NORMATIVA
Normativa regionale - Lombardia
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Legge regionale 2 febbraio 2010, n. 6
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Testo unico delle leggi regionali in materia di commercio e fiere
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Il Consiglio regionale ha approvato IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA Promulga la seguente legge TITOLO I Oggetto del testo unico ARTICOLO 1 Oggetto 1. Il presente testo unico, redatto ai sensi della legge regionale 9 marzo 2006, n. 7 (Riordino e semplificazione della normativa regionale mediante testi unici), riunisce le disposizioni regionali in materia di commercio e fiere. TITOLO II Disciplina delle diverse tipologie di attività commerciali Capo I Commercio al dettaglio Sezione I Commercio in sede fissa ARTICOLO 2 (Finalità) 1. La Regione disciplina l’attività di commercio al dettaglio perseguendo le seguenti finalità: a) favorire la realizzazione di una rete distributiva che assicuri sia la migliore produttività del sistema, sia la qualità e l’economicità dei servizi da rendere al consumatore; b) integrare la pianificazione territoriale e urbanistica e la programmazione commerciale per un equilibrato ed armonico assetto del territorio e delle diverse tipologie di vendita al dettaglio; c) salvaguardare e riqualificare i centri storici mediante il mantenimento delle caratteristiche morfologiche degli insediamenti ed il rispetto dei vincoli relativi alla tutela del patrimonio artistico ed ambientale, favorendo un’integrazione armonica degli insediamenti commerciali con il tessuto urbano esistente, nel rispetto dei valori architettonici ed ambientali e del contesto sociale; d) valorizzare la funzione commerciale al fine di una riqualificazione del tessuto urbano e dei centri storici; e) assicurare il rispetto della libera concorrenza favorendo lo sviluppo della presenza delle varie formule organizzative della distribuzione e, all’interno di queste, tra le varie imprese, al fine di garantire un corretto equilibrio tra imprese di diverse dimensioni; f) agevolare gli insediamenti che prevedono la ricollocazione di piccole e di medie imprese già operanti sul territorio interessato, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali ed il contesto sociale nelle relative aree; g) assicurare un sistema di monitoraggio riferito all’entità ed alla efficienza della rete distributiva insediata sul territorio; h) salvaguardare e favorire la rete distributiva delle zone montane e rurali attraverso la creazione di servizi commerciali, anche polifunzionali, al fine di favorire il mantenimento e la ricostituzione del tessuto commerciale; i) assicurare la trasparenza del mercato, la libertà di impresa e la libera circolazione delle merci; j) garantire la tutela del consumatore con particolare riguardo all’informazione, alla possibilità di aggiornamento, al servizio di prossimità, all’assortimento ed alla sicurezza dei prodotti; k) favorire l’efficienza, la modernizzazione e lo sviluppo della rete distributiva, nonché l’evoluzione tecnologica dell’offerta, anche al fine del contenimento dei prezzi. ARTICOLO 3 (Ambiti territoriali) 1. Ai fini della programmazione della rete distributiva il territorio della Regione Lombardia è suddiviso in ambiti territoriali, tenendo conto della presenza di aree metropolitane omogenee e delle aree sovracomunali configurabili come un unico bacino di utenza allo scopo di consentire la razionalizzazione e la modernizzazione della rete distributiva, controllandone l’impatto territoriale, ambientale, sociale e commerciale. Negli ambiti territoriali la programmazione regionale tiene conto della presenza dei centri storici e dei centri di minore consistenza demografica, prevedendo misure di sviluppo del commercio adeguate alle loro caratteristiche. 2. Gli ambiti territoriali costituiscono il riferimento geografico per la definizione degli indirizzi regionali per l’insediamento delle attività commerciali, tenendo conto degli obiettivi e delle compatibilità di sviluppo dell’offerta in rapporto alla domanda esistente e prevedibile sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. ARTICOLO 4 (Programmazione regionale) 1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, approva: a) il programma pluriennale per lo sviluppo del settore commerciale; b) gli indirizzi generali per la programmazione urbanistica del settore commerciale. 2. Il programma pluriennale per lo sviluppo del settore commerciale, nel rispetto dei principi di libera concorrenza e di equilibrato servizio alle comunità locali, prevede: a) lo scenario di sviluppo del sistema commerciale lombardo ad orientamento dell’attività di programmazione degli enti locali; b) gli indirizzi per lo sviluppo delle diverse tipologie di vendita, indicando in particolare gli obiettivi di presenza e di sviluppo delle grandi strutture di vendita, anche con riferimento a differenti ambiti territoriali o urbani; c) i criteri generali per l’autorizzazione delle grandi strutture di vendita, in relazione alle diverse tipologie commerciali; d) le priorità per l’utilizzo delle risorse finanziarie a disposizione del bilancio regionale; e) le indicazioni per la qualificazione e lo sviluppo del commercio all’ingrosso. 3. La Giunta regionale presenta annualmente al Consiglio regionale la relazione sull’attuazione del programma pluriennale per lo sviluppo del settore commerciale. 4. La Giunta regionale provvede agli ulteriori adempimenti di disciplina del settore commerciale e alla definizione di criteri urbanistici per l’attività di pianificazione e di gestione degli enti locali. ARTICOLO 5 (Distretti del commercio) 1. I comuni singoli o associati, anche su iniziativa delle associazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative per il settore del commercio a livello provinciale, e comunque previo accordo con le stesse e con quelle dei lavoratori maggiormente rappresentative per il settore del commercio a livello provinciale, sentite le associazioni dei consumatori, possono proporre alla Regione l’individuazione di ambiti territoriali configurabili come distretti del commercio, intesi quali ambiti e iniziative nelle quali i cittadini, le imprese e le formazioni sociali liberamente aggregati sono in grado di fare del commercio il fattore di integrazione e valorizzazione di tutte le risorse di cui dispone il territorio, per accrescere l’attività, rigenerare il tessuto urbano e sostenere la competitività delle sue polarità commerciali. L’ambito territoriale del distretto del commercio è individuato sulla base dei criteri stabiliti dalla Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente. Al fine di valorizzare le caratteristiche peculiari di tali ambiti, soggetti pubblici e privati possono proporre interventi di gestione integrata per lo sviluppo del contesto urbano di riferimento. ARTICOLO 6 (Autorizzazioni per le grandi strutture di vendita) 1. L’apertura, l’ampliamento ed il trasferimento di una grande struttura di vendita sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio, a seguito della conferenza di servizi di cui all’articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59). 2. Le domande sono valutate in ordine cronologico e, tra domande concorrenti, la priorità è attribuita a quelle che richiedono minore superficie di vendita di nuova previsione. La precedenza o la concorrenza tra le domande è accertata su base regionale in relazione al mese di calendario in cui risultano pervenute alla Regione. 3. Costituiscono elementi essenziali della domanda: a) le dichiarazioni di cui all’articolo 9, comma 2, lettere a) e b), del d.lgs. 114/1998 ; b) la relazione illustrativa concernente la conformità e la compatibilità dell’insediamento con le previsioni degli strumenti urbanistici comunali e con i criteri regionali di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale, nonché con le disposizioni della presente sezione; c) la valutazione dell’impatto occupazionale netto; d) lo studio dell’impatto sulla rete commerciale esistente e del contesto sociale; e) lo studio dell’impatto territoriale ed ambientale, fatto comunque salvo quanto previsto dalla vigente legislazione in materia di valutazione di impatto ambientale. 4. La trasmissione della copia della domanda da parte del comune alla provincia ed alla Regione è condizione di validità della prima riunione della conferenza di servizi. 5. La conferenza di servizi è indetta dal comune e la prima riunione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla presentazione della domanda, previ accordi con la Regione e la provincia; la conferenza di servizi si riunisce di norma presso la sede della Regione. 6. Il comune trasmette alla provincia ed alla Regione copia della domanda riportante la data del protocollo comunale o la data di spedizione se effettuata a mezzo raccomandata da parte del richiedente, e provvede all’istruttoria preliminare. Ove l’intervento necessiti della valutazione di impatto ambientale e questa non sia allegata alla domanda, il comune deve acquisirla entro il termine di centoventi giorni di cui al comma 10; la mancata acquisizione della valutazione di impatto ambientale secondo le modalità sopra indicate determina il rigetto della domanda. 7. Le deliberazioni della conferenza di servizi sono adottate entro novanta giorni dalla convocazione. Su segnalazione della Regione, le conferenze di servizi riguardanti domande concorrenti individuano il termine anticipato di conclusione dei rispettivi lavori in modo che siano comunque rispettati il termine massimo dei lavori della prima conferenza avviata e l’ordine di esame delle diverse domande in base ai criteri di priorità tra domande concorrenti. 8. A tutela del richiedente, se la prima riunione della conferenza di servizi non è convocata, il termine per la conclusione dei lavori della medesima decorre dal sessantesimo giorno dal ricevimento della domanda da parte della Regione, a seguito di trasmissione da parte del comune, o della provincia o del richiedente. In caso di inerzia del comune, la Regione, sentiti il comune e la provincia, previo invito ad adempiere, indice la conferenza. 9. Se alla scadenza del termine fissato, i lavori della conferenza di servizi non sono conclusi, essa si intende automaticamente convocata nel giorno in cui è stato fissato il termine per la conclusione dei lavori, presso la Regione. 10. Le determinazioni della conferenza di servizi sono in ogni caso validamente assunte entro il termine di centoventi giorni dalla data di effettuazione della prima riunione. Entro tale termine deve essere inoltrata, da parte del comune, comunicazione al presentatore della domanda ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 9, comma 5, del d.lgs 114/1998 dell’eventuale diniego motivato. La comunicazione può essere comunque validamente effettuata da ciascuno degli enti rappresentati nella conferenza di servizi. 11. Nei casi in cui è prevista la contestualità del rilascio dell’autorizzazione all’apertura e del permesso di costruire valgono le disposizioni contenute nel documento relativo ai criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale. È fatta salva la conclusione del procedimento relativo all’autorizzazione all’apertura nei termini e secondo le procedure di cui al presente articolo. 12. La conferenza di servizi, valutate le risultanze dell’istruttoria preliminare, dichiara l’ammissibilità della domanda ovvero dispone il rigetto della stessa nel caso di assenza di elementi essenziali o nel caso in cui l’istruttoria preliminare abbia accertato l’assenza dei requisiti soggettivi del richiedente. Se è stata dichiarata l’ammissibilità della domanda la conferenza può chiedere elementi integrativi. La richiesta di integrazione non interrompe i termini per la valutazione della domanda. 13. Il comune invita a partecipare alla conferenza di servizi, sin dalla prima riunione, gli enti e i soggetti di cui all’articolo 9, comma 4, del d.lgs. 114/1998. 14. Nel corso dei suoi lavori la conferenza di servizi stabilisce eventuali estensioni della partecipazione ad altri soggetti interessati in relazione all’area di gravitazione dell’insediamento proposto come definita dal programma di cui all’articolo 4, comma 1, e l’eventuale informazione e richiesta di parere a regioni confinanti. 15. Le determinazioni finali della conferenza sono assunte dopo che si è conclusa la valutazione delle domande che precedono nell’ordine di valutazione. 16. L’autorizzazione all’apertura di grandi strutture di vendita è revocata nei casi previsti dall’articolo 22, comma 4, del d.lgs. 114/1998. 