, o, fino
all’avvio delle attività di tale Consiglio, della Conferenza Regione-Autonomie locali di cui all’articolo 30 della legge regionale 21 aprile 1999, n. 3 (Riforma del sistema regionale e locale).
4. Ai fini dell’attuazione del programma, la Giunta regionale definisce con proprio atto:
a) le modalità di integrazione degli interventi previsti nei programmi settoriali regionali, ricadenti nelle zone montane;
b) le modalità di monitoraggio dei medesimi interventi settoriali, per la rendicontazione all’Assemblea legislativa regionale.”;
f) l’articolo 4 è sostituito dal seguente:"Art. 4 Accordi-quadro per lo sviluppo della montagna1. La Comunità montana promuove un accordo-quadro volto a definire, insieme alla Regione ed alle Province territorialmente coinvolte, ed insieme ad eventuali altri soggetti pubblici e privati, un programma triennale delle opere e degli interventi prioritari per lo sviluppo socio-economico delle zone montane, in relazione all’insieme delle preventivabili risorse finanziarie pubbliche e private.
2. I contenuti dell’accordo sono definiti in coerenza alle linee di indirizzo definite dal programma regionale per la montagna, di cui all’articolo 3 bis, comma 1, lettera a) ed agli obiettivi programmatici ed alle politiche di governo del territorio previsti negli strumenti di pianificazione generali e settoriali.
3. L’accordo assume valore ed effetti del piano pluriennale di sviluppo delle Comunità montane, di cui all’articolo 28, commi 3, 4 e 5 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).";
g) l’articolo 5 è sostituito dal seguente: "Art. 5 Procedimento per l’accordo-quadro
1. La Comunità montana definisce i contenuti della proposta di accordo-quadro ricercando la più ampia concertazione con altri soggetti potenzialmente interessati e assicurando l’attivazione delle forme di partecipazione di cui all’articolo 7.
2. All’accordo-quadro partecipano la Comunità montana, la Regione e la Provincia. Possono inoltre partecipare i seguenti soggetti, qualora assumano specifici impegni per la sua attuazione:
a) altri enti pubblici e gestori di servizi pubblici o di interesse pubblico individuati dalla Comunità montana, i quali si impegnino a coordinare i propri programmi di investimento secondo quanto previsto dall’accordo-quadro;
b) le parti sociali le quali si impegnino a contribuire direttamente alla realizzazione degli obiettivi dell’accordo-quadro.
3. All’accordo-quadro si applicano le disposizioni previste dall’articolo 11, commi 2, 3, 4 e 5 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).
4. L’accordo-quadro è attuato mediante i programmi annuali operativi di cui all’articolo 6 e le azioni di cui al Titolo IV, nonché mediante gli atti di programmazione delle amministrazioni partecipanti. All’attuazione dell’accordo-quadro possono altresì partecipare i soggetti privati i quali si impegnino a concorrere con interventi o attività a proprio carico alla realizzazione delle azioni pubbliche previste nell’accordo-quadro; tali soggetti sono individuati dalla Comunità montana sulla base di criteri predeterminati, secondo procedure di evidenza pubblica idonee a garantire l’imparzialità e la trasparenza dell’individuazione.";
h) l’articolo 6 è sostituito dal seguente:"Art. 6 Programma annuale operativo (PAO)
1. Contestualmente all’approvazione del proprio bilancio annuale, la Comunità montana approva un programma annuale operativo (PAO) il quale individua le opere e gli interventi, contemplati nell’accordo-quadro, cui si intende dare attuazione nell’anno di riferimento, idicando puntualmente le relative fonti di finanziamento.
2. Il PAO approvato è trasmesso alla Provincia ed alla Regione, le quali entro trenta giorni segnalano eventuali incoerenze con le previsioni dell’accordo-quadro. Qualora non siano pervenute segnalazioni, il PAO acquisisce esecutività il trentunesimo giorno dalla trasmissione.
3. In caso di segnalazioni, la Comunità montana modifica e riapprova il PAO, riavviando la procedura di esecutività di cui al comma 2.
4. Sulla base del PAO esecutivo e dei criteri definiti dal programma regionale per la montagna, di cui all’articolo 3 bis, la Regione trasferisce alla Comunità montana la relativa quota di riparto del fondo regionale per la montagna di cui all’articolo 8.";
i) al comma 1 dell’articolo 7 sono soppresse le parole “di intesa istituzionale e”;
l) il Titolo III è sostituito dal seguente:
"Titolo III Finanziamenti regionali alle Comunità montane per gli interventi di sviluppo della montagna
Art. 8 Fondo regionale per la montagna
1. La Regione concorre al finanziamento degli interventi per lo sviluppo delle zone montane attraverso il fondo regionale per la montagna, istituito in attuazione dell’articolo 2, comma 3, della legge 31 gennaio 1994, n. 97 (Nuove disposizioni per le zone montane).
2. Il fondo è alimentato dalle seguenti risorse:
a) risorse del fondo nazionale per la montagna attribuite alla Regione, quantificate a norma dell’articolo 10, destinate alla realizzazione di azioni organiche e coordinate per lo sviluppo globale della montagna, ai sensi dell’articolo 1, comma 4 della legge n. 97 del 1994;
b) aggiuntive risorse regionali di cofinanziamento definite con la legge annuale di bilancio.
3. Le risorse del fondo regionale per la montagna sono destinate al trasferimento a favore delle Comunità montane. Le Comunità montane utilizzano tali risorse come contributo per il finanziamento degli interventi previsti nei programmi annuali operativi di cui all’articolo 6.
4. La Regione ripartisce annualmente le risorse tra le Comunità montane secondo i criteri e le modalità definiti dal programma regionale di cui all’articolo 3 bis.
Art. 9 Altri fondi regionali per lo sviluppo della montagna
1. La Regione concorre al finanziamento degli interventi per lo sviluppo della montagna anche attraverso i seguenti fondi:
a) fondo per le piccole opere ed attività di riassetto idrogeologico:
istituito in attuazione dell’articolo 7, comma 3 della legge n. 97 del 1994, il fondo finanzia contributi concessi dalle Comunità montane agli imprenditori agricoli per la realizzazione di piccole opere ed attività di manutenzione ambientale, secondo i criteri di cui all’articolo 23. Le risorse del fondo sono ripartite tra le Comunità montane in proporzione alla superficie totale delle aziende agro-silvo-pastorali censite all’interno delle zone montane dei rispettivi ambiti territoriali;
b) fondo per le opere pubbliche montane: il fondo è costituito dalle risorse del fondo nazionale ordinario per gli investimenti attribuite alla Regione, destinate alle Comunità montane per la realizzazione di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico, a norma dell’articolo 6, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 30 giugno 1997, n. 244 (Riordino del sistema dei trasferimenti erariali agli enti locali). Le risorse del fondo sono ripartite a favore delle Comunità montane secondo i seguenti parametri:
1) sessanta per cento in proporzione alla superficie delle zone montane;
2) quaranta per cento in proporzione alla popolazione residente nelle zone montane.
2. La Giunta regionale fissa le modalità di erogazione e di eventuale revoca dei finanziamenti, nonché gli obiettivi e le attività di monitoraggio.
Art. 10 Destinazione delle risorse del fondo nazionale per la montagna
1. Le risorse del fondo nazionale per la montagna trasferite dallo Stato alla Regione, ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 97 del 1994, sono suddivise secondo le seguenti quote:
a) ottanta per cento, conferito al fondo regionale per la montagna di cui all’articolo 8;
b) venti per cento, conferito al fondo per le piccole opere ed attività di riassetto idrogeologico, di cui all’articolo 9, comma 1, lettera a).
2. Le percentuali di riparto di cui al comma 1 possono essere rideterminate in sede di approvazione della legge finanziaria regionale, a norma dell’articolo 40 della legge regionale 15 novembre 2001, n. 40 (Ordinamento contabile della Regione Emilia-Romagna. Abrogazione delle L.R. 6 luglio 1977, n. 31 e 27 marzo 1972, n. 4).";
m) al comma 1 dell’articolo 23 le parole “I contributi di cui all’articolo 11, comma 1, lettera b)” sono sostituite dalle parole “I contributi di cui all’articolo 9, comma 1, lettera a)”;
n) al comma 1 dell’articolo 24 le parole “di cui all’articolo 8”, sono sostituite dalle parole “di cui all’articolo 3 bis”;
o) i commi 2 e 3 dell’articolo 24 sono abrogati;
p) all’alinea del comma 4 dell’articolo 24, le parole “di cui all’articolo 11” sono sostituite dalle parole “di cui agli articoli 8 e 9”;
q) alla lettera a) del comma 4 dell’articolo 24, le parole “di cui all’articolo 11, comma 1, lettera a)” sono sostituite dalle parole “di cui all’articolo 8”;
r) alla lettera b) del comma 4 dell’articolo 24, le parole “di cui all’articolo 11, comma 1, lettera b)” sono sostituite dalle parole “di cui all’articolo 9, comma 1, lettera a)”;
s) alla lettera c) del comma 4 dell’articolo 24, le parole “di cui all’articolo 11, comma 1, lettera c)” sono sostituite dalle parole “di cui all’articolo 9, comma 1, lettera b)”.


