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NORMATIVA
Normativa regionale - Lombardia

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Legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33
Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità
 
Il Consiglio regionale ha approvato
IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA

Promulga la seguente legge regionale

Titolo I
Oggetto del testo unico

ARTICOLO 1
(Oggetto)

1. Il presente testo unico, redatto ai sensi della legge regionale 9 marzo 2006, n. 7 (Riordino e semplificazione della normativa regionale mediante testi unici), riunisce le disposizioni legislative regionali in materia di sanità.

Titolo II
Norme sul servizio sanitario regionale

ARTICOLO 2
(Oggetto e disposizioni generali)

1. Il presente titolo disciplina il servizio sanitario regionale nel rispetto dell’articolo 32 della Costituzione e in conformità, fra gli altri, ai seguenti principi:
a) rispetto della dignità della persona;
b) libertà di scelta;
c) piena parità di diritti e di doveri fra soggetti accreditati di diritto pubblico e di diritto privato, nell’ambito della programmazione regionale, e concorso degli stessi, nonché dei soggetti in possesso dei soli requisiti autorizzativi, alla realizzazione dell’integrazione sociosanitaria;
d) promozione dell’integrazione delle funzioni sanitarie e sociosanitarie con quelle sociali di competenza degli enti locali.
2. La Regione esercita funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento, controllo e supporto nei confronti delle aziende sanitarie e degli altri soggetti, pubblici o privati, che svolgono attività sanitarie, sociosanitarie e sociali.
3. La Regione assicura l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza previsti dalla legislazione nazionale ed eventualmente assicura livelli più elevati sulla base di proprie risorse. Dispone contestualmente in ordine al reperimento delle risorse integrative del fondo sanitario regionale, nonché alla determinazione dei livelli di partecipazione alla spesa dei cittadini. In ogni caso, non possono gravare sul fondo sanitario regionale oneri diversi da quelli riferiti alle prestazioni sanitarie e sociosanitarie.

ARTICOLO 3
(Piano sociosanitario regionale)

1. Il Consiglio regionale, su proposta del Presidente della Giunta regionale, approva, ogni triennio, il piano sociosanitario, quale strumento di programmazione unico e integrato, nel quale sono indicate, in particolare, le attività sanitarie e sociosanitarie da erogare per ognuno dei livelli essenziali di assistenza. Il piano definisce:
a) il quadro previsionale dei bisogni della popolazione lombarda;
b) gli indicatori in base ai quali sono determinati i volumi di attività per ognuno dei livelli essenziali di assistenza;
c) gli indicatori di risultato da impiegare per il controllo e la valutazione dell’efficienza, dell’efficacia e dell’economicità delle prestazioni e dei servizi erogati;
d) i progetti-obiettivo e le azioni programmate da adottare per rispondere a specifiche aree di bisogno e le relative modalità di finanziamento;
e) le linee di indirizzo del sistema regionale integrato di prevenzione secondo criteri di efficacia e appropriatezza.
2. Il piano sociosanitario, ferma restando la valenza triennale, può essere aggiornato annualmente con le medesime procedure di approvazione, nei tempi previsti per l’approvazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale.

ARTICOLO 4
(Aziende sanitarie locali)

1. Sono istituite, sentite le province, le seguenti aziende sanitarie locali, di seguito denominate ASL, per ciascuna delle quali è indicata a fianco la sede legale provvisoria:
a) ASL della Provincia di Bergamo, sede di Bergamo;
b) ASL della Provincia di Brescia, sede di Brescia;
c) ASL di Vallecamonica-Sebino, sede di Breno;
d) ASL della Provincia di Como, sede di Como;
e) ASL della Provincia di Cremona, sede di Cremona;
f) ASL della Provincia di Lecco, sede di Lecco;
g) ASL della Provincia di Lodi, sede di Lodi;
h) ASL della Provincia di Mantova, sede di Mantova;
i) ASL di Milano, sede di Milano;
j) ASL della Provincia di Milano 1, sede di Legnano;
k) ASL della Provincia di Milano 2, sede di Melegnano;
l) ASL della Provincia di Monza e Brianza, sede di Monza;
m) ASL della Provincia di Pavia, sede di Pavia;
n) ASL della Provincia di Sondrio, sede di Sondrio;
o) ASL della Provincia di Varese, sede di Varese.
2. Gli ambiti territoriali delle ASL coincidono con le circoscrizioni delle province, fatta eccezione per il Comune di San Colombano al Lambro, che fa parte integrante della ASL di Lodi, e per i comuni appartenenti all’ASL di Vallecamonica-Sebino, come indicato dal presente articolo.
3. Per le ASL della Provincia di Milano gli ambiti territoriali restano così definiti:
a) ASL di Milano, con sede a Milano, comprende il territorio dei Comuni di Milano - Bresso - Cinisello Balsamo - Cologno Monzese - Cormano - Cusano Milanino - Sesto San Giovanni;
b) ASL di Milano 1, con sede a Legnano, comprende il territorio dei Comuni di: Assago – Buccinasco – Cesano Boscone – Corsico – Cusago – Trezzano sul Naviglio – Bollate – Baranzate - Cesate – Garbagnate Milanese – Novate Milanese – Paderno Dugnano – Senago – Arese – Cornaredo – Lainate – Pero – Pogliano Milanese – Pregnana Milanese – Rho – Settimo Milanese – Vanzago – Arconate – Bernate Ticino – Buscate – Busto Garolfo – Canegrate – Casorezzo – Castano Primo – Cerro Maggiore – Cuggiono – Dairago – Inveruno – Legnano – Magnago – Nerviano – Nosate – Parabiago – Rescaldina – Robechetto Induno – S. Giorgio su Legnano – S. Vittore Olona – Turbigo – Villa Cortese – Vanzaghello – Abbiategrasso – Albairate – Arluno – Bareggio – Besate – Boffalora Sopra Ticino – Bubbiano – Calvignasco – Cassinetta di Lugagnano – Cisliano – Corbetta – Gaggiano – Gudo Visconti – Magenta – Marcallo Casone – Mesero – Morimondo – Motta Visconti – Ossona – Ozzero – Robecco sul Naviglio – Rosate – S. Stefano Ticino – Sedriano – Vermezzo – Vittuone – Zelo Surrigone – Solaro;
c) ASL di Milano 2, con sede a Melegnano, comprende il territorio dei Comuni di: Basiglio – Binasco – Casarile – Lacchiarella – Locate Triulzi – Noviglio – Opera – Pieve Emanuele – Rozzano – Vernate – Zibido S. Giacomo – Carpiano – Cerro al Lambro – Colturano – Dresano – Mediglia – Melegnano – Pantigliate – Paullo – Peschiera Borromeo – S. Donato Milanese – S. Giuliano Milanese – S. Zenone al Lambro – Tribiano – Vizzolo Predabissi – Bellinzago Lombardo – Bussero – Cambiago – Carugate – Cassano d’Adda – Cassina de’ Pecchi – Cernusco sul Naviglio – Gessate – Gorgonzola – Inzago – Liscate – Melzo – Pessano con Bornago – Pioltello – Pozzuolo Martesana – Rodano – Segrate – Settala – Trucazzano – Vignate – Vimodrone – Basiano – Busnago – Caponago – Cornate d’Adda – Grezzago – Masate – Pozzo d’Adda – Roncello – Trezzano Rosa – Trezzo sull’Adda – Vaprio d’Adda.
4. La ASL di Vallecamonica-Sebino, con sede a Breno, comprende il territorio dei Comuni di: Angolo Terme, Artogne, Berzo Demo, Berzo Inferiore, Bienno, Borno, Braone, Breno, Capodiponte, Cedegolo, Cerveno, Ceto, Cevo, Cimbergo, Cividate Camuno, Corteno Golgi, Darfo Boario Terme, Edolo, Esine, Gianico, Incudine, Losine, Lozio, Malegno, Malonno, Monno, Niardo, Ono San Pietro, Ossimo, Paisco Loveno, Paspardo, Piancamuno, Piancogno, Ponte di Legno, Prestine, Saviore dell’Adamello, Sellero, Sonico, Pisogne, Temù, Vezza d’Oglio, Vione.
5. All’ASL di Vallecamonica-Sebino afferiscono i presidi ospedalieri di Edolo ed Esine e le strutture sanitarie situate nei comuni dell’ASL stessa. 6. L’ASL assicura ai propri assistiti l’erogazione delle prestazioni specialistiche, comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale, di laboratorio e ospedaliere, contemplate dai livelli essenziali di assistenza definiti dal piano sanitario nazionale e dalla programmazione regionale, a tutti coloro che ne hanno titolo, anche se residenti in ambiti territoriali diversi dalla Regione, attraverso contratti o convenzioni con strutture accreditate che disciplinano anche la remunerazione delle prestazioni e l’adozione del sistema di verifica della qualità, nonché attraverso la gestione diretta delle attività di competenza.
7. Fermo restando il principio della libera scelta da parte del cittadino, le ASL erogano direttamente le prestazioni necessarie per soddisfare i livelli essenziali di assistenza non affidate ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta, non acquisite dai soggetti erogatori pubblici o privati accreditati e non altrimenti assicurate da terzi.
8. Le ASL, soddisfatte prioritariamente le esigenze del servizio sanitario regionale, possono fornire, contro corrispettivo, prestazioni o altri servizi sanitari, fermo restando, in ogni caso, il vincolo di pareggio del bilancio. Le ASL esercitano inoltre le funzioni di cui all’articolo 14 della legge regionale 12 marzo 2008, n. 3 (Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario).
9. Le ASL esercitano funzioni di vigilanza e controllo sulle strutture sanitarie e sulle unità d’offerta sociosanitarie. I funzionari delle ASL incaricati di svolgere funzioni di vigilanza e controllo, su indicazione delle direzioni generali competenti, operano anche al di fuori del territorio dell’azienda di appartenenza. Le ASL assicurano alla Giunta regionale e alle commissioni consiliari competenti il periodico aggiornamento sullo svolgimento delle funzioni di cui al presente comma.
10. In situazioni di particolare rilevanza e impatto sul sistema sanitario o sociosanitario regionale, le direzioni generali competenti possono esercitare direttamente le funzioni di controllo avvalendosi di propri funzionari, eventualmente affiancati da personale delle ASL o da professionisti, anche di area sanitaria o sociosanitaria, in possesso di comprovata competenza ed esperienza.
11. L’attivazione del controllo di cui al comma 10 e i relativi esiti sono comunicati dalle direzioni generali competenti ai direttori delle aziende sanitarie interessate, anche ai fini dell’assunzione dei provvedimenti di rispettiva competenza.
12. I rapporti tra le ASL, i comuni e le province sono regolati da convenzioni stipulate sulla base di direttive emanate dalla Giunta regionale.

ARTICOLO 5
(Aziende ospedaliere)

1. La rete ospedaliera della Regione è organizzata secondo criteri, indici e modalità determinati dalle normative nazionali e regionali di riferimento.
2. Le aziende ospedaliere definite di rilievo nazionale e già costituite alla data del 1° gennaio 1998 conservano la loro natura giuridica. Conservano altresì la loro natura giuridica di aziende ospedaliere di interesse regionale quelle già costituite alla data del 31 dicembre 2003.
3. Il Consiglio regionale costituisce, modifica o estingue aziende ospedaliere di interesse regionale sulla base della sussistenza o meno dei seguenti requisiti:
a) organizzazione dipartimentale;
b) adozione di sistemi di contabilità economico-patrimoniale dei centri di costo secondo modalità stabilite dalla Giunta regionale;
c) disponibilità di patrimonio adeguato allo svolgimento delle attività istituzionali.
4. Per le finalità di cui al comma 3 si tiene conto:
a) degli indici di funzionalità del singolo presidio o dei diversi presidi dell’azienda ospedaliera in termini quantitativi e qualitativi;
b) degli indici di attrazione e dispersione per territorio di riferimento, con attenzione ai volumi delle attività erogate secondo criteri di qualità e appropriatezza delle prestazioni;
c) della collocazione geografica del presidio e della struttura sanitaria con riferimento a ottimali criteri di accesso dell’utenza;
d) del valore aggiunto per la riqualificazione della rete ospedaliera.
5. Nel caso di incorporazione di presidi o strutture sanitarie nelle ASL, le stesse assicurano i livelli essenziali di assistenza definiti dalla programmazione sanitaria nazionale e regionale attraverso la gestione diretta delle attività sanitarie e sociosanitarie, nonché attraverso contratti o convenzioni.
6. Le aziende ospedaliere erogano attività sanitarie ospedaliere e specialistiche. Soddisfatte prioritariamente le esigenze del servizio sanitario regionale e fermo restando il vincolo del pareggio di bilancio, possono fornire, contro corrispettivo, prestazioni o altri servizi sanitari a terzi oppure a soggetti accreditati, nonché ai gestori delle forme integrative di assistenza sanitaria.
7. Nel rispetto della principale attività di ricerca loro affidata, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) concorrono ad assicurare la realizzazione dei livelli di assistenza definiti dal presente titolo.

ARTICOLO 6
(Trasformazione, costituzione e partecipazione a fondazioni)

1. La trasformazione di una azienda ospedaliera in fondazione o la costituzione di una fondazione può riguardare l’intera azienda o parte di essa, purché sia garantita, negli organi di indirizzo, la presenza maggioritaria di membri designati da soggetti pubblici. In caso di costituzione di fondazione si applicano le procedure di cui all’articolo 9-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nonché le linee guida approvate dalla Giunta regionale.
2. Il Consiglio regionale, nei limiti delle risorse disponibili, può finanziare piani di ristrutturazione e ottimizzazione gestionale presentati dai membri fondatori nella misura massima corrispondente al disavanzo dell’azienda trasformata o afferita, quale accertato al momento della trasformazione o conferimento e per il periodo di durata dei piani stessi, tesi al recupero degli equilibri economici e operativi.
3. Alla trasformazione in fondazioni da parte delle ASL di proprie strutture residenziali e semiresidenziali dell’area sociosanitaria si applicano le procedure di cui all’articolo 9-bis del d.lgs. 502/1992, nonché le linee guida approvate dalla Giunta regionale.
4. Le ASL possono partecipare a fondazioni, fondazioni di partecipazione, ad esclusione di quelle ospedaliere, ed associazioni, previa autorizzazione della Giunta regionale. La partecipazione è limitata all’organo di indirizzo o assembleare.

ARTICOLO 7
(Afferimenti di aziende ospedaliere agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico)

1. Il Consiglio regionale può deliberare l’afferimento, in tutto o in parte, di aziende ospedaliere agli IRCCS risultanti dalle trasformazioni di cui al decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288 (Riordino della disciplina degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell’articolo 42, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3).
2. Agli afferimenti si applicano le disposizioni di cui all’articolo 5, commi 1 e 2, del presente titolo e all’articolo 5, commi 1, 2 e 3, del d.lgs. 502/1992.

ARTICOLO 8
(Azienda regionale dell’emergenza urgenza)

1. E’ istituita l’azienda regionale dell’emergenza urgenza (AREU), dotata di personalità giuridica di diritto pubblico, avente autonomia patrimoniale, organizzativa, gestionale e contabile. L’azienda è preposta allo svolgimento dei compiti relativi all’emergenza urgenza.
2. Sono organi dell’azienda il direttore generale e il collegio sindacale. Il direttore generale è coadiuvato, nell’esercizio delle sue funzioni, dal direttore amministrativo e dal direttore sanitario. Al direttore sanitario e al direttore amministrativo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per le medesime figure professionali operanti nelle aziende ospedaliere.
3. La Giunta regionale, acquisito il parere delle commissioni consiliari competenti, definisce la sede, la struttura organizzativa, il patrimonio e le funzioni operative dell’AREU, compreso il servizio di elisoccorso, secondo le indicazioni del piano sociosanitario regionale.

ARTICOLO 9
(Requisiti per l’esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie e accreditamento delle strutture sanitarie)

1. L’autorizzazione all’esercizio dell’attività sanitaria è rilasciata dall’ASL ed è richiesta per le strutture sanitarie di ricovero e cura, nonché per i centri di procreazione medicalmente assistita e per la residenzialità psichiatrica. Tutte le altre strutture sanitarie e le unità d’offerta sociosanitarie, fermo restando il possesso dei requisiti minimi stabiliti dalle disposizioni vigenti, presentano una dichiarazione di inizio attività alla ASL competente per territorio. Entro sessanta giorni dal ricevimento della dichiarazione, l’ASL provvede alle verifiche di competenza.
2. La Giunta regionale, con deliberazione comunicata alla commissione consiliare competente, stabilisce:
a) l’iter procedurale per il rilascio dell’autorizzazione allo svolgimento delle attività sanitarie e le modalità di presentazione della dichiarazione di inizio attività di cui al comma 1;
b) le modalità di verifica del possesso e della permanenza dei requisiti necessari per l’esercizio delle attività stesse;
c) le modalità di raccolta e aggiornamento dei dati inerenti alle strutture esercenti attività sanitarie.
3. Sono accreditate, nel rispetto degli indici programmatori definiti dal piano sociosanitario regionale, in coerenza con la normativa nazionale e regionale, le strutture sanitarie pubbliche e private autorizzate o che abbiano presentato dichiarazione di inizio attività ai sensi del comma 1 e che siano in possesso dei requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 (Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private), nonché degli ulteriori requisiti di accreditamento integrativi che la Giunta regionale approva, sentita la competente commissione consiliare.
4. La Giunta regionale disciplina le modalità per la richiesta di accreditamento delle strutture, per la concessione e l’eventuale revoca dello stesso, nonché per la verifica circa la permanenza dei requisiti richiesti per l’accreditamento medesimo.
5. Le ASL accreditano le strutture sanitarie e dispongono eventuali variazioni dell’accreditamento. I provvedimenti di accreditamento o di variazione sono comunicati alla competente direzione generale della Giunta regionale entro quindici giorni, al fine di aggiornare il registro di cui al comma 7.
6. La richiesta di accreditamento è inoltrata dal legale rappresentante della struttura sanitaria alla ASL competente per territorio, con la specifica indicazione delle attività che s’intendono svolgere.
7. Le strutture pubbliche regolarmente autorizzate e in possesso dei requisiti di cui al comma 3 sono iscritte, di diritto, nel registro regionale delle strutture accreditate. Per le strutture pubbliche e private la procedura di accreditamento si perfeziona all’atto della iscrizione nel medesimo registro.
8. L’iscrizione nel registro regionale delle strutture accreditate è condizione necessaria ma non sufficiente per l’assunzione a carico del fondo sanitario regionale degli oneri relativi alle prestazioni sanitarie e sociosanitarie erogate sulla base del fabbisogno sanitario del territorio e nel rispetto dei limiti di spesa assegnati alle singole strutture tramite la conseguente definizione dei rapporti per la remunerazione delle prestazioni rese.
9. La Giunta regionale, con deliberazione comunicata alla commissione consiliare competente, approva lo schema-tipo in base al quale le ASL stipulano gli accordi contrattuali di cui all’articolo 8-quinquies del d.lgs. 502/1992. Il provvedimento della Giunta regionale prevede:
a) l’accettazione delle tariffe stabilite dalla Regione per le prestazioni da rendere;
b) le modalità con le quali la Regione verifica la qualità delle prestazioni erogate e la rispondenza delle strutture agli standard di accreditamento;
c) le modalità di esercizio dell’attività privata senza oneri a carico della Regione;
d) i tempi e le modalità di liquidazione delle prestazioni rese dalle strutture accreditate;
e) le sanzioni da adottare in caso di inosservanza delle norme in vigore.
10. La Giunta regionale verifica annualmente, sulla base dei rapporti instaurati ai sensi del comma 9, il mantenimento degli indici programmatori di fabbisogno sanitario.
11. Ai fini dell’accoglimento della richiesta di accreditamento di cui al comma 6, il possesso dei requisiti dichiarati è verificato secondo modalità stabilite con atti amministrativi. Non possono essere accreditati i soggetti erogatori privati che utilizzino, anche saltuariamente, in violazione delle disposizioni contenute nell’articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), personale dipendente da aziende sanitarie e da strutture sanitarie e sociosanitarie del servizio sanitario nazionale.
12. Con il provvedimento di accreditamento sono definiti indicatori e standard organizzativi e funzionali che debbono essere posseduti dai professionisti e dalle strutture pubbliche e private soggette ad accreditamento. La perdita dei requisiti comporta l’automatica decadenza dei soggetti erogatori dall’accreditamento e la revoca dei conseguenti rapporti con il servizio sanitario regionale. La declaratoria di decadenza dall’accreditamento avviene, previa diffida, con provvedimento dell’ASL.
13. La decadenza dei soggetti erogatori dalla titolarità dei rapporti con il servizio sanitario regionale può altresì essere dichiarata dalla Giunta regionale, previa istruttoria del direttore generale della ASL, quando sia accertata la reiterata applicazione distorta del sistema di remunerazione delle prestazioni, sia sotto il profilo della qualità delle prestazioni stesse, sia sotto il profilo della loro completezza, comprese la specialistica ambulatoriale e la riabilitazione post acuti. La stessa reiterazione comporta, nel caso di soggetti erogatori pubblici, la decadenza dalla nomina del direttore generale e la conseguente risoluzione di diritto del contratto.
14. I soggetti privati accreditati, titolari dei rapporti con il servizio sanitario regionale, assolvono al debito informativo di cui all’articolo 21, comprensivo di elementi utili alla rilevazione dei costi delle prestazioni erogate, secondo schemi e modalità stabiliti dalla Giunta regionale. I soggetti privati accreditati tengono aggiornato l’elenco del personale che, a qualsiasi titolo, presta la propria attività, attestando il possesso dei requisiti necessari per l’assolvimento dei compiti affidati.

ARTICOLO 10
(Residenze sanitarie assistenziali)

1. Le istituzioni accreditate pubbliche o private esercenti attività di residenza sanitaria assistenziale, di seguito denominate RSA, possono svolgere le sole attività sanitarie per le quali è stata presentata la dichiarazione di inizio attività. L’accreditamento è condizione inderogabile affinché siano posti a carico del fondo sanitario regionale gli oneri relativi alle prestazioni sanitarie e sociosanitarie.
2. Le strutture accreditate per lo svolgimento di attività di riabilitazione esercitano tale attività nell’ambito dell’ASL cui sono attribuite le relative competenze di settore.
3. Le RSA non possono esercitare compiti esclusivi delle strutture ospedaliere. Le attività specialistiche ambulatoriali possono essere esercitate dalle sole istituzioni individuate dalla Regione come svolgenti prevalenti attività sanitarie.
4. Le tariffe da corrispondere per le attività sanitarie delle RSA sono determinate sulla base di costi standard prefissati dalla Regione, fermo restando quanto disposto dall’articolo 11, comma 1, lettera k), della l.r. 3/2008 per le tariffe relative alle attività sociosanitarie.

ARTICOLO 11
(Coinvolgimento degli enti locali nella programmazione sanitaria e sociosanitaria)

1. La conferenza dei sindaci, composta da tutti i sindaci dei comuni che fanno parte dell’ambito territoriale di ciascuna ASL:
a) concorre alla formulazione, nell’ambito della programmazione regionale, delle linee di indirizzo per l’impostazione programmatica dell’attività sociosanitaria e sanitaria;
b) esamina il bilancio pluriennale di previsione e il bilancio di esercizio delle ASL e trasmette alla Regione le relative osservazioni;
c) verifica lo stato di attuazione dei programmi e dei progetti delle ASL, trasmettendo le proposte e le valutazioni ai rispettivi direttori generali e alla Regione.
2. L’assemblea dei sindaci, istituita a livello distrettuale e composta da tutti i sindaci dei comuni compresi nel territorio del distretto, o una sua rappresentanza autonomamente determinata formula proposte e pareri alla conferenza dei sindaci in ordine alle linee di indirizzo e di programmazione dei servizi sociosanitari ed esprime il proprio parere sulla finalizzazione e sulla distribuzione territoriale delle risorse finanziarie. L’assemblea distrettuale dei sindaci, il cui funzionamento è disciplinato da provvedimenti della Giunta regionale, svolge le funzioni del comitato dei sindaci di distretto previsto dall’articolo 3-quater del d.lgs. 502/1992. A livello distrettuale è garantita la partecipazione dei cittadini.
3. Per l’esercizio delle sue funzioni la conferenza dei sindaci si avvale del consiglio di rappresentanza dei sindaci eletto dalla conferenza stessa. Il Consiglio regionale disciplina le modalità per l’elezione del presidente nonché per la convocazione e il funzionamento della conferenza, prevedendo che le votazioni avvengano a maggioranza, secondo il metodo del voto unico e ponderato. Con la stessa deliberazione sono disciplinati il funzionamento e le modalità di convocazione del consiglio di rappresentanza dei sindaci.
4. In attuazione dell’articolo 2, comma 2-bis, del d.lgs. 502/1992, è istituita la conferenza permanente per la programmazione sanitaria e sociosanitaria regionale quale sede istituzionale di partecipazione degli enti locali alle attività regionali di programmazione sanitaria e sociosanitaria e di raccordo tra comuni, province e Regione nella definizione e attuazione delle relative linee programmatiche. Della conferenza fanno parte: il sindaco del comune nel caso in cui l’ambito territoriale dell’ASL coincida con quello del comune, il presidente della conferenza dei sindaci, ovvero il sindaco o i presidenti di circoscrizione nei casi in cui l’ambito territoriale dell’ASL sia rispettivamente superiore o inferiore al territorio del comune, i presidenti dell’associazione regionale dei comuni lombardi (ANCI Lombardia), dell’unione province lombarde (UPL) e della delegazione regionale dell’unione nazionale comuni comunità ed enti montani (UNCEM).
5. Nei casi in cui ricorrono i presupposti di cui all’articolo 3-bis, comma 7, del d.lgs. 502/1992 alla conferenza partecipa il sindaco del comune capoluogo della provincia in cui è situata l’azienda ospedaliera.
6. Con regolamento regionale sono disciplinate le modalità di costituzione e il funzionamento della conferenza, comprese le modalità per l’elezione del presidente, prevedendo la partecipazione alle sedute della conferenza dei componenti della Giunta regionale competenti per materia. Con lo stesso provvedimento è disciplinato l’eventuale raccordo della conferenza di cui al comma 4 con il consiglio delle autonomie locali.
7. La Regione e gli enti locali, ciascuno secondo le proprie competenze, assicurano le risorse finanziarie necessarie al raggiungimento degli obiettivi di integrazione sociosanitaria.

ARTICOLO 12
(Natura e organi delle aziende sanitarie)

1. Le ASL e le aziende ospedaliere hanno personalità giuridica pubblica, autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica. L’autonomia delle aziende sanitarie si esercita nell’ambito degli indirizzi programmatici della Regione.
2. Le aziende sanitarie sono responsabili dello svolgimento di tutte le attività tecnico-operative, gestionali, di raccolta ed elaborazione delle informazioni, secondo modalità finalizzate a realizzare l’efficacia degli interventi per la tutela della salute e l’efficiente impiego delle risorse. È obiettivo delle aziende raggiungere l’equilibrio economico di lungo periodo.
3. Sono organi della azienda sanitaria il direttore generale e il collegio sindacale. Il direttore generale, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 3-bis, comma 3, del d.lgs. 502/1992, è nominato con provvedimento della Giunta regionale; il suo rapporto di lavoro è esclusivo ed è regolato da contratto di diritto privato, che stabilisce anche la durata dell’incarico, comunque non inferiore a un anno. Nel caso di aziende ospedaliere presso le quali si svolgono corsi delle facoltà di medicina e chirurgia, la nomina avviene d’intesa con il rettore dell’università interessata. L’intesa s’intende acquisita decorse ventiquattro ore dalla proposta regionale, senza che pervenga formale e motivato diniego da parte del rettore.
4. La Giunta regionale può modificare, quanto alla sede di assegnazione, gli incarichi già conferiti a direttori generali di aziende sanitarie. La mobilità interaziendale non ha effetto sulla durata dell’originario contratto.
La mancata accettazione del reincarico comporta la risoluzione del contratto.
5. Sono considerate, ai fini della valutazione del possesso dei requisiti soggettivi per la nomina a direttore generale, tutte le cariche e le attività esercitate dall’interessato, anche a titolo di mandato politico e amministrativo regionale, purché svolte nei dieci anni antecedenti alla presentazione della candidatura.
6. Se l’incarico di direttore generale ha durata inferiore a tre anni, la verifica del raggiungimento degli obiettivi è effettuata entro il secondo mese antecedente la scadenza dell’incarico.
7. Per la nomina a direttore generale delle ASL, delle aziende ospedaliere e degli IRCCS di diritto pubblico trasformati in fondazioni è richiesta, oltre ai requisiti di cui all’articolo 3-bis, comma 3, del d.lgs. 502/1992, l’iscrizione nell’elenco degli idonei. Per l’inserimento in tale elenco è necessario il certificato di frequenza del corso di formazione in materia di sanità pubblica e di organizzazione e gestione sanitaria di cui al decreto del Ministro della sanità 1° agosto 2000 (Disciplina dei corsi di formazione dei direttori generali delle aziende sanitarie) o l’attestato di formazione manageriale di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484 (Regolamento recante la determinazione dei requisiti per l’accesso alla direzione sanitaria aziendale e dei requisiti e dei criteri per l’accesso al secondo livello dirigenziale per il personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale) in corso di validità.
8. Il direttore generale è il rappresentante legale dell’azienda ed è responsabile della gestione complessiva.
9. Nel caso in cui la Giunta regionale proceda alla sospensione cautelare del direttore generale di aziende sanitarie pubbliche, la stessa Giunta nomina, per il periodo corrispondente, un commissario straordinario in possesso dei requisiti richiesti per la nomina a direttore generale, cui viene corrisposta un’indennità da determinarsi in misura non superiore a quella del direttore generale della relativa azienda.
10. In caso di vacanza dell’ufficio di direttore generale e fino alla nomina del nuovo, la Giunta regionale può procedere alla nomina di un commissario straordinario qualora la gestione interinale affidata al direttore sanitario o al direttore amministrativo più anziano di età non appaia congrua rispetto alle peculiarità gestionali dell’azienda interessata e, nel contempo, il periodo minimo previsto dall’articolo 3-bis, comma 8, del d.lgs. 502/1992 non appaia coerente rispetto ai processi di riordino o riorganizzazione riguardanti l’azienda stessa. La gestione commissariale non può protrarsi oltre dodici mesi. Per i requisiti di nomina e per la retribuzione si applica il comma 9.
11. Entro novanta giorni dalla nomina del nuovo direttore generale o del commissario straordinario si provvede alla verifica straordinaria di cassa e dei valori custoditi in tesoreria nonché delle poste patrimoniali. Alle operazioni di verifica partecipano il direttore generale cessato dall’incarico, il nuovo direttore generale o il commissario straordinario, il tesoriere e il collegio sindacale, che redige apposito verbale sottoscritto dai partecipanti alla verifica stessa.
12. Il collegio sindacale è nominato dal direttore generale e svolge, in particolare, le seguenti funzioni:
a) verifica la regolarità amministrativa e contabile;
b) vigila sulla gestione economica, finanziaria e patrimoniale;
c) esamina ed esprime le proprie valutazioni sul bilancio di esercizio.
13. Nelle aziende ospedaliere il collegio sindacale è composto da cinque membri di cui due designati dalla Regione e uno dalla conferenza dei sindaci della ASL sul cui territorio è ubicata l’azienda ospedaliera; gli altri due componenti sono designati rispettivamente dal Ministro competente in materia di sanità e dal Ministro dell’economia e delle finanze.
14. Ai componenti del collegio sindacale delle ASL e delle aziende ospedaliere spetta un’indennità per l’espletamento delle funzioni in misura pari al dodici per cento della parte fissa della retribuzione corrisposta ai direttori generali. Al presidente del collegio spetta un’indennità in misura pari al quindici per cento della parte fissa della retribuzione corrisposta ai direttori generali.
15. Ai commissari liquidatori nominati ai sensi dell’articolo 2, comma 14, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) competono le funzioni di legali rappresentanti delle gestioni liquidatorie delle soppresse USSL.
16. I commissari liquidatori svolgono altresì le funzioni di legali rappresentanti delle gestioni liquidatorie delle aziende USSL istituite con la legge regionale 15 settembre 1993, n. 28 (Ridefinizione degli ambiti territoriali delle Unità Socio-Sanitarie locali) e venute a cessare con la legge regionale 11 luglio 1997, n. 31 (Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali).
17. Ai commissari liquidatori, quali legali rappresentanti delle gestioni liquidatorie di cui ai commi 15 e 16, compete la legittimazione attiva e passiva, sostanziale e processuale per le controversie riguardanti debiti e crediti delle soppresse USSL e aziende USSL.
18. I debiti delle gestioni liquidatorie delle soppresse USSL e aziende USSL, nonché i relativi atti esecutivi gravano unicamente sulle dotazioni finanziarie delle gestioni liquidatorie.
19. È esclusa ogni legittimazione passiva, sostanziale e processuale della Regione per le controversie riguardanti debiti e crediti delle soppresse USSL e aziende USSL.