17. Nel caso di grandi strutture di vendita previste in piani attuativi o in strumenti di programmazione negoziata è prevista la correlazione tra il procedimento di natura urbanistica e quello autorizzatorio commerciale disciplinato nei termini e secondo le modalità del presente testo unico. Il procedimento di natura urbanistica deve concludersi contestualmente o successivamente a quello autorizzatorio commerciale. In caso di piani attuativi o di programmi integrati di intervento conformi al vigente strumento di pianificazione, il termine per la conclusione del relativo procedimento di approvazione resta sospeso sino alla conclusione del procedimento autorizzatorio commerciale. La mancata correlazione dei procedimenti costituisce elemento di specifica considerazione negativa in sede di esame della domanda di autorizzazione commerciale. 18. Nel caso di grandi strutture di vendita previste in piani attuativi o in strumenti di programmazione negoziata la conferenza di servizi di cui all’articolo 9 del d.lgs. 114/1998 è convocata dal comune a seguito di presentazione della domanda di autorizzazione commerciale corredata di tutti gli allegati previsti dalla normativa regionale. La domanda deve essere presentata entro i seguenti termini: a) in caso di piani attuativi conformi allo strumento urbanistico comunale, dopo l’adozione degli stessi; b) in caso di strumenti di programmazione negoziata in variante allo strumento urbanistico comunale vigente e di rilevanza regionale, nel periodo intercorrente tra la pubblicazione della variante e l’approvazione dell’ipotesi di accordo di programma da parte della Giunta regionale; in questo caso non è richiesta la conformità urbanistica al momento della presentazione della domanda. 19. L’approvazione di uno strumento di programmazione negoziata in variante agli atti di pianificazione urbanistica dei comuni costituisce, per la parte variata, atto di adeguamento ai sensi dell’articolo 6, comma 5, del d.lgs. 114/1998. 20. Nel caso di cui al comma 18, lettera b), la conformità urbanistica della grande struttura di vendita deve intervenire prima del rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività commerciale da parte del comune competente. E’ applicabile quanto previsto al comma 6, secondo periodo, anche qualora la grande struttura di vendita sia prevista da strumenti di programmazione negoziata. Il rilascio dell’autorizzazione all’apertura delle grandi strutture di vendita è subordinata alla positiva conclusione del procedimento di programmazione negoziata. 21. Il comune, entro dieci giorni dal rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 1, procede alla pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione (BURL) di un avviso contenente gli elementi identificativi dell’insediamento commerciale autorizzato, nonché la data della seduta della conferenza di servizi che ha deliberato l’accoglimento della domanda. ARTICOLO 7 (Autorizzazioni non attivate) 1. L’autorizzazione all’apertura di una grande struttura di vendita è revocata qualora il titolare non inizi l’attività commerciale entro due anni dal rilascio. 2. In caso di comprovata necessità determinata da cause non imputabili al titolare dell’autorizzazione e sulla base dell’istanza presentata dal titolare medesimo, il comune può prorogare l’autorizzazione, per una sola volta, con provvedimento motivato fino ad un massimo di due anni dalla scadenza del termine di cui al comma 1. 3. Entro il termine di cui al comma 2 può essere richiesta, al comune territorialmente competente, ulteriore proroga dell’autorizzazione, previo parere positivo della conferenza di servizi, ai sensi dell’articolo 6. 4. La conferenza di cui al comma 3 verifica l’adeguatezza delle condizioni di compatibilità e di sostenibilità dell’insediamento commerciale già autorizzato al contesto socio-economico, ambientale, infrastrutturale e territoriale, procedendo ad una eventuale riformulazione delle stesse, qualora non più attuali. 5. I commi 3 e 4 si applicano anche alle autorizzazioni per grande struttura di vendita oggetto di proroga alla data del 1 luglio 2009, allo scadere della proroga medesima. ARTICOLO 8 (Subingresso) 1. Il subentrante per causa di morte in una attività commerciale può svolgere l’attività del dante causa qualora non si trovi in una delle condizioni previste dall’articolo 5, commi 2, 3 e 4, del d.lgs. 114/1998 e qualora entro un anno dal subentro sia in possesso dei requisiti di cui all’articolo 5, comma 5, del d.lgs. 114/1998. Tale termine è prorogato dal sindaco quando il ritardo non risulti imputabile all’interessato. In ogni altro caso il sindaco ordina la cessazione dell’attività ed il subentrante decade dal diritto alla continuazione dell’attività. 2. Il subentrante per atto tra vivi in un’attività commerciale, purché sia in possesso dei requisiti di cui all’articolo 5 del d.lgs. 114/1998 e abbia trasmesso la comunicazione di subingresso al comune competente, ha facoltà di iniziare immediatamente l’esercizio dell’attività. ARTICOLO 9 (Osservatorio commerciale) 1. La Giunta regionale, al fine di assicurare il monitoraggio di cui all’articolo 6, comma 1, lettera g), del d.lgs. 114/1998 costituisce, anche con apposita convenzione, un osservatorio permanente per la realizzazione di un adeguato sistema informativo sui punti di vendita in Lombardia. 2. All’osservatorio partecipano la Regione Lombardia, le rappresentanze regionali delle associazioni degli enti locali, delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura (CCIAA), delle associazioni di categoria del commercio maggiormente rappresentative a livello regionale, delle organizzazioni dei consumatori iscritte nell’elenco di cui all’articolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229) e le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti maggiormente rappresentative a livello regionale. ARTICOLO 10 (Procedure telematiche) 1. Ai fini della semplificazione amministrativa e del monitoraggio delle attività commerciali i comuni, entro il termine stabilito dalla Giunta regionale, adottano per l’espletamento delle procedure amministrative inerenti le attività commerciali, la procedura telematica definita dalla Regione Lombardia ai sensi dell’articolo 5 della legge regionale 2 febbraio 2007, n. 1 (Strumenti di competitività per le imprese e per il territorio della Lombardia) e relativi provvedimenti attuativi. ARTICOLO 11 (Formazione professionale e imprenditoriale) 1. Le modalità di organizzazione, la durata e le materie dei corsi professionali di cui all’articolo 5, comma 5, lettera a), del d.lgs 114/1998 , per il cui svolgimento sono considerate in via prioritaria le CCIAA, le organizzazioni imprenditoriali del commercio più rappresentative, gli enti da queste costituiti e gli enti bilaterali costituiti congiuntamente dalle organizzazioni imprenditoriali e dei sindacati, sono stabilite con i provvedimenti e secondo le procedure previste dalla legge regionale 6 agosto 2007, n. 19 (Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia). 2. Nell’ambito dei provvedimenti attuativi di cui alla l.r. 19/2007 sono altresì stabilite le modalità di organizzazione, la durata e le materie dei corsi di aggiornamento finalizzati ad elevare il livello professionale e riqualificare gli operatori in attività. ARTICOLO 12 (Centri di assistenza tecnica alle imprese) 1. Al fine di sviluppare processi di ammodernamento della rete distributiva commerciale, in applicazione dell’articolo 23 del d.lgs. 114/1998, la Regione autorizza, secondo le modalità di cui al presente testo unico, l’attività dei centri di assistenza tecnica alle imprese costituiti dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello provinciale, dalle CCIAA, dalle cooperative e dai consorzi fra imprese, dalle società a maggioranza pubblica, dalle società consortili a partecipazione pubblica e da società cooperative fra consumatori e loro consorzi. 2. I centri svolgono attività di assistenza tecnica e fiscale, nonché attività di formazione e aggiornamento in materia di: a) innovazione tecnologica ed organizzativa; b) gestione economica e finanziaria di impresa; c) accesso ai finanziamenti anche comunitari; d) sicurezza e tutela dei consumatori; e) tutela ambientale; f) igiene e sicurezza sul lavoro; g) certificazione di qualità degli esercizi commerciali; h) altre materie eventualmente previste dal proprio statuto. ARTICOLO 13 (Autorizzazione dell’attività dei centri di assistenza tecnica alle imprese) 1. La domanda di autorizzazione all’esercizio delle attività dei centri di assistenza è presentata alla Giunta regionale, corredata dalla seguente documentazione: a) atto costitutivo del centro di assistenza; b) statuto; c) relazione sugli obiettivi e sulle finalità che l’attività del centro di assistenza si propone di realizzare; d) indicazione degli elementi e delle risorse possedute ai fini dello svolgimento delle attività svolte dal centro di assistenza. 2. L’autorizzazione viene rilasciata con decreto della direzione generale competente. ARTICOLO 14 (Finanziamenti per le attività dei centri di assistenza tecnica alle imprese) 1. Le attività svolte dai centri di assistenza sono finanziate con il fondo di cui alla legge 7 agosto 1997, n. 266 (Interventi urgenti per l’economia). 2. I centri interessati presentano le domande di finanziamento alla Giunta regionale, allegando la seguente documentazione: a) relazione circa gli obiettivi e le finalità dell’intervento proposto; b) piano finanziario dell’intervento progettato; c) tempi previsti per la realizzazione dell’intervento. 3. La Giunta regionale verifica la coerenza degli interventi proposti dai centri di assistenza con i requisiti previsti dalla l. 266/97 e ne determina le priorità in relazione agli obiettivi ed ai criteri contenuti nei relativi provvedimenti di attuazione. 4. La Giunta regionale approva il programma degli interventi e contestualmente la relazione sugli interventi svolti nell’anno precedente e sui risultati conseguiti. Sezione II Vendita al dettaglio per mezzo di apparecchi automatici ARTICOLO 15 Vendita al dettaglio per mezzo di apparecchi automatici 1. Per l’avvio della attività di vendita di prodotti al dettaglio di qualsiasi genere per mezzo di apparecchi automatici resta fermo l’obbligo della dichiarazione di inizio attività produttiva (DIAP) di cui all’articolo 5 della l.r. 1/2007; le successive attivazioni e cessazioni di apparecchi automatici che distribuiscono prodotti alimentari sono comunicate con cadenza semestrale alla azienda sanitaria locale (ASL) territorialmente competente per il comune nel quale hanno luogo le attivazioni e cessazioni stesse, mediante invio di elenchi cumulativi contenenti gli estremi della DIAP relativa all’avvio della attività o di autorizzazioni precedentemente ottenute. 2. La vendita mediante apparecchi automatici effettuata in apposito locale ad essa adibito in modo esclusivo è soggetta alle medesime disposizioni previste per l’apertura di un esercizio di vendita. 3. Le violazioni delle disposizioni di cui al comma 1 relative ad attività di vendita di prodotti alimentari sono punite con le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 193 (Attuazione della direttiva 2004/41/CE relativa ai controlli in materia di sicurezza alimentare e applicazione dei regolamenti comunitari nel medesimo settore); le violazioni delle disposizioni di cui al comma 1 relative ad attività di vendita di prodotti non alimentari sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria di 1.500 euro. Sezione III Commercio su aree pubbliche ARTICOLO 16 (Ambito di applicazione e definizioni) 1. La presente sezione disciplina l’esercizio del commercio su aree pubbliche nel rispetto della normativa comunitaria e statale. 