ARTICOLO 19
Norme transitorie per i procedimenti di cui alla legge regionale n. 2 del 2004


1. Le risorse inscritte nel bilancio di previsione regionale 2008, e nei bilanci relativi agli anni finanziari precedenti, per gli interventi di sviluppo della montagna, sono gestite dalla Regione e dagli Enti assegnatari sulla base delle disposizioni della legge regionale n. 2 del 2004 previgenti alle modifiche apportate con la presente legge.


Capo IV
Disposizioni transitorie e finali


ARTICOLO 20
Previsione di un testo unico regionale delle norme sugli enti locali associativi


1. La Giunta regionale è incaricata, a norma dell’articolo 54, comma 2 dello Statuto regionale di predisporre, entro diciotto mesi dalla entrata in vigore della presente legge, il progetto di un testo unico in materia di enti locali, con riguardo alla presente legge ed alle leggi di seguito indicate:
a) legge regionale n. 24 del 1996;
b) legge regionale n. 3 del 1999, Parte seconda, Titoli III e IV;
c) legge regionale n. 11 del 2001;
d) legge regionale n. 2 del 2004;
e) legge regionale n. 6 del 2004, Titolo II.
2. Il testo unico proposto dalla Giunta viene approvato dall’Assemblea legislativa con procedura redigente.
3. Ai sensi dell’articolo 54, comma 4 dello Statuto, nel tempo fissato per portare all’esame
dell’Assemblea il testo unico, le proposte di modifica dei provvedimenti legislativi oggetto del coordinamento o del riordino, se formalmente presentate, sono sospese sino all’emanazione del testo unico o possono formare oggetto di modifica della delibera di cui al comma 2.