ARTICOLO 13
(Organizzazione delle aziende sanitarie)

1. Le ASL, le aziende ospedaliere, gli ospedali classificati senza fini di lucro, gli IRCCS di diritto pubblico e gli IRCCS non trasformati in fondazioni ai sensi del d.lgs. 288/2003 adottano il piano di organizzazione e il piano strategico triennale e li sottopongono all’approvazione della Giunta regionale.
2. I piani di cui al comma 1 adottati dalle aziende sanitarie costituiscono la disciplina di quanto previsto dall’articolo 3-sexies, comma 4, del d.lgs. 502/1992. La Giunta regionale definisce i criteri per l’aggiornamento o l’integrazione.
3. Le ASL assicurano l’esercizio delle attività e l’erogazione delle prestazioni sanitarie e sociosanitarie attraverso i propri presidi e servizi, nonché attraverso i presidi e i servizi sanitari e sociosanitari accreditati e a contratto o convenzionati. Le ASL sono organizzate in distretti, presidi, dipartimenti, servizi, unità operative e uffici, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
4. Le aziende ospedaliere sono organizzate in aree omogenee, presidi, dipartimenti, servizi, unità operative e uffici, sentite le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative. Il presidio, se di dimensione significativa o di peculiarità specialistiche, può consistere in un singolo stabilimento ospedaliero o in una singola struttura diagnostica o terapeutica. Negli altri casi, il presidio raggruppa più strutture ospedaliere o diagnostiche omogenee per collocazione geografica o per specificità. Al presidio è attribuita autonomia gestionale ed economico-finanziaria, con contabilità separata all’interno dell’azienda.
5. Nelle aziende ospedaliere le unità operative sono organizzate in strutture dipartimentali. I dipartimenti possono comprendere attività esercitate al di fuori del presidio o della ASL, previa intesa tra le rispettive amministrazioni e sentite le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative. Il dipartimento di emergenza e urgenza è costituito nelle aziende e nei presidi individuati dalla programmazione regionale.
6. In ogni ASL le attività sanitarie e sociosanitarie sono organizzate, in particolare, nei seguenti dipartimenti:
a) dipartimento di prevenzione medico;
b) dipartimento di prevenzione veterinario;
c) dipartimento dei servizi sanitari di base;
d) dipartimento per le attività sociosanitarie integrate.
7. Il dipartimento dei servizi sanitari di base assume il coordinamento della medicina specialistica. In ogni ASL è altresì assicurato il coordinamento funzionale fra le attività comuni del dipartimento di prevenzione medico e del dipartimento di prevenzione veterinario, in particolare per la sicurezza degli alimenti.
8. L’attività delle articolazioni distrettuali e organizzative dell’azienda è disciplinata, previa approvazione da parte della Giunta dell’assetto complessivo dell’azienda stessa, dal direttore generale, che può individuare ulteriori modelli in base ai quali organizzare le attività sanitarie ricomprese nelle aree, nei dipartimenti e nei distretti.
9. Il dipartimento di prevenzione medico, organismo di coordinamento, è organizzato nei seguenti servizi:
a) igiene e sanità pubblica;
b) prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro;
c) igiene degli alimenti e della nutrizione;
d) medicina preventiva nelle comunità.
10. Il dipartimento di prevenzione veterinario, organismo di coordinamento, è organizzato nei seguenti servizi:
a) sanità animale;
b) igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale e loro derivati;
c) igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche.
11. Al dipartimento di cui al comma 10 competono funzioni di programmazione, coordinamento, supporto e verifica delle attività di sanità pubblica veterinaria svolte dai distretti di medicina veterinaria.
12. Le funzioni e le prestazioni medico-legali sono organizzate dall’ASL in un servizio specifico di medicina legale.
13. Al fine di erogare le prestazioni richieste, le ASL possono avvalersi della consulenza delle università. La consulenza è attivata attraverso la stipula di convenzioni.
14. Il dipartimento per le attività sociosanitarie integrate, di seguito denominato dipartimento per le ASSI, è istituito al fine di assicurare l’integrazione delle funzioni sanitarie con quelle sociosanitarie di competenza delle ASL. Il funzionamento è definito da apposito regolamento.
15. Di norma, il dipartimento per le ASSI assicura l’erogazione delle prestazioni su base distrettuale e interdistrettuale. Il direttore del dipartimento ne gestisce l’attività anche attraverso la corretta distribuzione delle risorse umane, strumentali ed economiche. L’attività dipartimentale può essere organizzata in servizi, unità operative e uffici. Il direttore generale, sentito il direttore sociale, individua un responsabile a livello distrettuale che coordina le attività assegnate al dipartimento e gestisce la quota di budget destinata alle funzioni organizzate a livello distrettuale.
16. Nell’ambito della programmazione regionale e aziendale sono individuati gli obiettivi e le risorse del fondo sanitario regionale, nonché le risorse autonome della Regione da destinare alle attività svolte dal dipartimento per le ASSI. L’ASL assicura apposita e separata contabilità sulla gestione delle attività svolte dal dipartimento per le ASSI, ispirata al criterio del bilancio economico e patrimoniale. Eventuali perdite di esercizio relative ad attività per le quali i comuni hanno concluso accordi con le ASL sono a totale carico del bilancio dei comuni stessi. Sono compresi tra le prestazioni sociosanitarie a carico del fondo sanitario regionale i contributi erogati alle famiglie nell’ambito dei servizi di assistenza domiciliare integrata.
17. Gli atti amministrativi adottati dalle aziende sanitarie devono essere conformi, fra l’altro, agli atti regionali di programmazione e di indirizzo sanitari e sociosanitari, nonché agli altri provvedimenti di cui all’articolo 11 della l.r. 3/2008. Le direzioni generali competenti, anche su indicazione del collegio sindacale o del consiglio di rappresentanza dei sindaci dell’ASL, segnalano al direttore generale dell’azienda sanitaria gli atti ritenuti non conformi alla programmazione e agli indirizzi regionali, ai fini dell’eventuale esercizio del potere di autotutela. Ferma restando la responsabilità patrimoniale e disciplinare derivante dall’adozione di atti illegittimi, il comportamento del direttore generale che non sia intervenuto in sede di autotutela è fonte di responsabilità contrattuale ed ha effetto ai ini della sua valutazione annuale.

ARTICOLO 14
(Distretto)

1. Le attività sanitarie territoriali e sociosanitarie di competenza delle ASL sono organizzate a livello distrettuale o interdistrettuale, in funzione della complessità dei servizi da erogare.
2. Il distretto è l’articolazione organizzativa su base territoriale il cui scopo è assicurare il coordinamento degli operatori e delle relative funzioni, la gestione dell’assistenza sanitaria, dell’educazione sanitaria, dell’informazione e prevenzione e delle attività sociosanitarie e sociali di competenza delle ASL. Il distretto assicura l’analisi e l’orientamento della domanda sanitaria e sociosanitaria, al fine di verificare la qualità dei servizi erogati e di garantire il diritto di accesso all’insieme dei servizi offerti e la continuità assistenziale nei diversi luoghi di trattamento.
3. L’ASL articola nel proprio piano di organizzazione l’ambito territoriale in distretti comprendenti ciascuno una popolazione di norma non inferiore a 40.000 abitanti; nelle aree ad alta densità abitativa tale rapporto è elevato fino a 100.000 abitanti. Nelle aree montane e nelle zone a scarsa densità abitativa l’ambito territoriale può comprendere una popolazione minima di 15.000 abitanti. Nel piano di organizzazione, l’ASL articola, altresì, l’ambito territoriale in distretti di medicina veterinaria.
4. Il distretto ha autonomia economico-finanziaria, con contabilità separata all’interno del bilancio aziendale, nonché autonomia gestionale per lo svolgimento delle proprie funzioni e per il conseguimento degli obiettivi aziendali, compreso il coordinamento delle attività.

ARTICOLO 15
(Direttore sanitario, direttore amministrativo, direttore sociale e responsabili delle strutture. Consiglio dei sanitari)

1. II direttore sanitario e il direttore amministrativo delle aziende sanitarie sono nominati dal direttore generale e hanno i requisiti di cui all’articolo 3, comma 7, del d.lgs. 502/1992; i relativi rapporti di lavoro sono esclusivi e sono regolati da contratti di diritto privato, che stabiliscono anche la durata dell’incarico, comunque non inferiore a un anno.
Ai fini della nomina a direttore amministrativo è riconosciuta l’attività di direzione tecnica o amministrativa svolta in enti o strutture pubbliche o private di media o grande dimensione, anche non operanti in ambito sanitario, purché la durata complessiva dell’attività stessa sia stata di almeno cinque anni, abbia comportato l’assunzione di responsabilità dirigenziale e/o manageriale in ordine ai risultati dell’ente, struttura o azienda di riferimento e siano state acquisite comprovate esperienze di natura giuridico-amministrativa. Ai fini della nomina a direttore sanitario si fa riferimento agli articoli 1 e 2 del d.p.r. 484/1997 ed è di conseguenza necessario il possesso della specializzazione in una delle discipline dell’area della sanità pubblica di cui al medesimo d.p.r. 484/1997 o un titolo equipollente di cui alla tabella B del decreto del Ministro della sanità 30 gennaio 1998 (Tabelle relative alle discipline equipollenti previste dalla normativa regolamentare per l’accesso al secondo livello dirigenziale per il personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale) oppure la specializzazione in medicina legale. Possono essere nominati direttori sanitari, indipendentemente dalla specializzazione, coloro che nei cinque anni precedenti alla nuova nomina abbiano già svolto tale incarico. I presidi dell’azienda ospedaliera sono retti da un dirigente responsabile amministrativo e da un dirigente responsabile sanitario, individuati dal direttore generale. I dirigenti operano nel quadro degli indirizzi emanati dal direttore generale ed assumono la responsabilità delle strutture loro affidate. Il direttore generale individua per ciascun presidio il dirigente responsabile della gestione complessiva e nomina altresì i responsabili del dipartimento e del distretto.
2. Per la direzione e il coordinamento delle attività sociosanitarie e sociali di competenza delle ASL in ogni azienda sanitaria il direttore generale nomina il direttore dei servizi sociali, di seguito denominato direttore sociale. L’incarico di direttore sociale è attribuito a persone che siano in possesso di diploma di laurea in discipline attinenti alle funzioni da svolgere, che non abbiano compiuto il sessantacinquesimo anno d’età e che abbiano svolto per almeno cinque anni una qualificata attività di direzione in ambito sociale, sociosanitario o sanitario. Il relativo rapporto di lavoro è esclusivo ed è regolato da contratto di diritto privato, che stabilisce anche la durata dell’incarico, comunque non inferiore a un anno. Il trattamento economico del direttore sociale è determinato dalla Giunta regionale.
3. In analogia a quanto previsto per la nomina dei direttori generali delle strutture sanitarie pubbliche e al fine di elevare la qualità del sistema sanitario attraverso la verifica della professionalità dei soggetti che operano all’interno dello stesso, sono istituiti gli elenchi da utilizzare per la nomina di direttore amministrativo, sanitario e sociale. Per l’inserimento negli elenchi sono necessari i requisiti di cui ai commi 1 e 2 richiesti per le medesime figure professionali all’interno delle aziende sanitarie pubbliche, nonché il certificato o l’attestato di cui all’articolo 12, comma 7, in corso di validità. Nell’elenco dei direttori sociali possono iscriversi anche coloro che sono stati nominati in sede di prima applicazione della l.r. 31/1997 e che hanno maturato un’esperienza almeno quinquennale nella direzione sociale delle aziende sanitarie pubbliche.
4. Agli elenchi di cui al comma 3 attingono:
a) le strutture sanitarie pubbliche per la nomina del direttore amministrativo, del direttore sanitario e del direttore sociale;
b) gli IRCCS trasformati in fondazioni per la nomina del direttore amministrativo e del direttore sanitario;
c) le strutture sanitarie private di cui al comma 5 per la nomina del direttore sanitario.
5. La figura del direttore sanitario è obbligatoria per le strutture sanitarie private classificate come dipartimento d’emergenza accettazione (DEA) o dipartimento d’emergenza e alta specialità (EAS) o provviste di più di duecentocinquanta posti letto accreditati e a contratto o appartenenti a un ente unico gestore di almeno due presidi ospedalieri accreditati e a contratto.
6. La Giunta regionale provvede alla costituzione e all’aggiornamento degli elenchi di cui al comma 3. A decorrere dalla data di pubblicazione sul bollettino ufficiale della Regione della deliberazione con la quale sono approvati gli elenchi, si procede alle nomine secondo le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5, fatti salvi i rapporti contrattuali in essere fino al loro esaurimento.
7. La gestione della attività esercitate tramite il dipartimento ASSI compete al direttore del dipartimento stesso, che risponde al direttore sociale.
8. È facoltà del direttore generale procedere alla revoca degli incarichi affidati al direttore amministrativo, al direttore sanitario e al direttore sociale. In ogni caso questi cessano dall’incarico entro i tre mesi successivi alla nomina del nuovo direttore generale e possono essere riconfermati.
9. Il consiglio dei sanitari di cui alla legge regionale 30 gennaio 1998, n. 2 (Istituzione, composizione e funzionamento del consiglio dei sanitari) è organismo elettivo delle aziende sanitarie, con funzioni di consulenza tecnico-sanitaria nei confronti del direttore generale ed è presieduto dal direttore sanitario o da un suo delegato.

ARTICOLO 16
(Diritti di partecipazione dei cittadini)

1. Le unità d’offerta si dotano di strutture e strumenti finalizzati alla costante verifica della qualità delle prestazioni, al potenziamento delle iniziative volte alla umanizzazione dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria, al mantenimento di corrette relazioni con il pubblico e con le rappresentanze dei soggetti del terzo settore.
2. Nella carta dei servizi sono definite le modalità per il concreto esercizio dei diritti dei cittadini, nonché i criteri per l’accesso alle prestazioni, le modalità di erogazione delle stesse e le modalità di valutazione da parte degli utenti o delle associazioni che li rappresentano.
3. Le aziende sanitarie sono tenute a istituire un ufficio di pubblica tutela (UPT) retto da persona qualificata, non dipendente dal servizio sanitario, e un ufficio per le relazioni con il pubblico (URP) affidato a personale dipendente. La funzione del responsabile dell’UPT ha natura di servizio onorario. Il direttore generale delle aziende pubbliche provvede a regolare l’attività dell’URP e garantisce le condizioni per l’esercizio indipendente dell’UPT.
4. L’UPT verifica che l’accesso alle prestazioni rese dalle unità d’offerta avvenga nel rispetto dei diritti degli utenti e alle condizioni previste nella carta dei servizi. 5. E’ costituita, nell’ambito delle direzioni generali competenti, una struttura organizzativa di pubblica tutela aperta al pubblico con il compito di verificare che le aziende assicurino il libero accesso alle prestazioni da parte dei cittadini.
6. L’ASL, nell’ambito della propria organizzazione, in accordo con la conferenza dei sindaci, individua una struttura finalizzata a promuovere e favorire gli strumenti di tutela delle persone incapaci e l’amministrazione di sostegno.
7. La Giunta regionale approva le linee guida relative alla organizzazione e al funzionamento degli UPT, prevedendo forme di coordinamento tra questi e gli uffici dei difensori civici degli enti locali e della Regione.

ARTICOLO 17
(Sanzioni)

1. Fatte salve le responsabilità di natura civile e penale, nonché le sanzioni dovute al mancato rispetto di altre normative regionali o nazionali, ogni struttura sanitaria di diritto pubblico o privato che operi in violazione delle norme relative ai requisiti richiesti per l’autorizzazione e l’accreditamento incorre nelle seguenti sanzioni:
a) da € 15.000 a € 150.000 per l’esercizio di attività sanitarie in strutture prive di autorizzazione;
b) da € 15.000 a € 150.000 per l’erogazione di specifiche prestazioni sanitarie per le quali la struttura non ha ottenuto l’autorizzazione;
c) da € 12.000 a € 120.000, se si tratta di strutture di ricovero e cura o di day hospital, per l’assenza o il mancato mantenimento di uno o più requisiti minimi autorizzativi o di accreditamento;
d) da € 12.000 a € 120.000, se si tratta di strutture di ricovero e cura o di day hospital, per codifiche che non rappresentano in modo corretto le prestazioni erogate;
e) da € 3.000 a € 30.000, se si tratta di strutture esclusivamente ambulatoriali, per l’assenza o il mancato mantenimento di uno o più requisiti minimi autorizzativi o di accreditamento;
f) da € 3.000 a € 30.000, se si tratta di strutture esclusivamente ambulatoriali, per codifiche che non rappresentano in modo corretto le prestazioni erogate; g) da € 500 a € 5.000 per il mancato invio alla Regione o alla competente ASL di comunicazioni o flussi informativi.
2. I requisiti relativi a documenti, disposizioni procedurali, regolamenti interni o linee guida si considerano assolti solo se la suddetta documentazione risulta conforme alla normativa vigente e la struttura vi ha dato regolare esecuzione.
3. L’applicazione delle sanzioni di cui al comma 1 spetta alle ASL e, nei casi di cui al comma 1, lettera g), alla Regione, se destinataria delle comunicazioni e dei flussi informativi. Le somme riscosse a seguito dell’irrogazione delle sanzioni sono introitate dai soggetti competenti per la loro applicazione, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, della legge regionale 5 dicembre 1983, n. 90 (Norme di attuazione della legge 24 novembre 1981, n. 689, concernente modifiche al sistema penale).
4. L’accertamento dell’assenza o del mancato mantenimento dei requisiti autorizzativi o di accreditamento comporta, in aggiunta alle sanzioni di cui al comma 1, previa diffida ad ottemperare entro un congruo termine ai requisiti medesimi o al debito informativo di cui al comma 1, lettera g), la sospensione dell’autorizzazione o dell’accreditamento per un periodo minimo di sette giorni fino ad un massimo di sessanta.
5. Con riferimento alle strutture che erogano prestazioni di diverse branche o il cui assetto è composto da più unità operative, la sospensione può riguardare, in relazione al tipo di requisito mancante, generale o specifico, tutta la struttura, una o più branche specialistiche, una o più unità operative.
6. L’accertamento di una carenza di requisiti autorizzativi o di accreditamento tale da comportare un grave rischio per la salute dei cittadini, diretto e immediato o indiretto e potenziale, comporta la diffida ad ottemperare ai requisiti medesimi con contestuale e immediata sospensione dell’autorizzazione o dell’accreditamento per un periodo minimo di tre giorni fino ad un massimo di sessanta.
7. Le violazioni delle disposizioni relative ai requisiti di autorizzazione o di accreditamento di cui al comma 1, lettere c), d), e), f), contestate alla medesima struttura per la terza volta nel corso dell’anno solare comportano l’applicazione della procedura di diffida con contestuale e immediata sospensione dell’autorizzazione o dell’accreditamento.
8. La mancata ottemperanza ai requisiti autorizzativi o di accreditamento in seguito alla sospensione di cui ai commi 4, 5, 6 e 7 comporta la revoca dell’autorizzazione e ell’accreditamento.
9. Gli atti di diffida, sospensione, sospensione con contestuale diffida e di revoca sono emanati dall’ente che ha concesso l’autorizzazione o l’accreditamento.
10. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle strutture sanitarie soggette all’obbligo di presentazione della dichiarazione di inizio attività che operino in mancanza dei requisiti richiesti o comunque in violazione delle vigenti norme. Nell’ipotesi di esercizio di attività sanitaria carente della dichiarazione di inizio attività si applica la sanzione minima di cui al comma 1, lettere a) e b).

ARTICOLO 18
(Vigilanza e controllo sulla attività delle aziende sanitarie)

1. La Giunta regionale, avvalendosi dei propri uffici, verifica presso ciascuna azienda sanitaria l’effettiva introduzione e utilizzazione di sistemi di verifica, di strumenti e di metodologie per il controllo di qualità dei servizi e delle prestazioni, nonché della efficienza nelle modalità di impiego delle risorse finanziarie. La Regione svolge tale funzione anche ricorrendo a organismi o agenzie specializzate esterne. La verifica accerta il corretto rapporto tra le risorse impiegate, la qualità e quantità dei servizi erogati, la realizzazione di economie di gestione e il soddisfacimento dei bisogni sanitari della popolazione. La verifica è altresì in funzione della promozione del controllo di gestione, come metodo permanente di valutazione dei risultati.
2. Per le finalità di cui al comma 1 è istituito, presso il competente settore della Giunta regionale, l’osservatorio regionale per la salute nel quale è garantita la partecipazione di rappresentanti delle associazioni degli utenti dei servizi. La Giunta regionale ne disciplina l’organizzazione, assicurando alle province l’informazione sulle strutture ubicate nel territorio di competenza.
3. La Giunta regionale esercita le funzioni di controllo previste dall’articolo 10 del d.lgs. 502/1992 sulle attività delle aziende sanitarie e degli altri enti erogatori, nonché sulle attività dei professionisti accreditati. Resta ferma ogni altra competenza spettante alle ASL in materia di controllo.
4. In ogni azienda sanitaria è istituito un servizio di controllo interno di gestione, ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), per la verifica della corretta ed economica gestione delle risorse, nonché dell’imparzialità e del buon andamento delle attività aziendali. La verifica è svolta mediante valutazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati.
5. Le aziende sanitarie assicurano lo svolgimento, secondo le norme ISO 9000, di tutte le attività necessarie per la realizzazione, l’erogazione e il controllo di prestazioni e di servizi.
6. Sono soggetti al controllo della Giunta regionale i seguenti provvedimenti delle aziende sanitarie:
a) il piano di organizzazione, i piani e i bilanci di previsione pluriennali e relative variazioni, il bilancio di esercizio;
b) le convenzioni con le università degli studi.
7. Alle attività di controllo di cui al comma 6 si applicano le procedure di cui all’articolo 4, comma 8, della legge 412/1991.
8. Il piano di organizzazione e il bilancio di esercizio di cui al comma 6, lettera a), sono inviati al Consiglio regionale. Il termine per l’esercizio del controllo da parte della Giunta sugli atti di cui al comma 6 è sospeso dal 1° al 31 agosto di ogni anno.
9. Gli atti e i provvedimenti assunti dal direttore generale sono pubblicati sull’albo dell’azienda. Sono immediatamente esecutivi quelli non soggetti a controllo. La esecutività degli altri è subordinata all’esito positivo del controllo della Giunta regionale.
10. La Giunta regionale fornisce indicazioni per la realizzazione di un sistema di rilevazione della qualità dei servizi e delle prestazioni.

ARTICOLO 19
(Finanziamento del servizio sanitario e sociosanitario regionale)

1. Il finanziamento del servizio sanitario e sociosanitario regionale è assicurato mediante:
a) le quote delle disponibilità finanziarie del servizio sanitario nazionale destinate ai sensi della normativa nazionale vigente;
b) le entrate derivanti dalla mobilità sanitaria interregionale;
c) le quote di partecipazione al costo delle prestazioni, nonché le altre entrate dirette delle aziende, compresi i redditi da patrimonio;
d) gli eventuali apporti aggiuntivi posti a carico del bilancio regionale;
e) i trasferimenti alla Regione per il finanziamento di spese in conto capitale, nonché gli eventuali apporti aggiuntivi a carico del bilancio regionale o derivanti da alienazioni patrimoniali delle aziende;
f) le entrate spettanti per le attività libero-professionali intramurarie;
g) le entrate derivanti dalle attività di polizia amministrativa;
h) gli introiti per ogni altra prestazione erogata dalle aziende a favore di persone fisiche o giuridiche, pubbliche o private.
2. Le somme di cui al comma 1, lettere a) e d), costituiscono il fondo sanitario regionale corrente, mentre quelle di cui al comma 1, lettera e), costituiscono il fondo sanitario regionale in conto capitale.
3. Le risorse di cui al comma 1 sono destinate al finanziamento:
a) dei livelli essenziali di assistenza definiti dalla programmazione nazionale e regionale;
b) degli investimenti, stabiliti con provvedimento della Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, finalizzati alla realizzazione, all’acquisizione e all’ammodernamento di strutture, infrastrutture e attrezzature di servizio, alla salvaguardia e all’incremento del patrimonio;
c) degli interventi diretti di competenza della Regione connessi al servizio sanitario regionale.
4. Quando è prevista l’approvazione regionale, i progetti e le varianti in corso d’opera di cui al comma 3, lettera b), sono approvati dalla direzione competente in materia di sanità, previo parere degli organi tecnici regionali.
5. L’approvazione del certificato di collaudo ovvero di regolare esecuzione dei lavori di cui al comma 3, lettera b), compete esclusivamente alla stazione appaltante.
6. La Giunta regionale assegna annualmente alle ASL un finanziamento, la cui misura è calcolata sulla base della quota capitaria determinata secondo parametri oggettivi, per la copertura dei costi dei servizi erogati direttamente, nonché per il pagamento delle prestazioni acquistate per i propri assistiti da tutti i soggetti erogatori accreditati pubblici e privati.
7. La Regione, con apposito piano annuale, stabilisce i volumi e le tipologie di prestazioni di degenza e ambulatoriali che possono essere soddisfatti nella sede pubblica e in quella privata secondo un corretto rapporto di competitività.
8. Con provvedimento della Giunta regionale, da emanarsi entro la fine di ogni anno, sono fissati i limiti finanziari attinenti alla spesa ospedaliera specialistica e diagnostica per tutte le strutture, pubbliche e private, in ottemperanza alla normativa nazionale. 9. La Giunta regionale costituisce un fondo e ne determina le modalità di riparto e assegnazione, finalizzandolo alla remunerazione delle funzioni non tariffabili. Per il finanziamento dei progetti specifici, definiti dagli strumenti della programmazione regionale, la Giunta regionale definisce le somme a carico del fondo sanitario da attribuire alle aziende sanitarie con vincolo di destinazione.
10. Agli ospedali classificati ai sensi della legge 12 febbraio 1968, n. 132 (Enti ospedalieri e assistenza ospedaliera) di proprietà e gestiti da istituti ed enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, esistenti alla data del 30 giugno 2008, la Giunta regionale può riconoscere, in base all’articolo 8-quinquies, comma 2-quater, del d.lgs. 502/1992, la funzione di integrazione dei servizi sanitari territoriali sulla base di progetti approvati dalla Regione e attuati. La Giunta regionale, nel rispetto dell’equilibrio economico-finanziario di sistema regionale, determina il relativo finanziamento annuale in sede di definizione degli indirizzi di gestione del servizio sociosanitario regionale.
11. Le fonti finanziarie delle aziende sanitarie sono costituite:
a) dalla assegnazione delle quote capitarie, dalle risorse derivanti dalla mobilità sanitaria attiva per le ASL e dai ricavi delle prestazioni per le aziende ospedaliere;
b) dalle risorse attribuite dalla Regione per remunerare eventuali funzioni non tariffabili;
c) dalle quote di partecipazione alle spese dovute dagli assistiti;
d) da ogni altro provento o sopravvenienza attiva derivante da contratti per la prestazione di servizi oppure dalla cessione di beni e servizi o provenienti da reddito da patrimonio, lasciti o donazioni, ovvero introitati per attività di polizia amministrativa;
e) da contributi eventualmente liquidati dalla Regione a titolo di riequilibrio;
f) da quote del fondo sanitario regionale a destinazione vincolata per l’attuazione di programmi specifici definiti dagli strumenti della programmazione regionale;
g) da eventuali contributi in conto capitale assegnati dalla Regione. 12. Nei casi in cui la Giunta regionale, accedendo al mercato del credito nelle forme previste dalla normativa vigente in materia, decida di anticipare le somme necessarie a fronteggiare eventuali situazioni debitorie degli enti sanitari operanti nel servizio sanitario regionale, gli oneri relativi sono da porre a carico degli stessi enti sanitari.
13. I soggetti erogatori, pubblici e privati, sono remunerati dalle ASL nel cui territorio sono ubicati per tutte le prestazioni erogate a prescindere dalla residenza dei cittadini. Eventuali acconti riferiti alla predetta remunerazione possono essere erogati nella misura e con le modalità stabilite dalla Giunta regionale. La Regione, anche tramite le ASL, remunera le eventuali funzioni non tariffabili riconosciute ai soggetti erogatori. Per gli assistiti provenienti da altre regioni la remunerazione è effettuata dalla Regione che stabilisce le modalità di compensazione con le regioni di provenienza degli oneri afferenti alla mobilità sanitaria attiva e passiva; le prestazioni erogate nelle strutture di riabilitazione extraospedaliera già convenzionate ex articolo 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), nelle residenze sanitarie assistenziali, nelle strutture sociosanitarie per disabili e nelle comunità terapeutiche per tossicodipendenti sono remunerate dalla ASL di residenza dell’utente.
14. Gli oneri delle prestazioni sanitarie e di quelle sociosanitarie assicurate dalle strutture e dai servizi sociali di competenza delle aziende sanitarie sono indicati in separati capitoli di spesa nel bilancio delle aziende stesse.
15. La Regione favorisce, senza oneri per il bilancio pubblico, l’esercizio di forme integrative di assistenza sanitaria anche per il tramite di forme assicurative e mutualistiche per le finalità di cui all’articolo 9 del d.lgs. 502/1992.
16. La Giunta regionale è autorizzata ad attivare iniziative occorrenti per la gestione dell’esposizione debitoria delle aziende sanitarie al fine di perseguire le finalità di cui all’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002)), ovvero per abbreviare i termini di pagamento con conseguente riduzione delle passività finanziarie.