2. Ai fini della presente sezione si intendono per: a) commercio su aree pubbliche, l’attività di vendita di merci al dettaglio e la somministrazione di alimenti e bevande effettuate sulle aree pubbliche, comprese quelle del demanio lacuale, o sulle aree private delle quali il comune abbia la disponibilità, attrezzate o meno, coperte o scoperte; b) aree pubbliche, le strade, i canali, le piazze, comprese quelle di proprietà privata, gravate da servitù di passaggio ed ogni altra area di qualunque natura destinata ad uso pubblico; c) posteggio, la parte di area pubblica o privata della quale il comune abbia la disponibilità, che viene data in concessione all’operatore autorizzato all’esercizio dell’attività commerciale; d) mercato, l’area pubblica o privata della quale il comune abbia la disponibilità, composta da almeno tre posteggi, attrezzata o meno, destinata all’esercizio dell’attività per uno o più o tutti i giorni della settimana o del mese per l’offerta integrata di merci al dettaglio, la somministrazione di alimenti e bevande, l’erogazione di pubblici servizi; e) fiera, la manifestazione caratterizzata dall’afflusso, nei giorni stabiliti, sulle aree pubbliche o private delle quali il comune abbia la disponibilità, di operatori autorizzati ad esercitare il commercio su aree pubbliche, in occasione di particolari ricorrenze, eventi o festività; f) presenze in un mercato o in una fiera, il numero delle volte che l’operatore si è presentato in tale manifestazione, prescindendo dal fatto che vi abbia potuto o meno svolgere l’attività; g) presenze effettive in un mercato o in una fiera, il numero delle volte che l’operatore ha effettivamente esercitato l’attività in tale manifestazione. ARTICOLO 17 (Funzioni regionali) 1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, definisce, con cadenza triennale, gli obiettivi di presenza e di sviluppo delle aree mercatali e del commercio esercitato in forma itinerante tenendo conto delle altre forme distributive, della propensione al consumo della popolazione e della qualità del servizio da rendere al consumatore. 2. La Giunta regionale fornisce indicazioni per l’individuazione delle aree mercatali e fieristiche e provvede, nel rispetto delle competenze degli enti locali, agli ulteriori adempimenti di disciplina del commercio su aree pubbliche e al monitoraggio della rete distributiva avvalendosi anche delle CCIAA, con apposita convenzione, con oneri a carico della Regione. ARTICOLO 18 (Riconoscimento dei mercati di valenza storica o di particolare pregio su aree pubbliche) 1. La Regione favorisce la qualificazione, la valorizzazione e il mantenimento delle aree mercatali e dei mercati di valenza storica o di particolare pregio architettonico, urbanistico, merceologico, culturale o sociale. 2. La Giunta regionale, previo parere della commissione consiliare competente: a) stabilisce i requisiti, le modalità e le procedure per il riconoscimento dei mercati di valenza storica o di particolare pregio; b) procede al loro riconoscimento su segnalazione delle associazioni di categoria, delle associazioni dei consumatori, delle CCIAA e degli enti locali e gestisce il relativo elenco; c) individua, in collaborazione con i comuni, specifiche azioni volte alla loro promozione e valorizzazione. 3. I comuni sul cui territorio si svolgono i mercati di valenza storica o di particolare pregio adottano le misure atte a salvaguardarne le caratteristiche anche merceologiche. ARTICOLO 19 (Forme di consultazione delle parti sociali) 1. Nei comuni con popolazione residente superiore ai 15.000 abitanti è istituita una commissione consultiva presieduta dallo stesso sindaco o da un suo delegato composta dai rappresentanti delle associazioni dei consumatori e degli utenti, dai rappresentanti delle imprese commerciali su aree pubbliche e dai rappresentanti del comune interessato. 2. Nei comuni con popolazione residente inferiore a 15.000 abitanti può essere istituita la commissione di cui al comma 1. Qualora le commissioni non siano istituite, i comuni sentono obbligatoriamente le associazioni di cui al comma 1 sulle questioni di cui al comma 4. 3. Le commissioni di cui ai commi 1 e 2 sono nominate dal sindaco. I criteri di designazione, di rappresentanza, di durata in carica e di funzionamento delle citate commissioni sono stabiliti dal sindaco sentiti i soggetti di cui al comma 1. 4. Le commissioni sono sentite in riferimento: a) alla programmazione dell’attività; b) alla definizione dei criteri generali per la determinazione delle aree da destinarsi all’esercizio del commercio su aree pubbliche e del relativo numero di posteggi; c) alla istituzione, soppressione e spostamento o ristrutturazione dei mercati e delle fiere; d) alla definizione dei criteri per l’assegnazione dei posteggi e dei canoni per l’occupazione del suolo pubblico; e) alla predisposizione dei regolamenti e degli atti comunali aventi ad oggetto l’attività di commercio su aree pubbliche. ARTICOLO 20 (Requisiti per lo svolgimento dell’attività) 1. Non possono esercitare l’attività di commercio su aree pubbliche, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione, coloro che: a) abbiano riportato una condanna con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo, per il quale è prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni, sempre che sia stata applicata, in concreto, una pena superiore al minimo edittale; b) abbiano riportato una condanna a pena detentiva, accertata con sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti di cui ai titoli II, VII, capo II, e VIII, del libro II, del codice penale, ovvero di ricettazione, riciclaggio, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, sequestro di persona a scopo di estorsione, rapina; c) abbiano riportato due o più condanne a pena detentiva o a pena pecuniaria, nel quinquennio precedente all’inizio dell’esercizio dell’attività, accertate con sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti previsti dagli articoli 441, 442, 444, 513, 513-bis, 515, 516 e 517 del codice penale o per delitti di frode nella preparazione o nel commercio degli alimenti previsti da leggi speciali; d) siano stati sottoposti ad una delle misure di prevenzione di cui alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità) o nei cui confronti sia stata applicata una delle misure previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere), ovvero siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza o sottoposti a misure di sicurezza. 2. L’accertamento delle condizioni di cui al comma 1 è effettuato sulla base della normativa vigente. 3. Nelle ipotesi di cui al comma 1, lettere a), b) e c), il divieto di esercitare l’attività permane per la durata di tre anni a decorrere dal giorno in cui la pena è stata scontata o si sia in altro modo estinta. Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, non si applica il divieto di esercizio dell’attività. 4. L’esercizio dell’attività di vendita, relativamente al settore merceologico alimentare, è consentito a chi sia in possesso di uno dei seguenti requisiti professionali: a) avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio relativo al settore merceologico alimentare istituito o riconosciuto dalla Regione Lombardia, dalle altre regioni o dalle Province autonome di Trento e di Bolzano; b) avere esercitato in proprio, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, l’attività di vendita all’ingrosso o al dettaglio di prodotti alimentari o avere prestato la propria opera, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, presso imprese esercenti l’attività di vendita nel settore merceologico alimentare in qualità di dipendente qualificato addetto alla vendita o all’amministrazione o, se trattasi di coniuge, parente o affine entro il terzo grado dell’imprenditore, in qualità di coadiutore familiare, comprovata dall’iscrizione all’Istituto nazionale previdenza sociale; c) essere stato iscritto al registro esercenti il commercio, previsto dalla legge 11 giugno 1971, n. 426 (Disciplina del commercio), per uno o più gruppi merceologici individuati all’articolo 12, comma 2, lettere a), b) e c), del decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato 4 agosto 1988, n. 375 (Norme di esecuzione della legge 11 giugno 1971, n. 426, sulla disciplina del commercio). 5. L’autorizzazione all’attività di vendita sulle aree pubbliche dei prodotti alimentari abilita anche alla somministrazione dei medesimi se il titolare risulta in possesso dei requisiti previsti per l’una e per l’altra attività. L’abilitazione alla somministrazione deve risultare da apposita annotazione sul titolo autorizzatorio. 6. Per i cittadini di Paesi membri dell’Unione europea l’accertamento del possesso dei requisiti di cui al comma 4 è effettuato dal comune sulla base delle disposizioni di cui al decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 (Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell’adesione di Bulgaria e Romania). Per i cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea la verifica del possesso dei requisiti di cui al comma 4 è effettuata dal comune nel rispetto delle normative internazionali e nazionali, nonché degli indirizzi di programmazione regionale. 7. Nel caso di società il possesso dei requisiti di cui al comma 4 è richiesto con riferimento al legale rappresentante o ad altra persona specificamente preposta o delegata all’attività commerciale. 8. La Giunta regionale stabilisce l’organizzazione, la durata e le materie del corso professionale di cui al comma 4, lettera a), individuando le materie idonee a consentire l’apprendimento delle disposizioni relative alla tutela della salute, alla sicurezza e all’informazione del consumatore finale e garantendone l’effettuazione anche tramite rapporti convenzionali con soggetti idonei; a tal fine sono prioritariamente considerate le CCIAA, le associazioni imprenditoriali più rappresentative ai sensi della normativa statale vigente e gli enti e le società da esse costituiti. 9. La Giunta regionale stabilisce altresì l’organizzazione, la durata e le materie di corsi di formazione finalizzati ad elevare il livello professionale o la qualificazione degli operatori, con particolare riferimento alle normative in materia di tutela dell’ambiente, della sicurezza e del consumatore. ARTICOLO 21 (Modalità di esercizio dell’attività) 1. Il commercio su aree pubbliche può essere svolto su posteggi dati in concessione per dieci anni o su qualsiasi altra area purché in forma itinerante. 2. Il commercio su aree pubbliche in forma itinerante è svolto con mezzi mobili e con soste limitate, di norma, al tempo strettamente necessario per effettuare le operazioni di vendita, con divieto di posizionare la merce sul terreno o su banchi a terra, nel rispetto delle vigenti normative igienico-sanitarie. E’ fatto altresì divieto di tornare sul medesimo punto nell’arco della stessa giornata e di effettuare la vendita a meno di 250 metri da altro operatore itinerante, fatti salvi i comuni montani come classificati dalla legge regionale 15 ottobre 2007, n. 25 (Interventi regionali in favore della popolazione dei territori montani) e successivi provvedimenti attuativi, che possono disciplinare la materia sulla base delle proprie esigenze. Chiunque violi i divieti di cui al presente comma è punito con la sanzione di cui all’articolo 27, comma 6. 3. L’esercizio dell’attività di cui al comma 1 è soggetto ad autorizzazione rilasciata a persone fisiche o a società di persone regolarmente costituite secondo le norme vigenti. Condizione per il rilascio dell’autorizzazione è il possesso dei requisiti di cui all’articolo 20. 4. Salvo proroga per comprovata necessità, il titolare delle autorizzazioni per l’esercizio del commercio su aree pubbliche, entro sei mesi dal rilascio, deve iniziare l’attività di vendita assolvendo agli obblighi amministrativi, previdenziali, fiscali e assistenziali previsti dalle disposizioni vigenti. Nei casi di mancato adempimento ovvero del venire meno, ad attività iniziata o a seguito di subingresso, anche di uno solo degli obblighi sopra elencati si applicano le sanzioni di cui all’articolo 27, comma 5. 5. L’autorizzazione su posteggi dati in concessione abilita i titolari della stessa anche all’esercizio dell’attività in forma itinerante nell’ambito del territorio della regione in cui è stata rilasciata e alla partecipazione alle fiere che si svolgono sul territorio nazionale. 6. L’autorizzazione in forma itinerante abilita i titolari della stessa anche alla partecipazione alle fiere che si svolgono sul territorio nazionale ed alla vendita al domicilio del consumatore nonché nei locali ove questi si trovi per motivi di lavoro, di studio, di cura, di intrattenimento o svago. Al medesimo operatore commerciale, persona fisica o società di persone, non può essere rilasciata più di una autorizzazione. 7. Le autorizzazioni di cui ai commi 5 e 6 sono rilasciate con riferimento ai settori merceologici alimentare e non alimentare ed ai requisiti di cui all’articolo 20. 8. L’esercizio del commercio su aree pubbliche dei prodotti alimentari è soggetto alle norme comunitarie, nazionali e regionali che tutelano le esigenze igienico-sanitarie. 9. I comuni, avvalendosi anche della collaborazione delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello regionale e delle CCIAA, annualmente verificano, mediante presa d’atto sulle autorizzazioni di cui ai commi 5 e 6, se per il titolare della autorizzazione sussistano gli elementi di cui al comma 4. 