ARTICOLO 21
Contributi alle forme associative già esistenti


1. Fino al 31 dicembre 2009, per le Unioni già istituite alla data di entrata in vigore della presente legge tra Comuni compresi in una Comunità montana e con essa non coincidenti, non opera l’esclusione dai contributi prevista dall’ articolo 14, comma 2 della legge regionale n. 11 del 2001, come sostituito dall’articolo 13 della presente legge, e ad esse non si applica l’articolo 9, comma 1 della presente legge.


ARTICOLO 22
Entrata in vigore


1. La nuova disciplina degli incentivi alle forme associative disciplinati dal programma di riordino territoriale contenuta, in particolare, negli articoli 13 e 14 della presente legge si applica a decorrere dal 1 gennaio 2009.


TITOLO III
MISURE DI RIORGANIZZAZIONE IN MATERIA DI SERVIZI PUBBLICI LOCALI


Capo I
Principi e norme generali


ARTICOLO 23
Ambito della riforma in materia di servizi pubblici Finalità e obiettivi


1. La presente legge detta norme generali per la riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza economica concernenti i servizi:
a) idrico integrato;
b) di gestione dei rifiuti urbani;
c) di trasporto pubblico locale.
2. La Regione Emilia-Romagna persegue le seguenti finalità e obiettivi:
a) garantire un costante miglioramento qualitativo e quantitativo dei servizi sulla base dei criteri appositamente definiti periodicamente;
b) perseguire la chiara distinzione dei ruoli tra i soggetti titolari delle funzioni regolatorie ed i soggetti gestori;
c) garantire la distinzione di ruoli fra proprietà, delle reti e degli immobili, e gestione dei servizi;
d) semplificare i processi decisionali e razionalizzare i soggetti coinvolti,realizzando una
riduzione dei costi complessivi del sistema regionale;
e) attuare un sistema tariffario che assicuri l’accessibilità universale dei servizi e garantisca un livello delle tariffe coerente con la qualità e quantità di cui alla lettera a);
f) favorire lo sviluppo di un solido e qualificato sistema di imprese operanti nel settore;
g) garantire la tutela degli utenti e la loro partecipazione alle scelte fondamentali di regolazione.
3. In applicazione dei principi di cui all’articolo 118, comma 1 della Costituzione, le funzioni relative ai servizi pubblici di cui al comma 1 sono ripartite a livello regionale o locale. Per le funzioni che devono essere allocate a livello locale, la presente legge:
a) garantisce l’individuazione di ambiti ottimali che, in applicazione del principio di adeguatezza, risultino efficienti per gli scopi perseguiti;
b) definisce orme di organizzazione delle funzioni che garantiscano la riduzione dei costi e delle strutture amministrative.


Capo II
Riforma del trasporto pubblico locale


ARTICOLO 24
Funzioni in materia di trasporto pubblico locale


1. In materia di trasporto pubblico locale la Regione, ferma restando la normativa sul trasporto ferroviario regionale di cui alla legge regionale 2 ottobre 1998, n. 30 (Disciplina generale del trasporto pubblico regionale e locale), nel rispetto dell’autonomia degli enti locali, procede alla delimitazione degli ambiti ottimali o alla loro conferma assumendo i territori provinciali quali ambiti territoriali minimi per la programmazione dei servizi di bacino, la progettazione, l’organizzazione e la promozione dei servizi pubblici di trasporto integrati tra loro e con la mobilità privata. A tal fine si provvede all’adeguamento del sistema delle Agenzie locali per la mobilità le quali provvedono allo svolgimento delle funzioni di cui all’articolo 19, comma 3 della legge regionale n. 30 del 1998 con l’esclusione della gestione dei servizi.
2. La Regione promuove l’introduzione di un unico sistema tariffario integrato sull’intero territorio regionale. A tal fine essa definisce, sentite le Province ed i Comuni, le modalità per la necessaria articolazione tariffaria di bacino. La Regione promuove altresì l’aggregazione dei soggetti gestori dei trasporti pubblici autofiloviari.


ARTICOLO 25
Riforma delle Agenzie locali per la mobilità


1. In relazione alle Agenzie locali per la mobilità la Regione promuove:
a) l’adozione di forme organizzative, quali società di capitali a responsabilità limitata il cui statuto preveda che l’amministrazione della società sia affidata ad un amministratore unico, che operano sulla base di convenzione tra enti locali di cui all’articolo 30 del decreto legislativo n. 267 del 2000;
b) lo scorporo delle attività gestionali non strettamente connesse con le funzioni proprie attribuite dalla legge regionale alle Agenzie stesse, con particolare riguardo alla gestione del trasporto pubblico locale, della sosta, dei parcheggi, dell’accesso ai centri urbani;
c) il superamento delle situazioni di compartecipazione nella proprietà delle società di gestione da parte delle Agenzie locali per la mobilità;
d) l’applicazione del sistema tariffario integrato regionale, con superamento delle funzioni di gestione della tariffazione;
e) l’applicazione delle modalità contrattuali che valorizzano la responsabilità imprenditoriale del soggetto gestore attraverso la titolarità dei ricavi tariffari;
f) l’accorpamento degli ambiti territoriali ottimali di cui all’articolo 24;
g) la progettazione dei servizi sulla base di una stretta integrazione con gli strumenti di pianificazione di competenza degli enti locali.
2. In conformità con gli obiettivi della legge i Comuni e le Province decideranno della proprietà dei beni funzionali all’effettuazione del servizio in conformità con quanto previsto dall’articolo 14, commi 2 e 3 della legge regionale n. 30 del 1998.