ARTICOLO 20
(Sviluppo professionale continuo del personale del servizio sanitario regionale)

1. Con provvedimenti della Giunta regionale sono definite le modalità operative per l’attivazione del programma di educazione continua in medicina (ECM); tale attivazione, che rappresenta l’avvio di un processo di sviluppo professionale continuo, costituisce per ogni professionista del sistema sociosanitario lombardo una necessità la cui soddisfazione è incentivata dal sistema stesso.

ARTICOLO 21
(Sistema informativo e contabile)

1. La Giunta regionale emana direttive per uniformare i sistemi di rilevazione delle informazioni necessarie per il governo del sistema, nonché dei dati economico-finanziari delle aziende, definendo gli schemi di classificazione secondo le normative comunitarie e nazionali in materia. Le ASL e le aziende ospedaliere si dotano di sistemi informativi tali da consentire la pianificazione delle attività, il controllo di gestione e la verifica delle proprie attività sotto il profilo della efficacia e della efficienza; forniscono, inoltre, ogni rappresentazione delle dinamiche aziendali, anche al fine di soddisfare il debito informativo verso la Regione e ogni altra istituzione che ne abbia titolo. Il mancato assolvimento del debito informativo può comportare la cessazione della remunerazione, anche a titolo di acconto, corrisposta dalle ASL ai soggetti erogatori o dalla Regione alle ASL.
2. Al fine di dotare la Regione di strumenti adeguati alla realizzazione di un efficace monitoraggio della spesa sanitaria regionale, dando separata evidenza alla spesa del personale, in relazione alla responsabilità assunta con l’accordo Stato-Regioni dell’8 agosto 2001 e agli adempimenti previsti dall’articolo 2, comma 4, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347 (Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria), convertito con modificazioni dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, la Giunta regionale definisce il debito informativo relativo al personale delle aziende sanitarie e delle strutture private accreditate. Il flusso informativo sul personale è strutturato in modo da acquisire informazioni dettagliate per singolo dipendente, tramite integrazione tra i sistemi informativi delle aziende sanitarie e delle strutture private accreditate che gestiscono i trattamenti giuridici ed economici del personale, osservando modalità di acquisizione e trattamento dei dati che tutelino la riservatezza, ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali).
3. L’esercizio delle aziende coincide con l’anno solare. Ogni azienda adotta il bilancio di esercizio, il bilancio preventivo economico annuale, il bilancio pluriennale di previsione e le seguenti scritture obbligatorie:
a) libro delle deliberazioni del direttore generale;
b) libro delle adunanze del collegio sindacale;
c) libro giornale;
d) libro degli inventari;
e) libro dei cespiti ammortizzabili;
f) repertorio dei contratti.
4. È inoltre obbligatorio contabilizzare separatamente i costi, i ricavi e i proventi derivanti da:
a) attività sociali e sociosanitarie;
b) attività libero-professionali intramurarie;
c) accordi con le università per le attività diverse da quelle assistenziali.
5. Il direttore generale redige il bilancio d’esercizio costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa, predisposti sulla base di schemi adottati dalla Giunta regionale in conformità a quanto previsto dal decreto interministeriale 20 ottobre 1994 (Schema di bilancio delle aziende sanitarie e ospedaliere). Al bilancio di esercizio è allegata una nota per l’evidenziazione delle spese del personale. Il bilancio d’esercizio è redatto con chiarezza e rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nonché il risultato economico dell’esercizio. Al bilancio d’esercizio si applicano le disposizioni di cui agli articoli 2423 e 2423-bis del codice civile. Gli utili costituiti dal risparmio prodotto dalla gestione dell’azienda sono accantonati ad una riserva del patrimonio netto da utilizzare prioritariamente per i ripiani di perdite d’esercizio precedenti e, successivamente, a discrezione dell’azienda, per investimenti e incentivi al personale. Il direttore generale è tenuto altresì ad adempiere a quanto prescritto dall’articolo 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468 (Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio).
6. Il bilancio annuale di esercizio delle ASL, dei presidi delle ASL e delle aziende ospedaliere è deliberato dal direttore generale e le ASL ne inviano copia alla conferenza dei sindaci di cui all’articolo 11, comma 1. Entro il 30 aprile dell’esercizio successivo a quello di competenza, copia del
bilancio è depositata presso i competenti uffici regionali e lo stesso è reso pubblico.
7. Il bilancio preventivo economico annuale fornisce la rappresentazione del previsto risultato economico complessivo dell’azienda sanitaria per l’anno considerato, determinato dalla contrapposizione dei ricavi, dei proventi e dei costi di esercizio previsti, nonché dalle variazioni dello stato patrimoniale.
Il bilancio pluriennale è elaborato con riferimento al piano pluriennale e agli altri strumenti della programmazione adottati dalle aziende e ne rappresenta l’attuazione in termini economici, finanziari e patrimoniali nell’arco considerato. Il suo contenuto è articolato per anno ed è annualmente aggiornato per scorrimento.
8. Il bilancio pluriennale e il bilancio economico preventivo sono deliberati dal direttore generale entro il 30 novembre di ciascun anno e trasmessi, entro dieci giorni, alla Giunta regionale e, relativamente alle ASL, alla conferenza dei sindaci; entro tale ultima data è altresì approvato, con le stesse procedure, il bilancio di previsione per le attività sociosanitarie.
9. I direttori generali delle aziende sanitarie pubbliche assicurano il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario della gestione e il rispetto degli obiettivi economico-finanziari assegnati in sede di bilancio preventivo economico, coerenti e conseguenti con il piano strategico e di organizzazione aziendale e con le linee di indirizzo approvate dalla Giunta regionale per l’anno di riferimento, ai sensi dell’articolo 3 del d.l. 347/2001, convertito dalla l. 405/2001.
10. Ai fini di cui al comma 9, i direttori generali delle aziende sanitarie pubbliche sono tenuti a presentare alle direzioni generali competenti in materia sanitaria e sociosanitaria, ogni tre mesi, una certificazione, corredata del parere del collegio sindacale, in ordine alla coerenza della complessiva attività gestionale con gli impegni di equilibrio assunti nel bilancio preventivo economico e al rispetto degli obiettivi economico-finanziari. In caso di certificazione di non coerenza delle condizioni di equilibrio complessivo e di mancato rispetto degli obiettivi, i direttori generali delle aziende sanitarie pubbliche sono tenuti contestualmente a presentare un piano, corredato del parere del collegio sindacale, con le misure idonee a ricondurre la gestione nei limiti degli obiettivi assegnati. La riconduzione della gestione nei limiti degli obiettivi assegnati è assicurata, pena la decadenza automatica dall’incarico del direttore generale, entro il 30 settembre, qualora la situazione di disequilibrio sia stata certificata alla fine del primo o del secondo trimestre, ovvero entro il 31 dicembre qualora la situazione di disequilibrio si sia verificata nel corso del terzo o quarto trimestre.
11. Se per esigenze straordinarie è necessario assumere iniziative di gestione comportanti spese non previste e incompatibili con gli impegni di equilibrio, i direttori generali devono ottenere preventiva autorizzazione, secondo i limiti e le modalità definiti dalla Giunta regionale, fatti salvi i provvedimenti contingibili e urgenti e i casi in cui ricorra il pericolo di interruzione di pubblico servizio per i quali le aziende danno comunicazione alla Giunta regionale entro quindici giorni.
12. La decadenza automatica di cui all’articolo 52, comma 4, lettera d), della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003)) opera nei seguenti casi:
a) mancata o incompleta presentazione della certificazione trimestrale di cui al comma 10 nei termini definiti dalle direzioni generali competenti;
b) mancata presentazione del piano di cui al comma 10 nei termini definiti dalle direzioni generali competenti;
c) mancata riconduzione della gestione nei limiti degli obiettivi assegnati al 30 settembre ovvero al 31 dicembre.
13. In attuazione dell’articolo 1, comma 173, lettera f), della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)), le disposizioni di cui ai commi 9, 10, 11 e 12 si applicano anche agli IRCCS non trasformati in fondazioni ai sensi del d.lgs. 288/2003.
14. La Giunta regionale definisce gli indicatori in base ai quali dichiarare lo stato di dissesto delle ASL e delle aziende ospedaliere. In caso di dissesto dichiarato con provvedimento della Giunta regionale, il direttore generale decade dall’incarico e il suo rapporto contrattuale è risolto di diritto; al suo posto la Giunta regionale nomina, secondo le modalità di cui all’articolo 1 del decreto-legge 27 agosto 1994, n. 512 (Disposizioni urgenti in materia di organizzazione delle unità sanitarie locali), convertito dalla legge 17 ottobre 1994, n. 590, un altro direttore generale con il compito di adottare, entro novanta giorni dalla nomina, un piano di rientro, di durata massima triennale, comprensivo del piano finanziario e del piano di riorganizzazione e ristrutturazione dei servizi, da proporre alla Giunta regionale per l’approvazione. La gestione del piano è affidata allo stesso direttore generale.
15. La Giunta regionale organizza il sistema informativo anche al fine di dare attuazione all’articolo 10 del d.lgs. 502/1992 e, in particolare, di fornire gli elementi conoscitivi necessari per rendere sistematiche la verifica e la revisione della qualità e della quantità delle prestazioni e per valutare l’efficacia e l’efficienza degli interventi sanitari. Il sistema informativo sociosanitario (SISS), articolato a livello regionale e locale, assicura i flussi informativi verso il Ministero competente in materia di sanità, l’ISTAT e gli altri istituti centrali ed è organizzato dalla Giunta regionale secondo i seguenti criteri:
a) costituire il centro di coordinamento operativo delle unità periferiche confluenti nel sistema informativo locale;
b) raccogliere le informazioni derivanti da tali unità, elaborarne la sintesi in forma omogenea e curarne la trasmissione ai settori competenti;
c) operare in stretto coordinamento con l’osservatorio epidemiologico regionale di cui all’articolo 23, quale fonte dei dati che l’osservatorio elabora e utilizza per adempiere alle proprie funzioni;
d) rendere tempestiva la diffusione di informazioni di carattere scientifico e sanitario provenienti da fonti nazionali e comunitarie.

ARTICOLO 22
(Carta regionale dei servizi)

1. La carta regionale dei servizi (CRS), strumento di accesso al sistema informativo sociosanitario, sostituisce, a far data dalla sua emissione, la tessera sanitaria. Al fine di dare attuazione alle disposizioni nazionali in materia di monitoraggio della spesa nel settore sanitario e di appropriatezza delle prestazioni, gli erogatori di prestazioni sociosanitarie a carico del servizio sanitario regionale, compresi i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e i farmacisti, sono tenuti ad aderire al sistema informativo sociosanitario utilizzando la piattaforma tecnologica e i servizi messi a disposizione per la comunicazione ed elaborazione dei dati sanitari, in modo da poter realizzare il fascicolo sanitario elettronico. La mancata adesione al sistema informativo sociosanitario da parte dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta e dei farmacisti integra la grave infrazione prevista e sanzionata dai vigenti accordi nazionali di categoria.
2. La Giunta regionale adotta le necessarie indicazioni operative e definisce le misure conseguenti, nel rispetto di quanto previsto dal d.lgs. 196/2003 e dal regolamento regionale 18 luglio 2006, n. 9 (Regolamento per il trattamento dei dati sensibili e giudiziari di competenza della Giunta regionale, delle aziende sanitarie, degli enti e agenzie regionali, degli enti vigilati dalla Regione Lombardia).

ARTICOLO 23
(Osservatorio epidemiologico regionale)

1. Nell’ambito della competente direzione generale della Giunta regionale è costituito l’osservatorio epidemiologico regionale con il compito di:
a) promuovere l’istituzione, ai vari livelli del servizio sanitario, di opportuni strumenti di osservazione epidemiologica secondo una metodologia di rilevazione programmata al fine di produrre statistiche sanitarie omogenee;
b) raccogliere dai vari livelli del servizio sanitario dati che riguardino lo stato di salute e la diffusione di malattie nella popolazione;
c) elaborare i dati provenienti dalle aziende sanitarie al fine di produrre statistiche sanitarie correnti;
d) fornire tutte le informazioni di supporto necessarie alle diverse direzioni generali della Giunta regionale per l’attuazione delle attività di programmazione sanitaria, di valutazione dell’efficacia e dell’efficienza in materia sanitaria, di controllo di qualità delle prestazioni sanitarie;
e) acquisire informazioni di interesse epidemiologico da fonti internazionali, nazionali e regionali;
f) identificare i fattori responsabili della patogenesi delle malattie e individuare le condizioni individuali e ambientali che predispongono all’insorgenza di malattie;
g) programmare e attuare indagini volte ad approfondire la conoscenza dei fenomeni di interesse sanitario e a migliorare gli interventi sanitari;
h) assicurare il ritorno delle informazioni raccolte ed elaborate agli operatori delle aziende sanitarie, nonché la diffusione ai cittadini, per quanto di interesse pubblico.
2. L’osservatorio di cui al comma 1 attiva collegamenti funzionali con gli osservatori epidemiologici istituiti dalle altre regioni e con il laboratorio epidemiologico dell’Istituto superiore di sanità.

ARTICOLO 24
(Attività contrattuale delle aziende sanitarie)

1. L’attività contrattuale delle aziende sanitarie è disciplinata dalla normativa comunitaria, nazionale e regionale in materia, nel rispetto dei principi di imparzialità, pubblicità e trasparenza nella gestione della spesa.
La Giunta regionale emana direttive in ordine all’attività stessa.
2. Le aziende sanitarie si approvvigionano utilizzando i contratti o le convenzioni stipulati in base all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2000)) e all’articolo 1, commi 449, 455 e 456, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)), nonché le convenzioni stipulate dalla centrale regionale acquisti di cui all’articolo 1, comma 4, della legge regionale 28 dicembre 2007, n. 33 (Disposizioni legislative per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9 ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione) - Collegato 2008), fatta eccezione per singoli acquisti di cui sia dimostrata la convenienza.
3. Presso la competente direzione generale della Giunta regionale sono aggiornati il ruolo del personale del servizio sanitario regionale e le variazioni conseguenti anche a processi di mobilità, previa informazione alle organizzazioni sindacali regionali di categoria maggiormente rappresentative.
Le dotazioni organiche delle aziende sono approvate con provvedimento del direttore generale, secondo la metodologia di determinazione dei carichi di lavoro e con riferimento sia alle accertate necessità dei servizi, sia alla disponibilità di risorse economiche, sentite le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative. L’assunzione del personale avviene secondo le modalità stabilite dal regolamento attuativo delle disposizioni di cui all’articolo 18 del d.lgs. 502/1992. I compensi per i componenti delle commissioni esaminatrici sono liquidati nella misura stabilita dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 1995 (Determinazione dei compensi da corrispondere ai componenti delle commissioni esaminatrici e al personale addetto alla sorveglianza di tutti i tipi di concorso indetti dalla amministrazioni pubbliche), ridotta del dieci per cento.
4. Le assunzioni di personale a tempo determinato e indeterminato da parte delle aziende sanitarie pubbliche sono subordinate all’approvazione, da parte della Giunta regionale, di un piano annuale presentato dall’azienda. Ai fini dell’approvazione la Giunta regionale tiene conto del fabbisogno complessivo e dei processi riorganizzativi delle aziende interessate, nonché dei vincoli di bilancio.

ARTICOLO 25
(Contributi a favore dei soggetti non profit operanti in ambito sanitario)

1. E’ autorizzata l’erogazione di contributi a favore dei soggetti privati che, alla data del 31 marzo 2007, operano da statuto senza fini di lucro, non sono controllati da società con fini di lucro e svolgono attività di ricovero e cura in regime di accreditamento a contratto, con oneri a carico del servizio sanitario regionale, in strutture ospedaliere ubicate in Lombardia.
2. I contributi di cui al comma 1 sono utilizzati per la realizzazione di progetti finalizzati a miglioramenti organizzativi, strutturali e tecnologici in coerenza con gli indirizzi del piano sociosanitario regionale e non possono superare il quindici per cento delle risorse riconosciute ai soggetti di cui al comma 1 dal servizio sanitario regionale per gli assistiti lombardi per l’anno di riferimento. In ogni caso l’entità del contributo non deve eccedere i costi ammissibili correlati agli oneri del servizio pubblico.
3. Se il soggetto non profit controlla società con fini di lucro, il contributo è calcolato sulle risorse di cui al comma 2, al netto del fatturato annuo delle società controllate verso il soggetto non profit controllante.
4. L’ammontare dei contributi è fissato in ragione della qualità, complessità e onerosità dei progetti presentati, tenuto conto delle azioni programmate di continuità assistenziale tra ospedale e territorio.
5. La Giunta regionale, sentite le commissioni consiliari competenti, definisce i parametri di carattere economico-finanziario e clinico-organizzativo, oltre che la corrispondenza agli obiettivi programmatici sociosanitari regionali in base ai quali la direzione generale competente procede alla valutazione e all’approvazione dei progetti, garantendo il monitoraggio costante dei costi con un’attenta analisi da effettuarsi nella fase iniziale di selezione, durante il loro iter realizzativo e alla loro conclusione.
6. Sulla base dei criteri di valutazione di cui al comma 4, la direzione generale competente procede alla selezione dei progetti ritenuti meritevoli di finanziamento e all’individuazione dell’ammontare dei contributi da assegnare a ciascun soggetto proponente.
7. La Giunta regionale informa la commissione consiliare competente dell’attuazione delle disposizioni del presente articolo e dei risultati ottenuti.

8. L’esecuzione dei provvedimenti attuativi previsti dal comma 5 concernenti misure qualificabili come aiuti di Stato è subordinata all’esito positivo dell’esame di compatibilità da parte della Commissione europea, ovvero al rispetto delle condizioni del servizio di interesse economico generale (SIEG).

ARTICOLO 26
(Assistenza in regime di ricovero in forma indiretta)

1. Ai cittadini iscritti negli elenchi degli assistiti dalle ASL è consentito il ricorso all’assistenza ospedaliera in forma indiretta presso strutture sanitarie autorizzate o accreditate e non a contratto con il servizio sanitario regionale solo nel caso in cui le strutture sanitarie pubbliche o private accreditate e a contratto con il sistema stesso siano nell’impossibilità di erogarla in forma diretta, secondo i tempi di attesa previsti dalla normativa vigente.
2. Il ricorso all’assistenza ospedaliera in forma indiretta è autorizzato dalla competente ASL in rapporto alla sussistenza delle condizioni di cui al comma 1. Il ricorso all’assistenza indiretta è ammesso altresì per le prestazioni di comprovata gravità ed urgenza, quando non sia stato possibile ottenere la preventiva autorizzazione e sussistano comunque le condizioni di cui al comma 1.
3. Autorizzato il ricorso all’assistenza indiretta, l’ASL di residenza del cittadino provvede a corrispondere il relativo rimborso tempestivamente, nella misura del cinquanta per cento della tariffa corrispondente al relativo diagnosis-related group (DRG).

ARTICOLO 27
(Disposizioni finali)

1. Al fine di garantire l’integrazione e il coordinamento delle funzioni sociosanitarie svolte dalla ASL di Milano con quelle sociali di competenza del Comune di Milano, a quest’ultimo resta affidato, in deroga a quanto disposto dal presente titolo, un compito di generale organizzazione, programmazione e finanziamento dei servizi di assistenza sociale per l’intero territorio comunale.
2. I rapporti tra il Comune di Milano e la ASL di Milano sono disciplinati da un protocollo di intesa, il cui schema quadro è approvato con deliberazione della Giunta regionale.
3. L’ASL di Milano con il proprio piano di organizzazione individua e disciplina i distretti sociosanitari di Cinisello Balsamo e di Sesto San Giovanni.
4. I comuni appartenenti ai distretti sociosanitari di Cinisello Balsamo e di Sesto San Giovanni esercitano le funzioni previste dall’articolo 11, comma 1, mediante una specifica conferenza dei sindaci. Nell’ambito dei medesimi distretti sono istituite le assemblee distrettuali dei sindaci.
5. In applicazione delle disposizioni di cui al decreto del Ministro della sanità 10 febbraio 1995 (Modificazioni al decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 616, in materia di assistenza sanitaria ai cittadini del Comune di Campione d’Italia), la Giunta regionale emana direttive per l’organizzazione e il finanziamento dello speciale distretto di Campione d’Italia.
6. Ai fini della realizzazione o dell’ampliamento di strutture di ricovero e cura, ovvero ai fini della trasformazione in strutture di ricovero e cura, non è richiesta l’acquisizione, da parte dei comuni, della verifica di compatibilità dei progetti con la programmazione sanitaria regionale.
7. Non possono essere esercitate attività sanitarie in discipline non previste e riconosciute dalla vigente legislazione, ad eccezione di iniziative sperimentali riconosciute dalla Regione. Non possono essere altresì esercitate attività sanitarie in discipline per le quali la struttura non sia stata autorizzata o per le quali non sia stata presentata la dichiarazione di inizio attività.
8. Sono favorite e incentivate a livello distrettuale sia la medicina di gruppo che, in generale, le forme di associazione e cogestione fra medici volte ad estendere e qualificare l’offerta di assistenza medica primaria, secondo linee guida o protocolli che assicurino un positivo rapporto costi-benefici.
. Sono abrogate le disposizioni incompatibili con il presente titolo.

Titolo III
Disciplina dei rapporti tra la Regione e le università della Lombardia con facoltà di medicina e chirurgia per lo svolgimento di attività assistenziali, formative e di ricerca

ARTICOLO 28
(Finalità e ambito di applicazione)

1. Nel rispetto dei principi costituzionali afferenti alla dignità della persona, alla tutela della salute e all’autonomia delle istituzioni universitarie e in conformità allo statuto, la Regione disciplina i rapporti con le università della Lombardia in relazione alle attività delle facoltà di medicina e chirurgia, al fine di:
a) favorire l’attuazione del piano sociosanitario regionale;
b) garantire l’inscindibilità delle funzioni di assistenza, didattica e ricerca;
c) garantire l’apporto delle università alla programmazione sanitaria regionale;
d) agevolare l’integrazione sociosanitaria attraverso il contributo, ciascuno secondo le proprie peculiarità, di enti pubblici e soggetti privati profit e non profit;
e) riconoscere e riaffermare, tenuto conto dei particolari livelli di produzione scientifica e di qualità assistenziale e didattica, il ruolo di rilievo delle università della Lombardia nello sviluppo della ricerca scientifica e dell’innovazione, per il conseguimento degli obiettivi di sistema, stimolando la collaborazione e il dialogo con i centri di ricerca e le comunità tecnico-scientifiche e professionali regionali, nazionali ed extranazionali;
f) implementare il modello sanitario lombardo, fondato sui principi relativi alla centralità della persona e alla libertà di scelta, a cui consegue l’organizzazione dei servizi;
g) implementare la rete regionale integrata dell’assistenza, della formazione e della ricerca, anche con l’identificazione di figure professionali e specialisti in base al fabbisogno, tenendo conto della pianificazione regionale e delle segnalazioni delle università;
h) valorizzare le attività di ricerca e di assistenza ai fini formativi e scientifici.
2. La Regione, entro il 27 febbraio 2010, stipula con le università, un protocollo generale d’intesa, finalizzato a disciplinare il rapporto tra le facoltà di medicina e chirurgia e i soggetti pubblici e privati accreditati a contratto nel territorio regionale.

ARTICOLO 29
(Relazione tra attività assistenziale, didattica e ricerca)

1. La Regione riconosce il legame esistente tra assistenza, didattica e ricerca nelle facoltà di medicina e chirurgia.
2. Per assicurare la completa integrazione tra l’attività assistenziale, di didattica e di ricerca delle facoltà di medicina e chirurgia, la Regione e le università definiscono e implementano la rete regionale dell’assistenza, della formazione e della ricerca, articolata in tipologie di strutture, queste ultime integrate secondo criteri di organizzazione e funzionamento, definiti mediante il protocollo di cui all’articolo 28, comma 2, coinvolgendo oltre alla facoltà di medicina e chirurgia altre competenze interdisciplinari, con particolare riferimento a quelle tecnologiche.
3. La Regione e le università, con modalità e procedure definite d’intesa, verificano, con cadenza almeno annuale, lo stato di attuazione degli obiettivi programmati.
4. Della rete di cui al comma 2 fanno parte:
a) i poli universitari, costituiti dall’insieme delle strutture sanitarie pubbliche e private, accreditate a contratto, con le quali le università stipulano le convenzioni per l’attivazione integrale dei singoli corsi di studio; in tal modo le facoltà di medicina e chirurgia si rapportano con la rete delle strutture sanitarie ubicate sul territorio, concorrendo al conseguimento degli obiettivi di queste ultime e creando un legame articolato su aree geografiche e di competenza assistenziale e didattica;
b) gli ospedali e le strutture territoriali collegate, non compresi nei poli universitari, ma coinvolti nella rete della formazione e della ricerca sulla base della collocazione territoriale, della specificità, della qualità, delle reali capacità di partecipazione e contribuzione agli obiettivi.
5. I poli universitari, gli ospedali e le strutture territoriali collegate sono individuati con provvedimento della Giunta regionale d’intesa con le università ed è identificata per ciascun polo universitario la struttura sanitaria principale, intesa come la struttura sulla quale insistono i corsi e le attività della facoltà di medicina e chirurgia in misura prevalente rispetto alle altre.
6. Nel rispetto dell’autonomia universitaria, le facoltà di medicina e chirurgia nella formazione didattica di base e specialistica privilegiano le unità operative delle aziende sedi dei corsi universitari.
7. Gli specialisti ospedalieri concorrono alla formazione didattica di base e specialistica.
8. I corsi di laurea in professioni sanitarie e loro specializzazioni, attivati da università con sede in Lombardia, a seguito di convenzioni con la Regione, in corso nell’anno accademico 2008-2009, sono disciplinati e possono essere rinnovati secondo i principi di cui all’articolo 28, comma 1.

ARTICOLO 30
(Comitato di indirizzo e coordinamento)

1. E’ istituito il comitato di indirizzo e coordinamento (CIC), quale strumento di partecipazione agli atti di programmazione regionale in relazione alle strutture e ai servizi sanitari coinvolti nell’ambito della formazione sanitaria universitaria.
2. Il CIC è composto dal Presidente della Regione, che lo presiede, dagli assessori e dai direttori generali competenti, dai rettori delle università e dai presidi delle facoltà di medicina e chirurgia. Il protocollo di cui all’articolo 28, comma 2, ne disciplina le modalità di funzionamento.

ARTICOLO 31
(Compiti, ruoli e disciplina dei rapporti)

1. All’interno della rete regionale della assistenza, della formazione e della ricerca di cui all’articolo 29 sono definiti i compiti e i ruoli dei diversi soggetti.
2. I rapporti tra servizio sanitario regionale e università sono disciplinati dal protocollo di cui all’articolo 28, comma 2, in conformità al presente titolo e nel rispetto del principio della leale cooperazione, al fine di assicurare la promozione e l’integrazione delle attività assistenziali, di formazione, di ricerca e di didattica del servizio sanitario regionale e delle università.
3. Il protocollo, in relazione alla dimensione e alle attività della struttura assistenziale rapportata al numero degli studenti in formazione presso la facoltà di medicina e chirurgia, disciplina le modalità di collaborazione tra Regione e università, sulla base dei seguenti criteri:
a) definizione delle linee generali della partecipazione delle università alla programmazione sanitaria regionale e del ruolo degli attori del sistema lombardo;
b) indicazione dei parametri per l’individuazione delle attività e delle strutture assistenziali funzionali alle esigenze di didattica e di ricerca della facoltà di medicina e chirurgia e degli enti di cui all’articolo 29, secondo criteri di funzionalità e coerenza con le esigenze di assistenza, di didattica e di ricerca e con l’identificazione degli indicatori di risultato.
4. L’attuazione del protocollo è realizzata, sulla base di schemi concordati tra Regione ed università, mediante apposite convenzioni stipulate dalle singole università con ciascuna delle strutture sanitarie comprese nel polo universitario di pertinenza.
5. Nel protocollo la Regione e le università individuano congiuntamente i parametri e le modalità per una valutazione qualitativa e quantitativa dell’attività integrata svolta dagli atenei, tenendo conto delle prestazioni fornite, dell’attività di didattica e di ricerca svolte e dei risultati conseguiti, anche attraverso il coinvolgimento del personale ospedaliero.