10. Le autorizzazioni di cui ai commi 5 e 6 devono essere esibite in originale ad ogni richiesta di controllo degli organi di vigilanza. Al fine di agevolare le operazioni di controllo dell’attività, i comuni devono rilasciare una carta di esercizio nominativa contenente gli elementi di identificazione personale degli operatori e i titoli autorizzatori utilizzati per lo svolgimento dell’attività nell’ambito del mercato, della fiera o in forma itinerante. 11. Senza permesso del proprietario o del gestore è vietato il commercio su aree pubbliche negli aeroporti, nelle stazioni e nelle autostrade. Note: BOLLETTINO UFFICIALE N. 6 DEL 12 FEBBRAIO 2010, II SUPPLEMENTO ORDINARIO AVVISO DI RETTIFICA N. 6/1-S.O. 2010 Legge regionale 2 febbraio 2010, n. 6 “Testo unico delle leggi regionali in materia di commercio e fiere” pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia del 5 febbraio 2010 n. 5, III Supplemento Ordinario Al comma 9 dell’art. 21 della l.r. di cui all’oggetto, al posto delle parole: “ … gli elementi di cui al comma 3.”, si legga: “… gli elementi di cui al comma 4.”,. ARTICOLO 22 (Condizioni e limiti all’esercizio dell’attività) 1. L’attività del commercio sulle aree pubbliche è subordinata al rispetto delle condizioni e delle modalità stabilite dal comune in conformità ai criteri ed agli indirizzi previsti dalla presente sezione e dalle disposizioni attuative di cui all’articolo 17. 2. Il commercio su aree pubbliche esercitato in forma itinerante può essere oggetto di limitazioni e divieti per comprovati motivi di viabilità, di carattere igienico sanitario o per altri motivi di pubblico interesse. 3. Non possono essere previsti limitazioni e divieti per l’esercizio dell’attività di commercio su aree pubbliche stabiliti all’unico fine di creare zone di rispetto a tutela della posizione di operatori in sede fissa. 4. Il comune individua le zone aventi valore archeologico, storico, artistico e ambientale dove l’esercizio del commercio su aree pubbliche è vietato o limitato o sottoposto a condizioni particolari ai fini della salvaguardia delle zone predette tenendo in debito conto gli operatori che svolgono l’attività al momento dell’entrata in vigore del presente testo unico, i quali hanno diritto ad ottenere un posteggio equivalente sul territorio comunale. 5. Nei centri storici di particolare pregio e comunque nei centri storici dei comuni con popolazione superiore a cinquantamila abitanti, nonché negli ambiti territoriali a forte attrattività di cui all’articolo 103, comma 13, è vietato l’esercizio del commercio itinerante svolto senza l’ausilio di mezzi o attrezzature finalizzati alla vendita. Chiunque violi il divieto di cui al presente comma è punito con la sanzione di cui all’articolo 27, comma 6. 6. L’esercizio del commercio disciplinato dalla presente sezione nelle aree del demanio lacuale regionale è soggetto al nulla osta da parte delle competenti autorità regionali che stabiliscono modalità, condizioni, limiti e divieti per l’accesso alle aree predette tenendo in debito conto gli operatori che svolgono l’attività alla data dell’8 aprile 2000. 7. Durante lo svolgimento di un mercato o di una fiera il comune interdice il commercio su aree pubbliche in forma itinerante nelle aree circostanti fino ad una distanza di 500 metri. 8. Il titolare dell’autorizzazione di cui all’articolo 21, comma 5, non può esercitare l’attività in forma itinerante nel giorno e nelle ore in cui è concessionario di posteggio. 9. In occasione delle fiere il comune può concedere agli esercizi di vicinato in sede fissa di vendere i propri prodotti sull’area pubblica antistante l’esercizio commerciale. ARTICOLO 23 (Autorizzazioni su posteggi dati in concessione) 1. L’autorizzazione su posteggi dati in concessione decennale nei mercati è rilasciata dal comune sede del posteggio ed è automaticamente rinnovata previa verifica della sussistenza dei requisiti stabiliti dalla presente sezione per lo svolgimento dell’attività. 2. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 1, il comune provvede alla pubblicazione dei dati concernenti i posteggi da assegnare in concessione. 3. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione gli interessati presentano al comune la domanda per il rilascio dell’autorizzazione comunale con le indicazioni del posteggio di cui si richiede la concessione. 4. Nella domanda l’interessato dichiara: a) i dati anagrafici e il codice fiscale; b) il possesso dei requisiti di cui all’articolo 20; c) di non possedere più di una autorizzazione e relativa concessione di posteggi nello stesso mercato; d) la denominazione del mercato, il giorno di svolgimento, l’indicazione delle caratteristiche del posteggio chiesto in concessione; e) il settore o i settori merceologici. 5. Nella formulazione della graduatoria il comune si attiene, nell’ordine, ai seguenti criteri di priorità: a) maggior numero di presenze maturate nell’ambito del singolo mercato; b) attestato di frequenza ai corsi di formazione di cui all’articolo 20, comma 9; c) anzianità di iscrizione nel registro delle imprese; d) anzianità dell’attività di commercio su aree pubbliche attestata dal registro delle imprese. 6. A parità dei titoli di priorità, la domanda è valutata in base all’ordine cronologico di spedizione o di consegna della domanda. 7. Entro trenta giorni dal termine per la presentazione delle domande il comune pubblica la graduatoria stilata sulla base dei criteri di cui al comma 5. Contro le graduatorie è ammessa istanza di revisione da presentarsi al comune entro quindici giorni dalla loro pubblicazione. Sull’istanza il comune si pronuncia entro i successivi quindici giorni e l’esito della stessa è pubblicato nel medesimo giorno. 8. L’autorizzazione e la relativa concessione del posteggio sono rilasciate in applicazione della graduatoria di cui al comma 7 decorsi trenta giorni dalla pubblicazione della medesima. 9. I posteggi ubicati in parti del territorio comunale diverse dalle aree mercatali, sono assegnati dal comune con criteri e modalità dal medesimo stabiliti nel rispetto della normativa statale e regionale vigente. 10. Il posteggio nelle fiere può essere dato in concessione decennale con utilizzo limitato ai giorni di svolgimento della fiera. 11. Nelle fiere di durata fino a due giornate è obbligatoria la presenza per l’intera manifestazione. Nelle fiere di durata superiore a due giorni è ritenuto assente l’operatore che utilizzi il posteggio per un periodo di tempo inferiore ai due terzi della durata di ogni singola edizione. ARTICOLO 24 (Autorizzazioni per il commercio in forma itinerante) 1. L’autorizzazione per il commercio in forma itinerante è rilasciata dal comune di residenza dell’operatore, se persona fisica, o da quello della sede legale, se trattasi di società di persone. 2. Il comune che riceve una domanda che non è di sua competenza la rinvia, entro quindici giorni, al mittente tramite raccomandata. 3. Nella domanda l’interessato dichiara: a) i dati anagrafici e il codice fiscale; b) il possesso dei requisiti di cui all’articolo 20; c) il settore o i settori merceologici; d) di non possedere altra autorizzazione in forma itinerante. 4. I comuni stabiliscono i termini e le norme procedurali per la presentazione e l’istruttoria delle domande di rilascio della autorizzazione. 5. La domanda di rilascio dell’autorizzazione si intende accolta qualora il comune di residenza non comunichi all’interessato il provvedimento di diniego entro novanta giorni dal suo ricevimento. ARTICOLO 25 (Subingresso e reintestazione dell’autorizzazione) 1. Il trasferimento in gestione o in proprietà dell’azienda o di un ramo d’azienda per l’esercizio del commercio su aree pubbliche, per atto tra vivi o a causa di morte, comporta di diritto il trasferimento dell’autorizzazione amministrativa a chi subentra nello svolgimento dell’attività sempre che sia provato l’effettivo trasferimento dell’azienda ed il subentrante sia in possesso dei requisiti di cui all’articolo 20. 2. La reintestazione dell’autorizzazione su posteggi dati in concessione è effettuata dal comune sede di posteggio previa comunicazione del reintestatario e contestuale autocertificazione del possesso dei requisiti previsti per l’esercizio dell’attività commerciale. La concessione del posteggio segue la cessione dell’azienda, o di un ramo di essa, con obbligo a volturarla. 3. La reintestazione dell’autorizzazione per l’esercizio del commercio su aree pubbliche in forma itinerante è effettuata dal comune di residenza del subentrante. 4. Il trasferimento in gestione o in proprietà dell’azienda comporta anche il trasferimento dei titoli di priorità del dante causa relativi all’autorizzazione ceduta. 5. Il subentrante in possesso dei requisiti di cui all’articolo 20 deve comunicare l’avvenuto subingresso entro quattro mesi, pena la decadenza dal diritto di esercitare l’attività del dante causa, salvo proroga di ulteriori trenta giorni in caso di comprovata necessità. 6. Il subentrante per causa di morte può continuare provvisoriamente l’attività con l’obbligo di comunicare l’avvenuto subingresso entro un anno dalla morte del titolare dell’autorizzazione. ARTICOLO 26 (Attività con il sistema del battitore) 1. Gli operatori che esercitano l’attività con il sistema del battitore occupano i posteggi a loro riservati, a titolo di assegnazione, secondo un programma di turnazioni concordato con i comuni interessati. 2. Fatto salvo quanto previsto al comma 5, i comuni sede dei posteggi riservati ai battitori non possono modificare la destinazione degli stessi. 3. Nei mercati in cui non è previsto un posteggio riservato ai battitori, i comuni possono destinarne uno a tale attività. 4. Nei mercati di nuova istituzione i comuni, con esclusione dei capoluoghi di provincia e di quelli aventi una popolazione residente superiore a quindicimila abitanti, possono destinare almeno un posteggio per l’esercizio dell’attività con il sistema del battitore in aggiunta a quelli che compongono il mercato. 5. I posteggi possono essere riassegnati dai comuni, con le modalità previste dalle presenti disposizioni regionali, solo qualora i battitori rinuncino o non utilizzino gli stessi per periodi complessivamente superiori a dodici mesi continuativi. ARTICOLO 27 (Sospensione e revoca dell’autorizzazione. Sanzioni) 1. In caso di violazioni di particolare gravità o di recidiva il sindaco può disporre la sospensione dell’attività di vendita per un periodo non superiore a venti giorni di calendario. 2. Si considerano di particolare gravità: a) le violazioni relative al mancato rispetto delle disposizioni inerenti alla pulizia del posteggio e delle aree mercatali; b) l’abusiva estensione di oltre un terzo della superficie autorizzata; c) il danneggiamento della sede stradale, degli elementi di arredo urbano e del patrimonio arboreo. 3. La recidiva si verifica qualora sia stata commessa la stessa violazione per almeno due volte in un anno, anche se si è proceduto al pagamento della sanzione mediante oblazione. 4. Il comune revoca l’autorizzazione: a) nel caso in cui il titolare non inizi l’attività entro sei mesi dalla data dell’avvenuto rilascio secondo quanto previsto dall’articolo 21, comma 4; b) per mancato utilizzo del posteggio in ciascun anno solare per periodi di tempo complessivamente superiori a quattro mesi, salvo il caso di assenza per malattia, gravidanza o servizio militare; c) qualora l’operatore titolare di autorizzazione itinerante sospenda l’attività per più di un anno, salvo proroga in caso di comprovata necessità non superiore a tre mesi; d) qualora il titolare non risulti più provvisto dei requisiti di cui all’articolo 20, ovvero siano venuti meno gli elementi di cui all’articolo 21, comma 4, ovvero non sia stato assolto l’obbligo di esibire le autorizzazioni in originale ai sensi dell’articolo 21, comma 10; e) in caso di morte del titolare dell’autorizzazione, qualora entro un anno non venga presentata la comunicazione di reintestazione; f) per mancato utilizzo del posteggio nella fiera per un numero di edizioni superiore ad un terzo di quelle previste nel triennio successivo all’anno di effettuazione della fiera. 5. Chiunque eserciti il commercio sulle aree pubbliche senza la prescritta autorizzazione o fuori dal territorio previsto dall’autorizzazione stessa, nonché senza l’autorizzazione o il permesso di cui all’articolo 21, comma 11, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 1.500 euro a 10.000 euro e con la confisca delle attrezzature e della merce. 6. Chiunque violi le limitazioni e i divieti stabiliti per l’esercizio del commercio sulle aree pubbliche è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 500 euro a 3.000 euro. 7. L’operatore che risulta sprovvisto della carta di esercizio prevista dall’articolo 21, comma 10, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 500 euro a 3.000 euro. La medesima sanzione si applica anche nel caso di mancato aggiornamento della carta di esercizio entro novanta giorni dalla modifica dei dati in essa presenti. 