ARTICOLO 26
Attuazione del riassetto organizzativo del sistema delle Agenzie


1. Ai fini di cui all’articolo 25 la Giunta regionale, sentita la Conferenza Regione-Autonomie locali, promuove una intesa-quadro con le Province ed i Comuni soci delle Agenzie locali per la mobilità finalizzata alla realizzazione del processo di riassetto organizzativo del sistema delle Agenzie medesime, delineato dal presente articolo. Nell’ambito dell’intesa quadro sono evidenziati in particolare i criteri di massima efficacia ed economicità gestionale a cui il processo di riorganizzazione dovrà essere finalizzato.
2. Entro due anni dall’entrata in vigore della presente legge le Agenzie realizzano quanto previsto dall’articolo 25, comma 1, lettere a), b) e c).
3. Entro il 31 dicembre 2010 le Agenzie realizzano quanto previsto dall’articolo 25, comma 1, lettera d).
4. Le gare per l’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale bandite dopo l’entrata in vigore della presente legge devono prevedere l’attuazione di quanto previsto dall’articolo 25, comma 1, lettera e). Non è ammessa la proroga di affidamenti non conformi alla citata lettera e).


ARTICOLO 27
Modifiche alla legge regionale n. 30 del 1998


1. Al comma 4 dell’articolo 5 della legge regionale n. 30 del 1998 è soppressa la locuzione “secondo le modalità previste dall’articolo 25 della legge regionale 24 marzo 2000, n. 20 (Disciplina generale sulla tutela e l’uso del territorio),”.
2. Dopo l’articolo 5 della legge regionale n. 30 del 1998 è inserito il seguente: "Art. 5 bis Procedimento di approvazione del PRIT1. Il procedimento disciplinato dal presente articolo trova applicazione per l’elaborazione e l’approvazione del PRIT e delle sue varianti.
2. La Giunta regionale elabora un documento preliminare del piano e lo comunica all’Assemblea legislativa. Sulla comunicazione della Giunta l’Assemblea legislativa si esprime attraverso l’approvazione di un ordine del giorno. Successivamente il presidente della Regione per l’esame congiunto del documento preliminare convoca una conferenza di pianificazione ai sensi dell’articolo 14 della legge regionale n. 20 del 2000, chiamando a parteciparvi ai sensi dello stesso articolo 14, comma 3, le Province, i Comuni presenti nella Conferenza Regione-Autonomie locali e le Regioni contermini.
Sono inoltre chiamati a partecipare alla conferenza, ai sensi dell’articolo 14, comma 4 della legge regionale n. 20 del 2000, i soggetti gestori delle infrastrutture per la mobilità di rilievo almeno regionale.
3. A seguito delle conclusioni della fase della conferenza di pianificazione, l’Assemblea legislativa adotta il piano, previo parere della Conferenza Regione-Autonomie locali. Copia del piano adottato è trasmesso agli enti indicati dal comma 2.
4. Il piano adottato è depositato presso le sedi dell’Assemblea legislativa e delle Province per sessanta giorni dalla pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione dell’avviso dell’avvenuta adozione. L’avviso contiene l’indicazione degli enti presso i quali il piano è depositato e dei termini entro i quali chiunque può prenderne visione. L’avviso è pubblicato altresì su almeno un quotidiano a diffusione regionale.
5. Entro la scadenza del termine di deposito di cui al comma 4 possono formulare osservazioni e proposte i seguenti soggetti:
a) gli enti e organismi pubblici;
b) le associazioni ambientali, economiche e sociali e quelle costituite per la tutela di interessi diffusi presenti nei territori interessati.
6. L’Assemblea legislativa, entro i successivi novanta giorni, decide sulle osservazioni e approva il piano.
7. Copia integrale del piano approvato è depositata per la libera consultazione presso la Regione ed è trasmessa alle amministrazioni di cui al comma 3. La Regione provvede alla pubblicazione nel Bollettino ufficiale dell’avviso dell’avvenuta approvazione del piano. Dell’approvazione è data altresì notizia, a cura dell’amministrazione regionale, con avviso su almeno un quotidiano a diffusione regionale.
8. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione dell’avviso dell’approvazione sul Bollettino ufficiale della Regione, ai sensi del comma 7.".
3. Alla fine del comma 1 dell’articolo 6 della legge regionale n. 30 del 1998 è aggiunta la locuzione: “, nonché i piani di bacino”.
4. Il comma 2 dell’articolo 19 della legge regionale n. 30 del 1998 è sostituito dal seguente:
"2. Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 13, comma 3, l’Agenzia è costituita nelle forme organizzative basate sulla convenzione fra enti locali ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo n. 267 del 2000".
5. I commi 1 e 2 dell’articolo 45 della legge regionale n. 30 del 1998 sono abrogati.