ARTICOLO 32
(Organizzazione dipartimentale)

1. Ad eccezione delle sperimentazioni gestionali, gli aspetti organizzativi della presenza dell’università nelle strutture sanitarie sono concordati tra struttura sanitaria e università, privilegiando modelli organizzativi dipartimentali che sviluppano congiuntamente l’attività assistenziale, di didattica e di ricerca.
2. I direttori dei dipartimenti sono nominati dal direttore generale delle strutture sanitarie, d’intesa con il rettore, sentito l’organo di programmazione congiunta di cui all’articolo 33.

ARTICOLO 33
(Rapporti tra università e strutture sanitarie afferenti ai poli universitari)

1. I rapporti tra università e strutture sanitarie afferenti ai poli universitari sono improntati al principio di leale collaborazione e disciplinati da convenzioni, i cui contenuti devono essere coerenti con gli schemi di cui all’articolo 31, comma 4.
2. Il direttore generale della struttura sanitaria principale è nominato dalla Giunta regionale secondo le procedure di cui all’articolo 12, comma 3.
3. Al fine di garantire l’integrazione delle attività istituzionali di assistenza, didattica e ricerca e l’ottimizzazione delle risorse, l’università e la struttura sanitaria principale di cui all’articolo 29, nel rispetto delle reciproche finalità istituzionali ed autonomie, si impegnano a individuare modalità di programmazione congiunta delle proprie attività, definendo congiuntamente le rispettive responsabilità di processo. Tali modalità sono definite da un apposito organismo paritetico, denominato organo di programmazione congiunta (OPC), composto dal rettore, dal preside della facoltà di medicina e chirurgia, dal direttore amministrativo dell’università, dal direttore generale, dal direttore sanitario e dal direttore amministrativo dell’azienda sanitaria principale. L’OPC esprime pareri sugli assetti organizzativi.

ARTICOLO 34
(Finanziamento del sistema)

1. Il sistema regionale di finanziamento dei poli universitari e degli ospedali tiene conto della specifica missione di tali strutture. La determinazione delle risorse avviene annualmente con deliberazione della Giunta regionale in ordine alla gestione del servizio sanitario regionale. La Regione istituisce, con il contributo delle direzioni generali coinvolte nelle attività di ricerca e formazione, un fondo speciale per le attività didattiche e di ricerca, finalizzato allo sviluppo e all’attuazione della programmazione regionale.
2. Al sostegno delle attività svolte dalle strutture sanitarie convenzionate concorrono risorse messe a disposizione sia dalle università sia dal fondo sanitario regionale.
3. Le università e la Regione concordano le modalità di rilevazione dei dati contabili ed extra-contabili necessari alla determinazione dei costi dei servizi e delle attività, quantificando i reciproci apporti.

ARTICOLO 35
(Rapporti economici e funzioni del personale universitario ed ospedaliero)

1. In coerenza con il proprio stato giuridico, i professori e i ricercatori universitari convenzionati con le strutture sanitarie della Lombardia esercitano funzioni assistenziali inscindibili da quelle di insegnamento e ricerca. L’impegno orario del personale universitario convenzionato, onnicomprensivo delle tre funzioni, è pari a quello del corrispondente personale ospedaliero. La presenza nelle strutture aziendali è comunque rilevata secondo modalità oggettive e deve essere pari almeno al cinquanta per cento dell’orario complessivo.
2. Per remunerare il contributo offerto alle finalità del servizio sanitario regionale, ai professori e ai ricercatori universitari, nonché alle figure equiparate compete, oltre alla retribuzione corrisposta dall’università, un trattamento aggiuntivo graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico, pari all’intera retribuzione di posizione conseguente alla graduazione delle funzioni dirigenziali, prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro della dirigenza della sanità pubblica, nonché un’indennità pari alla eventuale differenza negativa tra i trattamenti economici di base previsti dai rispettivi ordinamenti.
3. E’ altresì riconosciuto un trattamento economico aggiuntivo in relazione all’effettivo raggiungimento dei risultati ottenuti nell’attività assistenziale, pari all’intera retribuzione di risultato così come disciplinata dalla struttura sanitaria, nel rispetto dei vincoli contrattuali della sanità pubblica.
4. L’indennità di esclusività è riconosciuta per intero a coloro che abbiano optato per l’attività professionale intramoenia.
5. In sede di prima applicazione del presente titolo sono fatti salvi i trattamenti di maggior favore attualmente corrisposti al personale universitario tramite un assegno ad personam riassorbibile.
6. Le funzioni di tutor possono essere attribuite anche a personale ospedaliero in possesso di idonei requisiti di professionalità.
7. Le aziende, nella definizione degli assetti organizzativi e delle posizioni dirigenziali, determinano le quote di risorse da destinare al personale universitario nel pieno rispetto dei vincoli economici complessivi del sistema sanitario lombardo.

ARTICOLO 36
(Clausola valutativa)

1. La Giunta regionale informa il Consiglio regionale dell’attuazione del presente titolo e dei risultati ottenuti nell’integrazione delle attività di assistenza, formazione e ricerca, tra strutture universitarie e sanitarie.
2. A tal fine, la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale una relazione biennale che fornisce risposte documentate ai seguenti quesiti:
a) come risulta composta la rete regionale della assistenza, formazione e ricerca, in termini di numero e tipologia degli enti di cui all’articolo 29;
b) quali sono le attività individuate nei protocolli e nelle convenzioni stipulati;
c) in quale entità il personale universitario ha concorso alle attività di assistenza;
d) quali sono gli esiti della verifica degli obiettivi programmati prevista all’articolo 29, comma 3, e della valutazione qualitativa e quantitativa prevista all’articolo 31, comma 5;
e) quali sono le attività svolte dal CIC e quale è l’apporto delle università alla programmazione regionale in relazione alle strutture e ai servizi sanitari coinvolti nell’ambito della formazione sanitaria universitaria;
f) come si è svolto il processo di istituzione degli OPC e quali sono le modalità del loro funzionamento.
3. La relazione di cui al comma 2 è resa pubblica unitamente agli eventuali documenti del Consiglio regionale che ne concludono l’esame.

Titolo IV
Norme relative ai prelievi e ai trapianti, all’assistenza a domicilio del paziente emofilico, alla dialisi a domicilio e all’assistenza del paziente diabetico
Capo I
Prelievo e trapianto d’organi

ARTICOLO 37
(Disposizioni generali)

1. La Regione, al fine di tutelare la salute e il benessere dei cittadini, promuove e sostiene, nel rispetto della dignità della persona, ogni attività utile a preservare la vita umana anche in caso di grave compromissione delle funzioni primarie ritenendo, altresì, importante promuovere la formazione di una più ampia coscienza civile per la donazione di organi come elemento di solidarietà sociale essenziale per la collettività.
2. La Regione considera fondamentali per migliorare la qualità dell’attività assistenziale:
a) il potenziamento delle rianimazioni presso cui sono ricoverati i cerebrolesi e delle strutture ospedaliere con unità operative di neurochirurgia d’urgenza al fine di rendere più efficienti:
1) le terapie intensive ove si svolgono attività di recupero dei cerebrolesi acuti;
2) i reparti e i servizi, compresi quelli medico-legali che svolgono attività di espianto e/o prelievo di organi e tessuti a scopo di trapianto o che concorrono a tale attività;
b) il miglioramento qualitativo clinico-scientifico delle unità ospedaliere autorizzate al trapianto di organi;
c) la qualificazione degli operatori sanitari dei settori di cui alle lettere a) e b) per i quali è necessaria una elevata specializzazione;
d) la attivazione dei collegi medici di cui all’articolo 2, comma 5, della legge 29 dicembre 1993, n. 578 (Norme per l’accertamento e la certificazione di morte) per non vanificare disponibilità alla donazione di organi;
e) l’organizzazione, il funzionamento e il controllo dei centri di riferimento regionali per gli innesti corneali e delle altre banche di cellule e tessuti umani.

ARTICOLO 38
(Sostegno alla formazione professionale degli operatori)

1. La Regione provvede ad assegnare appositi contributi agli enti ospedalieri interessati al fine di garantire la formazione professionale degli operatori necessaria ad assicurare il costante progresso scientifico e tecnologico delle unità operative di rianimazione e di trapianto di organi e di tessuti.

ARTICOLO 39
(Commissione sanitaria per la valutazione di parte terza dei trapianti di rene e di fegato tra persone viventi)

1. Nel rispetto della legislazione di settore e in ottemperanza a quanto disposto dalla legge 28 marzo 2001, n. 145 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano riguardo all’applicazione della biologia e della medicina), è istituita la commissione sanitaria per la valutazione di parte terza dei trapianti di rene e di fegato tra persone viventi; le spese per il suo funzionamento sono a carico del servizio sanitario regionale.

ARTICOLO 40
(Centro di riferimento regionale per l’attività di prelievo e di trapianto di organi e di tessuti)

1. La fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena di Milano è individuata quale centro di riferimento regionale per l’attività di prelievo e di trapianto di organi e di tessuti. La Giunta regionale è autorizzata a stipulare con la fondazione una convenzione per il funzionamento del centro di riferimento.
2. Il centro di riferimento di cui al comma 1 svolge per l’intero territorio regionale le funzioni previste dall’articolo 10, comma 6, della legge 1 aprile 1999, n. 91 (Disposizioni in materia di prelievi e trapianti di organi e di tessuti).
3. Le strutture sanitarie accreditate idonee a svolgere attività di prelievo e di trapianto di organi e di tessuti provvedono alla selezione dei malati candidati al trapianto e inviano al centro di riferimento i dati clinici e i campioni biologici, garantendo l’aggiornamento dei dati stessi.
4. Con regolamento sono stabilite le modalità di controllo sul funzionamento del centro di cui al comma 1 e di svolgimento delle relative funzioni.

ARTICOLO 41
(Norma di rinvio)

1. Per quanto non previsto dal presente capo si osservano le disposizioni della legge 91/1999.

Capo II
Dialisi domiciliare

ARTICOLO 42
(Addestramento)

1. Gli enti ospedalieri dotati di servizio di emodialisi possono svolgere attività di addestramento per l’apprendimento delle pratiche necessarie all’esecuzione della dialisi domiciliare.
2. S’intende per dialisi domiciliare quella realizzata senza la presenza di personale sanitario, in locali idonei.
3. Al termine dell’addestramento, i pazienti e i loro assistenti possono eseguire le pratiche della dialisi domiciliare, applicando le tecniche apprese.
4. Con regolamento sono definite l’organizzazione dell’attività di addestramento e le modalità di esercizio della dialisi domiciliare.

ARTICOLO 43
(Rimborso delle spese di trasporto per trattamenti di dialisi)

1. Ai soggetti nefropatici cronici sottoposti a trattamenti di dialisi sono erogati rimborsi per le spese di trasporto dagli stessi sostenute per il tragitto dalla propria dimora al centro di dialisi più vicino ove esista disponibilità di posti-letto e viceversa; tali rimborsi sono così determinati:
a) rimborso totale delle spese sostenute per l’utilizzo di servizi pubblici di trasporto;
b) rimborso delle spese sostenute con mezzo proprio entro il limite di un quinto del costo di un litro di benzina per il numero di chilometri percorsi;
c) rimborso delle spese sostenute in ambulanza, limitatamente ai casi in cui tale mezzo è ritenuto indispensabile, sulla base delle tariffe e dei criteri determinati con apposita deliberazione della Giunta regionale.
2. Il rimborso di cui al comma 1 è subordinato ad autorizzazione rilasciata, su relazione del responsabile del servizio di dialisi che ha in cura il paziente, dall’ASL di residenza.

Capo III
Trattamento dell’emofilia a domicilio

ARTICOLO 44
(Trattamento profilattico e sintomatico domiciliare dell’emofilico)

1. I presidi di riferimento per i difetti ereditari della coagulazione svolgono attività di addestramento degli emofilici e dei loro assistenti alle pratiche necessarie per l’effettuazione del trattamento profilattico e sintomatico domiciliare d’urgenza.
2. S’intende per trattamento profilattico e sintomatico domiciliare dell’emofilico la somministrazione terapeutica, all’atto dell’insorgere di una emorragia spontanea o in occasione di un evento traumatico, di specifici farmaci antiemofilici registrati, effettuata senza la presenza di personale medico o infermieristico, previa adeguata formazione da parte della struttura che ha preso in carico il paziente.
3. Al termine dell’addestramento, i pazienti e i loro assistenti possono eseguire a domicilio le pratiche di autoinfusione o infusione di farmaci antiemofilici, applicando le tecniche con le cautele apprese. Essi informano il personale medico della struttura che ha preso in carico il paziente e redigono apposita modulistica.
4. L’organizzazione dell’attività di addestramento per lo svolgimento del trattamento profilattico e sintomatico domiciliare dell’emofilico è disciplinata con regolamento.

Capo IV
Prevenzione e cura del diabete mellito

ARTICOLO 45
(Sistema di prevenzione e cura del diabete mellito)

1. E’ istituito un sistema di prevenzione e cura del diabete mellito, in attuazione della legge 16 marzo 1987, n. 115 (Disposizioni per la prevenzione e la cura del diabete mellito).
2. Il sistema persegue le seguenti finalità:
a) prevenzione e diagnosi precoce della malattia diabetica;
b) qualificazione delle metodiche di cura e prevenzione delle complicanze;
c) inserimento dei diabetici nelle attività scolastiche, lavorative, ricreative e sportive, nonché reinserimento sociale dei soggetti colpiti da gravi complicanze post-diabetiche;
d) promozione della profilassi delle malattie diabetiche e dell’educazione sanitaria dei diabetici e delle loro famiglie;
e) preparazione e aggiornamento professionale del personale sanitario.
3. Il sistema, organizzato mediante le ASL, gli IRCCS e le strutture sanitarie accreditate, cura il coordinamento tecnico delle attività, la raccolta di dati epidemiologici ed elabora indirizzi e protocolli operativi.
In particolare, svolge attività relative a:
a) prevenzione primaria e secondaria del diabete mellito;
b) prevenzione delle sue complicanze;
c) terapia secondo le necessità cliniche dei pazienti;
d) consulenza diabetologica con il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta e le altre strutture ove siano assistiti i pazienti diabetici;
e) consulenza attraverso le proprie articolazioni organizzative in occasione dei ricoveri;
f) addestramento, istruzione, educazione dei pazienti diabetici.
4. Il sistema è strutturato su quattro livelli d’intervento:
a) centro regionale di riferimento per la malattia diabetica in età adulta e pediatrica;
b) unità operativa di diabetologia;
c) sezioni specialistiche di diabetologia;
d) cure primarie a livello di distretto.

ARTICOLO 46
(Centro di riferimento regionale per la malattia diabetica)

1. Il centro di riferimento regionale assicura, nel quadro degli indirizzi e delle prescrizioni della programmazione regionale, il coordinamento delle attività per la prevenzione e la cura del diabete mellito e svolge i seguenti compiti:
a) studi sulla prevalenza e sulla incidenza del diabete mellito insulino-dipendente e non insulino-dipendente nella popolazione e indagini a scopo statistico-epidemiologico sulla malattia e le sue complicanze;
b) coordinamento della prevenzione secondaria, da svolgersi attraverso l’individuazione nella popolazione sana di soggetti a rischio della malattia, proponendo ed esaminando protocolli diagnostici terapeutici da attuarsi per tali soggetti;
c) definizione e conduzione, in stretta collaborazione con le altre articolazioni del sistema, di attività coordinate tendenti alla standardizzazione e alla omogeneizzazione dei criteri diagnostici, terapeutici e assistenziali.
2. Il centro regionale assicura inoltre:
a) l’applicazione e lo sviluppo di tecnologie avanzate riguardanti sia le tecniche terapeutiche e diagnostiche tendenti al miglioramento delle condizioni del paziente, sia la cura e il controllo delle complicanze connesse alla malattia;
b) l’assistenza diretta nei casi di intervento diagnostico e terapeutico particolarmente qualificato e tecnologicamente supportato quali, ad esempio, complicazioni vascolari della malattia, concepimento e gravidanza in situazioni di insulino-dipendenza.
3. Presso il centro regionale è presente anche un servizio specialistico di diabetologia pediatrica con compiti di coordinamento regionale delle attività di assistenza diabetologica pediatrica.
4. Il centro regionale è collocato presso una struttura sanitaria accreditata dotata di alta qualificazione specialistica e di idonea organizzazione funzionale.

ARTICOLO 47
(Unità operative diabetologiche)

1. Le unità operative diabetologiche rappresentano il livello comprensoriale e sovrazonale del sistema di intervento.
2. Le unità operative sono collocate presso le strutture sanitarie accreditate e gli IRCCS e sono organizzate secondo la disciplina propria dei dipartimenti interdisciplinari polispecialistici di cui all’articolo 5, comma 1, lettera c), della legge 115/1987.
3. I presidi ospedalieri presso cui allocare le unità operative sono dotati di tutte le specialità di base, al fine di assicurare la completezza e la qualificazione delle prestazioni erogate ai pazienti diabetici.
4. Le unità operative assicurano, oltre ai compiti di prevenzione, diagnosi precoce, cura, prevenzione delle complicanze, educazione dei pazienti e della popolazione, aggiornamento professionale, agevolazione nell’inserimento o reinserimento nel mondo scolastico, sportivo e lavorativo, le seguenti prestazioni minime comportanti l’uso di tecnologie complesse:
a) assistenza oculistica completa, inclusi fluorangiografia e laserterapia;
b) assistenza nefrologica completa, inclusa la dialisi;
c) diagnostica vascolare completa;
d) assistenza neurologica completa;
e) assistenza pediatrica da svolgere in divisioni o servizi idonei a gestire le problematiche dell’età evolutiva, in cui operino pediatri con competenza diabetologica pediatrica;
f) assistenza ostetrica e ginecologica per le gravidanze a rischio;
g) assistenza neonatologica del neonato di madre diabetica;
h) assistenza psicologica.
5. L’unità operativa svolge, di norma, la propria attività mediante prestazioni ambulatoriali e day-hospital per almeno cinque giorni alla settimana, curando che l’orario di accesso dei pazienti includa anche le ore del tardo pomeriggio.
6. Il presidio ospedaliero mette a disposizione delle unità operative appositi locali attrezzati per riunioni e dimostrazioni con uso anche di audiovisivi.
7. Il laboratorio del presidio ospedaliero assicura l’attività, oltre che di prelievo, di esecuzione di analisi specialistiche diabetologiche, inclusa la radioimmunologia.
8. Presso non più di cinque unità operative sono collocati letti tecnici per le attività diagnostiche di studio endocrino-metaboliche e per l’applicazione di infusori ad uso esterno o impiantabile. In collegamento ai letti tecnici possono essere determinate particolari qualificazioni per la prevenzione e cura di peculiari aspetti della malattia diabetica.

ARTICOLO 48
(Sezioni specialistiche di diabetologia)

1. Le sezioni specialistiche di diabetologia sono strutture di intervento riferite a bacini d’utenza di limitate dimensioni.
2. Le sezioni specialistiche di diabetologia sono, di norma, insediate in un presidio ospedaliero, che assicura le necessarie funzioni sanitarie connesse e complementari e sono organizzate come sezioni aggregate di unità operative di medicina generale o di unità operative di endocrinologia.
3. Le sezioni, direttamente o utilizzando strutture del presidio presso cui sono costituite, erogano, di norma in regime ambulatoriale o di day-hospital, le seguenti prestazioni minime:
a) accesso al controllo diabetologico per almeno cinque mattine e un pomeriggio alla settimana;
b) agevole operatività per i prelievi di base e specialistici, garantendo il dosaggio anche di emoglobulina glicosilata e microalbuminaria;
c) accesso ed assistenza oftalmologica, cardiologica e neurologica;
d) espletamento di programmi di educazione collettiva ai pazienti diabetici;
e) compilazione di diete personalizzate e assistenza psicologica.
4. Sono istituite due sezioni specialistiche di diabetologia pediatrica, una delle quali collocata presso il centro di riferimento regionale con compiti di coordinamento.

ARTICOLO 49
(Assistenza diabetologica di base)

1. A livello distrettuale o infradistrettuale, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta costituiscono il primo momento di diagnosi, prevenzione e cura della malattia diabetica, curando in modo particolare l’informazione igienico-sanitaria e l’educazione ai fini della prevenzione.
2. Le ASL curano, anche attraverso le unità operative e le sezioni di diabetologia, il coordinamento dell’attività di base fornendo le opportune indicazioni ai fini della prevenzione, i protocolli diagnostico-curativi, nonché le schede per le rilevazioni epidemiologiche.

ARTICOLO 50
(Determinazioni programmatiche)

1. Sono definiti con atti di programmazione regionale le determinazioni del centro regionale di riferimento, delle unità operative diabetologiche, delle sezioni specialistiche di diabetologia, nonché delle sedi ospedaliere presso cui allocarli e i criteri di individuazione dei bacini di utenza.

ARTICOLO 51
(Formazione ed educazione permanente)

1. E’ assicurata la formazione permanente degli operatori, medici e non medici, anche in attuazione delle prescrizioni della legge 115/1987. E’ altresì assicurata l’educazione sanitaria rivolta ai malati diabetici, secondo modalità definite dalle competenti strutture. Ogni unità operativa o sezione specialistica cura la partecipazione dei pazienti e dei familiari a momenti educativi finalizzati all’autogestione della patologia, con particolare riguardo ai soggetti in età pediatrica.

ARTICOLO 52
(Osservatorio regionale)

1. Al fine di consentire studi sulla diffusione della malattia diabetica e l’elaborazione delle conseguenti strategie di politica sanitaria, le informazioni sanitarie e i dati non sanitari dei pazienti diabetici assistiti confluiscono in un sistema informativo organico, impostato secondo modalità definite dalle strutture competenti.

Titolo V
Norme in materia di tutela della salute mentale

ARTICOLO 53
(Oggetto e finalità)

1. Il presente titolo disciplina, ai sensi degli articoli 34 e 64 della legge 833/1978, l’istituzione dei servizi territoriali a struttura dipartimentale che svolgono funzioni preventive, curative e riabilitative relative alla salute mentale.
2. Gli obiettivi di salute da perseguire prioritariamente sono:
a) prevenzione primaria e secondaria dei disturbi mentali, da conseguire mediante il collegamento dipartimentale delle unità operative di psichiatria e, qualora afferenti, di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, con l’eventuale coinvolgimento delle unità d’offerta sociosanitarie;
b) prevenzione delle conseguenze familiari, sociali e lavorative delle malattie mentali, fondando gli interventi di cura e di riabilitazione sull’articolazione territoriale dei servizi;
c) reinserimento sociale, di rilevanza terapeutica o finalizzato alla prevenzione terziaria, delle persone con patologia psichiatrica;
d) per quanto attiene ai progetti terapeutici e alla prevenzione terziaria, inserimento e mantenimento nell’attività lavorativa delle persone con problemi di salute mentale, attuando interventi concordati con le rappresentanze imprenditoriali, cooperativistiche e sindacali;
e) riduzione del ricorso al ricovero ospedaliero, in particolare di quello coatto, attraverso il potenziamento dell’attività sul territorio, compresa quella al domicilio del paziente.

ARTICOLO 54
(Organizzazione dei servizi psichiatrici)

1. La tutela sociosanitaria delle persone con patologia psichiatrica si attua mediante l’istituzione dei dipartimenti di salute mentale.
2. Il dipartimento di salute mentale è la struttura organizzativa integrata e interdisciplinare che collega funzionalmente le unità operative di psichiatria e le unità operative di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, qualora afferenti.
3. L’unità operativa di psichiatria dispone dei seguenti presidi:
a) centri psico-sociali per le attività ambulatoriali terapeutiche e riabilitative;
b) un servizio psichiatrico di diagnosi e cura ubicato in una struttura ospedaliera con un numero di posti letto non inferiore a sette e non superiore a quanto previsto dalla normativa vigente;
c) strutture residenziali psichiatriche con un massimo di venti posti per struttura;
d) centri diurni.
4. Gli standard organizzativi per i presidi di cui al comma 3 sono definiti dal d.p.r. 14 gennaio 1997.

Titolo VI
Norme in materia di prevenzione e promozione della salute
Capo I
Disposizioni generali

ARTICOLO 55
(Finalità)

1. Il presente capo persegue la finalità di una più elevata tutela della salute dei cittadini, mediante la disciplina di un sistema integrato di prevenzione e controllo basato sull’appropriatezza, sull’evidenza scientifica di efficacia e sulla semplificazione dell’azione amministrativa.

ARTICOLO 56
(Misure operative di prevenzione, vigilanza e controllo)

1. La Giunta regionale, nel rispetto delle linee di indirizzo di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e), individua idonee misure operative per definire, in particolare:
a) il ruolo e il contributo dei soggetti del sistema integrato della prevenzione, anche relativamente alle attività di controllo e vigilanza e di sviluppo degli strumenti di informazione e comunicazione;
b) gli eventuali specifici interventi settoriali in ragione di eventi e situazioni particolari o eccezionali;
c) gli indicatori di efficacia ai fini della valutazione degli interventi di prevenzione e delle misure di controllo e vigilanza e ogni ulteriore elemento riferito alla rilevazione degli effetti e dei benefici delle misure adottate;
d) i programmi di formazione del personale interessato;
e) le campagne di informazione e comunicazione, con il concorso delle ASL, dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (ARPA), delle autonomie locali, di altri enti e istituzioni;
f) i flussi informativi tra comuni, ASL e ARPA, con particolare riguardo all’attività degli sportelli unici;
g) i criteri di gestione integrata e le modalità di coordinamento degli interventi di prevenzione, controllo e vigilanza da parte delle ASL e dell’ARPA.
2. La Giunta regionale verifica inoltre il perseguimento degli obiettivi della programmazione regionale, al fine di assicurare l’uniformità degli interventi e delle prestazioni sul territorio.
3. Con frequenza annuale, le direzioni generali competenti in materia di sanità e ambiente e l’ARPA redigono un rapporto congiunto sui risultati conseguiti a seguito dell’attività di raccordo. Il rapporto è comunicato alla Giunta regionale e alle commissioni consiliari competenti.

ARTICOLO 57
(Competenze delle ASL)

1. Le ASL svolgono attività di prevenzione e controllo dei fattori di rischio per la popolazione e i lavoratori e di promozione della salute, favorendo il contributo di altre istituzioni e di soggetti quali associazioni e organizzazioni interessate al raggiungimento di obiettivi comuni di prevenzione.
2. I dipartimenti medici di prevenzione svolgono funzioni in materia di igiene e sanità pubblica e di tutela della salute negli ambienti di vita e di lavoro, che riguardano in particolare:
a) la raccolta e valutazione di dati sanitari della popolazione e la diffusione della relativa conoscenza, nonché l’effettuazione di indagini epidemiologiche;
b) la prevenzione e il controllo delle malattie infettive e le attività vaccinali;
c) la prevenzione individuale e collettiva delle malattie cronico-degenerative;
d) l’organizzazione e la valutazione degli screening oncologici;
e) la predisposizione e la valutazione di piani e interventi di promozione della salute;
f) la prevenzione nelle collettività e negli ambienti di vita;
g) l’attività di vigilanza e la formulazione di pareri sull’impatto sanitario di insediamenti e infrastrutture, su progetti di bonifica, sui piani cimiteriali nonché sui piani di governo del territorio;
h) il controllo ufficiale sugli alimenti di origine non animale e loro derivati e sui prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare, compresi i relativi imballaggi, nelle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione, in collaborazione con il dipartimento di prevenzione veterinario qualora si tratti di prodotti alimentari che richiedono la competenza di entrambi i dipartimenti;
i) la prevenzione e la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro, attraverso:
1) l’individuazione e l’accertamento dei fattori di rischio nei luoghi di lavoro e il controllo dello stato di salute dei lavoratori, la classificazione delle imprese in base alla analisi e alla graduazione dei rischi;
2) lo svolgimento di indagini finalizzate all’accertamento delle cause di infortuni e malattie professionali e all’individuazione delle misure efficaci a prevenirle;
j) il controllo e la vigilanza sulle acque destinate al consumo umano, sui gas tossici e su altre sostanze pericolose, sull’impiego delle radiazioni ionizzanti e non ionizzanti, sui fitofarmaci e sui presidi sanitari delle derrate alimentari immagazzinate;
k) la vigilanza igienico-sanitaria sulle strutture sanitarie e sulle farmacie;
l) le attività di guardia igienica permanente e di pronta reperibilità, per garantire un tempestivo ed efficace intervento per le urgenze ed emergenze igienico-sanitarie, in stretta interazione funzionale fra le diverse strutture sanitarie e della pubblica amministrazione.
3. Le ASL esercitano inoltre:
a) la competenza in materia di autorizzazione all’installazione e all’esercizio di apparecchiature a risonanza magnetica per uso diagnostico del gruppo A (con valore di campo statico di induzione magnetica non superiore a 2 tesla) di cui all’articolo 5 del decreto del Ministro della sanità 2 agosto 1991 e all’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, n. 542 (Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento di autorizzazione all’uso diagnostico di apparecchiature a risonanza magnetica nucleare sul territorio nazionale);
b) le funzioni in materia di indennizzi a favore di soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati), nonché di vaccinazione antipoliomelitica non obbligatoria di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 14 ottobre 1999, n. 362 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria);
c) le funzioni amministrative in materia di accertamento e irrogazione delle sanzioni amministrative di cui all’articolo 7 della legge 11 novembre 1975, n. 584 (Divieto di fumare in determinati locali e su mezzi di trasporto pubblico) per le infrazioni al divieto di cui all’articolo 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione), ove si tratti di locali di competenza regionale;
d) le competenze in ordine al rilascio delle autorizzazioni riguardanti la produzione, la preparazione, il confezionamento, la detenzione e il commercio di additivi alimentari, compresi i coloranti, e di aromi per uso alimentare;
e) le funzioni amministrative in materia di cosmetici e in particolare:
1) la raccolta, in appositi elenchi da trasmettere alla Regione, dei dati relativi alla produzione, al confezionamento in proprio e per conto terzi, all’importazione e allo stoccaggio di prodotti cosmetici;
2) le ispezioni igienico-sanitarie sull’applicazione delle disposizioni in materia di produzione, confezionamento, importazione, commercializzazione e stoccaggio dei cosmetici;
3) la vigilanza sugli effetti indesiderati correlati all’uso dei cosmetici.
4. Gli esiti delle ispezioni e i dati relativi alla vigilanza di cui al comma 3, lettera e), sono comunicati alla Regione.
5. La Giunta regionale determina i criteri per lo svolgimento uniforme sul territorio regionale dei servizi di sorveglianza, ispezione e raccolta dei dati sui cosmetici, nonché le modalità operative per assicurare che l’attività ispettiva interessi, in un periodo di tempo determinato, tutte le officine di produzione e di confezionamento di prodotti cosmetici nonché i depositi degli importatori e dei distributori.