8. Le sanzioni di cui al comma 7 si applicano a decorrere dall’anno successivo alla data di pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione (BURL) dei provvedimenti di cui all’articolo 17, comma 2. ARTICOLO 28 (Disposizioni per i comuni) 1. I comuni possono affidare alle associazioni di categoria e a loro consorzi, nonché a società ed enti a loro collegati o da loro controllati, mediante apposita convenzione, la gestione dei servizi connessi alle aree mercatali e alle fiere, assicurando il controllo sui livelli del servizio erogato. Tali soggetti sono individuati considerando in via prioritaria la rappresentatività sindacale degli operatori, la disponibilità di sedi, di personale, di strutture tecniche e di risorse economiche e finanziarie in grado di soddisfare adeguatamente le obbligazioni derivanti dalla stipula delle convenzioni. ARTICOLO 29 (Aggiornamento delle graduatorie) 1. Entro centottanta giorni dalla pubblicazione dei provvedimenti di cui all’articolo 17, comma 2, e comunque entro la data di svolgimento della prima fiera utile, i comuni interessati procedono d’ufficio, per ciascuna fiera che si svolge nel proprio territorio, all’assegnazione dei posteggi sulla base della graduatoria delle ultime tre edizioni della fiera osservando nell’ordine i seguenti criteri di priorità: a) maggior numero di presenze effettive nella fiera; b) maggior numero di presenze nella fiera; c) anzianità dell’attività di commercio su aree pubbliche attestate dal registro delle imprese. 2. I comuni aggiornano la situazione delle presenze temporanee nei mercati mediante la cancellazione dei nominativi che, nell’arco dell’ultimo triennio, non hanno fatto registrare almeno la metà delle presenze rispetto al totale delle giornate di effettuazione dei mercati nell’arco del triennio stesso. Sezione IV Occupazione abusiva del suolo pubblico per le attività commerciali non autorizzate ARTICOLO 30 (Finalità) 1. La Regione persegue la salvaguardia del regolare esercizio del commercio su aree pubbliche nel territorio regionale e stabilisce le norme generali alle quali i comuni si attengono nell’esercizio delle funzioni amministrative concernenti il commercio abusivo su aree pubbliche o su aree private soggette a servitù di pubblico passaggio. ARTICOLO 31 (Occupazioni abusive) 1. Le occupazioni con l’esposizione delle merci in spazi ed aree pubbliche e private soggette a servitù di pubblico passaggio effettuate senza la prescritta autorizzazione sono abusive. 2. Per la cessazione delle occupazioni abusive l’autorità comunale procede ai sensi dell’articolo 33. ARTICOLO 32 (Comitato regionale consultivo sulle problematiche dell’abusivismo) 1. Presso la Giunta regionale è costituito il Comitato regionale consultivo sulle problematiche dell’abusivismo composto dalle organizzazioni maggiormente rappresentative delle imprese del commercio, da Unioncamere regionale, dai rappresentanti delle direzioni generali interessate per materia. Le modalità di funzionamento del Comitato sono stabilite con deliberazione della Giunta regionale. 2. Il Comitato ha i seguenti compiti: a) monitoraggio dei dati delle autorità competenti sull’abusivismo nei centri urbani; b) informazione, studi ed approfondimento delle dinamiche del commercio abusivo riferite alle statistiche di comuni e autorità competenti; c) individuazione di strumenti di lotta al fenomeno dell’abusivismo. 3. Ai componenti del Comitato non spetta alcun compenso o rimborso spese. ARTICOLO 33 (Sanzioni) 1. A coloro che svolgono attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche o aree private soggette a servitù di pubblico passaggio senza le autorizzazioni prescritte dalla legge si applicano le sanzioni amministrative previste all’articolo 29 del d.lgs 114/1998 e la contestuale confisca delle merci. 2. Nell’ipotesi di cui al comma 1 l’agente o l’ufficiale accertatore procede al sequestro cautelare delle merci e trasmette immediatamente il verbale di accertamento e di sequestro all’autorità competente, dandone copia al trasgressore. 3. L’autorità competente emana il provvedimento di confisca entro ventiquattro ore dal ricevimento del verbale. 4. Le merci confiscate ai sensi del comma 1, qualora contraffatte o consistenti in generi merceologici fungibili, devono essere distrutte entro quarantotto ore dalla confisca, a spese del trasgressore, salvo la conservazione di un campione della merce stessa per fini giudiziari. 5. Non si procede a confisca delle cose sequestrate o a distruzione delle cose confiscate se l’interessato, in via d’urgenza, previa audizione personale richiesta senza formalità, anche verbalmente, dimostri al competente ufficio che la vendita e l’occupazione erano oggetto, rispettivamente, di autorizzazione e di concessione. In tale caso le merci sono restituite. 6. Le merci confiscate non contraffatte consistenti in beni non fungibili di cui il trasgressore non sia in grado di dimostrare la provenienza vengono custodite presso la depositeria comunale o altro magazzino allo scopo autorizzato e dell’atto di deposito è dato immediato avviso nell’albo pretorio del comune; qualora entro trenta giorni dalla pubblicazione dell’avviso nell’albo pretorio i beni non vengano reclamati dagli eventuali legittimi proprietari, il comune può procedere alla loro distruzione o, nel caso di consistente valore economico, alla vendita degli stessi tramite asta pubblica. 7. I generi alimentari confiscati se mantenuti in confezione integra, non in scadenza, prodotti e conservati nel rispetto della normativa riguardante l’igiene degli alimenti, con particolare riguardo al decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155 (Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CE concernenti l’igiene dei prodotti alimentari), devono essere donati in beneficenza. 8. L’autorità competente ad applicare le sanzioni è il sindaco del comune nel quale hanno avuto luogo le violazioni od altro soggetto individuato in base all’ordinamento dell’ente locale. Capo II Commercio all’ingrosso ARTICOLO 34 (Commercio nei mercati all’ingrosso) 1. Il commercio all’ingrosso dei prodotti agricolo-alimentari e vitivinicoli, dei prodotti degli allevamenti avicunicoli e bestiame compresi, delle carni e dei prodotti della caccia e della pesca – sia freschi sia comunque trasformati o conservati – dei prodotti floricoli, delle piante ornamentali e delle sementi, che si svolge nei mercati all’ingrosso, è disciplinato dal presente capo, con la osservanza delle disposizioni vigenti in materia sanitaria e commerciale. ARTICOLO 35 (Piano regionale di sviluppo dei mercati all’ingrosso) 1. Al fine di favorire il corretto raccordo tra produzione e distribuzione, la razionale localizzazione e l’adeguata dimensione e organizzazione dei mercati, in rapporto alle esigenze delle comunità locali, la Regione elabora un piano regionale di sviluppo dei mercati all’ingrosso, in conformità con gli indirizzi del piano economico e territoriale regionale. 2. Il piano regionale di sviluppo dei mercati all’ingrosso è predisposto dalla Giunta regionale, che si avvale della collaborazione della commissione regionale per i mercati di cui all’articolo 39, ed è approvato dal Consiglio regionale. 3. Il piano regionale di sviluppo dei mercati all’ingrosso ha una durata di cinque anni; esso deve in particolare: a) definire le ipotesi di insediamento dei mercati e le relative aree di influenza; b) proporre una adeguata articolazione degli standard degli impianti; c) presentare ipotesi di specializzazione merceologica dei mercati stessi. 4. Per favorire la istituzione di nuovi mercati o l’ampliamento ed ammodernamento di quelli esistenti, in conformità con gli indirizzi del piano, la Regione può concedere contributi a comuni, comunità montane, consorzi di comuni associati tra loro o con le province, nonché a società e a enti con una partecipazione di capitale di enti locali territoriali pari ad almeno due terzi del capitale sociale. ARTICOLO 36 (Autorizzazione) 1. Sono sottoposti ad autorizzazione: a) l’istituzione di nuovi mercati all’ingrosso; b) l’ampliamento dei mercati esistenti e tutti gli ammodernamenti che comportino l’utilizzazione di nuove superfici. 2. La Giunta regionale rilascia l’autorizzazione, sulla base degli indirizzi definiti dal piano di cui all’articolo 35, sentiti la commissione regionale per i mercati e gli enti locali territoriali compresi nell’area di influenza del mercato. 3. Gli ampliamenti e gli ammodernamenti di cui al comma 1, lettera b), possono essere autorizzati anche prima dell’approvazione del piano. 4. Nelle more dell’approvazione del piano l’istituzione di nuovi mercati è autorizzata dal Consiglio regionale. ARTICOLO 37 (Istituzione e gestione dei mercati all’ingrosso) 1. L’iniziativa per l’istituzione dei mercati all’ingrosso dei prodotti di cui all’articolo 34 può essere assunta: a) dai comuni e dalle comunità montane; b) da consorzi costituiti fra enti locali territoriali; c) da consorzi, società e altre forme associative costituite fra enti locali territoriali e altri enti od operatori pubblici e privati, con l’intervento maggioritario di almeno due terzi del capitale degli enti locali territoriali e delle comunità montane. 2. L’ente istitutore del mercato delibera sul numero dei punti di vendita tenendo conto della capacità degli impianti, delle attrezzature e delle dimensioni necessarie a garantire lo sviluppo di una congrua attività commerciale, nonché di strutture, oltre che per la compravendita, per il ritiro, la consegna, la conservazione, la lavorazione e il preimpacco dei prodotti. 3. Ogni mercato deve essere dotato di adeguati servizi igienico-sanitari, nonché di idonee strutture per gli operatori di mercato. 4. I mercati sono gestiti: a) dai comuni, dalle comunità montane o dai consorzi costituiti fra enti locali territoriali, in economia o mediante aziende speciali; b) da consorzi, società o altre forme associative costituite fra enti locali territoriali e altri enti o operatori pubblici e privati, con l’intervento maggioritario di almeno due terzi del capitale in partecipazione degli enti locali territoriali. 5. Nel caso che gli enti istitutori siano quelli previsti dal comma 1, lettere a) e b), gli stessi possono assegnare in concessione la gestione del mercato agli enti di cui al quarto comma, lettera b). 6. L’atto di concessione determina casi e modalità per la revoca e la decadenza delle concessioni stesse. 7. La gestione dei mercati non può perseguire fini di lucro, i canoni e le tariffe di cui all’articolo 50 sono fissati in modo che i proventi della gestione non siano superiori alle spese necessarie al funzionamento del mercato e ai suoi servizi ed all’ammortamento, al miglioramento ed adeguamento dei relativi impianti. ARTICOLO 38 (Progettazione dei mercati all’ingrosso) 1. I progetti tecnici relativi all’impianto o all’ampliamento dei mercati all’ingrosso sono approvati dal comune. 2. L’approvazione dei progetti equivale a dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza e di indifferibilità delle opere ai fini della espropriazione ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) e sostituisce qualunque altra approvazione, autorizzazione o licenza prevista da altre disposizioni legislative o regolamentari ARTICOLO 39 (Commissione regionale per i mercati) 1. È costituita presso la Regione una commissione consultiva per i mercati, presieduta dall’assessore competente e composta: a) da due rappresentanti di Unioncamere Lombardia; b) da tre rappresentanti dell’Associazione Nazionale Comuni Italiano (ANCI); c) da un rappresentante dell’ Unione delle Province Lombarde (UPL); d) da tre rappresentanti dei produttori agricoli designati dalle associazioni regionali di categoria, di cui due per le associazioni più rappresentative dei coltivatori diretti; e) da cinque rappresentanti dei commercianti designati dalle associazioni regionali di categoria, di cui tre per le associazioni più rappresentative; f) da tre rappresentanti del movimento cooperativo designati dalle associazioni regionali di categoria più rappresentative; g) da un rappresentante dell’industria di trasformazione designato dall’associazione regionale di categoria; h) da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali del lavoro designati dalle organizzazioni sindacali regionali più rappresentative; i) da un rappresentante dei facchini liberi esercenti associati; l) da un rappresentante di istituti di credito a carattere regionale o nazionale designato dall’istituto bancario tesoriere della Regione. 