Capo III
Riforma del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani


ARTICOLO 28
Regolazione dei servizi pubblici


1. La Regione in raccordo con le Autonomie locali e nell’ambito dei principi fissati all’articolo 1 della legge regionale 6 settembre 1999, n. 25 (Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali e disciplina delle forme di cooperazione tra gli enti locali per l’organizzazione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani) esercita la regolazione per i servizi pubblici ed in particolare per l’esercizio delle funzioni relative:
a) al servizio idrico integrato;
b) al servizio di gestione dei rifiuti urbani;
c) agli altri servizi pubblici di rilevanza economica che saranno individuati con successive disposizioni legislative.
2. La Regione esercita le funzioni di regolazione economica e di regolazione dei servizi in raccordo con le Autonomie locali provvedendo, in particolare, alla redazione del piano economico e del piano finanziario di cui all’articolo 149, comma 4 e all’articolo 203, comma 3 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nonché alla individuazione della tariffa di riferimento ai fini della proposizione ai soggetti partecipanti alla forma di cooperazione di cui all’articolo 30 della regolazione tariffaria. Con direttiva della Giunta regionale sono ulteriormente specificate le attività connesse alle suddette funzioni e in particolare le modalità essenziali di partecipazione degli utenti.
3. La Giunta regionale provvede, inoltre, ad approvare gli schemi dei contratti di servizio e dei bandi di gara per l’affidamento proposti dai soggetti appaltanti. La Regione provvede altresì ad eseguire i controlli sulla congruità dei prezzi in relazione ai progetti delle società di gestione per gli interventi infrastrutturali di maggiori dimensioni economiche, nonché a valutare la coerenza dei piani di investimento infrastrutturali con i piani tariffari. Essa provvede altresì, in relazione alle funzioni di cui al presente articolo, ad esercitare la vigilanza sull’operato delle società di gestione e degli altri soggetti operanti nel settore ed esercita il potere di sanzione di cui al comma 5.
4. La Regione costituisce un sistema informativo con le Province e i Comuni ai fini dell’esercizio delle funzioni di rispettiva competenza.
5. La Regione esercita altresì tutte le funzioni sanzionatorie ad eccezione di quelle connesse alla violazione del contratto di servizio. In particolare, le compete l’irrogazione di sanzioni pecuniarie in caso di inadempienze dei gestori relative:
a) all’applicazione delle tariffe;
b) alla fornitura delle informazioni richieste;c) alla mancata organizzazione dei servizi secondo quanto previsto dalle normative di settore;
d) al mancato rispetto delle prescrizioni tecniche-operative emanate.
6. Per le violazioni di cui al comma 5 è prevista una sanzione pecuniaria da euro 50.000 a euro 500.000 irrogata direttamente dalla Regione commisurata alla gravità dell’inadempienza. In caso di reiterazione delle violazioni la Regione ha la facoltà, qualora ciò non comprometta la fruibilità del servizio da parte degli utenti, di proporre al soggetto affidante la sospensione o la decadenza dell’affidamento del servizio.
7. Per l’esercizio delle funzioni di cui al presente articolo, la Regione si avvale di una struttura organizzativa il cui costo di funzionamento è a carico delle tariffe dei servizi regolati nel limite di spesa fissato dalla Giunta regionale, sentita la Conferenza Regione-Autonomie locali, nonché di quanto introitato a titolo di sanzioni.
8. La Giunta regionale presenta all’Assemblea legislativa una relazione annuale sull’attività svolta e sui costi della medesima, anche in relazione a quanto previsto dall’articolo 12, comma 2 della legge regionale n. 25 del 1999.


ARTICOLO 29
Comitato di indirizzo regionale per la regolazione dei servizi pubblici


1. Per l’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 28 è istituito il Comitato di indirizzo regionale per la regolazione dei servizi pubblici, composto da:
a) l’assessore regionale competente per materia;
b) quattro componenti nominati dalla Conferenza Regione-Autonomie locali (CRAL) di cui all’articolo 25 della legge regionale n. 3 del 1999, tra gli amministratori locali, rappresentativi del sistema delle Autonomie locali.
2. Il Comitato è nominato con decreto del presidente della Regione e resta in carica per 5 anni. Per la partecipazione al Comitato non è previsto alcun compenso.
3. Il Comitato propone alla Giunta regionale gli indirizzi per l’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 28, ivi compresi i parametri cogenti di riferimento per la determinazione della tariffa finale, e si avvale delle strutture tecniche regionali competenti per materia.


ARTICOLO 30
Organizzazione territoriale del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani


1. La Regione individua il territorio provinciale quale minima aggregazione di ambito territoriale ottimale di esercizio delle funzioni del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani prevista all’articolo 2, comma 1 della legge regionale n. 25 del 1999. La Regione promuove, anche tramite specifici incentivi, l’aggregazione tra ambiti territoriali provinciali.
2. La Provincia e i Comuni partecipano obbligatoriamente, per l’esercizio delle funzioni del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani loro spettanti ai sensi del presente Capo, alla forma di cooperazione della convenzione ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo n. 267 del 2000, avente personalità giuridica di diritto pubblico.
3. I Comuni partecipano alla forma di cooperazione di cui al comma 2 mediante l’Unione di Comuni o la Nuova Comunità montana di cui fanno parte a condizione che la medesima scelta sia attuata da tutti i Comuni interessati.
4. La convenzione di cui al comma 2 individua le modalità di esercizio delle funzioni da parte dei soggetti partecipanti ed il soggetto delegato alla sottoscrizione degli atti a rilevanza esterna e dei contratti. Il costo del personale dipendente dagli enti locali partecipanti alla forma di cooperazione dedicato all’esercizio delle funzioni previste nella convenzione trova copertura nell’ambito della tariffa del servizio, nel limite della percentuale di costo definita ai sensi dell’articolo 28, comma 7.
5. Nell’ambito della convenzione di cui al comma 2 i soggetti facenti parte della forma di cooperazione provvedono alle seguenti funzioni:
a) definire l’organizzazione del servizio e scegliere per ciascun servizio le forme di gestione nel rispetto della normativa di settore;
b) attivare ed eventualmente ampliare le modalità di partecipazione degli utenti organizzati in sede locale previste dalle indicazioni della Regione;
c) definire un piano degli investimenti con gradi di priorità differenziati;
d) determinare e approvare l’articolazione tariffaria per bacini gestionali omogenei sulla base dei parametri di riferimento definiti ai sensi dell’articolo 28, comma 2;
e) bandire e svolgere le gare nonché affidare il servizio;
f) definire le penali di natura contrattuale che saranno da essi introitate;
g) controllare il servizio reso dal gestore nel rispetto delle specifiche norme di affidamento;
h) prevedere le forme di partecipazione degli utenti organizzati in sede locale.
6. L’esercizio delle funzioni di cui al comma 5 è svolto previo parere della Regione ai fini della congruità con la regolazione di cui all’articolo 28.