ARTICOLO 58
(Disposizioni in materia di medicina scolastica)

1. La prevenzione collettiva nelle scuole di ogni ordine e grado è assicurata dalle ASL.
2. Sono aboliti gli obblighi relativi alla tenuta dei registri di medicina scolastica, degli archivi delle cartelle sanitarie individuali, del certificato medico di riammissione oltre i cinque giorni di assenza, nonché l’obbligo di effettuare periodiche disinfezioni e disinfestazioni degli ambienti scolastici ove non sussistano esigenze di sanità pubblica.
3. Le operazioni di sanificazione, derattizzazione, disinfestazione degli ambienti scolastici non dettate da esigenze di sanità pubblica sono a carico della direzione scolastica.
4. Il certificato per l’esonero dalle lezioni di educazione fisica e il certificato sanitario per l’ammissione ai soggiorni di vacanza per minori sono rilasciati dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta.

ARTICOLO 59
(Misure di prevenzione nelle strutture sanitarie)

1. Al fine di prevenire la diffusione di malattie infettive trasmesse da nebulizzazione derivante da impianti di distribuzione dell’acqua sanitaria e di condizionamento, le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private accreditate hanno l’obbligo di compiere, in modo continuativo, in relazione agli esiti riscontrati, le azioni di prevenzione, controllo e manutenzione dei seguenti impianti:
a) impianti di produzione e distribuzione dell’acqua calda sanitaria;
b) impianti di condizionamento dell’aria;
c) impianti per idroterapia non termale e aerosolterapia.
2. Le azioni di prevenzione, controllo e manutenzione di cui al comma 1, da effettuare con cadenza minima annuale e in caso di provata contaminazione o di malattia nei pazienti, sono indicate con decreto della direzione generale competente in materia di sanità. Gli oneri sono a carico delle strutture sanitarie e sociosanitarie. Le operazioni sono certificate dalle ASL, registrate e controfirmate dal responsabile della struttura o suo delegato.
3. Al fine di garantire la sicurezza igienico-sanitaria, le aziende ospedaliere, le ASL e le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private della Regione procedono al trattamento dei rifiuti pericolosi a rischio infettivo secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254 (Regolamento recante disciplina della gestione dei rifiuti sanitari a norma dell’articolo 24 della legge 31 luglio 2002, n. 179).

ARTICOLO 60
(Abolizione di certificazioni, documenti e adempimenti sanitari)

1. Sono aboliti, con la sola eccezione di cui al comma 2, i certificati, i documenti e gli adempimenti di cui all’allegato A.
2. I certificati e i documenti di cui all’allegato A sono rilasciati ai soli soggetti tenuti alla loro presentazione in altre regioni.
3. Il certificato che attesta l’esecuzione delle vaccinazioni obbligatorie è sostituito da autocertificazione ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 444 (Disposizioni regolamentari in materia di documentazione amministrativa (Testo C)).

Capo II
Norme per il rilascio del nulla osta all’impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti a scopo medico

ARTICOLO 61
(Oggetto e finalità)

1. Al fine di tutelare la popolazione e i lavoratori in relazione ai rischi connessi all’impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti a scopo medico, il presente capo disciplina il rilascio del nulla osta all’impiego di sorgenti di radiazioni classificato di categoria B, di seguito denominato nulla osta, in base alle condizioni fissate dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 (Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom e 2006/117/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti), di seguito denominato decreto, per le pratiche comportanti esposizioni a scopo medico, definendo, altresì, l’autorità competente al rilascio e gli organismi tecnici da consultare.
2. L’impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti a scopo medico è soggetto a nulla osta in relazione:
a) all’idoneità dell’ubicazione dei locali, dei mezzi di radioprotezione, delle modalità di esercizio, delle attrezzature e della qualificazione del personale addetto;
b) alle conseguenze di eventuali incidenti;
c) alle modalità dell’eventuale allontanamento o smaltimento nell’ambiente di rifiuti radioattivi.

ARTICOLO 62
(Nulla osta, domanda e autorità competente)

1. La domanda di nulla osta è presentata all’ASL competente per territorio in relazione alla località di svolgimento della pratica e contiene i dati e gli elementi relativi al tipo di pratica che s’intende svolgere, alle caratteristiche delle macchine radiogene, al tipo e alle quantità di materie radioattive che s’intendono impiegare, alle modalità di produzione ed eventuale smaltimento di rifiuti, all’eventuale riciclo o riutilizzazione dei materiali, all’identificazione dei rischi connessi all’esercizio della pratica.
2. La domanda di cui al comma 1 è inoltre corredata della documentazione redatta e firmata, per la parte di propria competenza, dall’esperto qualificato di cui all’articolo 77 del decreto.
3. Le spese derivanti dalle procedure disciplinate dal presente capo sono a carico dei soggetti richiedenti non pubblici.

ARTICOLO 63
(Commissione per la radioprotezione)

1. La commissione per la radioprotezione, di seguito denominata commissione, costituita presso il dipartimento di prevenzione medico della ASL:
a) svolge le funzioni di organismo tecnico consultivo ai sensi dell’articolo 29, comma 2, del decreto;
b) fornisce alla ASL il supporto tecnico-scientifico per affrontare le questioni relative alla radioprotezione, nell’ambito delle attività di prevenzione dei rischi da esposizione alle radiazioni ionizzanti;
c) esamina le istanze per il rilascio del nulla osta all’impiego di categoria A, sottoposte a parere regionale ai sensi dell’articolo 28 del decreto, su richiesta della direzione generale competente in materia sanitaria.
2. La commissione è presieduta dal direttore del dipartimento di prevenzione medico della ASL o da un suo delegato ed è composta da:
a) due fisici specialisti in fisica sanitaria, iscritti nell’elenco degli esperti qualificati di cui all’articolo 78 del decreto;
b) un medico specialista in medicina nucleare o in radioterapia o, in mancanza di tali specializzazioni, in radiologia;
c) un medico specialista in medicina del lavoro, preferibilmente incluso nell’elenco dei medici autorizzati di cui all’articolo 88 del decreto;
d) il direttore dell’ARPA o un suo delegato;
e) un rappresentante della direzione provinciale del lavoro;
f) un rappresentante del comando provinciale dei vigili del fuoco.
3. Il direttore generale dell’ASL, su proposta del direttore del dipartimento di prevenzione medico e su designazione degli enti di cui al comma 2, lettere d), e), f), nomina, previa verifica del possesso dei requisiti, i componenti della commissione.
4. Se nella medesima provincia sono istituite più ASL, i rispettivi direttori generali possono accordarsi per la costituzione di un’unica commissione provinciale, anche in relazione al carico di lavoro prevedibile, definendo tramite appositi accordi convenzionali la relativa sede e le modalità di concorso al funzionamento della commissione stessa.
5. Ciascuna commissione si dota di un regolamento organizzativo che definisce, in particolare, la periodicità delle riunioni, le modalità di valutazione tecnica delle richieste di parere e il numero minimo dei partecipanti ai fini della valida espressione dei pareri. La commissione dispone di una segreteria amministrativa e resta in carica tre anni.
6. Le spese per il funzionamento della commissione sono a carico dell’ASL.

ARTICOLO 64
(Termini procedurali)

1. Il direttore generale della ASL competente per territorio, acquisito il preventivo parere della commissione di cui all’articolo 63, provvede, entro novanta giorni dal ricevimento della domanda, al rilascio, al diniego del nulla osta o alla modifica dello stesso.
2. La commissione esprime il proprio parere entro sessanta giorni dalla richiesta da parte del direttore generale e può disporre eventuali sopralluoghi presso le installazioni dei richiedenti il nulla osta.
3. Se per l’espressione del parere della commissione sono necessari ulteriori documenti o elementi conoscitivi, i termini di cui ai commi 1 e 2 sono interrotti per una sola volta e il parere è reso definitivamente entro trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori richiesti.

ARTICOLO 65
(Contenuti del nulla osta ed eventuali variazioni)

1. Nel nulla osta sono inserite specifiche prescrizioni tecniche relative:
a) alle fasi di costruzione, di prova e di esercizio, alla gestione dei rifiuti radioattivi, al riciclo dei materiali e alla disattivazione degli impianti, compresa l’eventuale copertura finanziaria per la disattivazione medesima;
b) al valore massimo di dose derivante dalla pratica per gli individui dei gruppi di riferimento della popolazione ad essa interessata, tenendo conto dell’esposizione sia esterna che interna;
c) all’eventuale smaltimento di materie radioattive nell’ambiente;
d) agli aspetti di radioprotezione del paziente.
2. Ogni cinque anni a decorrere dalla data del rilascio, il titolare del nulla osta ha l’obbligo di inoltrare alla ASL una relazione tecnica relativa alla gestione radioprotezionistica della pratica; la relazione è redatta e sottoscritta, per quanto di rispettiva competenza, dall’esperto qualificato di cui all’articolo 77 del decreto, dal medico addetto alla sorveglianza medica di cui all’articolo 83 del decreto e dal responsabile dell’impianto radiologico di cui all’articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 26 maggio 2000, n. 187 (Attuazione della direttiva 97/43/Euratom in materia di protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche).
3. Le variazioni nello svolgimento della pratica che non comportino modifiche del provvedimento autorizzativo o delle prescrizioni tecniche in esso contenute sono soggette a preventiva comunicazione all’ASL. Il titolare del nulla osta può adottare le variazioni qualora entro sessanta giorni la ASL non gli abbia comunicato l’avvio del procedimento di cui all’articolo 64.
4. Il nulla osta può essere modificato dall’ASL:
a) a seguito della relazione tecnica di cui al comma 2;
b) su richiesta degli organi di vigilanza, come individuati dal decreto.
5. La eventuale procedura di sospensione o revoca del nulla osta è avviata dalla ASL nelle ipotesi previste all’articolo 35 del decreto.
6. La volontà di far cessare la pratica oggetto del nulla osta è comunicata alla ASL che provvede alla revoca del nulla osta stesso, salvo quanto previsto al comma 7.
7. Se nel nulla osta sono state inserite specifiche prescrizioni in merito alle modalità di disattivazione dell’installazione in cui la pratica è svolta, il titolare del nulla osta invia all’ASL, entro i termini previsti nel nulla osta medesimo, un piano delle operazioni da eseguire per la disattivazione, comprendente le valutazioni di sicurezza e protezione, con particolare riferimento:
a) alle modalità di gestione e smaltimento dei rifiuti
radioattivi risultanti dallo svolgimento della pratica e dalle operazioni di disattivazione;
b) alla sistemazione delle sorgenti di radiazioni impiegate.
8. L’ASL, previo parere della commissione, autorizza le operazioni di disattivazione stabilendo eventuali prescrizioni. La revoca del nulla osta è subordinata alla verifica sulla conclusione della disattivazione stessa che dimostri:
a) la mancanza di vincoli di natura radiologica
sull’installazione in cui la pratica è stata esercitata;
b) la corretta sistemazione dei rifiuti radioattivi prodotti nonché delle sorgenti impiegate.

ARTICOLO 66
(Disposizioni finali)

1. Per quanto non espressamente previsto dal presente capo si osservano le norme del decreto.
2. All’attuazione del presente capo si provvede con regolamento.

Capo III
Norme in materia di attività e servizi necroscopici, funebri e cimiteriali

ARTICOLO 67
(Oggetto e finalità)

1. Il presente capo disciplina le attività e i servizi correlati al decesso, nel rispetto della dignità e delle diverse convinzioni religiose e culturali di ogni persona, al fine di tutelare l’interesse degli utenti dei servizi funebri, anche tramite una corretta informazione e di improntare le attività di vigilanza sanitaria a principi di efficacia e di efficienza.

ARTICOLO 68
(Spazi per i funerali civili)

1. I comuni assicurano spazi pubblici idonei allo svolgimento dei funerali civili; questi spazi devono consentire la riunione di persone e lo svolgimento dell’orazione funebre nel rispetto delle volontà del defunto e dei suoi familiari.

ARTICOLO 69
(Adempimenti conseguenti al decesso)

1. Per la dichiarazione o avviso di morte si osservano le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’art. 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127).
2. Nei casi in cui non si proceda all’espianto di organi, il medico curante o il suo sostituto certifica la causa del decesso, secondo le procedure previste dalla normativa statale, ad esclusione dei casi di cui al comma 4.
3. L’accertamento di morte è effettuato, su richiesta dell’ufficiale di stato civile, da un medico incaricato dall’ASL delle funzioni di necroscopo.
4. In caso di decesso presso una struttura sanitaria pubblica o privata che eroghi prestazioni in regime di ricovero o in una struttura sociosanitaria, le certificazioni di cui ai commi 2 e 3 sono rilasciate dal direttore sanitario o da un medico delegato.

ARTICOLO 70
(Osservazione e trattamenti sui cadaveri)

1. I cadaveri non possono essere seppelliti né sottoposti ad alcuno dei trattamenti previsti dal comma 8 prima dell’accertamento di morte e, comunque, prima che siano trascorse ventiquattro ore dal decesso, ad eccezione dei casi di decapitazione, maciullamento, avanzato stato di decomposizione o putrefazione, ovvero dei casi in cui sia stata effettuata rilevazione elettrocardiografica della durata di venti minuti o ricorrano altre ragioni speciali a giudizio del medico incaricato delle funzioni di necroscopo.
2. Durante il periodo di cui al comma 1 i cadaveri sono posti in condizioni tali da non ostacolare e da rilevare eventuali manifestazioni di vita.
3. In caso di decesso di persona affetta da malattia infettiva e diffusiva, il medico necroscopo adotta le necessarie precauzioni a tutela della salute pubblica, compresa la chiusura del feretro prima delle ventiquattro ore dal decesso.
4. In caso di trasporto dal luogo del decesso ad altro luogo, sito anche in altro comune, per l’espletamento del periodo di osservazione o per altri accertamenti, la salma è riposta in un contenitore impermeabile non sigillato, in condizioni che non ostacolino eventuali manifestazioni di vita e che comunque non siano di pregiudizio per la salute pubblica. Del trasporto è data preventiva comunicazione all’ufficiale di stato civile del comune in cui è avvenuto il decesso.
5. Oltre alle strutture comunali già esistenti, le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, che operano in regime di ricovero, ricevono, in aggiunta alle salme di persone ivi decedute e nei limiti delle proprie disponibilità, i cadaveri di persone decedute in luoghi pubblici o in abitazioni delle quali l’ASL abbia certificato l’antigienicità, per:
a) il periodo di osservazione di cui al comma 1;
b) l’effettuazione di riscontro diagnostico, autopsia o altro provvedimento disposto dall’autorità giudiziaria.
6. Su richiesta dei congiunti, le salme possono essere poste, per il periodo di osservazione, presso strutture gestite da operatori pubblici e privati, denominate sale del commiato.
7. Le sale del commiato possiedono le caratteristiche igienico-sanitarie previste per le camere mortuarie dal d.p.r. 14 gennaio 1997.
8. Sono consentiti trattamenti di imbalsamazione secondo le modalità stabilite dal decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285 (Approvazione del regolamento di polizia mortuaria).

ARTICOLO 71
(Prelievo di cornea a scopo di trapianto terapeutico e utilizzo di cadaveri per finalità di studio)

1. Per consentire il prelievo di cornea presso l’abitazione in cui è avvenuto il decesso di persona che abbia dichiarato la volontà di donare gli organi, i congiunti o conviventi ne danno immediata comunicazione all’ASL.
2. Nel caso in cui la persona deceduta abbia disposto l’utilizzo del proprio cadavere per finalità di studio, ricerca e insegnamento, i congiunti o conviventi ne danno comunicazione al comune, che autorizza il trasporto, previo assenso e a spese dell’istituto ricevente.

ARTICOLO 72
(Trasporto funebre)

1. Il trasporto e il seppellimento di cadaveri, resti mortali, ceneri, parti anatomiche, nati morti e prodotti abortivi sono soggetti ad autorizzazione.
2. I trasporti di salme, resti ossei o ceneri da o per l’estero sono autorizzati dal comune in cui è avvenuto il decesso.
3. L’addetto al trasporto di cadavere, in quanto incaricato di pubblico servizio, verifica, prima della partenza, che il feretro, in relazione alla destinazione e alla distanza da percorrere, sia stato adeguatamente confezionato. Per i trasporti all’estero la verifica è effettuata dall’ASL, che può disporre l’adozione di particolari misure igienico-sanitarie.
4. La vigilanza sui trasporti di cui ai commi 1 e 2 spetta al comune, che si avvale dell’ASL relativamente agli aspetti igienico-sanitari, compresa l’idoneità degli automezzi e delle rimesse dei carri funebri.

ARTICOLO 73
(Cremazione)

1. L’autorizzazione alla cremazione è concessa nel rispetto dei principi e delle modalità di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 130 (Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri).
2. La dispersione delle ceneri avviene nei luoghi indicati dall’articolo 3, comma 1, lett. c) della legge 130/2001 o nel cinerario comune ed è eseguita dal coniuge o da altro familiare o dal personale a tal fine autorizzato dall’avente diritto, dall’esecutore testamentario o, in caso di iscrizione del defunto ad associazione che abbia tra i propri fini statutari la cremazione dei cadaveri degli associati, dal rappresentante legale dell’associazione stessa.
3. E’ autorizzato, in caso di cremazione, l’uso di feretri di legno dolce non verniciato, al fine di ridurre i fumi inquinanti e i tempi di cremazione.
4. Se il defunto non ha manifestato la volontà di far disperdere le sue ceneri, queste vengono riposte in un’urna sigillata, recante i dati anagrafici, per la tumulazione o l’affidamento ai familiari.
5. La consegna dell’urna cineraria è effettuata previa sottoscrizione di un documento nel quale i soggetti di cui al comma 2 dichiarano la destinazione finale dell’urna o delle ceneri; il documento, conservato in copia presso l’impianto di cremazione e presso il comune in cui è avvenuto il decesso, costituisce documento di accompagnamento obbligatorio nelle fasi di trasporto delle ceneri.
6. In caso di comprovata insufficienza delle sepolture, l’ufficiale di stato civile autorizza la cremazione delle salme inumate da almeno dieci anni e delle salme tumulate da almeno venti anni, secondo le procedure previste per l’autorizzazione alla cremazione o, in caso di irreperibilità dei familiari, dopo trenta giorni dalla pubblicazione nell’albo pretorio del comune di specifico avviso.

ARTICOLO 74
(Attività funebre)

1. Per attività funebre s’intende un servizio che comprende e assicura in forma congiunta le seguenti prestazioni:
a) disbrigo delle pratiche amministrative inerenti il decesso, su mandato dei familiari;
b) vendita di casse e altri articoli funebri, in occasione del funerale;
c) trasporto di cadavere, inteso come trasferimento della salma dal luogo del decesso al luogo di osservazione, al luogo di onoranze, al cimitero o al crematorio.
2. L’attività funebre è svolta da ditte individuali, società o altre persone giuridiche in possesso dei requisiti di cui al comma 3.
3. Per poter svolgere l’attività funebre è necessaria l’autorizzazione del comune ove ha sede commerciale la ditta individuale, società, o altra persona giuridica, rilasciata sulla base del possesso dei requisiti stabiliti con il regolamento di cui all’articolo 76.
4. Il conferimento dell’incarico per il disbrigo delle pratiche amministrative, la vendita di casse e articoli funebri e ogni altra attività connessa al funerale si svolge unicamente nella sede autorizzata o, eccezionalmente, su richiesta degli interessati, presso altro luogo, purché non all’interno di strutture sanitarie di ricovero e cura pubbliche e private e locali di osservazione.
5. L’autorizzazione allo svolgimento di attività funebre non comprende funzioni di natura pubblica, quali la sorveglianza durante il periodo di osservazione in strutture sanitarie o l’accertamento di morte.
6. Gli addetti allo svolgimento della attività funebre possiedono i requisiti formativi previsti dal regolamento di cui all’articolo 76.
7. Il comune informa la cittadinanza sull’attività funebre, con particolare riguardo alle differenti forme di seppellimento, ai relativi profili economici e alle imprese operanti nel proprio territorio.
8. La Regione, d’intesa con le associazioni rappresentative dei comuni e di categoria, promuove l’adozione del codice deontologico delle ditte individuali, delle società e delle altre persone giuridiche che svolgono attività funebre.

ARTICOLO 75
(Cimiteri)

1. Il comune è tenuto a dare sepoltura:
a) ai cadaveri dei propri residenti e delle persone morte nel territorio del comune, anche se non residenti;
b) ai cadaveri di aventi diritto al seppellimento in sepoltura privata esistente nel comune stesso;
c) ai nati morti e prodotti del concepimento, il cui parto o aborto sia avvenuto in struttura sanitaria sita nel territorio comunale;
d) alle parti anatomiche riconoscibili, derivanti da interventi avvenuti in struttura sanitaria sita nel territorio comunale; e) alle ossa, ai resti mortali e alle ceneri derivanti da
cadaveri di cui alle lettere a), b), c) e d).
2. Ogni comune, nell’ambito della pianificazione urbanistica e territoriale, prevede aree cimiteriali in grado di rispondere alle necessità di sepoltura nell’arco dei venti anni successivi all’adozione degli strumenti urbanistici, tenuto conto degli obblighi di cui al comma 1, e con la finalità di favorire il ricorso alle forme di sepoltura di minor impatto sull’ambiente, quali l’inumazione e la cremazione.
3. La gestione e manutenzione dei cimiteri possono essere affidate a soggetti pubblici o privati. Se il gestore del cimitero svolge anche attività funebre è obbligatoria la separazione societaria prevista dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato).
4. L’area cimiteriale è delimitata da idonea recinzione. L’area di rispetto lungo il perimetro cimiteriale è definita considerando:
a) la necessità di dotazione di parcheggi e servizi per i frequentatori;
b) l’eventuale necessità di ampliamento, in relazione alle previsioni di cui al comma 2;
c) l’eventuale presenza di servizi o impianti tecnologici all’interno del cimitero e le conseguenti distanze di tutela;
d) il rispetto delle attività di culto dei dolenti.
5. Il comune, su richiesta di privati, associazioni o enti morali, può concedere in uso aree all’interno del cimitero per sepolture private, nel rispetto dei requisiti tecnici e igienico-sanitari.
6. Il comune può altresì autorizzare:
a) la costruzione e l’uso di aree e spazi per la sepoltura di animali d’affezione, secondo le indicazioni tecniche dell’ASL e dell’ARPA;
b) la costruzione di cappelle private fuori dal cimitero, purché contornate da un’area di rispetto;
c) la tumulazione in luoghi al di fuori del cimitero, previo parere e secondo le indicazioni tecniche dell’ASL e dell’ARPA, quando ricorrano giustificati motivi di speciali onoranze.
7. I comuni definiscono:
a) l’assetto interno di ciascun cimitero;
b) i turni di rotazione dei campi di inumazione o le procedure di trattamento del terreno atte a favorire i processi di mineralizzazione;
c) le modalità di concessione e le tariffe delle sepolture private;
d) l’ampiezza delle aree di rispetto di cui al comma 4 e al comma 6, lettera b).
8. Nei casi di cui al comma 7, lettere a) e d), è richiesto il previo parere dell’ASL e dell’ARPA, secondo le rispettive competenze.
9. Il comune autorizza la costruzione di nuovi cimiteri, l’ampliamento o la ristrutturazione di quelli esistenti, previo parere vincolante dell’ASL e dell’ARPA, secondo le rispettive competenze. La soppressione di cimiteri è autorizzata dall’ASL.

ARTICOLO 76
(Regolamento di attuazione)

1. Con regolamento si definiscono:
a) i requisiti e le modalità per l’autorizzazione allo svolgimento di attività funebre e per la gestione di sale del commiato;
b) le strutture destinate alle funzioni di deposito per l’osservazione dei cadaveri, cui i comuni debbono fare riferimento e i criteri per la ripartizione dei relativi oneri;
c) i requisiti e le caratteristiche per la costruzione di nuovi cimiteri, nonché le condizioni per la soppressione e i criteri di ristrutturazione di quelli esistenti;
d) le caratteristiche dei campi di inumazione, dei loculi areati e non, delle sepolture private e delle strutture cimiteriali;
e) le caratteristiche e le modalità per la realizzazione di sepolture private fuori dai cimiteri;
f) l’ampiezza minima e massima delle aree di rispetto di cui all’articolo 75, comma 4 e comma 6, lettera b).
2. I contenuti di cui al comma 1, lettere c), d), e), f), sono definiti d’intesa con l’ANCI.
3. Con decreto del direttore generale della direzione competente in materia di sanità della Giunta regionale si definiscono:
a) le modalità e i casi in cui deve essere effettuata la rimozione di protesi su salme destinate alla cremazione;
b) le modalità di tenuta dei registri cimiteriali.

ARTICOLO 77
(Sanzioni)

1. Per le violazioni delle disposizioni del presente capo e del relativo regolamento, salvo che il fatto sia previsto dalla legge come reato, si applicano le seguenti sanzioni:
a) da € 500 a € 1.000 per le violazioni dell’articolo 70, comma 4, e delle relative norme regolamentari;
b) da € 2.000 a € 5.000 per le violazioni dell’articolo 70, comma 7, e delle relative norme regolamentari;
c) da € 1.000 a € 2.000 per le violazioni dell’articolo 70, comma 8;
d) da € 1.000 a € 2.000 per le violazioni dell’articolo 72 e delle relative norme regolamentari;
e) da € 3.000 a € 9.000 per le violazioni dell’articolo 74, comma 3, e delle relative norme regolamentari;
f) da € 3.000 a € 9.000 per le violazioni dell’articolo 74, comma 4.
2. Le somme riscosse a seguito dell’irrogazione delle sanzioni sono introitate dagli enti competenti per la loro applicazione, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, della legge 90/1983.
3. Per quanto non previsto dal presente capo, si osservano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale).

Titolo VII
Disposizioni in materia di assistenza farmaceutica
Capo I
Articolazione delle competenze e vigilanza sulle farmacie

ARTICOLO 78
(Oggetto)

1. Il presente capo disciplina l’esercizio delle funzioni in materia di assistenza farmaceutica e vigilanza sulle farmacie, comprese quelle già esercitate dagli uffici del medico provinciale e dagli ufficiali sanitari, nei limiti dei principi fissati dalle leggi vigenti e dalle norme sull’organizzazione del servizio sanitario regionale.

ARTICOLO 79
(Funzioni amministrative esercitate dalla Regione)

1. La Giunta regionale esercita, nell’ambito delle previsioni generali del piano sociosanitario regionale, le funzioni amministrative concernenti la formazione e la revisione della pianta organica delle sedi farmaceutiche.
2. Il dirigente della competente struttura regionale esercita le funzioni amministrative concernenti:
a) la dichiarazione delle sedi farmaceutiche di nuova istituzione o vacanti di titolare a norma della legge 2 aprile 1968, n. 475 (Norme concernenti il servizio farmaceutico), nonché l’offerta in prelazione delle sedi stesse;
b) il concorso regionale per l’assegnazione di sedi farmaceutiche all’esercizio privato;
c) l’istituzione dei dispensari farmaceutici e delle farmacie succursali;
d) la decadenza del titolare dall’autorizzazione all’esercizio della farmacia nei casi previsti dalla legislazione vigente.
3. I provvedimenti di cui al comma 1 e al comma 2, lettere c) e d), sono adottati, sentito il parere dell’ordine dei farmacisti e delle ASL competenti per territorio; detti pareri sono espressi e comunicati nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di ricezione della richiesta.

ARTICOLO 80
(Funzioni amministrative esercitate dalle ASL)

1. Le ASL esercitano le funzioni amministrative concernenti:
a) l’autorizzazione all’apertura e all’esercizio delle farmacie;
b) il trasferimento di titolarità delle farmacie;
c) il trasferimento dei locali della farmacia nell’ambito della sede di pertinenza;
d) la determinazione e l’autorizzazione al pagamento delle indennità di residenza per le farmacie rurali e di gestione per i dispensari farmaceutici;
e) la determinazione dell’indennità di avviamento e del valore degli arredi, provviste e dotazioni ai sensi dell’articolo 110 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie);
f) la chiusura temporanea dell’esercizio farmaceutico nei casi previsti dalla legge;
g) la sostituzione temporanea del titolare nella conduzione economica e professionale della farmacia nei casi previsti dagli articoli 11 e 12 della legge 475/1968;
h) gli orari, i turni di servizio e le ferie annuali delle farmacie;
i) la distribuzione all’ingrosso di medicinali per uso umano, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 (Attuazione della direttiva 2001/83/CE relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE);
j) la decadenza degli eredi del titolare dalla continuazione provvisoria dell’esercizio ai sensi dell’articolo 12 della legge 475/1968 e dell’articolo 369 del r.d. 1265/1934;
k) la vigilanza sulle farmacie, sia ai fini tecnico-amministrativi che igienico-sanitari;
l) il coordinamento delle attività delle farmacie pubbliche e private con i servizi della ASL;
m) la vigilanza sui farmaci veterinari, con particolare riguardo al momento prescrittivo e distributivo, in coordinamento con il dipartimento di prevenzione veterinario;
n) la vigilanza sulla corretta applicazione dell’accordo nazionale per la disciplina dei rapporti con le farmacie pubbliche e private di cui all’articolo 48 della legge 833/1978;
o) l’attività propositiva e di controllo di qualità dell’approvvigionamento dei farmaci, dei presidi medico-chirurgici, dei reagenti, dei diagnostici, dei dietetici e di ogni altro materiale sanitario, impiegati nelle strutture direttamente dipendenti dalle ASL;
p) il rilevamento dei dati di consumo qualitativo e quantitativo dei farmaci negli ospedali, nei presidi e servizi della ASL e nelle strutture convenzionate secondo le disposizioni regionali in materia;
q) gli adempimenti tecnico-amministrativi di supporto alle funzioni del Ministero competente in materia di sanità nel settore dei farmaci;
r) la vigilanza e controllo di competenza in materia di sostanze stupefacenti e psicotrope secondo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza);
s) la tenuta e l’aggiornamento dell’archivio dati delle farmacie, comprese le comunicazioni, da parte del titolare e del direttore della farmacia, dell’assunzione e della cessazione degli addetti all’esercizio farmaceutico;
t) la partecipazione e collaborazione, per quanto di competenza e secondo gli indirizzi regionali, all’attuazione dei programmi di ricerca scientifica, di educazione sanitaria della popolazione, nonché di formazione e di aggiornamento professionali per gli operatori del settore farmaceutico dipendenti della ASL e convenzionati;
u) le verifiche di conformità sull’applicazione dei provvedimenti di cui all’articolo 119, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59);
v) ogni altro provvedimento in materia non espressamente riservato ad altri enti, comprese le attività ispettive e istruttorie preordinate all’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 79, comma 2, lettera d).
2. Le funzioni di cui al comma 1, lettere da j) a s), sono esercitate dalle ASL tramite specifiche articolazioni organizzative.
3. I provvedimenti di cui al comma 1, lettere d), e), f) e h), sono adottati, sentito, ove attivato, il comitato tecnico-scientifico di cui all’articolo 83.