2. Il presidente della commissione può chiamare a partecipare alle sedute gli assessori competenti per materia a seconda degli argomenti all’ordine del giorno. 3. La commissione, nominata dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale, dura in carica cinque anni e i suoi componenti possono essere riconfermati. ARTICOLO 40 (Compiti della commissione regionale per i mercati) La commissione regionale per i mercati: a) collabora con la Giunta nella predisposizione del piano regionale di sviluppo dei mercati all’ingrosso di cui all’articolo 35; b) esprime pareri su questioni, riguardanti il commercio nei mercati all’ingrosso, che l’amministrazione regionale o gli enti pubblici interessati per il tramite della Regione ritengono di sottoporre al suo esame; c) può proporre alla Giunta regionale specifiche iniziative volte a realizzare il coordinamento operativo dei mercati e coadiuvare la Giunta nelle funzioni di vigilanza sul buon andamento dei mercati stessi; d) esercita ogni altro compito previsto dal presente capo. ARTICOLO 41 (Funzionamento della commissione regionale per i mercati) 1. La commissione regionale per i mercati, per lo svolgimento dei suoi compiti istituzionali, può suddividersi in sezioni specialistiche per i settori di cui all’articolo 34. 2. La composizione delle sezioni assicura l’adeguata rappresentanza delle categorie particolarmente interessate ai singoli problemi settoriali. 3. Il funzionamento della commissione e delle sezioni è disciplinato con regolamento interno, approvato dalla Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente. 4. Il presidente della commissione regionale coordina l’attività delle diverse sezioni. 5. Ai lavori della commissione o delle sue sezioni possono essere chiamati a partecipare, senza diritto di voto, esperti designati dal presidente della commissione. 6. Le funzioni di segretario della commissione e delle sezioni sono assicurate dalla competente direzione generale. ARTICOLO 42 (Regolamenti di mercato) 1. La Giunta regionale, sentita la commissione regionale per i mercati, definisce le direttive riguardanti: a) i criteri e le modalità per la concessione dei punti di vendita e le relative adiacenze e pertinenze; b) la disciplina degli operatori e del personale da essi dipendenti; c) la determinazione della cauzione imposta ai commissari ed ai mandatari; d) il calendario e gli orari per le operazioni mercatali; e) la nomina del direttore di mercato e le sue attribuzioni; f) il funzionamento della commissione di mercato e le relative norme di convocazione; g) l’organizzazione e la disciplina dei servizi di mercato; h) le sanzioni amministrative. 2. Nei mercati all’ingrosso non può essere imposto o esatto alcun pagamento che non costituisca il corrispettivo di prestazioni effettivamente rese. 3. Il regolamento di mercato è deliberato, nell’osservanza delle direttive di cui al comma 1, dall’ente gestore prima dell’entrata in funzione del mercato. 4. Il regolamento è approvato dal comune nel quale ha sede il mercato nel caso di mercati gestiti dai soggetti di cui all’articolo 37, comma 4, lettera b). ARTICOLO 43 (Commissione di mercato) 1. Presso ciascun mercato è costituita una commissione, nominata dall’ente istitutore del mercato; essa è presieduta dal sindaco del comune ove ha sede il mercato, o da un suo delegato; o da uno dei sindaci, qualora si tratti di consorzio, ed è composta: a) da tre consiglieri comunali del comune ove ha sede il mercato dei quali uno per la minoranza, in caso di comune singolo; oppure da cinque consiglieri comunali dei quali almeno due per la minoranza; qualora l’ente gestore del mercato sia un consorzio i cinque consiglieri comunali, dei quali almeno due per la minoranza, rappresentano la maggioranza e la minoranza di tutti i comuni consorziati; b) da un rappresentante della quota minoritaria degli enti istitutori del mercato stesso; c) da un rappresentante della CCIAA designato dalla competente camera di commercio provinciale; d) da un rappresentante delle quote minoritarie dell’ente gestore, nel caso previsto dall’ articolo 37, comma 4; e) da tre rappresentanti dei produttori agricoli designati dalle associazioni provinciali di categoria; f) da cinque rappresentanti del commercio all’ingrosso, al dettaglio e ambulante di cui due dei gruppi associati, designati dalle associazioni provinciali di categoria; g) da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali designati dalle organizzazioni sindacali provinciali più rappresentative; h) da due rappresentanti delle categorie dei facchini liberi esercenti associati; i) da un rappresentante dell’industria di lavorazione dei prodotti, designato dall’associazione provinciale di categoria; j) da tre rappresentanti del movimento cooperativo designati dalle organizzazioni provinciali di categoria. 2. Alla seduta della commissione partecipa, senza diritto di voto, il direttore di mercato. 3. Possono essere chiamati a partecipare ai lavori della commissione, senza diritto di voto, esperti del settore e rappresentanti di altre categorie interessate. 4. La commissione dura in carica cinque anni, i suoi membri possono essere riconfermati. 5. La commissione di mercato deve inviare entro dieci giorni da ogni sua seduta copia dei verbali delle riunioni all’ente gestore. 6. Le spese per il funzionamento della commissione di mercato sono a carico dell’ente gestore. ARTICOLO 44 (Compiti della commissione di mercato) 1. La commissione di mercato ha il compito di: a) deliberare o ratificare i provvedimenti di cui all’articolo 60, comma 1, lettere d) ed e); b) svolgere attività consultiva nei riguardi della commissione regionale per i mercati e compiere tutti gli accertamenti ed i controlli necessari, segnalando alla commissione medesima le irregolarità eventualmente riscontrate; c) proporre all’ente gestore le modifiche ed i miglioramenti da apportare alle attrezzature ed ai servizi di mercato ai fini di assicurare la massima produttività e la migliore efficienza funzionale anche sotto l’aspetto igienico-sanitario; d) esprimere parere: 1) sul numero dei punti di vendita e sui criteri di massima per le assegnazioni dei punti di vendita; 2) sugli orari delle operazioni di mercato; 3) sui canoni di concessione dei punti di vendita e sulle tariffe dei servizi nei termini previsti dall’articolo 50; 4) sul regolamento di mercato, suggerendo eventuali modifiche; 5) sull’organico del personale necessario al funzionamento dei servizi del mercato; 6) su ogni altra questione riguardante il commercio nel mercato all’ingrosso; 7) sugli indirizzi in ordine alla politica degli acquisti e dei prezzi nell’ambito dei compiti dei mercati all’ingrosso. ARTICOLO 45 (Direttore di mercato) 1. Ad ogni mercato è preposto un direttore, nominato dall’ente gestore, che deve provvedere al regolare funzionamento del mercato e dei servizi ad esso collegati. 2. In particolare, i compiti del direttore di mercato sono fissati dal regolamento di mercato. ARTICOLO 46 (Servizio igienico-sanitario e annonario) 1. Nei mercati all’ingrosso dei prodotti alimentari è istituito un servizio di vigilanza igienico-sanitaria e di controllo qualitativo, per l’accertamento della commestibilità e qualità dei prodotti e dell’idoneità delle strutture. 2. Nei mercati delle carni e del bestiame, nonché nei mercati dei prodotti ittici, il servizio di cui al comma 1 è svolto di regola dal direttore del pubblico macello o da un veterinario incaricato. 3. Il responsabile del servizio, qualora rilevi la non idoneità all’alimentazione di quantità di prodotti, ne dispone la distruzione totale o parziale o l’avviamento a particolari destinazioni sotto debita vigilanza sanitaria previo rilascio di certificazione in duplice copia da consegnare una al venditore (proprietario o venditore per conto terzi) e l’altra alla direzione del mercato. 4. L’ente gestore del mercato pone a disposizione del servizio igienico-sanitario i locali e le attrezzature necessarie, nonché il personale tecnico ausiliario. 5. Le carni, i prodotti ittici freschi e congelati ed i funghi freschi o secchi non coltivati debbono sempre essere sottoposti ai previsti controlli sanitari secondo la vigente normativa. ARTICOLO 47 (Rilevazioni statistiche e prezzi) 1. Le rilevazioni statistiche da effettuare in conformità alle disposizioni dell’istituto centrale di statistica riguardano sia le quantità sia i prezzi di vendita dei prodotti contrattati in ogni mercato. 2. La rilevazione statistica delle quantità è basata sullo spoglio dei documenti di entrata delle merci nel mercato; tali documenti devono essere completi degli elementi occorrenti ai fini statistici e contenere l’indicazione esatta della specie merceologica, della quantità del prezzo d’acquisto, della provenienza e del destinatario dei prodotti e di ogni altro elemento rilevante ai fini statistici. 3. La rilevazione dei prezzi viene effettuata dalla direzione del mercato a mezzo di personale dipendente dall’ente gestore con il metodo dell’intervista, o con rilevazioni dirette. 4. Il prezzo deve corrispondere ad un "valore-medio" rilevato in rapporto alla qualità, quantità e varietà dei prodotti. 5. L’elaborazione deve quindi basarsi sui prezzi reali praticati e, per ogni prezzo rilevato, l’intervistatore registra anche il nome dell’operatore che ha fornito l’indicazione. 6. La direzione del mercato può utilizzare gli atti e documenti di cui all’articolo 59 anche ai fini statistici. 7. I dati individuati sono soggetti al segreto d’ufficio, mentre i risultati dell’indagine statistica, per i prezzi e per le quantità, sono oggetto della massima divulgazione. ARTICOLO 48 (Servizi bancari e di tesoreria) 1. Nei mercati può essere istituita una cassa per il servizio di tesoreria e per le operazioni bancarie a favore degli operatori di mercato. La gestione della cassa è affidata ad una azienda di credito abilitata per legge mediante convenzione stipulata dall’ente gestore ed approvata dall’ente istitutore sentiti il comune ove ha sede il mercato e la commissione di mercato. ARTICOLO 49 (Facchinaggio) 1. Le operazioni di facchinaggio e di trasporto all’interno del mercato possono essere svolte dall’ente gestore direttamente o affidate mediante procedura ad evidenza pubblica, secondo le norme fissate dal regolamento di mercato di cui all’articolo 42. 2. Gli operatori alle vendite nell’ambito dei propri punti di vendita e gli acquirenti nell’ambito del mercato possono provvedere al carico e scarico delle merci di loro proprietà, personalmente o a mezzo di propri dipendenti regolarmente assunti. 3. La commissione di mercato di cui all’articolo 43 può, per comprovate esigenze, derogare temporaneamente alla disciplina contenuta nel presente articolo. ARTICOLO 50 (Canoni e tariffe) 1. I corrispettivi per l’uso dei punti di vendita e le tariffe dei servizi di mercato, compresi quelli dati in assegnazione, sono fissati dall’ente gestore, sentito il parere della commissione di mercato in conformità con quanto disposto dall’articolo 37, comma 7, previa autorizzazione delle CCIAA competenti per territorio. ARTICOLO 51 (Servizi ausiliari) 1. L’ente gestore che provvede di regola direttamente a tutti i servizi svolti all’interno dell’area di mercato può affidare mediante procedura ad evidenza pubblica: a) il servizio di traino e trasporto; b) il servizio di pulizia del mercato; c) il servizio di bar e ristoro; d) il servizio frigorifero; e) il servizio di presa e consegna vagoni ferroviari e contenitori; f) il servizio di posteggio per veicoli; g) il servizio di vigilanza notturna; h) ogni altro servizio ausiliario del mercato. ARTICOLO 52 (Venditori e compratori) 1. Sono ammessi al mercato i seguenti operatori interessati alle negoziazioni: a) per le vendite: 1) i commercianti all’ingrosso, i commissionari, i mandatari e gli astatori; 2) le organizzazioni dei produttori di cui alla legge 27 luglio 1967, n. 622 (Organizzazione del mercato nel settore dei prodotti ortofrutticoli); 3) i produttori singoli o associati anche se non iscritti negli appositi albi; 4) le aziende di trasformazione, singole o associate, che provvedono alla lavorazione, conservazione e trasformazione dei prodotti; 5) gli enti di sviluppo; 6) le cooperative agricole e i loro consorzi, le società di approvvigionamento e distribuzione a partecipazione pubblica dello Stato, della Regione, delle province e dei comuni e loro consorzi; 7) i gruppi di acquisto collettivo tra dettaglianti fissi e ambulanti; b) per gli acquisti: 1) i commercianti all’ingrosso fatto salvo quanto previsto dall’ articolo 53, comma 5; 2) i commercianti al minuto singoli o associati; 3) le aziende di trasformazione, singole o associate, che provvedono alla lavorazione, conservazione e trasformazione dei prodotti; 4) le comunità, le convivenze, le cooperative di consumo e loro consorzi, ed i gestori di alberghi, ristoranti, mense, spacci aziendali nonché i pubblici esercizi; 5) i gruppi di acquisto collettivo tra dettaglianti fissi e ambulanti, le società di approvvigionamento e distribuzione a partecipazione pubblica dello Stato, della Regione, delle province, dei comuni e loro consorzi. 