ARTICOLO 31
Norme a tutela degli utenti dei servizi pubblici


1. L’Autorità regionale prevista all’articolo 20 della legge regionale n. 25 del 1999 svolge altresì le funzioni di conciliazione preventiva al fine di prevenire e risolvere le controversie derivanti dall’applicazione del contratto di servizio e approva la Carta del servizio pubblico di cui all’articolo 23 della legge regionale n. 25 del 1999.
2. Presso l’Autorità di cui al comma 1 è costituito un Comitato consultivo degli utenti, in rappresentanza degli interessi dei territori per il controllo della qualità dei servizi idrici e dei servizi di gestione dei rifiuti urbani.
La partecipazione al Comitato non comporta l’erogazione di alcun compenso. Il Comitato è nominato con decreto del presidente della Regione su proposta dell’Autorità.
3. Su proposta dell’Autorità di cui al comma 1 la Giunta regionale emana una direttiva per la costituzione del Comitato consultivo degli utenti. Tale direttiva contiene, in particolare, criteri in ordine alla composizione, alle modalità di costituzione ed al funzionamento del predetto Comitato.
4. Il Comitato:
a) acquisisce periodicamente le valutazioni degli utenti sulla qualità dei servizi;
b) promuove iniziative per la trasparenza e la semplificazione nell’accesso ai servizi;
c) segnala all’Autorità di cui al comma 1 e al soggetto gestore del servizio la presenza di eventuali clausole vessatorie nei contratti di utenza del servizio al fine di una loro abolizione o sostituzione;
d) trasmette all’Autorità di cui al comma 1 le informazioni statistiche sui reclami, sulle istanze, sulle segnalazioni degli utenti o dei consumatori
singoli o associati in ordine all’erogazione del servizio;
e) esprime parere sullo schema di riferimento della Carta di servizio pubblico prevista dall’articolo 23 della legge regionale n. 25 del 1999;
f) può proporre quesiti e fare segnalazioni all’Autorità di cui al comma 1.
5. Presso la Regione è istituito il "Tavolo consultivo permanente sulle tariffe", presieduto dal direttore generale competente per materia, a cui partecipano l’Autorità regionale di vigilanza, tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, tre rappresentanti delle principali categorie degli utenti indicati dal Comitato consultivo utenti di cui al comma 2 tra le associazioni dei consumatori iscritte al registro regionale di cui alla legge regionale 7 dicembre 1992, n. 45 (Norme per la tutela dei consumatori e degli utenti), due rappresentanti delle associazioni di categorie produttive, due rappresentanti dei soggetti gestori e tre rappresentanti delle convenzioni di cui all’articolo 30, comma 2, individuati dal Comitato di indirizzo regionale per la regolazione dei servizi pubblici di cui all’articolo 29.
6. Il Tavolo di cui al comma 5 è consultato sulla proposta di metodo tariffario previsto dall’articolo 5 ter della legge regionale n. 25 del 1999, per la proposta tariffaria prevista al comma 2 dell’articolo 28 nonché per il monitoraggio delle tariffe di cui all’articolo 30.
7. La Giunta regionale con proprio atto provvede alla nomina dei componenti del Tavolo consultivo permanente sulle tariffe ed alla definizione delle relative modalità di funzionamento. La partecipazione al Tavolo non comporta l’erogazione di alcun compenso.


ARTICOLO 32
Disposizioni transitorie


1. Le Agenzie di ambito costituite ai sensi della legge regionale n. 25 del 1999 elaborano una proposta di convenzione ai sensi dell’articolo 30, comma 4 da sottoporre all’approvazione dell’Assemblea dei soggetti partecipanti alla forma di cooperazione entro novanta giorni dall’approvazione della presente legge. Decorso inutilmente il termine, la Provincia provvede ad elaborare la proposta di convenzione nonché tutti gli atti necessari all’adeguamento dell’Agenzia di ambito alle disposizioni di cui alla presente legge. La convenzione esplica effetti dal 1° gennaio 2009 e dalla medesima data subentra nei rapporti giuridici attivi e passivi delle Agenzie di ambito costituite ai sensi della legge regionale n. 25 del 1999. Dalla data del 1° luglio 2009 sono soppresse le Agenzie di ambito.
2. La Regione esercita le funzioni ad essa spettanti ai sensi dell’articolo 28, ivi comprese quelle connesse ai procedimenti in corso, dal 1° gennaio 2009.
3. I Comitati consultivi degli utenti costituiti ai sensi dell’articolo 24 della legge regionale n. 25 del 1999 continuano ad operare sino alla costituzione del Comitato degli utenti ai sensi dell’articolo 31 della presente legge.