ARTICOLO 81
(Concorsi per l’assegnazione di sedi farmaceutiche)

1. I concorsi per l’assegnazione delle sedi farmaceutiche disponibili per il privato esercizio sono banditi dal dirigente della competente struttura regionale.
2. La commissione giudicatrice è composta come segue:
a) un funzionario amministrativo di categoria D appartenente al ruolo regionale ovvero una corrispondente figura dei ruoli del servizio sanitario regionale, che esercita le funzioni di presidente;
b) un professore universitario di ruolo della facoltà di farmacia;
c) due farmacisti che esercitano la professione in farmacia, di cui uno non titolare, scelti rispettivamente in due terne proposte dalla federazione degli ordini dei farmacisti della Lombardia;
d) un farmacista della Regione ovvero un dirigente farmacista appartenente ai ruoli nominativi del servizio sanitario regionale;
e) un funzionario di un ente del sistema regionale, di categoria non inferiore alla C, che svolge le funzioni di segretario.
3. Il dirigente della competente struttura regionale nomina la commissione giudicatrice, approva la graduatoria, provvede all’interpello, alla nomina dei vincitori e alla notifica degli atti agli interessati.
4. Ai componenti la commissione giudicatrice spettano le indennità nella misura prevista dall’articolo 100 della legge regionale 7 luglio 2008, n. 20 (Testo unico delle leggi regionali in materia di organizzazione e personale).
5. Nelle more dell’approvazione della disciplina regionale prevista dall’articolo 48, comma 29, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, il concorso per l’assegnazione di sedi farmaceutiche vacanti o di nuova istituzione è unico per tutte le sedi disponibili sull’intero territorio regionale e dà luogo alla graduatoria unica regionale dei farmacisti idonei, da utilizzare per l’assegnazione delle sedi messe a concorso.

ARTICOLO 82
(Vigilanza sulle farmacie)

1. Le ASL esercitano la vigilanza sulle farmacie nel rispetto delle disposizioni del r.d. 1265/1934, del regio decreto 30 settembre 1938, n. 1706 (Approvazione del regolamento per il servizio farmaceutico) e del decreto del Presidente della Repubblica 21 agosto 1971, n. 1275 (Regolamento per l’esecuzione della L. 2 aprile 1968, n. 475, recante norme concernenti il servizio farmaceutico).
2. Ferme restando le vigenti disposizioni in materia di prescrizioni da conservarsi in originale in farmacia, gli obblighi per il farmacista, previsti all’ultimo comma dell’articolo 38 del r.d. 1706/1938, s’intendono ottemperati, nell’ambito delle prestazioni in regime convenzionato, dalla conservazione degli originali delle ricette mediche o dalla loro registrazione presso l’ASL competente.
3. La commissione ispettiva per l’esercizio della vigilanza, nominata dall’ASL competente per territorio, è costituita da:
a) il farmacista responsabile dell’ufficio farmaceutico dell’ASL, che la presiede;
b) un farmacista scelto fra una terna designata dall’ordine provinciale dei farmacisti, costituita da titolari o direttori di farmacie non operanti nel territorio dell’ASL;
c) un funzionario del ruolo amministrativo della ASL di categoria non inferiore alla categoria D, che svolge anche le funzioni di segretario.
4. La commissione di cui al comma 3 è integrata dal responsabile del dipartimento di prevenzione, o suo delegato, per quanto riguarda gli interventi di vigilanza sulle farmacie ai fini igienico-sanitari.
5. Se, a seguito dell’ispezione, si riscontrano violazioni di norme in materia igienico-sanitaria, il titolare è diffidato ad adottare le necessarie misure, entro un termine rapportato alla situazione specifica accertata e verbalizzata; decorso infruttuosamente tale termine il dirigente della competente struttura regionale, su proposta dell’ASL competente per territorio, dichiara la decadenza dell’autorizzazione all’esercizio.
6. Se gli ispettori ravvisano situazioni di pericolo provvedono immediatamente a rimuoverle impartendo le opportune disposizioni al responsabile della farmacia e assicurandosi della loro esecuzione.
7. Avverso i provvedimenti sanzionatori adottati dall’ASL è proponibile, alternativamente al ricorso giurisdizionale, ricorso gerarchico improprio, con effetto sospensivo, al Presidente della Giunta regionale.

ARTICOLO 83
(Comitato tecnico-scientifico per la politica del farmaco)

1. Presso la Giunta regionale è istituito il comitato tecnico-scientifico per la politica del farmaco, con la composizione e i compiti previsti dal piano sociosanitario regionale.
2. Con il comitato di cui al comma 1 si coordinano comitati tecnico-scientifici costituiti presso le ASL, anche in forma associata, composti come segue:
a) il presidente o i presidenti dei comitati di gestione o loro delegati. Funge da presidente il più anziano di età;
b) i componenti dell’ufficio o degli uffici di direzione;
c) il farmacista responsabile o i farmacisti responsabili degli uffici farmaceutici;
d) due farmacisti designati dall’ordine, di cui uno non titolare;
e) due medici, designati dall’ordine, di cui uno ospedaliero.
3. I comitati di cui al comma 2 svolgono funzioni propositive e consultive relative a:
a) utilizzazione corretta dei farmaci e relativi consumi quali-quantitativi;
b) gestione tecnico-culturale dei protocolli terapeutico-diagnostici e delle schede informative sui farmaci;
c) aggiornamento e informazione scientifica degli operatori sanitari, dipendenti e convenzionati con la ASL, nonché educazione sanitaria della popolazione, nell’ambito dei programmi e con le modalità previste dall’articolo 31 della legge 833/1978, e secondo gli indirizzi regionali in materia;
d) assistenza farmaceutica e distribuzione dei farmaci, secondo quanto stabilito dall’articolo 28 della legge 833/1978.
4. Ai componenti interni ed esterni del comitato di cui al comma 1 non competono speciali compensi salvo il rimborso, ove dovuto, delle spese di viaggio e delle indennità di missione.

ARTICOLO 84
(Assistenza farmaceutica e rapporti convenzionali)

1. Le ASL erogano l’assistenza farmaceutica tramite le farmacie pubbliche e private, ubicate nel proprio territorio, secondo quanto stabilito dall’articolo 28 della legge 833/1978, fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 8 del d.l. 347/2001.
2. I rapporti convenzionali tra le ASL e le farmacie pubbliche e private sono regolati secondo i criteri e le modalità dettati dall’accordo nazionale unico di cui all’articolo 48 della legge 833/1978.

ARTICOLO 85
(Acquisto di medicinali e di altro materiale sanitario)

1. Per l’acquisto di medicinali e di altro materiale sanitario le ASL osservano le disposizioni di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).

ARTICOLO 86
(Apparecchi di autodiagnostica)

1. Nelle farmacie aperte al pubblico l’impiego di apparecchi di autodiagnostica rapida finalizzato a rilevamenti di prima istanza è effettuato secondo modalità stabilite da disposizioni regionali.

ARTICOLO 87
(Coordinamento delle farmacie con i servizi delle ASL)

1. Le ASL si avvalgono della collaborazione delle farmacie pubbliche e delle farmacie private per la realizzazione dei programmi di medicina preventiva, di informazione ed educazione sanitaria, nonché per le valutazioni dei consumi qualitativi e quantitativi dei farmaci, per indagini statistico-epidemiologiche in materia sanitaria e per altre finalità previste in materia farmaceutica dal piano sociosanitario regionale o dall’accordo nazionale unico di cui all’articolo 48 della legge 833/1978.

ARTICOLO 88
(Rapporti contabili)

1. Le ASL assicurano la verifica contabile delle distinte secondo le
norme dell’accordo nazionale unico di cui all’articolo 48 della legge 833/1978, nonché il controllo contabile e tecnico delle ricette mediche.
2. La Giunta regionale determina, in adeguamento ai fini di economicità ed efficienza di cui alla legge 26 aprile 1982, n. 181 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1982)), le modalità di esercizio dell’attività di cui al comma 1, in particolare per quanto attiene ai criteri di concentrazione della elaborazione informatica delle ricette mediche, spedite e consegnate dalle farmacie convenzionate, nonché delle operazioni di pagamento.

Capo II
Disposizioni sugli orari di apertura e sui turni di servizio delle farmacie

ARTICOLO 89
(Oggetto)

1. Il presente capo disciplina l’esercizio delle farmacie aperte al pubblico per quanto attiene agli orari di apertura, ai turni di servizio, nonché alla chiusura per riposo infrasettimanale, alle festività e alle ferie.

ARTICOLO 90
(Competenze amministrative)

1. Tutti i provvedimenti amministrativi riguardanti la apertura e chiusura delle farmacie sono adottati dal direttore generale di ciascuna ASL.
2. Entro il mese di maggio di ciascun anno, il direttore generale dell’ASL adotta il calendario annuale dei turni di chiusura infrasettimanale, de turni di servizio diurno, notturno e festivo e delle ferie annuali in base a quanto disposto dal presente capo, su proposta pervenuta entro il mese di marzo dall’associazione provinciale titolari di farmacia aderenti a Federfarma e su parere dell’ordine provinciale dei farmacisti e, ove esistano farmacie comunali, della Confservizi Lombardia, nonché del comune ove ha sede la farmacia e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello regionale. Del calendario è data comunicazione alle associazioni dei consumatori esistenti a livello regionale.
3. Il direttore generale dell’ASL prescinde dai pareri di cui al comma 2 qualora non siano pervenuti entro trenta giorni dalla richiesta.
4. In caso di ritardata o mancata adozione del calendario per il nuovo anno si osserva la rotazione dell’anno precedente.

ARTICOLO 91
(Orario settimanale di apertura delle farmacie)

1. L’orario ordinario di apertura è stabilito in quaranta ore settimanali equamente distribuite su cinque giorni. Per orario diurno s’intende quello compreso fra le ore 8.00 e le ore 20.00 e per orario notturno quello compreso fra le ore 20.00 e le ore 8.00 del giorno successivo.
2. Per le farmacie che ne facciano annualmente domanda l’orario di apertura può essere esteso fino a quarantotto ore settimanali, ripartito in un contesto minimo di cinque giorni e massimo di sei.
3. Il direttore generale dell’ASL, secondo una programmazione provinciale, su richiesta della farmacia interessata e sentiti l’ordine provinciale dei farmacisti, i sindaci, l’associazione provinciale titolari di farmacia aderenti a Federfarma, Confservizi Lombardia, ove esistano farmacie comunali, e le organizzazioni sindacali di categoria, può autorizzare aperture diverse nell’arco dell’anno fino a un massimo di cinquantaquattro ore settimanali suddivise in sei giorni, in funzione di necessità stagionali in località climatiche o di maggiore presenza di persone a scopo turistico, nelle zone di villeggiatura come definite dalla legge regionale 16 luglio 2007, n. 15 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo) e dalla deliberazione della Giunta regionale 30 gennaio 2008, n. 6532 (Individuazione degli ambiti a vocazione e potenzialità turistica (art. 3, comma 2, l.r. n. 15/2007)), nonché di attività lavorative nelle aree urbane e periurbane della città di Milano.
4. Il direttore generale dell’ASL, in presenza di forti flussi turistici e su richiesta della farmacia interessata, può autorizzare la ripartizione in sette giorni dell’orario di apertura settimanale di cui al comma 3.
5. In occasione di festività o eventi locali, il direttore generale dell’ASL, su richiesta della farmacia interessata e sentiti i soggetti di cui al comma 3, può altresì autorizzare maggiori aperture fino ad un massimo di cinque giornate nell’arco dell’anno.
6. Presso i terminal di aeroporti nazionali e internazionali e stazioni ferroviarie capolinea di traffico internazionale, ove sia presente una farmacia, ne è consentita, su richiesta, l’apertura continuativa. Se non è presente alcuna farmacia all’interno degli aeroporti internazionali ne è consentita l’apertura in deroga alla pianta organica.
7. Le farmacie che non hanno ingresso diretto sulla pubblica via o piazza, presenti presso i centri commerciali possono, su richiesta, osservare orari di apertura conformi a quelli della struttura commerciale, in deroga a quanto previsto dall’articolo 93, comma 1, fatta salva l’osservanza dei commi 1, 2, 3 e 5 del presente articolo.
8. Se il titolare di farmacia rurale o unica gestisce un dispensario, può essere autorizzata una riduzione dell’orario di apertura della farmacia principale in misura non superiore a due ore giornaliere.

ARTICOLO 92
(Farmacie di turno)

1. Nei giorni e nelle ore di chiusura delle farmacie il servizio farmaceutico è assicurato dalle farmacie di turno il cui numero è stabilito in modo che vi sia una farmacia in servizio ogni 50.000 abitanti.
2. Nelle zone a scarsa densità di popolazione, in particolare zone montane o con disagevole situazione viabilistica o orografica, il rapporto di cui al comma 1 può essere ridotto fino al limite massimo di una farmacia di turno ogni 10.000 abitanti.
3. Nelle zone ad elevata densità di popolazione, il rapporto di cui al comma 1 può essere esteso fino al limite di una farmacia di turno ogni 80.000 abitanti.
4. Nell’ambito territoriale di ogni ASL, qualunque sia la dimensione demografica, il servizio è sempre garantito con almeno una farmacia di turno.
5. Tutte le farmacie sono soggette al turno in condizioni di parità.
L’autorità competente, nel fissare il calendario dei turni, tiene conto di tutte le farmacie esistenti sul territorio. 6. Il servizio di turno notturno dopo le ore ventiquattro e fino alle ore 8.00 del mattino seguente è assicurato da un numero di farmacie pari a una ogni 80.000 abitanti, con riduzione del rapporto fino a una farmacia ogni 15.000 abitanti nelle zone di cui al comma 2, e fino a una farmacia ogni 120.000 abitanti nelle zone di cui al comma 3.

ARTICOLO 93
(Disciplina degli orari di apertura e chiusura)

1. Le farmacie svolgono il servizio ordinario a battenti aperti in orari compresi tra le ore 8.00 e le ore 20.00 e obbligatoriamente dalle ore 9.00 alle ore 12.00 e dalle ore 16.00 alle ore 19.00, salvo quanto previsto all’articolo 91, comma 7.
2. Il direttore generale dell’ASL, tenuto conto di particolari esigenze locali, valutate le richieste delle farmacie per aree omogenee corrispondenti ai distretti, determina per ogni singola farmacia l’orario di apertura e chiusura giornaliero rispettando quanto stabilito agli articoli 90, 91 e 92.
3. Le farmacie che, rispetto al precedente calendario annuale, non modificano gli orari, il giorno di riposo o il periodo di ferie sono esentate dalla presentazione della domanda annuale di cui agli articoli 91 e 94.

ARTICOLO 94
(Turni di servizio)

1. Le farmacie di turno svolgono il servizio dalle ore 8.00 alle ore 20.00 a battenti aperti e successivamente a battenti chiusi fino all’ora di apertura antimeridiana, salvo diverso accordo con la ASL competente che garantisca comunque la continuità del servizio. Il servizio a battenti aperti per ragioni di sicurezza può essere svolto con modalità che escludono l’accesso del pubblico ai locali della farmacia. L’avvicendamento delle farmacie nel turno avviene senza soluzioni di continuità del servizio.
2. A domanda annuale della farmacia, è consentita l’effettuazione del turno a battenti chiusi, durante il servizio extra-orario diurno, in ogni caso senza titolo al diritto addizionale.
3. Quando svolgono servizio a battenti chiusi, le farmacie possono limitarsi alla distribuzione dei medicinali, in tutte le diverse tipologie, del materiale di medicazione e della dietetica speciale, la cui dispensazione in tutte le diverse tipologie non può essere rifiutata.
4. Per assicurare una più completa forma di assistenza e per motivate esigenze locali, a richiesta delle farmacie e anche in aggiunta ai normali turni di servizio, può essere autorizzata la prestazione del servizio notturno continuativo a battenti aperti, in ogni caso senza titolo al diritto addizionale.
5. Nelle ASL o nei comuni nel cui ambito territoriale sia stato attivato il servizio notturno continuativo a battenti aperti, le farmacie di turno possono essere esentate, a richiesta, dal servizio durante le corrispondenti ore notturne, anche in deroga a quanto stabilito dall’articolo 92. I dispensari farmaceutici non partecipano ai turni di servizio; vi partecipano invece le farmacie succursali nel periodo di apertura.
6. I turni di servizio, per tutte le farmacie, sono di regola settimanali
e con inizio al venerdì alle ore 8.00; tale orario è rispettato anche per l’inizio del turno in altro giorno della settimana. In caso di turni di servizio con frequenza minore a quella settimanale, è fatto obbligo alle associazioni di categoria di diffonderne la conoscenza presso l’utenza.
7. Il calendario dei turni, per le situazioni di cui all’articolo 92, comma 2, prevede, per ciascuna farmacia, almeno tre periodi di servizio ordinario per ogni turno di guardia.
8. Il farmacista in turno extra orario diurno e notturno a battenti chiusi, pur se non obbligato alla permanenza in farmacia, è tenuto alla disponibilità per la dispensazione dei prodotti di cui al comma 3, nel più breve tempo possibile e comunque entro venti minuti dalla chiamata.
9. Nessun obbligo di reperibilità può essere imposto ai titolari di farmacie che non siano di turno, salvo eventi eccezionali.

ARTICOLO 95
(Chiusura per ferie annuali)

1. Tutte le farmacie hanno diritto, fatti salvi i casi di calamità naturali e di eventi eccezionali, alla chiusura annuale, comunque facoltativa e nel rispetto del CCNL dei dipendenti, per ferie per uno o più periodi, fino ad un massimo di ventiquattro giorni lavorativi. Le farmacie che intendono chiudere per ferie ne danno comunicazione alla direzione generale dell’ASL competente per territorio, entro i termini previsti per la presentazione della proposta di cui all’articolo 90.
2. Le ferie sono proposte e autorizzate in modo da assicurare un adeguato servizio di assistenza farmaceutica nei distretti delle ASL. Le farmacie chiuse per ferie indicano le sedi aperte più vicine con il relativo orario di apertura.
3. I dispensari restano chiusi nel periodo di chiusura per ferie delle rispettive farmacie e possono chiudere per ulteriori periodi, purché non superiori a quanto previsto al comma 1. Le farmacie succursali non chiudono per ferie.

ARTICOLO 96
(Cartelli e segnaletica obbligatori)

1. Le farmacie espongono, in posizione ben visibile e illuminata dal tramonto all’alba, un cartello indicante le farmacie di turno, in ordine di vicinanza, l’orario di apertura e chiusura giornaliera dell’esercizio e l’eventuale numero verde al quale rivolgersi per qualsiasi informazione relativa al servizio.
2. Nelle ore serali e notturne, le farmacie di turno tengono accesa un’insegna luminosa, della misura fino a un metro quadrato per facciata, preferibilmente a forma di croce di colore verde che ne faciliti l’individuazione, in conformità alle disposizioni del codice della strada e dei regolamenti comunali.

ARTICOLO 97
(Sanzioni)

1. Per le violazioni delle disposizioni di cui agli articoli sotto elencati si applicano le seguenti sanzioni:
a) da € 100 a € 500 per le violazioni dell’articolo 91;
b) da € 100 a € 500 per le violazioni dell’articolo 92;
c) da € 100 a € 500 per le violazioni dell’articolo 93;
d) da € 100 a € 500 per le violazioni dell’articolo 94, commi 1 e 8;
e) da € 100 a € 500 per le violazioni dell’articolo 95;
f) da € 100 a € 500 per le violazioni dell’articolo 96.
2. La funzione sanzionatoria per le violazioni di cui al comma 1 spetta all’ASL, secondo quanto previsto dall’articolo 1 della l.r. 90/1983.
3. L’ASL comunica le violazioni accertate all’ordine di appartenenza che può assumere i provvedimenti conseguenti.
4. In caso di reiterata violazione delle disposizioni di cui al comma 1, l’ASL può ordinare la chiusura della farmacia fino a quindici giorni.

Titolo VIII
Norme in materia di sanità pubblica veterinaria
Capo I
Disposizioni generali

ARTICOLO 98
(Oggetto e finalità)

1. Il presente capo reca norme in materia di sanità pubblica veterinaria
e disciplina l’istituzione, l’organizzazione e il funzionamento dei servizi del dipartimento di prevenzione veterinario delle ASL.
2. I servizi di cui al comma 1 assicurano la tutela della salute umana e animale, agendo in stretto collegamento tra di loro e promuovendo anche il collegamento delle attività e degli interventi di tutti gli altri enti, associazioni e servizi che operano nel settore delle produzioni zootecniche.
3. Gli obiettivi da perseguire nell’ambito della sanità pubblica veterinara sono determinati, nel contesto del piano sanitario nazionale, dal piano sociosanitario regionale e dai relativi provvedimenti di attuazione e nell’ambito delle misure operative di prevenzione, vigilanza e controllo di cui all’articolo 56.

ARTICOLO 99
(Competenze delle ASL)

1. Le competenze delle ASL in materia di sanità pubblica veterinaria comprendono:
a) l’educazione sanitaria relativa all’igiene e alla sanità pubblica veterinaria;
b) la vigilanza sull’esercizio della professione medico-veterinaria e delle arti ausiliarie veterinarie;
c) il controllo degli animali domestici, sinantropici e selvatici al fine di individuare eventuali modificazioni dell’equilibrio ambientale nel rapporto uomo-animale che possono recare danno;
d) la profilassi delle malattie infettive e parassitarie degli animali trasmissibili all’uomo nonché la profilassi delle malattie infettive e parassitarie a carattere diffusivo degli animali e la conseguente applicazione delle misure di polizia veterinaria;
e) la vigilanza su ricoveri animali, stalle di sosta, mercati, fiere ed esposizioni di animali, pubblici abbeveratoi, concentramenti di animali, raccolta e lavorazione dei sottoprodotti di origine animale;
f) la vigilanza sulla assistenza veterinaria specialistica, nonché su stazioni di monta, impianti per la fecondazione artificiale, ambulatori per la cura della sterilità degli animali e sulle attività attinenti la prevenzione e cura della sterilità o dell’ipofecondità, la fecondazione artificiale e la riproduzione animale;
g) la vigilanza sul trasporto degli animali, dei sottoprodotti di origine animale, nonché sullo spostamento degli animali per ragioni di pascolo;
h) la vigilanza e il controllo sulla produzione, sul trasporto e sulla utilizzazione degli alimenti per l’uso zootecnico;
i) la vigilanza sui trattamenti immunizzanti e sulle inoculazioni ai fini diagnostici;
j) la vigilanza sull’attuazione da parte di altri enti dei piani di profilassi delle malattie infettive e parassitarie degli animali;
k) la vigilanza sulla somministrazione, produzione, distribuzione, trasporto dei farmaci per uso veterinario e sull’utilizzazione degli animali da esperimento per quanto di competenza veterinaria;
l) la vigilanza sull’assistenza zooiatrica e sugli ambulatori veterinari;
m) l’ispezione e la vigilanza veterinaria su animali destinati all’alimentazione umana, impianti di macellazione, impianti per la raccolta, il trattamento e l’eliminazione dei sottoprodotti della macellazione;
n) il controllo ufficiale sugli alimenti di origine animale e loro derivati nelle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione, in collaborazione con il dipartimento di prevenzione medico qualora si tratti di prodotti alimentari che richiedono la competenza di entrambi i dipartimenti;
o) il rilascio di certificazioni e la raccolta dei dati statistici per quanto di competenza;
p) la profilassi della rabbia, mediante cattura dei cani randagi e gestione dei canili sanitari;
q) la disinfezione, la disinfestazione e la derattizzazione dei ricoveri animali, dei pascoli e degli impianti soggetti a vigilanza veterinaria, compresa la disinfezione degli automezzi per il trasporto del bestiame;
r) la raccolta e la distruzione, mediante appositi impianti, delle carcasse di animali morti per malattie infettive o altra causa o sospetti d’infezione, nonché delle carni e delle derrate di origine animale non idonee al consumo umano;
s) la prevenzione e la lotta contro le malattie esotiche;
t) l’istituzione di osservatori di ittiopatologia e delle malattie delle api;
u) il riconoscimento degli stabilimenti operanti nel settore dell’alimentazione animale e degli stabilimenti di produzione, lavorazione e deposito di alimenti di origine animale, secondo quanto disposto dal regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, e dal regolamento (CE) n. 183/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 gennaio 2005, che stabilisce requisiti per l’igiene dei mangimi;
v) la vigilanza e il controllo sul rispetto delle norme in materia di protezione e benessere degli animali in allevamento, durante il trasporto e la macellazione.
2. Le ASL esercitano, inoltre, tutte le funzioni amministrative in materia di sanità pubblica veterinaria non espressamente attribuite ad altri soggetti.

ARTICOLO 100
(Misure operative di prevenzione, vigilanza e controllo)

1. La Regione assicura l’omogeneità di gestione delle risorse, l’uniformità degli interventi e delle erogazioni di prestazioni sul territorio, nonché la verifica dei risultati ottenuti, in particolare:
a) in materia di sanità animale, igiene degli allevamenti e delle produzioni animali, con specifico riguardo alla profilassi e alla polizia veterinaria;
b) in materia di controllo dell’igiene degli alimenti di origine animale e loro derivati, nelle fasi di produzione, trasformazione, deposito, trasporto e commercializzazione.
2. Spettano altresì alla Regione:
a) l’adozione dei piani per il risanamento delle malattie infettive del bestiame e la profilassi vaccinale, nonché l’acquisto e la distribuzione alle ASL dei vaccini, dei sieri e dei prodotti diagnostici necessari per le profilassi obbligatorie;
b) la raccolta dei dati statistici relativi ai servizi
veterinari, nonché la raccolta ed elaborazione dei dati relativi alle denunce di malattie infettive e diffusive degli animali, ai fini dell’adozione dei necessari interventi;
c) la promozione di corsi di formazione e aggiornamento, iniziative e programmi da realizzare in collaborazione, in particolare, con l’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna e con le università;
d) la cura dei rapporti con le amministrazioni sanitarie, agricole e zootecniche nazionali e internazionali, nonché con gli istituti zooprofilattici sperimentali e con gli istituti universitari di ricerca.

ARTICOLO 101
(Funzioni del sindaco quale autorità sanitaria locale in materia veterinaria)

1. Restano ferme le competenze del sindaco, quale autorità sanitaria locale, per:
a) l’adozione di provvedimenti di carattere contingibile e urgente in materia di igiene e sanità pubblica veterinaria e di polizia veterinaria di cui all’articolo 50, comma 5, del d.lgs. 267/2000;
b) il rilascio di autorizzazioni per impianti di raccolta di sottoprodotti di origine animale.
2. Gli atti e provvedimenti del sindaco, quando non sono adottati su proposta del dipartimento di prevenzione veterinario, sono adottati sentito il dipartimento stesso.

ARTICOLO 102
(Assistenza zooiatrica)

1. Nei territori in cui si verifica una permanente o temporanea carenza di assistenza zooiatrica, l’ASL, sentiti gli ordini professionali e le organizzazioni sindacali, stipula convenzioni con i veterinari liberi professionisti. Se non è possibile procedere alla stipulazione di convenzioni, le prestazioni di assistenza zooiatrica sono assicurate direttamente dal dipartimento di prevenzione veterinario, secondo le modalità previste dall’accordo nazionale unico di cui all’articolo 47 della legge 833/1978, con riferimento anche a quanto previsto dall’articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali).

ARTICOLO 103
(Misure di biosicurezza per il trasporto degli animali)

1. Tutti gli automezzi adibiti al trasporto di animali devono essere lavati e disinfettati dopo ogni scarico e comunque prima di entrare in un allevamento.
2. Le operazioni di lavaggio e disinfezione devono essere effettuate dopo ogni scarico nell’allevamento o macello presso cui questo è avvenuto o presso stazioni di disinfezione autorizzate.
3. Gli animali oggetto di movimentazione devono essere scortati dal modello n. 4 di cui all’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320 (Regolamento di polizia veterinaria), riportante le indicazioni e certificazioni sanitarie previste dalla normativa vigente.
4. A prova dell’avvenuto lavaggio e disinfezione, il trasportatore deve compilare, in duplice copia, l’apposita dichiarazione di cui all’allegato IX dell’ordinanza ministeriale 12 aprile 2008 (Misure sanitarie di eradicazione della malattia vescicolare del suino e di sorveglianza della peste suina classica) e conservarne una copia per un anno.
5. L’ingresso negli allevamenti per il carico dei suini è consentito esclusivamente ad automezzi vuoti. Il carico sullo stesso automezzo di suini provenienti da più allevamenti è consentito unicamente se viene effettuato all’esterno degli allevamenti stessi, previa verifica, da parte dell’ASL, della sussistenza dei requisiti necessari per tale modalità di carico.
6. L’inosservanza, da parte dei trasportatori, delle misure di biosicurezza di cui ai commi da 1 a 5 comporta, salvo che il fatto costituisca reato, l’applicazione di una sanzione da € 1.500 a € 9.000 e, nel caso di trasporto a fini commerciali, la contestuale sospensione dell’autorizzazione al trasporto da un minimo di un mese ad un massimo di sei mesi.
7. Il trasportatore a fini commerciali al quale viene contestata la stessa infrazione per tre volte nel corso di tre anni consecutivi incorre nella revoca dell’autorizzazione.