2. I regolamenti di mercato possono inoltre consentire l’ammissione al mercato medesimo di altri ausiliari del commercio purché iscritti negli appositi albi. 3. Le vendite all’ingrosso dei prodotti ittici devono svolgersi mediante aste pubbliche nei mercati di produzione e mediante aste pubbliche o trattative dirette nei mercati di consumo. 4. Gli operatori sono ammessi ad effettuare le vendite e gli acquisti dal direttore di mercato previo accertamento dell’appartenenza alle categorie indicate nel presente articolo. 5. Nell’orario e con le modalità stabilite dall’ente gestore, sono ammessi anche i consumatori, per almeno due ore giornaliere per gli acquisti al dettaglio. ARTICOLO 53 (Disciplina degli operatori e del personale da essi dipendente) 1. I produttori singoli od associati possono vendere soltanto i prodotti di produzione propria o dei soci ed agli stessi deve essere riservato un adeguato numero di punti di vendita. 2. I commercianti grossisti possono effettuare vendite anche per conto terzi ove specificatamente incaricati dal proprietario della merce, purché iscritti nell’albo dei commissionari. 3. I commissionari con posteggio in mercato possono effettuare vendite per conto proprio solo se iscritti nell’albo dei commercianti. 4. I commissionari in ogni caso debbono attenersi a quanto disposto dall’articolo 59. 5. È vietato ai commercianti ed ai commissionari ammessi ad operare nel mercato di vendere derrate in loro possesso e presenti sul mercato ad altri commercianti all’ingrosso o commissionari del mercato per la rivendita all’interno dello stesso. 6. Gli assegnatari di posteggio nel mercato non possono esercitare tale attività fuori del mercato, pena la revoca della assegnazione. 7. I mandatari e gli astatori non possono: a) esercitare per conto proprio, sia nel mercato che fuori mercato, il commercio dei prodotti oggetto dell’attività del mercato nel quale operano; b) svolgere il commercio di cui alla lettera a) per interposta persona. ARTICOLO 54 (Assegnazione e revoca dei punti di vendita) 1. I punti di vendita per attività a carattere continuativo sono assegnati, su domanda, dall’ente gestore, ai soggetti elencati nell’articolo 52, comma 1, lettera a). I punti di vendita a carattere occasionale sono invece assegnati, secondo le norme stabilite dal regolamento di mercato, dal direttore del mercato previo accertamento dei requisiti prescritti. 2. L’assegnazione del punto di vendita a carattere continuativo, che non può essere ceduta o sub-assegnata, ha una durata non superiore a tre anni, rinnovabili. 3. L’ente gestore del mercato all’ingrosso revoca l’assegnazione all’esercizio dell’attività di vendita all’interno del mercato: a) a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo passata in giudicato; b) a chi è sottoposto a misure di prevenzione ai sensi della l. 1423/1956; c) a chi venga condannato per due volte consecutive, qualunque sia l’entità delle rispettive pene, per delitti di: 1) turbata libertà di incanti (articolo 353 c.p.); 2) inadempimento di contratti di pubbliche forniture (articolo 355 c.p.); 3) frode nelle pubbliche forniture (articolo 356 c.p.); 4) uso o detenzione di misure o pesi con falsa impronta (articolo 472 c.p.); 5) contraffazioni alterazioni o uso illecito di segni distintivi (articolo 473 c.p.); 6) frode nell’esercizio del commercio (articolo 515 c.p.); 7) vendita di prodotti con segni mendaci (articolo 517 c.p.); 8) frodi e sofisticazioni comunque previste dalle vigenti leggi; d) nei casi previsti dalla normativa regolamentare dell’assegnazione. ARTICOLO 55 (Cessazione delle assegnazioni) 1. Le assegnazioni cessano: a) per scadenza; b) per rinuncia dell’assegnatario durante il periodo dell’assegnazione; c) per fallimento dichiarato a carico dell’assegnatario; d) per scioglimento della società assegnataria; e) per revoca. ARTICOLO 56 (Gestione dei punti di vendita) 1. Il punto di vendita deve essere gestito dall’intestatario dell’assegnazione che può, previa autorizzazione del direttore, farsi rappresentare eccezionalmente e temporaneamente da un proprio delegato, o da un proprio familiare se l’assegnatario è un produttore agricolo; egli può altresì farsi coadiuvare da personale dipendente notificandone alla direzione del mercato le generalità e l’indirizzo. Resta ferma, a tutti gli effetti di legge, la responsabilità dell’intestatario della assegnazione. 2. Nel caso di assegnazione a persone giuridiche la gestione del punto di vendita può essere affidata a persona diversa da quella del legale rappresentante, purché sia in possesso dei requisiti prescritti dall’articolo 3 della l. 125/1959 . 3. Gli assegnatari, per i rapporti con l’ente gestore eleggono domicilio, ad ogni effetto, presso il rispettivo punto di vendita. ARTICOLO 57 (Vendita all’asta) 1. La vendita dei prodotti può effettuarsi anche mediante asta pubblica, fermo restando il disposto dell’articolo 52, comma 3. 2. La provvigione spettante all’astatore è stabilita dall’ente gestore, sentita la commissione di mercato. 3. L’ente gestore può, in caso di necessità, provvedere direttamente all’approvvigionamento di qualunque prodotto trattato nel mercato nonché alle vendite di tutti i prodotti che pervengono alla direzione da parte di produttori singoli od associati o grossisti iscritti all’albo, che ne facciano richiesta. 4. Le vendite devono essere effettuate con il sistema dell’astazione a chi sia abilitato all’acquisto ai sensi dell’articolo 52, comma 1, lettera b). ARTICOLO 58 (Commercializzazione dei prodotti) 1. Per la qualificazione, la calibrazione, le tolleranze, l’imballaggio e la presentazione dei prodotti, si applicano le norme vigenti. 2. Il direttore del mercato vieta la vendita di quelle parti o colli di prodotti non riclassificati secondo le norme vigenti, oppure la consente qualora i prodotti stessi vengano adeguatamente riclassificati. 3. Della esatta osservanza delle norme riguardanti la qualificazione e il confezionamento dei prodotti posti in vendita è in ogni caso responsabile il detentore dei prodotti stessi. ARTICOLO 59 (Vendite per conto) 1. Ai commissionari ed ai mandatari che svolgono le rispettive attività secondo le norme di legge è consentita una provvigione fissata dal regolamento di mercato. 2. I commissionari e mandatari tengono a disposizione della direzione del mercato tutti gli atti e i documenti relativi alle transazioni effettuate per conto dei loro committenti o mandanti. 3. In ogni mercato l’ente gestore può organizzare un servizio per le vendite per conto terzi dei prodotti di cui all’articolo 34. 4. Dette vendite possono svolgersi sia mediante aste pubbliche sia per trattativa privata. ARTICOLO 60 (Sanzioni disciplinari e amministrative) 1. Le infrazioni alle disposizioni del presente capo e del regolamento di mercato comportano, salva ogni diversa azione civile o penale, sanzioni amministrative così graduate secondo la gravità dell’infrazione e la recidività: a) diffida verbale o scritta; b) sospensione di ogni attività nel mercato per un periodo massimo di tre giorni, con chiusura del punto di vendita per i rispettivi titolari; c) sanzione amministrativa ai sensi dei rispettivi regolamenti comunali; d) sospensione di ogni attività nel mercato per un periodo superiore a tre giorni e fino a tre mesi, con chiusura del punto di vendita per i rispettivi titolari; e) revoca della concessione del punto di vendita nelle ipotesi di cui all’articolo 54. 2. Le sanzioni di cui al comma 1, lettere a) e b), sono irrogate dal direttore di mercato, sentito il trasgressore; i relativi provvedimenti sono definitivi. 3. Le sanzioni di cui al comma 1, lettera c) sono irrogate dal sindaco. 4. Le sanzioni di cui al comma 1, lettere d) ed e), sono irrogate dalla commissione di mercato, d’ufficio o su proposta del direttore di mercato, sentito il trasgressore; i relativi provvedimenti sono definitivi. 5. La sanzione di cui al comma 1, lettera d), può essere irrogata, quando non possa essere disposta tempestivamente dalla commissione di mercato e vi siano ragioni di gravità e urgenza, dal direttore di mercato; il relativo provvedimento è esecutivo e perde efficacia se non è ratificato, entro tre giorni dalla sua adozione, dalla commissione di mercato, che deve all’uopo essere convocata senza indugio ad iniziativa del direttore. Capo III Somministrazione di alimenti e bevande ARTICOLO 61 (Finalità) 1. Il presente capo disciplina l’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande nel rispetto della normativa comunitaria, delle disposizioni legislative dello Stato e nel quadro delle competenze concorrenti, al fine di garantire: a) lo sviluppo e l’innovazione della rete dei pubblici esercizi in relazione alle esigenze dei consumatori e alla valorizzazione delle città e del territorio; b) la trasparenza e la qualità del mercato; c) la tutela della salute e della sicurezza dei consumatori; d) la corretta informazione e pubblicizzazione dei prezzi e dei prodotti usati; e) la salvaguardia delle aree di interesse archeologico, storico, architettonico, artistico ed ambientale; f) la compatibilità dell’impatto territoriale dell’insediamento dei pubblici esercizi con particolare riguardo a fattori quali la mobilità, il traffico e l’inquinamento acustico ed ambientale; g) la valorizzazione e promozione della cultura enogastronomica e delle produzioni tipiche della Regione; h) la salvaguardia e la riqualificazione della rete dei pubblici esercizi nelle zone di montagna e nei comuni di minore consistenza demografica favorendo l’integrazione della somministrazione con la vendita di beni o servizi attraverso agevolazioni tributarie ed interventi volti al sostegno di tali attività, proposti dagli operatori di concerto con i comuni interessati e finanziati secondo le procedure e con le risorse di cui al titolo V, capo II; i) la tutela e la salvaguardia dei locali storici secondo le procedure e con le risorse previste al titolo V, capo II. ARTICOLO 62 (Ambito di applicazione) 1. Il presente capo si applica all’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande definita all’articolo 64, comma 1, lettera a), e inoltre all’attività di somministrazione di alimenti e bevande effettuata: a) mediante distributori automatici in locali adibiti a tale attività; b) presso il domicilio del consumatore; c) in locali non aperti al pubblico; d) su aree pubbliche, ai sensi del titolo II, capo I, sezione III, limitatamente ai requisiti di cui agli articoli 65 e 66. 2. Il presente capo non si applica all’attività di somministrazione di alimenti e bevande effettuata: a) ai sensi della disciplina di cui alla legge regionale 16 luglio 2007, n. 15 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo), limitatamente alle persone alloggiate, ai loro ospiti ed a coloro che sono ospitati nella struttura ricettiva in occasione di manifestazioni e convegni organizzati; nell’ambito di tali attività l’esercizio della somministrazione di alimenti e bevande è effettuato sulla base del possesso dei requisiti di cui agli articoli 65 e 66; b) ai sensi della disciplina di cui alla legge regionale 5 dicembre 2008, n. 31 (Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale);c) da parte dei circoli privati nell’ambito della disciplina di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2001, n. 235 (Regolamento recante semplificazione del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande da parte dei circoli privati). ARTICOLO 63 (Tipologia dell’attività) 1. Gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande sono costituiti da un’unica tipologia così definita: esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione. 2. Gli esercizi di cui al comma 1 possono somministrare alimenti e bevande nel rispetto del regolamento (CE) del 29 aprile 2004, n. 852 (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti alimentari) e delle leggi regionali vigenti in materia di sanità. 3. Il titolare dell’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande ha l’obbligo di comunicare al comune l’attività o le attività individuate per tipologia negli indirizzi generali di cui all’articolo 68 che intende esercitare nel rispetto del regolamento (CE) 852/2004 e delle leggi regionali vigenti in materia di sanità. 