ARTICOLO 33
Modifiche alla legge regionale n. 25 del 1999


1. Sono abrogati gli articoli 4, 7, 8 e 24 della legge regionale n. 25 del 1999.
2. Sono abrogati la lettera b) del comma 1 ed i commi 2, 3, 3 bis, 4, 5, 6 e 7 dell’articolo 3 della legge regionale n. 25 del 1999.
3. E’ abrogato il comma 3 dell’articolo 6 della legge regionale n. 25 del 1999.


ARTICOLO 34
Disposizioni finali


1. Le disposizioni di cui alla legge regionale n. 25 del 1999 continuano a trovare applicazione in quanto compatibili con la presente legge.
2. Le disposizioni della legge regionale n. 25 del 1999 relative ai compiti dell’Agenzia di ambito continuano a trovare applicazione, in quanto compatibili con la presente legge, con riferimento ai soggetti che partecipano alla convenzione di cui all’articolo 30, comma 2.


TITOLO IV
ULTERIORI MISURE DI RAZIONALIZZAZIONE E NORME PER FAVORIRE I PROCESSI DI RIORGANIZZAZIONE
Capo I
Misure per un sistema contrattuale coordinato della Pubblica Amministrazione regionale e locale


ARTICOLO 35
Razionalizzazione delle funzioni relative alla attività contrattuale


1. Per l’acquisizione di lavori, servizi o forniture la Regione Emilia-Romagna, gli enti locali, le loro forme associative possono:
a) avvalersi di centrali di committenza ai sensi dell’articolo 33 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE);
b) delegare l’esercizio di funzioni amministrative ad altri soggetti fra quelli di cui all’alinea del presente comma;
c) costituire, mediante convenzione uffici comuni che operano con personale delle amministrazioni stesse.
2. I soggetti di cui al comma 1 possono avvalersi delle modalità di cui al medesimo comma al fine di espletare le funzioni amministrative di competenza, in riferimento all’intero procedimento di acquisizione ed esecuzione di contratti pubblici di lavori, servizi o forniture, ovvero a singole fasi.
3. I soggetti di cui al comma 1, possono costituire uffici comuni o consortili, di cui al comma 1, lettera c), anche al fine di svolgere attività di competenza di ciascun ente convenzionato o consorziato, relativamente alla progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti di cui al comma 2. Ove sussistano ragioni di carattere organizzativo o funzionale, possono altresì avvalersi di organismi o uffici di altre pubbliche amministrazioni per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 90, comma 1 del decreto legislativo n. 163 del 2006.
4. Le amministrazioni interessate provvedono a definire i reciproci rapporti mediante intese o, nei casi di cui al comma 1, lettera c), mediante convenzioni che prevedano l’oggetto, la durata, le forme di consultazione delle amministrazioni partecipanti all’accordo, la disciplina dei rapporti finanziari limitatamente alla copertura dei costi per l’espletamento delle attività ed i reciproci obblighi e garanzie.
5. I soggetti di cui al comma 1, lettere a) e b) operano con autonomia e responsabilità nell’ambito dell’attività definite dalla convenzione.
6. Ai sensi e con le modalità di cui al presente articolo la Regione può affidare la realizzazione dei lavori pubblici di propria competenza, relativi alla difesa del suolo ed alla bonifica, ai soggetti di cui all’articolo 9, comma 2, della legge regionale 24 marzo 2000, n. 22 (Norme in materia di territorio, ambiente e infrastrutture - Disposizioni attuative e modificative della L.R. 21 aprile 1999, n. 3) individuati dagli atti di programmazione regionale di settore.


ARTICOLO 36
Monitoraggio in materia contrattuale


1. Ai fini della realizzazione del principio di adeguatezza nell’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 35, la Regione svolge il costante monitoraggio relativo all’attività contrattuale.
2. La Regione si avvale di un comitato tecnico composto da tre dirigenti regionali, tre dirigenti provinciali o comunali designati dalla Conferenza Regione-Autonomie locali al fine di verificare, anche sulla base delle risultanze del monitoraggio di cui al comma 1, l’adeguatezza delle strutture tecniche utilizzate e dei procedimenti utilizzati dagli enti in relazione all’ottimale esercizio delle funzioni. La Giunta regionale su proposta del Comitato tecnico, sentita la Conferenza Regione-Autonomie locali, emana apposite raccomandazioni tecniche non vincolanti per il migliore esercizio di dette funzioni, anche attraverso l’utilizzo di strutture e strumenti adeguati e tali da conseguire risparmi in termini organizzativi ed economici.
3. La partecipazione al Comitato tecnico è senza oneri per la Regione.