Capo II
Norme relative alla tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo

ARTICOLO 104
(Oggetto e finalità)

1. La Regione, in attuazione della legge 14 agosto 1991, n. 281 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo), anche al fine di favorire la convivenza tra uomo e animale, nonché di tutelarne la salute e il benessere, promuove la prevenzione del randagismo, la protezione e la tutela degli animali d’affezione a cui riconosce la dignità di esseri viventi, nel rispetto delle loro esigenze fisiologiche ed etologiche, condannando ogni tipo di maltrattamento, compreso l’abbandono.
2. Ai fini del presente capo, per animali d’affezione s’intendono quelli che stabilmente od occasionalmente convivono con l’uomo, mantenuti per compagnia e che possono svolgere attività utili all’uomo.
3. Le disposizioni del presente capo si applicano, inoltre, agli animali appartenenti alle specie considerate d’affezione che vivono in libertà, in contesti urbani ed extraurbani. Restano esclusi gli animali selvatici ed esotici di cui alla legge 19 dicembre 1975, n. 874 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973).

ARTICOLO 105
(Obblighi e divieti)

1. I proprietari, i possessori e i detentori a qualsiasi titolo di animali d’affezione sono tenuti ad assicurare ad essi condizioni di vita adeguate sotto il profilo dell’alimentazione, dell’igiene, della salute, del benessere, della sanità dei luoghi di ricovero e contenimento e degli spazi di movimento, secondo le caratteristiche di specie e di razza, nel rispetto delle loro esigenze fisiologiche ed etologiche.
2. E’ vietato:
a) abbandonare gli animali; infliggere ad essi maltrattamenti;
alimentarli in modo improprio o insufficiente; detenerli in condizioni igienico-sanitarie non adeguate o comunque in strutture o spazi non idonei, in base alle attuali conoscenze scientifiche e secondo quanto previsto dalla normativa vigente;
b) esercitare la pratica dell’accattonaggio esibendo animali di età inferiore ai quattro mesi, animali comunque in stato di incuria, di denutrizione, in precarie condizioni di salute, detenuti in evidenti condizioni di maltrattamento, impossibilitati alla deambulazione o comunque sofferenti per le condizioni ambientali in cui sono tenuti o in condizioni tali da suscitare pietà;
c) usare animali come premio o regalo per giochi, feste e sagre, lotterie, sottoscrizioni o altre attività;
d) destinare al commercio cani o gatti di età inferiore ai sessanta giorni ed esporre nelle vetrine degli esercizi commerciali o all’esterno degli stessi tutti gli animali d’affezione di cui all’articolo 104;
e) vendere animali a minorenni.
3. Sono altresì vietati spettacoli, feste, gare, manifestazioni, giochi, lotterie, sottoscrizioni a premi ed esposizioni pubbliche e private che comportino per gli animali maltrattamenti, costrizione o detenzione inadeguata in strutture anguste. In ogni caso è vietato organizzare, promuovere o assistere a combattimenti fra animali.
4. Gli animali d’affezione devono essere tenuti in condizioni tali da non costituire pericolo per la salute umana.
5. L’addestramento deve essere impartito esclusivamente con metodi non violenti e non può imporre all’animale comportamenti contrari alla sua attitudine naturale.
6. Il trasporto e la custodia degli animali d’affezione devono avvenire in modo adeguato alla specie. I mezzi di trasporto e gli imballaggi devono essere tali da proteggere gli animali da intemperie e da evitare lesioni, consentendo altresì l’ispezione, l’abbeveramento, il nutrimento e la cura degli stessi. La ventilazione e la cubatura devono essere adeguate alle condizioni di trasporto e alla specie animale trasportata.

ARTICOLO 106
(Competenze della Regione)

1. La Regione:
a) istituisce il sistema informativo dell’anagrafe canina di cui all’articolo 109, comma 1, lettera a);
b) individua, sentiti i comuni, le modalità di organizzazione, funzionamento e gestione dell’anagrafe canina di cui alla lettera a);
c) definisce i criteri per il risanamento dei canili comunali e per la costruzione di nuovi rifugi, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, della legge 281/1991;
d) redige il piano regionale di cui all’articolo 117, comma 1, in collaborazione con la consulta regionale di cui all’articolo 117, comma 6;
e) promuove un protocollo d’intesa con le aziende farmaceutiche per la concessione alle strutture di ricovero pubbliche e private senza fini di lucro di agevolazioni sull’acquisto di medicinali destinati alle cure degli animali ospitati, fatte salve le norme di legge riguardanti la prescrizione, la detenzione e l’utilizzo del farmaco veterinario.
2. Con regolamento di attuazione si definiscono:
a) i requisiti strutturali e le modalità di gestione delle strutture di ricovero sanitario degli animali d’affezione e dei rifugi;
b) i requisiti strutturali e le modalità di gestione delle strutture private destinate al ricovero, al pensionamento, all’allevamento o al commercio degli animali d’affezione;
c) le procedure per il rilascio dell’autorizzazione al funzionamento, da parte del sindaco, delle strutture di cui alle lettere a) e b);
d) le procedure per l’affidamento e la cessione degli animali;
e) l’obbligo per chiunque gestisce strutture pubbliche o private destinate al ricovero di animali, anche per periodi di tempo limitato, oppure esercita l’attività di commercio o di allevamento, di tenere apposito registro vidimato dal dipartimento di prevenzione veterinario dell’ASL di appartenenza della struttura, che permetta di identificare l’animale, nonché di risalire alla sua provenienza e alla sua eventuale destinazione finale;
f) le modalità di presentazione della domanda di autorizzazione di cui all’articolo 116, la documentazione necessaria, nonché i tempi per l’adeguamento delle strutture esistenti.

ARTICOLO 107
(Competenze delle ASL)

1. Le funzioni e le attività sanitarie necessarie a garantire sul territorio regionale gli interventi previsti dal presente capo sono svolte dal dipartimento di prevenzione veterinario di ogni ASL, se del caso tramite idonea articolazione diretta da un veterinario dirigente.
2. Al dipartimento di cui al comma 1 spettano:
a) la gestione dell’anagrafe canina;
b) l’organizzazione dell’attività di accalappiamento dei cani
vaganti, nonché di raccolta dei gatti che vivono in libertà ai fini della loro sterilizzazione, limitatamente a quanto indicato dall’articolo 111, commi 4, 5 e 6;
c) il censimento delle zone in cui esistono colonie feline;
d) la stipula di accordi di collaborazione con i privati e le associazioni per la gestione delle colonie feline;
e) gli interventi di controllo demografico della popolazione canina e felina di cui all’articolo 118;
f) la soppressione, esclusivamente con metodi eutanasici, dei cani catturati e dei gatti raccolti, qualora ricorrano le condizioni di cui all’articolo 113, comma 1;
g) il ricovero sanitario per l’esecuzione degli interventi di profilassi, diagnosi e terapia sui cani ricoverati e sui gatti che vivono in stato di libertà, per il tempo previsto dalla legislazione sanitaria, ai fini della profilassi antirabbica e della degenza sanitaria;
h) l’attività di vigilanza, di prevenzione e di accertamento, effettuata dal personale incaricato, delle infrazioni previste dal presente capo, ferma restando l’analoga competenza attribuita ad altri soggetti.
3. Le competenze di cui alle lettere b), c) e d) del comma 2 sono esercitate d’intesa con i comuni.
4. Al direttore generale dell’ASL competono:
a) la titolarità dei poteri sanzionatori relativi alle infrazioni amministrative previste dal presente capo;
b) l’emanazione del provvedimento propedeutico all’erogazione dell’indennizzo regionale di cui all’articolo 119;
c) l’approvazione, su proposta del dipartimento di cui al comma 1, dei progetti attuativi degli interventi affidati all’ASL dal piano regionale di cui all’articolo 117, comma 1.

ARTICOLO 108
(Competenze degli enti locali e del sindaco, quale autorità sanitaria locale)

1. Ai comuni, singoli o associati, e alle comunità montane competono:
a) la predisposizione, nell’ambito del territorio provinciale o di provincia contigua, se più vicino, delle strutture di ricovero destinate alla funzione di canile sanitario e di canile rifugio, acquisendone la disponibilità nelle forme ritenute più opportune. Le strutture destinate alla funzione di canile sanitario sono messe a disposizione delle ASL competenti in comodato d’uso;
b) il servizio di ricovero di animali d’affezione catturati o raccolti, fatta salva la facoltà per i comuni di demandarlo, mediante convenzioni, ad enti pubblici, associazioni e cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381 (Disciplina delle cooperative sociali);
c) l’attività di vigilanza, di prevenzione ed
accertamento, effettuata dal corpo di polizia locale, delle infrazioni previste dal presente capo;
d) la realizzazione di campagne informative sugli obiettivi del presente capo e sulle modalità di attuazione, anche avvalendosi della collaborazione delle associazioni di cui all’articolo 120 e dei medici veterinari;
e) la predisposizione di sportelli per l’anagrafe canina;
f) la collaborazione con le ASL per le funzioni di cui all’articolo 107, comma 2, lettere a) e h);
g) l’eventuale istituzione dell’ufficio tutela animali e di un fondo speciale per la sterilizzazione di cani e gatti i cui proprietari versino in stato di indigenza;
h) la stipula di convenzioni o accordi di collaborazione, di intesa con le ASL, con i privati e le associazioni per la gestione delle colonie feline.
2. Il sindaco, nella sua qualità di autorità sanitaria locale:
a) rilascia l’autorizzazione al funzionamento dei rifugi, pubblici o privati, e delle altre strutture di ricovero per animali previste dal presente capo;
b) può disporre, in caso di maltrattamenti, anche ai fini della tutela igienico-sanitaria, che gli animali d’affezione siano posti in osservazione per l’accertamento delle loro condizioni fisiche.
3. Alle province competono l’organizzazione e lo svolgimento dei corsi di qualificazione per gli operatori volontari delle associazioni di cui all’articolo 120, sulla base delle indicazioni contenute nel piano regionale di cui all’articolo 117, comma 1, ai fini dell’esercizio dell’attività di collaborazione con l’ASL e con gli enti locali.
4. Le province possono inoltre:
a) promuovere, in collaborazione con la consulta regionale di cui all’articolo 117, comma 6, la mappatura della situazione esistente, nonché la raccolta delle istanze di amministrazioni pubbliche, enti, associazioni e privati cittadini;
b) coordinare le associazioni iscritte nel registro provinciale del volontariato, ai sensi della legge regionale 14 febbraio 2008, n. 1 (Testo unico delle leggi regionali in materia di volontariato, cooperazione sociale, associazionismo e società di mutuo soccorso);
c) adottare misure idonee a prevenire maltrattamenti nei confronti degli animali.

ARTICOLO 109
(Anagrafe canina regionale)

1. La Giunta regionale:
a) istituisce l’anagrafe canina, consistente nel registro della popolazione canina presente sul territorio regionale, mediante la raccolta e la gestione dei dati provenienti dalle singole anagrafi canine delle ASL. A tale scopo la Giunta predispone un sistema informativo che assicuri il recupero dei dati già esistenti nelle anagrafi attivate in conformità alla legge regionale 8 settembre 1987, n. 30 (Prevenzione del randagismo-tutela degli animali e della salute pubblica) e il necessario collegamento con la CRS-SISS;
b) individua le modalità per la gestione dell’anagrafe canina, con il coinvolgimento dei comuni e dei medici veterinari libero-professionisti, al fine di consentire la maggiore disponibilità di sportelli per l’anagrafe canina.
2. Il proprietario, il possessore o il detentore, anche temporaneo, di un cane, compreso chi ne fa commercio, è tenuto ad iscriverlo all’anagrafe canina entro quindici giorni dall’inizio del possesso o entro trenta giorni dalla nascita e comunque prima della sua cessione a qualunque titolo.
3. In caso di cessione definitiva, il cedente e il nuovo proprietario sono tenuti a farne denuncia all’anagrafe canina entro quindici giorni.
4. Il proprietario, il possessore o il detentore è tenuto a denunciare all’anagrafe canina la morte dell’animale e i cambiamenti di residenza entro quindici giorni.
5. L’identificazione del cane è eseguita solo da veterinari accreditati con metodologia indolore, secondo le tecniche più avanzate, ed è contestuale all’iscrizione all’anagrafe canina. Nel caso in cui l’identificazione dovesse risultare illeggibile, il proprietario, il possessore o il detentore è tenuto a provvedere nuovamente all’identificazione del cane.
6. Le denunce e le registrazioni effettuate in conformità alla l.r. 30/1987 non devono essere ripetute. Ai tatuaggi si applica quanto previsto al comma 5, secondo periodo.

ARTICOLO 110
(Cani smarriti e rinvenuti)

1. La scomparsa di un cane deve essere denunciata dal proprietario, possessore o detentore entro sette giorni al dipartimento di prevenzione veterinario o alla polizia locale territorialmente competenti. L’organo che riceve la denuncia di scomparsa deve registrarla nell’anagrafe canina.
2. Chiunque ritrovi un cane vagante è tenuto a darne pronta comunicazione al dipartimento di prevenzione veterinario di un’ASL, anche diversa da quella in cui è avvenuto il ritrovamento o alla polizia locale del comune in cui è avvenuto il ritrovamento stesso, consegnandolo al più presto al canile sanitario o fornendo le indicazioni necessarie al suo ritiro. L’organo che riceve la segnalazione del ritrovamento deve prontamente comunicarla ai fini della registrazione nell’anagrafe canina.
3. La notifica del ritrovamento del cane al proprietario, possessore o detentore comporta l’obbligo del ritiro entro cinque giorni e del pagamento dei costi sostenuti per la cattura, le eventuali cure ed il mantenimento. La Giunta regionale definisce i criteri e le modalità per la determinazione dei costi e i provvedimenti da assumere a carico degli inadempienti all’obbligo di ritiro.
4. Gli interventi sanitari previsti dall’articolo 112, con particolare riguardo al controllo medico-veterinario, all’identificazione e agli interventi di pronto soccorso prestati ai cani di cui al comma 2 del presente articolo, sono effettuati dal dipartimento di prevenzione veterinario intervenuto e sono posti a carico dell’ASL competente per territorio.
5. Gli animali ricoverati nelle strutture di cui agli articoli 112, 114 e in quelle destinate al ricovero, al pensionamento e al commercio di animali d’affezione non possono essere destinati ad alcun tipo di sperimentazione.
6. I metodi di accalappiamento devono essere tali da evitare ai cani inutili sofferenze.

ARTICOLO 111
(Protezione dei gatti)

1. I gatti che vivono in stato di libertà sono protetti ed è vietato maltrattarli o allontanarli dal loro habitat. Se il comune, d’intesa con l’ASL competente, accerta che l’allontanamento si rende inevitabile per la loro tutela o per gravi motivazioni sanitarie, individua altra idonea collocazione, nel rispetto delle norme igieniche. S’intende per habitat di colonia felina qualsiasi territorio o porzione di territorio nel quale viva stabilmente una colonia felina, indipendentemente dal fatto che sia o meno accudita.
2. Per favorire i controlli sulla popolazione felina, l’ASL, d’intesa con i comuni e con la collaborazione delle associazioni di cui all’articolo 120, provvede a censire le zone in cui esistono colonie feline.
3. I privati e le associazioni di cui all’articolo 120 possono, previo accordo di collaborazione con il comune e d’intesa con l’ASL, gestire le colonie feline, per la tutela della salute e la salvaguardia delle condizioni di vita dei gatti.
4. La cattura dei gatti che vivono in stato di libertà è consentita solo per la sterilizzazione, per le cure sanitarie o per l’allontanamento di cui al comma 1 ed è effettuata dal dipartimento di prevenzione veterinario e dai soggetti di cui al comma 3.
5. I gatti sterilizzati, identificati con apposito contrassegno o tatuaggio al padiglione auricolare, sono reimmessi nel loro habitat originario o in un habitat idoneo.
6. La soppressione dei gatti che vivono in stato di libertà può avvenire solo alle condizioni e con le modalità di cui all’articolo 113.

ARTICOLO 112
(Interventi sanitari)

1. Il dipartimento di prevenzione veterinario assicura:
a) il controllo sanitario temporaneo dei cani e dei gatti durante il periodo di osservazione di cui all’articolo 86 del d.p.r. 320/1954 o che si rende necessario per comprovate esigenze sanitarie;
b) gli interventi di profilassi, diagnosi, terapia e controllo demografico previsti dalla normativa vigente o ritenuti necessari sugli animali ricoverati, nel periodo di controllo sanitario temporaneo di cui alla lettera a);
c) gli interventi di pronto soccorso atti alla stabilizzazione di cani vaganti o gatti che vivono in libertà, ritrovati feriti o gravemente malati;
d) l’identificazione, la ricerca e la restituzione al proprietario dei cani raccolti;
e) la sterilizzazione dei gatti che vivono in libertà e la degenza post-operatoria;
f) la sterilizzazione dei cani ricoverati e la degenza post-operatoria, eseguita al fine del controllo delle nascite e dei comportamenti indesiderati, che deve essere effettuata previa autorizzazione del responsabile sanitario della struttura, nelle veci del proprietario.
2. Gli interventi sanitari di cui al comma 1 devono essere eseguiti in adeguate strutture, individuate dal dipartimento di prevenzione veterinario, anche presso i rifugi di cui all’articolo 114.

ARTICOLO 113
(Eutanasia)

1. I cani, i gatti e gli altri animali di affezione ricoverati nelle strutture di cui agli articoli 112 e 114, possono essere soppressi solo se gravemente malati e incurabili, se affetti da gravi sofferenze o in caso di loro comprovata pericolosità.
2. La soppressione è effettuata ad opera di medici veterinari, con metodi eutanasici che non arrechino sofferenza all’animale, preceduti da idoneo trattamento anestetico.
3. Ciascuna struttura tiene un registro degli animali soppressi in cui sono specificati la diagnosi e il motivo della soppressione.

ARTICOLO 114
(Rifugi per animali)

1. I comuni, singoli o associati, e le comunità montane ospitano nei canili rifugio:
a) i cani raccolti o rinvenuti vaganti, successivamente agli interventi sanitari di cui all’articolo 112;
b) i cani e i gatti affidati a qualunque titolo dalla forza pubblica;
c) i cani e i gatti ceduti definitivamente dal proprietario ed accettati dal comune, con la possibilità di porre a carico del cedente le spese di mantenimento;
d) altri animali d’affezione, compatibilmente con la recettività e le caratteristiche tecniche della struttura.
2. I criteri per il risanamento dei canili comunali esistenti e per la costruzione dei nuovi rifugi sono determinati dalla Giunta regionale.
3. La gestione dei rifugi può essere demandata dai comuni, previa stipulazione di convenzioni, a cooperative sociali di cui alla legge 381/1991 o associazioni. A condizioni equivalenti è riconosciuto diritto di prelazione alle associazioni di cui all’articolo 120.
4. I rifugi sono aperti al pubblico almeno quattro giorni alla settimana, compresi il sabato o la domenica, con un minimo di quattro ore al giorno, per favorire la ricollocazione degli animali presso nuovi proprietari. Gli orari e i giorni di apertura sono esposti all’ingresso delle strutture. Gli enti protezionistici possono accedere alle strutture anche in altri orari concordati con i responsabili delle stesse.
5. I gestori dei rifugi devono adottare opportune misure al fine del controllo delle nascite.
6. I rifugi devono garantire l’assistenza veterinaria e gli interventi di pronto soccorso e di alta specializzazione necessari, anche mediante convenzioni con strutture pubbliche o private.

ARTICOLO 115
(Cessione e affido)

1. I cani e i gatti ricoverati presso le strutture di cui agli articoli 112 e 114, d’età non inferiore ai sessanta giorni, nonché gli altri animali di affezione possono essere ceduti gratuitamente ai privati maggiorenni che diano garanzie di adeguato trattamento o alle associazioni di cui all’articolo 120.
2. E’ fatto divieto di cessione o affido di cani o gatti ricoverati presso le strutture di cui agli articoli 112 e 114 a coloro che hanno riportato condanne per maltrattamenti ad animali.
3. La cessione gratuita dei cani ricoverati presso le strutture di cui agli articoli 112 e 114 può avvenire trascorsi sessanta giorni dal ricovero.
4. E’ consentito l’affido temporaneo gratuito dei cani prima del termine di cui al comma 3, con l’osservanza delle seguenti prescrizioni:
a) deve essere decorso il periodo di osservazione di cui ll’articolo 112, comma 1, lettera a);
b) l’affidatario non può affidare l’animale durante il periodo di affido, senza il consenso scritto del gestore del canile affidante;
c) l’affido temporaneo non può essere consentito a privati cittadini o a enti non aventi residenza o sede in Italia.

ARTICOLO 116
(Autorizzazioni)

1. Le strutture di cui agli articoli 112, comma 2, 114 e quelle destinate al ricovero, al pensionamento e al commercio di animali d’affezione devono essere autorizzate dal sindaco, previo parere favorevole dell’ASL competente.

ARTICOLO 117
(Piano degli interventi e consulta regionale)

1. Al fine di garantire la salute pubblica e la tutela degli animali d’affezione, la Giunta regionale, con la collaborazione tecnica della consulta regionale di cui al comma 6, acquisito il parere della commissione consiliare competente, approva il piano regionale triennale degli interventi in materia di:
a) educazione sanitaria e zoofila;
b) controllo demografico della popolazione animale;
c) prevenzione del randagismo.
2. Il piano include gli interventi educativi di responsabilizzazione dei proprietari e prevede le risorse per l’attuazione degli interventi di cui al comma 1.
3. Sulla base dei dati provenienti dall’anagrafe canina, dal censimento delle colonie feline e dalle strutture di ricovero autorizzate, il piano prevede:
a) i criteri per l’analisi del fenomeno dell’abbandono dei cani e della formazione di colonie urbane di gatti liberi;
b) i tempi di attuazione delle fasi del piano, secondo criteri di priorità, e le relative scadenze;
c) i criteri per la valutazione dell’efficacia e dell’efficienza degli interventi e per la verifica, anche in collaborazione con le associazioni di volontariato, le scuole, gli enti locali e i privati, del raggiungimento degli obiettivi;
d) le modalità che consentono una uniforme raccolta e diffusione dei dati;
e) le modalità di utilizzazione della quota assegnata dallo Stato ai sensi dell’articolo 3 della legge 281/1991;
f) la promozione delle iniziative di informazione di cui all’articolo 3, comma 4, lettera a), della legge 281/1991;
g) i criteri per l’organizzazione dei corsi d’aggiornamento o di formazione professionale di cui all’articolo 3, comma 4, lettera b), della legge 281/1991.
4. Gli interventi previsti dal piano sono attuati anche tramite specifiche convenzioni fra la Regione, le ASL, le province, i comuni, l’Ufficio scolastico regionale per la Lombardia e le associazioni di cui all’articolo 120.
5. Le ASL inseriscono gli interventi previsti dal piano nella programmazione delle attività istituzionali.
6. E’ costituita, con deliberazione della Giunta regionale, la consulta regionale per la tutela degli animali d’affezione e per la prevenzione del randagismo composta da:
a) un dirigente della struttura regionale competente;
b) un medico veterinario di una ASL;
c) un rappresentante delle province designato dall’unione delle province lombarde (UPL);
d) tre rappresentanti dei comuni designati dall’associazione regionale dei comuni lombardi (ANCI Lombardia);
e) tre esperti designati dalle associazioni di cui all’articolo 120;
f) un docente della facoltà di medicina veterinaria dell’Università degli studi di Milano;
g) due medici veterinari designati dalle associazioni di categoria dei medici veterinari;
h) un medico veterinario designato dalla federazione regionale degli ordini provinciali dei medici veterinari;
i) un rappresentante dell’Ufficio scolastico regionale per la Lombardia.

ARTICOLO 118
(Controllo demografico)

1. Gli interventi per la limitazione delle nascite dei gatti che vivono in libertà sono effettuati secondo quanto previsto dall’articolo 111 del presente capo e dall’articolo 2, comma 8, della legge 281/1991.
2. I cani ricoverati presso le strutture e i rifugi di cui agli articoli 112 e 114 possono essere sterilizzati per finalità di interesse pubblico e con le modalità di cui all’articolo 112, comma 1, lettera f), dai medici veterinari delle ASL o da medici veterinari liberi professionisti incaricati dall’ASL o dai comuni.

ARTICOLO 119
(Indennizzo)

1. La Regione indennizza le perdite di capi di bestiame causate da cani randagi o inselvatichiti e accertate dall’ASL competente, che ne determina il valore.

ARTICOLO 120
(Volontariato)

1. Le associazioni di volontariato iscritte nel registro regionale delle organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge quadro sul volontariato) e alla l.r. 1/2008 o riconosciute a livello nazionale e il cui statuto indichi come finalità la protezione degli animali e dell’ambiente possono collaborare all’effettuazione degli interventi di educazione sanitaria e di controllo demografico della popolazione canina e dei gatti che vivono in libertà, previo accordo con l’ASL o con i comuni.

ARTICOLO 121
(Controlli)

1. Le attività di accertamento delle infrazioni previste dal presente capo competono alle ASL e ai comuni.
2. Per l’esercizio delle attività di cui al comma 1, i comuni possono avvalersi, mediante convenzioni, della collaborazione delle guardie volontarie delle associazioni di cui all’articolo 120 alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai sensi del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), e degli operatori volontari appartenenti alle medesime associazioni.
3. Le province, d’intesa con le ASL, concordano le modalità per il rilascio delle idoneità agli operatori volontari di cui all’articolo 120, a seguito del superamento degli esami previsti al termine dei corsi di cui all’articolo 108, comma 3. I contenuti dei corsi sono stabiliti dalle competenti direzioni generali regionali.

ARTICOLO 122
(Sanzioni)

1. Fatte salve le ipotesi di responsabilità penale, ai contravventori del presente capo si applicano le seguenti sanzioni:
a) da € 150 a € 900 per chi viola le disposizioni di cui all’articolo 105, comma 1, comma 2, lettere a), b), c), comma 3, primo periodo, comma 4 e comma 5;
b) da € 500 a € 3.000 per chi viola le disposizioni di cui all’articolo 105, comma 2, lettera d) e comma 3, secondo periodo;
c) da € 25 a € 150 per chi viola le disposizioni di cui all’articolo 105, comma 6;
d) da € 25 a € 150 per chi viola le disposizioni di cui agli articoli 109 e 110, comma 1;
e) da € 150 a € 900 per chi viola la disposizione di cui all’articolo 110, comma 3;
f) da € 25 a € 150 per chi viola la disposizione di cui all’articolo 110, comma 2;
g) da € 50 a € 300 per chi viola le disposizioni di cui all’articolo 111, commi 1, 4 e 6;
h) da € 50 a € 300 per chi viola le disposizioni di cui all’articolo 113;
i) da € 50 a € 300 per chi viola le disposizioni di cui all’articolo 115, comma 4, lettera b);
j) da € 500 a € 3.000 per chi viola le disposizioni di cui all’articolo 109, comma 5, primo periodo e per chi svolge le attività previste dalla legge in strutture prive dell’autorizzazione di cui all’articolo 116.
2. Le somme riscosse sono introitate dalle ASL anche attraverso i comuni e destinate alla realizzazione degli interventi conseguenti all’attuazione del presente capo.

ARTICOLO 123
(Clausola valutativa)

1. La Giunta regionale rende conto al Consiglio regionale dell’attuazione del presente capo e dei risultati da essa ottenuti nel contrastare il randagismo e i maltrattamenti degli animali d’affezione.
2. A tal fine la Giunta regionale trasmette alla commissione consiliare competente una relazione triennale che contiene risposte documentate ai seguenti quesiti:
a) quali interventi sono stati realizzati e quali risultati sono stati ottenuti dagli enti tenuti all’attuazione del presente capo, con particolare riguardo alle attività di controllo demografico e di adeguamento delle strutture di ricovero e cura pubbliche e private;
b) attraverso quali iniziative si è svolta l’attività di informazione e sensibilizzazione in tema di tutela degli animali e salute dei cittadini e da quali enti è stata promossa;
c) attraverso quali modalità e con quali esiti i vari soggetti, pubblici e privati, hanno realizzato l’attività di coordinamento nell’espletamento delle funzioni loro demandate;
d) quale è stata l’evoluzione dell’attività sanzionatoria prevista dal presente capo;
e) in che misura il fenomeno del randagismo si è manifestato nel triennio di riferimento, in termini quantitativi, tipologici e di distribuzione territoriale su base provinciale.

Titolo IX
Disposizioni transitorie e finali

ARTICOLO 124
(Disposizioni in merito ai regolamenti comunali di igiene e abolizione di nulla osta)

1. La Giunta regionale emana direttive in ordine ad aspetti disciplinati dai regolamenti comunali di igiene.
2. Fino all’emanazione delle direttive di cui al comma 1 continuano a trovare applicazione le disposizioni del regolamento locale di igiene tipo, per quanto compatibili con il presente testo unico, con la normativa nazionale e comunitaria.
3. Resta abolito il nulla osta all’esercizio di attività lavorative e depositi di cui al paragrafo 3.1.9. del regolamento indicato al comma 2. Il nulla osta è sostituito da una dichiarazione di inizio attività produttiva.

ARTICOLO 125
(Abolizione di autorizzazioni sanitarie e di adempimenti in materia di sanità pubblica e veterinaria)

1. Sono aboliti gli adempimenti e le autorizzazioni di cui all’allegato B.
2. In conformità ai regolamenti comunitari in materia di sicurezza alimentare, regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004 sull’igiene dei prodotti alimentari, regolamento (CE) 853/2004, regolamento (CE) n. 854/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004 che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano, regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004 relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali, gli operatori del settore notificano alle ASL, ai fini della registrazione, ogni stabilimento che esegua una qualsiasi delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di alimenti, oppure, nel caso in cui sussista l’obbligo del riconoscimento, presentano alle ASL la relativa istanza.
3. Gli spostamenti in ambito regionale degli animali per ragioni di pascolo vagante, alpeggio e transumanza sono soggetti all’obbligo di comunicazione preventiva al dipartimento di prevenzione veterinario dell’ASL di partenza che provvede a informare l’ASL di destinazione ed eventualmente le ASL interessate dal tragitto.

ARTICOLO 126
(Formazione, aggiornamento e addestramento degli addetti al settore alimentare)

1. Gli operatori del settore alimentare provvedono alla formazione, addestramento e aggiornamento del proprio personale addetto ad una o più fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di prodotti alimentari, secondo quanto stabilito dal regolamento (CE) 852/2004.
2. I dipartimenti di prevenzione delle ASL, nell’ambito delle proprie competenze in materia di vigilanza e controllo, verificano, anche sulla base di direttive regionali, l’adeguatezza delle procedure formative, con particolare riferimento ai comportamenti operativi degli addetti al settore.

ARTICOLO 127
(Ordinanze contingibili e urgenti)

1. Il Presidente della Giunta regionale emana le ordinanze di carattere contingibile e urgente in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria interessanti il territorio di più comuni.

ARTICOLO 128
(Tariffe per le prestazioni a favore di terzi)

1. Le tariffe per gli accertamenti e le indagini in materia di igiene e sanità pubblica, di tutela della salute negli ambienti di vita e di lavoro, nonché di sanità pubblica veterinaria, inclusi i compensi per le prestazioni effettuate nell’interesse dei privati, sono determinate sulla base di direttive della Giunta regionale.

ARTICOLO 129
(Istituzione dei registri regionali di patologia e di mortalità)

1. Nel rispetto delle disposizioni del d.lgs. 196/2003, sono istituiti i seguenti registri di patologia:
a) registro tumori;
b) registro malattie rare;
c) registro dialisi e trapianto;
d) registro stroke;
e) registro infarto miocardico acuto;
f) registro mortalità – raccolta dati a fini statistici;
g) registro dei referti di anatomia patologica;
h) registro delle malattie neurologiche degenerative;
i) registro asbestosi e mesoteliomi asbesto-correlati;
j) registro effetti indesiderati dovuti all’uso dei cosmetici;
k) registro referti oncologici e oncoematologici;
l) registro epinetwork;
m) registro rete udito;
n) registro sindrome della morte improvvisa infantile.
2. I registri di cui al comma 1 raccolgono i dati anagrafici e sanitari riferiti allo stato di salute attuale e pregresso delle persone affette dalle relative malattie e dei loro familiari, per finalità di studio e di ricerca.
3. Con regolamento regionale, adottato in conformità al parere espresso dal Garante per la protezione dei dati personali, ai sensi dell’articolo 20 e dell’articolo 154, comma 1, lettera g), del d.lgs. 196/2003, sono individuati i tipi di dati sensibili, le operazioni eseguibili, le specifiche finalità perseguite da ciascuno dei registri di cui al comma 1 e i soggetti che possono avere accesso ai registri.

ARTICOLO 130
(Tessere di riconoscimento)

1. Spetta alle ASL il rilascio delle tessere di riconoscimento per gli operatori investiti dei compiti di polizia giudiziaria ai sensi dell’articolo 57 del codice di procedura penale.

ARTICOLO 131
(Oneri alberghieri a carico degli assistiti)

1. Gli assistiti che chiedono di essere ricoverati, usufruendo di particolari condizioni alberghiere presso le strutture regionali di ricovero e cura pubbliche e private accreditate e a contratto che prevedono tale possibilità, sono tenuti al pagamento in proprio esclusivamente dei maggiori oneri derivanti dalla superiore prestazione alberghiera.
2. Le strutture regionali di ricovero e cura pubbliche e private accreditate e a contratto determinano annualmente l’importo giornaliero da addebitare ai sensi del comma 1.

ARTICOLO 132
(Norma finanziaria)

1. Alle spese di parte corrente derivanti dall’attuazione della presente legge si provvede con le risorse stanziate alle UPB 5.2.1.2.87 “Governo della rete dei servizi sociosanitari e sociali”; 7.4.0.2.200 “Quota interessi per ammortamento mutui, prestiti obbligazionari, anticipazioni di cassa ed altri oneri finanziari”; 5.1.6.2.244 “Sicurezza alimentare”;
5.1.0.2.256 “Mantenimento dei livelli essenziali di assistenza”;
5.1.2.2.257 “Qualità dei servizi, semplificazione dell’accesso, potenziamento della libertà di scelta e accesso alle cure”; 5.1.5.2.258 “Ricerca, innovazione e risorse umane”dello stato di previsione delle spese del bilancio regionale per l’esercizio finanziario 2009 e successivi.
2. Alle spese per investimenti derivanti dall’attuazione della presente legge si provvede con le risorse stanziate all’UPB
5.1.4.3.261 “Riqualificazione della rete di offerta dei servizi sanitari” dello stato di previsione delle spese del bilancio regionale per l’esercizio finanziario 2009 e successivi.
3. Alle stesse spese derivanti dall’attuazione della presente legge si provvede altresì con le risorse provenienti dalle assegnazioni della UE, dello Stato e di altri soggetti pubblici e privati, previste nel bilancio regionale.

Titolo X
Abrogazioni e disposizioni che restano in vigore

ARTICOLO 133
(Abrogazioni)

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono o restano abrogate le seguenti leggi regionali:
a) la legge regionale 2 maggio 1974, n. 23 (Costituzione del servizio regionale di immunologia tissutale e regolamentazione dell’esercizio della dialisi domiciliare);
b) la legge regionale 15 gennaio 1975, n. 5 (Disciplina dell’assistenza ospedaliera), ad eccezione dell’articolo 13;
c) la legge regionale 12 giugno 1975, n. 88 (Regolamentazione delle attività di trattamento profilattico e sintomatico domiciliare dell’emofilico);
d) la legge regionale 20 giugno 1975, n. 97 (Assistenza ospedaliera in relazione all’impiego di nuove metodiche diagnostiche e terapeutiche);
e) la legge regionale 28 febbraio 1976, n. 7 (Abrogazione del terzo comma dell’art. 3 e integrazione del primo comma dell’art. 5 della legge regionale 20 giugno 1975, n. 97 "Assistenza ospedaliera in relazione all’impiego di nuove metodiche diagnostiche e terapeutiche");
f) la legge regionale 27 gennaio 1979, n. 20 (Erezione in ente ospedaliero dell’"Ospedale Dozzio" di Belgioioso ed incorporazione dello stesso nell’ente ospedaliero ospedale S. Matteo di Pavia);
g) la legge regionale 31 dicembre 1980, n. 106 (Norme sulla costituzione e il riparto del fondo sanitario regionale, sul bilancio, la contabilità e l’amministrazione del patrimonio in materia di servizi di competenza delle unità socio-sanitarie locali (U.S.S.L.));
h) la legge regionale 26 ottobre 1981, n. 64 (Norme per l’esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, per la tutela della salute nei luoghi di lavoro, per l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi veterinari e dei presidi multizonali di igiene e prevenzione);
i) la legge regionale 26 ottobre 1981, n. 65 (Modifiche alla legge regionale n. 64 concernente: "Norme per l’esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, per la tutela della salute nei luoghi di lavoro, per l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi veterinari e dei presidi multizonali di igiene e prevenzione");
j) la legge regionale 25 maggio 1983, n. 46 (Norme per l’esercizio delle funzioni in materia farmaceutica e di vigilanza sulle farmacie);
k) la legge regionale 14 settembre 1983, n. 75 (Modifiche all’art. 84 della L.R. 31 dicembre 1980, n. 106 "Norme sulla costituzione e il riparto del fondo sanitario regionale, sul bilancio, la contabilità e l’amministrazione del patrimonio in materia di servizi di competenza delle unità socio sanitarie locali”);
l) la legge regionale 6 febbraio 1984, n. 8 (Disposizioni in materia di personale del servizio sanitario regionale: norme di attuazione dell’art. 61 della L.R. 26 ottobre 1981, n. 64, modificata dalla L.r. 26 ottobre 1981, n.65);
m) la legge regionale 30 novembre 1984, n. 61 (Modifiche ed integrazioni alle Leggi Regionali 26 ottobre 1981 n. 64 e n. 65 concernenti "Norme per l’esercizio delle funzioni in materia di Igiene e Sanità pubblica, per la tutela della salute nei luoghi di lavoro, per l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi veterinari e dei presidi multizonali di Igiene e Prevenzione");
n) la legge regionale 31 dicembre 1984, n. 67 (Provvedimenti per la tutela socio-sanitaria dei malati di mente e per la riorganizzazione dei servizi psichiatrici);
o) la legge regionale 14 dicembre 1987, n. 36 (Aggiornamento dei contributi previsti dall’art. 8 della l.r. 2 maggio 1974, n. 23 concernente "Costituzione del servizio regionale di immunologia tissutale e regolamentazione dell’esercizio della dialisi domiciliare");
p) la legge regionale 24 giugno 1988, n. 34 (Norme in materia di sanità pubblica veterinaria: istituzione, organizzazione e funzionamento dei servizi di medicina veterinaria);
q) la legge regionale 16 settembre 1988, n. 47 (Organizzazione e funzionamento del dipartimento di salute mentale);
r) la legge regionale 16 maggio 1989, n. 15 (Norme per facilitare l’accesso ai servizi sanitari);
s) la legge regionale 8 luglio 1989, n. 27 (Modifiche ed integrazioni agli artt. 16 e 25 della legge regionale 15 gennaio 1975, n. 5 “Disciplina dell’assistenza ospedaliera”);
t) la legge regionale 15 settembre 1989, n. 47 (Promozione delle attività di prelievo e di trapianto renale e rimborso delle spese per i trapianti renali in Italia e all’estero);
u) la legge regionale 8 maggio 1990, n. 34 (Inquadramento nel ruolo organico della Giunta Regionale degli assegnisti operanti presso l’Istituto Mario Negri di Milano ai sensi dell’art. 25 della Legge 1 giugno 1977, n. 285), ad eccezione del comma 4 dell’articolo 1;
v) la legge regionale 12 maggio 1990, n. 57 (Costituzione delle unità spinali);
w) la legge regionale 2 marzo 1992, n. 8 (Prevenzione e cura del diabete mellito);
x) la legge regionale 10 dicembre 1992, n. 47 (Finanziamento della l.r. 12 maggio 1990, n. 57 "Costituzione delle unità spinali");
y) la legge regionale 10 dicembre 1992, n. 48 (Anticipazioni regionali sulle assegnazioni statali del fondo sanitario);
z) la legge regionale 5 novembre 1993, n. 36 (Provvedimenti in materia di assistenza in regime di ricovero in forma indiretta presso case di cura private non convenzionate e per specialità non convenzionate con il servizio snitario nazionale, nonché in materia di rimborsi per spese di trasporto ai soggetti sottoposti a trattamenti di dialisi);
aa) la legge regionale 2 aprile 1994, n. 8 (Potenziamento e razionalizzazione delle attività di prelievo e trapianto d’organi e dei reparti di rianimazione);
bb) la legge regionale 11 luglio 1997, n. 31 (Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali);
cc) la legge regionale 10 agosto 1998, n. 15 (Istituzione della A.S.L. di Vallecamonica Sebino. Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 11 luglio 1997 n. 31 "Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali");
dd) la legge regionale 3 aprile 2000, n. 21 (Riordino della normativa sugli orari di apertura e sui turni di servizio delle farmacie della Regione Lombardia e trasferimento alle aziende sanitarie locali delle competenze amministrative in materia di commercio all’ingrosso di medicinali ad uso umano);
ee) la legge regionale 30 ottobre 2001, n. 17 (Soppressione del Centro regionale emoderivati della Regione Lombardia, istituito dall’art. 1 della l.r. 18 maggio 1990, n. 61 "Secondo piano regionale sangue e plasma per gli anni 1990/92" e interventi diretti al miglior funzionamento delle Aziende Sanitarie Lombarde. Modifiche alla l.r. 11 luglio 1997, n. 31 "Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali");
ff) la legge regionale 27 novembre 2001, n. 23 (Norme per il rilascio del nulla osta all’impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti a scopo medico);
gg) la legge regionale 20 dicembre 2001, n. 28 (Interventi diretti al miglior funzionamento delle Aziende Sanitarie Lombarde. Modifiche alla l.r. 31/97 "Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali");
hh) la legge regionale 4 agosto 2003, n. 12 (Norme relative a certificazioni in materia di igiene e sanità pubblica);
ii) la legge regionale 18 novembre 2003, n. 22 (Norme in materia di attività e servizi necroscopici, funebri e cimiteriali);
jj) la legge regionale 16 febbraio 2004, n. 2 (Modifiche a leggi regionali in materia di sanità);
kk) la legge regionale 14 luglio 2006, n. 14 (Interventi di razionalizzazione della spesa sanitaria in attuazione dell’articolo 1, comma 198, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006");
ll) la legge regionale 20 luglio 2006, n. 16 (Lotta al randagismo e tutela degli animali di affezione);
mm) la legge regionale 2 aprile 2007, n. 8 (Disposizioni in materia di attività sanitarie e socio-sanitarie. Collegato);
nn) la legge regionale 12 dicembre 2007 n. 32 (Istituzione dell’Azienda regionale dell’emergenza urgenza, modifiche e integrazioni alla legge regionale 11 luglio 1997, n. 31 “Norme per il riordino del Servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali”);
oo) la legge regionale 28 dicembre 2007, n. 34 (Politiche regionali di sviluppo dei soggetti non profit operanti in ambito sanitario);
pp) la legge regionale 31 marzo 2008, n. 7 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 3 aprile 2000, n. 21 “Riordino della normativa sugli orari di apertura e sui turni di servizio delle farmacie della Regione Lombardia e delega alle aziende sanitarie locali delle competenze amministrative in materia di commercio all’ingrosso di medicinali ad uso umano”);
qq) la legge regionale 1 aprile 2008, n. 11 (Nuovi ambiti territoriali delle aziende sanitarie locali lombarde conseguenti all’istituzione della Provincia di Monza e Brianza. Modifiche e integrazioni della legge regionale 11 luglio 1997, n. 31 “Norme per il riordino del Servizio Sanitario Regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali”);
rr) la legge regionale 6 agosto 2009, n. 15 (Disciplina dei rapporti tra la Regione e le università della Lombardia con facoltà di medicina e chirurgia per lo svolgimento di attività assistenziali, formative e di ricerca);
ss) la legge regionale 6 agosto 2009, n. 16 (Integrazione all’articolo 3 della legge regionale 3 aprile 2000, n. 21 "Riordino della normativa sugli orari di apertura e sui turni di servizio delle farmacie della Regione Lombardia e trasferimento alle aziende sanitarie locali delle competenze amministrative in materia di commercio all’ingrosso di medicinali ad uso umano");
tt) la legge regionale 6 agosto 2009, n. 18 (Modifiche alla legge regionale 11 luglio 1997, n. 31 “Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali" e alla legge regionale 30 dicembre 2008, n. 38 “Disposizioni in materia sanitaria, sociosanitaria e sociale – Collegato”), ad eccezione del comma 2 dell’articolo 1.
2. Sono o restano altresì abrogate le seguenti disposizioni:
a) gli articoli 7, 8, 11, da 13 a 15 bis e gli allegati A e B della legge regionale 30 novembre 1981 n. 66 (Norme per la promozione dell’educazione sanitaria motoria e sportiva e per la tutela sanitaria delle attività sportive);
b) il comma 31 dell’articolo 4 della legge regionale 27 gennaio 1998, n. 1 (Legge di programmazione economico-finanziaria ai sensi dell’art. 9 ter della l.r. 31 marzo 1978, n. 34 "Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della regione" e successive modificazioni e integrazioni);
c) il comma 1 dell’articolo 5 della legge regionale 22 gennaio 1999, n. 2 (Misure per la programmazione regionale, la razionalizzazione della spesa e a favore dello sviluppo regionale e interventi istituzionali e programmatici con rilievo finanziario);
d) i commi 2, 3, 4 e 10 dell’articolo 4 della legge regionale 12 agosto 1999, n. 15 (Modifiche e abrogazioni legislative per la realizzazione dei progetti del programma regionale di sviluppo);
e) i commi da 2 a 4 octies, 18, 54, 56, da 58 bis a 58 quinquies, 58 septies, 74 e 76 dell’articolo 4 della legge regionale 5 gennaio 2000, n. 1 (Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia. Attuazione del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dallo Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59");
f) il comma 32 dell’articolo 2 e il comma 1 dell’articolo 3 della legge regionale 14 gennaio 2000, n. 2 (Modifiche ed integrazioni a disposizioni legislative inerenti l’assetto istituzionale, gli strumenti finanziari e le procedure organizzative della Regione);
g) l’articolo 3 e il comma 3 dell’articolo 4 della legge regionale 21 febbraio 2000, n. 9 (Modifiche ed integrazioni alla l.r. 30 novembre 1981, n. 66 “Norme per la promozione dell’educazione sanitaria motoria e sportiva e per la tutela sanitaria delle attività sportive”);
h) il comma 39 e le lettere g) ed h) del comma 40 dell’articolo 1 della legge regionale 27 marzo 2000, n. 18 (Modifiche ed integrazioni a disposizioni legislative a supporto degli interventi connessi alla manovra di finanza regionale);
i) la lettera j) del comma 1 dell’articolo 1 e i commi 1 e 5 dell’articolo 4 della legge regionale 2 febbraio 2001, n. 3 (Modifiche ed integrazioni a disposizioni legislative regionali in materia di assetto istituzionale, sviluppo economico, territorio e ambiente e infrastrutture e servizi alla persona, finalizzate all’attuazione del DPEFR ai sensi dell’art. 9-ter della l.r. 34/1978);
j) la lettera u) del comma 1 dell’articolo 1 e i commi 2 e 5 dell’articolo 4 della legge regionale 3 aprile 2001, n. 6 (Modifiche alla legislazione per l’attuazione degli indirizzi contenuti nel documento di programmazione economico-finanziaria regionale – Collegato ordinamentale 2001);
k) l’articolo 4 della legge regionale 17 dicembre 2001, n. 26
(Modifiche ed integrazioni a disposizioni legislative a supporto della manovra di finanza regionale);
l) le lettere a) e c) del comma 1 e il comma 2 dell’articolo 4 della legge regionale 6 marzo 2002, n. 4 (Norme per l’attuazione della programmazione regionale e per la modifica e l’integrazione di disposizioni legislative);
m) il comma 3 dell’articolo 10, il comma 10 dell’articolo 11 e la lettera b) del comma 3 dell’articolo 12 della legge regionale 22 luglio 2002, n. 15 (Legge di semplificazione 2001. Semplificazione legislativa mediante abrogazione di leggi regionali. Interventi di semplificazione amministrativa e delegificazione);
n) il comma 9 dell’articolo 7 della legge regionale 5 agosto
2002, n. 17 (Assestamento al bilancio per l’esercizio finanziario 2002 ed al bilancio pluriennale 2002/2004 a legislazione vigente e programmatico – I provvedimento di variazione con modifiche di leggi regionali);
o) il comma 3 e i commi da 5 a 11 dell’articolo 4 della legge regionale 20 dicembre 2002, n. 32 (Disposizioni legislative per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 “Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione” – Collegato 2003);
p) il comma 3, la lettera b) del comma 4 e i commi da 7 a 10 dell’articolo 4 della legge regionale 24 marzo 2003, n. 3 (Modifiche a leggi regionali in materia di organizzazione, sviluppo economico, territorio e servizi alla persona);
q) l’articolo 1 della legge regionale 4 agosto 2003 n. 11 (Modifiche alle leggi regionali 11 luglio 1997, n. 31 "Norme per il riordino del Servizio Sanitario Regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali" e 13 febbraio 2003, n. 1 "Riordino della disciplina delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza operanti in Lombardia");
r) l’articolo 4 della legge regionale 24 marzo 2004, n. 5 (Modifiche a leggi regionali in materia di organizzazione, sviluppo economico e territorio. Collegato ordinamentale 2004);
s) il comma 5 e il comma 16 dell’articolo 1 della legge regionale 5 maggio 2004, n. 12 (Modifiche a leggi regionali in materia di potestà regolamentare);
t) i commi 1, 4 e 6 dell’articolo 6 della legge regionale 8 febbraio 2005, n. 6 (Interventi normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica e integrazione di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2005);
u) il comma 10 dell’articolo 1 della legge regionale 4 novembre 2005, n. 16 (Assestamento al bilancio per l’esercizio finanziario 2005 ed al bilancio pluriennale 2005/2007 a legislazione vigente e programmatico – I provvedimento di variazione con modifiche di leggi regionali);
v) l’articolo 3 della legge regionale 24 febbraio 2006, n. 5 (Disposizioni in materia di servizi alla persona e alla comunità);
w) l’articolo 6 della legge regionale 27 dicembre 2006, n. 30 (Disposizioni legislative per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9 ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 “Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione” – Collegato 2007);
x) i commi 1 e 2 dell’articolo 1 della legge regionale 31 luglio 2007, n. 18 (Assestamento al bilancio per l’esercizio finanziario 2007 ed al bilancio pluriennale 2007/2009 a legislazione vigente e programmatico - I provvedimento di variazione con modifiche di leggi regionali);
y) il comma 3 dell’articolo 9 e l’articolo 27 della legge regionale 12 marzo 2008, n. 3 (Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario);
z) il comma 5 dell’articolo 1 e l’articolo 4 della legge regionale 31 marzo 2008, n. 5 (Interventi normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica e integrazione di disposizioni legislative - Collegato ordinamentale 2008);
aa) i commi 5 e 7 dell’articolo 1 della legge regionale 18 giugno 2008, n. 17 (Assestamento al bilancio per l’esercizio finanziario 2008 ed al bilancio pluriennale 2008/2010 a legislazione vigente e programmatico - I provvedimento di variazione con modifiche di leggi regionali);
bb) l’articolo 9 della legge regionale 23 dicembre 2008, n. 33 (Disposizioni per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9 ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 “Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione” - Collegato 2009);
cc) gli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge regionale 30 dicembre 2008, n. 38 (Disposizioni in materia sanitaria, sociosanitaria e sociale – Collegato).
3. Sono fatti salvi gli effetti prodotti dalle leggi e dalle disposizioni abrogate dal presente articolo; permangono e restano efficaci gli atti adottati sulla base delle medesime.
4. I riferimenti normativi alle leggi e alle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 s’intendono fatti al presente testo unico.

ARTICOLO 134
(Disposizioni che restano in vigore)

1. Restano in vigore, per quanto compatibili con la presente legge, le seguenti disposizioni:
a) la legge regionale 20 agosto 1981, n. 48 (Anticipazione al programma di investimenti del piano sanitario regionale 1981/1983);
b) gli articoli da 1 a 6, 9, 10, 12, 14, 15 bis e 16 della legge regionale 30 novembre 1981, n. 66 (Norme per la promozione dell’educazione sanitaria motoria e sportiva e per la tutela sanitaria delle attività sportive);
c) la legge regionale 5 febbraio 1982, n. 9 (Disciplina degli accertamenti e delle certificazioni medico-legali relativi agli stati di invalidità civile, alle condizioni visive e al sordomutismo);
d) la legge regionale 28 novembre 1983, n. 85 (Piano di finanziamento in capitale per opere ed attrezzature ospedaliere ed extra ospedaliere per il triennio 1983/1985);
e) la legge regionale 25 marzo 1985, n. 18 (Modifiche alla l.r. 5 febbraio 1982, n. 9 concernente la disciplina degli accertamenti e delle certificazioni medico-legali relative agli stati di invalidità civile, alle condizioni visive e al sordomutismo);
f) la legge regionale 10 giugno 1985, n. 76 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 28 novembre 1983, n. 85 "Piano di finanziamento in capitale per opere ed attrezzature ospedaliere ed extraospedaliere per il triennio 1983-1985");
g) la legge regionale 16 maggio 1986, n. 12 (Provvidenze a favore dei farmacisti rurali);
h) la legge regionale 8 maggio 1987, n. 16 (La tutela della partoriente e la tutela del bambino in ospedale);
i) la legge regionale 10 agosto 1987, n. 21 (Interventi straordinari e urgenti in materia sanitaria in conseguenza degli eventi calamitosi verificatisi nel luglio 1987 in Valtellina);
j) la legge regionale 16 settembre 1988 n. 48 (Norme per la salvaguardia dei diritti dell’utente del servizio sanitario nazionale e istituzione dell’ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari e socio-assistenziali);
k) la legge regionale 15 settembre 1989, n. 51 (Piano di finanziamento in conto capitale per opere ed attrezzature ospedaliere ed extra ospedaliere per il biennio 1989/1990);
l) la legge regionale 12 dicembre 1994, n. 41 (Istituzione del sistema bibliotecario biomedico lombardo);
m) la legge regionale 30 gennaio 1998, n. 2 (Istituzione, composizione e funzionamento del consiglio dei sanitari);
n) la legge regionale 24 novembre 2000, n. 26 (Riordinamento dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna ai sensi del d.lgs. 30 giugno 1993, n. 270 “Riordinamento degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, a norma dell’art. 1, comma 1, lett. h) della legge 23 ottobre 1992, n. 421”);
o) il comma 2 dell’articolo 4 della legge regionale 2 febbraio 2001, n. 3 (Modifiche ed integrazioni a disposizioni legislative regionali in materia di assetto istituzionale, sviluppo economico, territorio e ambiente e infrastrutture e servizi alla persona, finalizzate all’attuazione del DPEFR ai sensi dell’art. 9-ter della l.r. 34/1978);
p) legge regionale 7 maggio 2001, n. 10 (Utilizzazione a fini umanitari del patrimonio mobiliare dismesso delle Aziende sanitarie);
q) la legge regionale 8 febbraio 2005, n. 5 (V Piano regionale sangue e plasma della Regione Lombardia per gli anni 2005/2009);
r) l’articolo 5 della legge regionale 30 dicembre 2008, n. 38 (Disposizioni in materia sanitaria, sociosanitaria e sociale – Collegato).

Formula Finale:
La presente legge regionale e’ pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.
E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della Regione lombarda.
Milano, 30 dicembre 2009
(Approvata con deliberazione del Consiglio regionale n. VIII/939 del 17 dicembre 2009)

ALLEGATO 1
Allegato A (Elenco dei certificati, dei documenti e degli adempimenti abolitiai sensi dell’articolo 60, comma 1)
a) certificato di sana e robusta costituzione;
b) certificato di idoneità fisica per l’assunzione nel pubblico impiego;
c) certificato di idoneità fisica per l’assunzione di insegnanti;
d) certificato di idoneità fisica per l’assunzione di minori;
e) certificato di idoneità psicofisica per la frequenza di istituti professionali o corsi di formazione professionale;
f) certificato per vendita dei generi di monopolio;
g) libretto di idoneità sanitaria per i parrucchieri;
h) libretto di idoneità sanitaria per il personale alimentarista;
i) certificato sanitario per ottenere sovvenzioni contro cessione del quinto dello stipendio;
j) certificato medico di non contagiosità richiesto agli alimentaristi dopo l’assenza per malattia oltre i cinque giorni;
k) certificato di idoneità psico-fisica all’attività di giudice onorario o di pace;
l) certificato di idoneità fisica per l’assunzione di apprendisti;
m) certificato di idoneità fisica alla qualifica di responsabile tecnico all’esercizio dell’attività di autoriparazione;
n) certificato di possesso dei requisiti fisici per l’idoneità a direttore o responsabile dell’esercizio di impianto di risalita;
o) tessera sanitaria per le persone addette ai lavori domestici;
p) certificato di idoneità all’esecuzione di operazioni relative all’impiego di gas tossici;
q) obbligo di vidimazione del registro degli infortuni di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 12 settembre 1958 (Istituzione del registro degli infortuni).

ALLEGATO 2
Allegato B (Elenco delle autorizzazioni e degli adempimenti aboliti ai sensidell’articolo 125, comma 1)

a) autorizzazioni sanitarie alla vendita e al commercio di prodotti fitosanitari e coadiuvanti di prodotti fitosanitari di cui all’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2001, n. 290 (Regolamento di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione alla produzione, alla immissione in commercio e alla vendita dei prodotti fitosanitari e relativi coadiuvanti);
b) autorizzazione sanitaria per gli spacci di vendita di carne fresca, congelata o comunque preparata prevista dall’articolo 29 del regio decreto 20 dicembre 1928, n. 3298 (Approvazione del regolamento per la vigilanza sanitaria delle carni) e dall’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 10 agosto 1972, n. 967 (Disciplina sanitaria della produzione e del commercio dei volatili, dei conigli allevati e della selvaggina);
c) autorizzazione per l’esercizio di ricoveri di animali e stalle di sosta, prevista dall’articolo 17 del d.p.r. 320/1954;
d) obbligo di domanda al sindaco e adempimenti conseguenti previsti dall’articolo 41 per gli spostamenti in ambito regionale e autorizzazione per il pascolo vagante delle greggi prevista dall’articolo 43 del d.p.r. 320/1954;
e) obbligo della controfirma del veterinario ufficiale sul certificato sanitario o sul documento commerciale previsto dall’articolo 4, comma 1, lettera c), paragrafo 2, del decreto del Ministro della salute 16 ottobre 2003 (Misure sanitarie di protezione contro le encefalopatie spongiformi trasmissibili), per il trasporto in ambito regionale di carcasse di animali della specie bovina di età inferiore ai ventiquattro mesi e delle specie ovina e caprina di età inferiore ai diciotto mesi e diversi dai soggetti di cui all’articolo, 4 paragrafo 1, lettera a), punti i) e ii) del regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 ottobre 2002, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano.


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