Capo II
Partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla Fondazione Centro Ricerche Marine


ARTICOLO 37
Autorizzazione a partecipare alla Fondazione e condizioni di adesione


1. La Regione Emilia-Romagna è autorizzata, ai sensi dell’articolo 64 dello Statuto, alla partecipazione alla "Fondazione Centro Ricerche Marine", con decorrenza dalla data di trasformazione della Società "Centro di Ricerche Marine - Società Consortile per Azioni" in Fondazione ai sensi dell’articolo 2500 septies del Codice civile.
2. La trasformazione di cui al comma 1 è autorizzata con la presente legge.
3. La partecipazione della Regione è subordinata al riconoscimento della personalità giuridica ed alla condizione che lo statuto preveda, come scopo principale della Fondazione, lo svolgimento di attività di studio, ricerca, sperimentazione, analisi e controlli concernenti i problemi connessi all’ambiente marino e costiero, nonché lo svolgimento di attività formativo-didattiche nei settori relativi.
4. La partecipazione della Regione è altresì subordinata alla condizione che lo statuto conferisca alla Regione la facoltà di nominare propri rappresentanti negli organi della Fondazione.


ARTICOLO 38
Esercizio dei diritti


1. Il presidente della Regione è autorizzato a compiere tutti gli atti necessari al fine di perfezionare la trasformazione e la partecipazione della Regione alla Fondazione di cui all’articolo 37.
2. I diritti inerenti la qualità di socio della Regione sono esercitati dal presidente della Giunta regionale o da un suo delegato.
3. Spetta alla Giunta regionale procedere alla nomina dei rappresentanti della Regione negli organi della Fondazione, secondo quanto previsto dallo statuto della Fondazione.


ARTICOLO 39
Contributo annuale


1. La Regione partecipa alla "Fondazione Centro Ricerche Marine" con un contributo di esercizio il cui importo viene determinato nell’ambito delle disponibilità annualmente autorizzate dalla legge di bilancio regionale.
2. All’onere derivante dalla corresponsione del contributo di esercizio previsto dal comma 1, la Regione fa fronte con l’istituzione di apposite unità previsionali di base o nell’ambito di quelle esistenti e relativi capitoli del bilancio regionale, che saranno dotati della necessaria disponibilità ai sensi di quanto disposto dall’articolo 37 della legge regionale 15 novembre 2001, n. 40 (Ordinamento contabile della Regione Emilia-Romagna, abrogazione delle L.R. 6 luglio 1977, n. 31 e 27 marzo 1972, n. 4).


ARTICOLO 40
Abrogazione di norme


1. E’ abrogata la legge regionale 22 novembre 1991, n. 30 (Partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla Società "Centro di Ricerche Marine").


Capo III
Partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla Società Terme di Salsomaggiore SpA


ARTICOLO 41
Autorizzazione alla fusione con Terme di Tabiano SpA


1. Per il perseguimento delle finalità di cui alla legge regionale 4 maggio 1999, n. 8
(Partecipazione della Regione Emilia-Romagna nelle società Terme di Salsomaggiore SpA e Terme di Castrocaro SpA) è autorizzata, ai sensi dell’articolo 64 dello Statuto regionale, la partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla società risultante dalla fusione per incorporazione della società Terme di Tabiano SpA nella partecipata società Terme di Salsomaggiore SpA, ferme restando le condizioni di partecipazione di cui alla legge n. 8 del 1999.
2. Il presidente della Giunta regionale è autorizzato a compiere tutti gli atti necessari alla realizzazione della fusione.


Capo IV
Disposizioni sul personale


ARTICOLO 42
Criteri generali sul trattamento del personale


1. Nell’ambito del processo di riordino territoriale e organizzativo di cui alla presente legge, la Regione, previo confronto con le organizzazioni sindacali, promuove misure finalizzate ad ottimizzare l’allocazione delle risorse umane ai nuovi soggetti istituzionali al fine di migliorare l’efficacia degli interventi e sviluppare le potenziali sinergie, perseguendo, in via prioritaria, la valorizzazione delle competenze e il mantenimento della professionalità dei dipendenti nel nuovo contesto organizzativo.
2. La Regione, per agevolare il raggiungimento dei fini di cui al comma 1, promuove la costituzione di un organismo interistituzionale, con funzioni di coordinamento, a cui partecipano rappresentanti degli enti interessati alla riorganizzazione, designati dall’ufficio di presidenza della Cral.
3. In coerenza con i principi contenuti nell’articolo 31 del decreto legislativo n. 165 del 2001, il personale assunto a tempo indeterminato presso enti pubblici impegnato sulle attività oggetto del processo di riorganizzazione è trasferito, di norma, alle dipendenze dei soggetti istituzionali individuati per l’esercizio delle funzioni oggetto della presente legge. A detto personale si applica la disciplina di cui all’articolo 2112 del Codice civile nel rispetto delle procedure di informazione e consultazione con le organizzazioni sindacali. Gli enti destinatari dei trasferimenti adeguano conseguentemente la propria dotazione organica.
4. Nell’arco del periodo transitorio in cui continuano ad esercitare le loro funzioni gli enti che saranno soppressi a seguito del processo di riorganizzazione non possono attivare procedure per il reclutamento del personale, fatta salva la stabilizzazione del lavoro precario, da attuarsi solo previa verifica di compatibilità con le linee organizzative formulate nell’ambito dell’organismo di cui al comma 2.
5. L’anzianità di servizio e l’esperienza maturata negli enti di provenienza, ove non utilizzata ai sensi del comma 4, sarà valutata negli enti di destinazione ai fini dell’applicazione della legge n. 244 del 2007. I rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato o autonomo, non decadono e rimangono in vigore fino alla scadenza naturale dei rispettivi contratti anche tramite subentro nella titolarità dei rapporti del nuovo ente successore.


Formula Finale:
La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.
E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della Regione Emilia-Romagna.
Bologna, 30 giugno 2008 VASCO ERRANI



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