4. A seguito della comunicazione di cui al comma 3 il comune integra il titolo autorizzatorio rilasciato ai sensi della legge 25 agosto 1991, n. 287 (Aggiornamento della normativa sull’insediamento e sulla attività dei pubblici esercizi) con l’indicazione della nuova attività. ARTICOLO 64 (Definizioni) 1. Ai fini del presente capo si intende: a) per somministrazione al pubblico di alimenti e bevande la vendita per il consumo sul posto, che comprende tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una area aperta al pubblico, a tal fine attrezzati; b) per superficie aperta al pubblico l’area adiacente o comunque pertinente al locale cui si riferisce l’autorizzazione, ottenuta in concessione o autorizzazione temporanea se pubblica o comunque a disposizione dell’operatore, se privata; c) per somministrazione di alimenti e bevande in esercizi non aperti al pubblico l’attività svolta dalle mense aziendali, dagli spacci annessi ad aziende, amministrazioni, enti e scuole nonché quella svolta in forma esclusiva presso il domicilio del consumatore; d) per attrezzature di somministrazione tutti i mezzi e gli strumenti finalizzati a consentire il consumo di alimenti e bevande nei locali di cui alla lettera a), ivi compresi i piani di appoggio e le stoviglie di qualsiasi materiale, ritenute idonee dalle leggi sanitarie vigenti; e) per somministrazione nel domicilio del consumatore, l’organizzazione nel domicilio dello stesso di un servizio di somministrazione di alimenti e bevande rivolto esclusivamente al consumatore, ai familiari e alle persone da lui invitate; f) per domicilio del consumatore non solo la privata dimora, ma anche il locale in cui si trova per motivi di lavoro o di studio o per lo svolgimento di convegni, congressi o cerimonie. ARTICOLO 65 (Requisiti morali per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande) 1. Non possono esercitare l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione, coloro che: a) hanno riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a due anni; b) hanno riportato una condanna per reati contro la moralità pubblica e il buon costume o contro l’igiene e la sanità pubblica, compresi i delitti di cui al libro II, titolo VI, del codice penale; per delitti commessi in stato di ubriachezza o in stato di intossicazione da stupefacenti; per reati concernenti la prevenzione dell’alcolismo, le sostanze stupefacenti o psicotrope, il gioco d’azzardo, le scommesse clandestine e la turbativa di competizioni sportive; per infrazioni alle norme sul gioco del lotto; c) hanno riportato due o più condanne nel quinquennio precedente per delitti di frode nella preparazione o nel commercio degli alimenti, compresi i delitti di cui al libro II, titolo VIII, capo II, del codice penale; d) sono sottoposti a una delle misure di prevenzione di cui all’articolo 3 della l. 1423/1956, o nei cui confronti è stata applicata una delle misure previste dalla l. 575 /1965, ovvero sono sottoposti a misure di sicurezza o sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza; e) hanno riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l’ordine pubblico, ovvero per delitti contro la persona commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione. 2. In caso di società, associazioni o organismi collettivi, i requisiti di cui al comma 1 devono essere posseduti dal legale rappresentante, da altra persona delegata all’attività di somministrazione, nonché da tutti i soci e dai membri del consiglio di amministrazione laddove esistente ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252 (Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia). 3. Nelle ipotesi di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d), il divieto di ottenere l’autorizzazione per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande ha la durata di cinque anni a decorrere dal giorno in cui la pena è stata scontata o si sia in qualsiasi altro modo estinta. Nel caso di sospensione condizionale della pena non si applica il divieto di ottenere l’autorizzazione per l’esercizio della somministrazione. 4. Il comune al quale viene richiesto il rilascio dell’autorizzazione per l’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande accerta il possesso dei requisiti di cui al comma 1. A tal fine può avvalersi della CCIAA territorialmente competente sulla base di convenzioni stipulate anche tra le rappresentanze degli enti locali e la medesima CCIAA. ARTICOLO 66 (Requisiti professionali per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande) 1. L’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande è subordinato al possesso, in capo al titolare dell’impresa individuale o suo delegato o, in caso di società, associazione o organismi collettivi, in capo al legale rappresentante od a loro delegati, dei requisiti morali di cui all’articolo 65, nonché di uno dei seguenti requisiti: a) avere frequentato con esito positivo un corso professionale per la somministrazione di alimenti e bevande istituito o riconosciuto dalla Regione Lombardia o da un’altra regione o dalle Province autonome di Trento e Bolzano, ovvero essere in possesso di un diploma di scuola alberghiera o titolo equivalente legalmente riconosciuto; b) aver prestato la propria opera, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, presso imprese esercenti la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, in qualità di dipendente qualificato addetto alla somministrazione oppure, se trattasi di coniuge, parente o affine entro il terzo grado dell’imprenditore, in qualità di coadiutore familiare, comprovatadall’iscrizione all’istituto nazionale previdenza sociale (INPS); c) essere stato iscritto al Registro Esercenti il Commercio (REC) previsto dalla l. 426/1971, per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande. 2. L’accertamento del possesso dei requisiti di cui al comma 1 è effettuato ai sensi dell’articolo 65, comma 4. 3. Il possesso del requisito cui al comma 1, lettera a), è valido altresì ai fini dell’esercizio dell’attività commerciale nel settore alimentare. 4. Le modalità di organizzazione, la durata, le materie e i requisiti di accesso alle prove finali del corso professionale di cui al comma 1, lettera a), i titoli di studio validi in sostituzione del corso professionale medesimo e i corsi professionali di aggiornamento obbligatorio per chi già esercita l’attività di somministrazione sono definiti con deliberazione della Giunta regionale. ARTICOLO 67 (Disposizioni per i cittadini dei Paesi non europei e dell’Unione europea) 1. Il comune al quale viene richiesto il rilascio dell’autorizzazione per l’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande accerta il possesso dei requisiti di cui agli articoli 65 e 66 anche per il periodo di residenza in Italia dei: a) cittadini e delle società dei Paesi non appartenenti all’Unione europea (UE) che possono esercitare l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande nel rispetto delle normative internazionali e degli indirizzi di programmazione regionale. Nel caso di società l’accertamento dei requisiti di cui agli articoli 65 e 66 è esteso a tutti i membri del consiglio di amministrazione; b) cittadini degli Stati membri dell’UE e società costituite in conformità con la legislazione di uno Stato membro dell’UE ed aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno dell’UE, a condizione che, se hanno soltanto la sede sociale all’interno dell’UE, la loro attività presenti un legame effettivo e continuato con l’economia di uno Stato membro dell’UE, secondo le modalità previste dal decreto legislativo del 9 novembre 2007, n. 206 (Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonchè della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell’adesione di Bulgaria e Romania). 2. Per le verifiche di cui al comma 1, il comune può avvalersi della CCIAA territorialmente competente sulla base di convenzioni stipulate anche tra le rappresentanze degli enti locali e la medesima CCIAA. ARTICOLO 68 (Programmazione delle attività di somministrazione di alimenti e bevande) 1. La Giunta regionale, sentito il parere delle rappresentanze degli enti locali, delle associazioni dei pubblici esercizi, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori del settore e delle organizzazioni dei consumatori maggiormente rappresentative a livello regionale e sentita la commissione consiliare competente, definisce gli indirizzi di carattere generale sulla base dei quali i comuni stabiliscono i criteri per il rilascio delle autorizzazioni degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande. 2. Gli indirizzi di cui al comma 1 contengono indicazioni per i comuni relative: a) al procedimento concernente le richieste di autorizzazione relative agli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande affinché venga assicurata la trasparenza e la celerità dell’azione amministrativa; b) ai criteri localizzativi dei nuovi insediamenti degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande con particolare riguardo a fattori di mobilità, traffico, inquinamento acustico e ambientale, all’armonica integrazione con le altre funzioni ed alla disponibilità di spazi pubblici o di uso pubblico; c) alle attività svolte dagli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande; d) alle modalità di tutela dei locali storici. 3. Gli indirizzi ed i criteri di cui al comma 1 devono tenere conto dei consumi extra-domestici, della popolazione residente e fluttuante, dei flussi turistici e delle diverse caratteristiche del territorio regionale al fine di assicurare la migliore funzionalità e produttività del servizio di somministrazione di alimenti e bevande ed il perseguimento delle finalità di cui all’articolo 61. 4. La programmazione regionale di cui al comma 1 non si applica per il rilascio delle autorizzazioni relative all’attività di somministrazione di alimenti e bevande da effettuare: a) negli esercizi nei quali la somministrazione al pubblico di alimenti o bevande viene svolta congiuntamente ad attività di intrattenimento, in sale da ballo, locali notturni, stabilimenti balneari, impianti sportivi e altri esercizi similari. L’attività di intrattenimento si intende prevalente nei casi in cui la superficie utilizzata per il suo svolgimento è pari almeno ai tre quarti della superficie complessiva a disposizione, esclusi i magazzini, i depositi, gli uffici e i servizi, e la somministrazione di alimenti e bevande è effettuata esclusivamente nei confronti di chi usufruisce a pagamento dell’attività di intrattenimento. Non costituisce attività di intrattenimento la semplice musica di accompagnamento e compagnia; b) negli esercizi situati all’interno delle aree di servizio delle strade extraurbane principali, delle autostrade, nelle stazioni dei mezzi di trasporto pubblico e nei mezzi di trasporto pubblici; c) nelle mense aziendali e negli spacci annessi ad aziende, amministrazioni, enti e scuole nei quali la somministrazione viene effettuata esclusivamente nei confronti del personale dipendente e degli studenti; d) nel domicilio del consumatore; e) nelle attività svolte in forma temporanea di cui all’articolo 72; f) nelle attività svolte direttamente, nei limiti dei loro compiti istituzionali, da ospedali, case di cura, parrocchie, oratori, comunità religiose, asili infantili, case di riposo, caserme, stabilimenti delle forze dell’ordine. g) nelle attività da effettuarsi all’interno di musei, teatri, sale da concerto e simili. ARTICOLO 69 (Funzioni autorizzatorie dei comuni) 1. Il rilascio delle autorizzazioni previste dal presente capo e degli atti connessi è di competenza del comune competente per territorio. 2. I comuni stabiliscono, sentito il parere della commissione di cui all’articolo 78, i criteri relativi al rilascio delle nuove autorizzazioni e di quelle relative al trasferimento di sede. 3. L’apertura e il trasferimento di sede degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal comune nel cui territorio è ubicato l’esercizio. 4. La domanda di autorizzazione è presentata al comune competente con l’indicazione delle generalità o della denominazione, o ragione sociale, della residenza o sede legale e della nazionalità del richiedente e dell’ubicazione del locale nel quale si intende esercitare l’attività. 5. Le domande di rilascio dell’autorizzazione sono esaminate secondo l’ordine cronologico di presentazione. La data di presentazione è attestata dal timbro postale di spedizione della raccomandata con la quale viene inviata la domanda ovvero, nel caso di presentazione della domanda a mano, dall’apposizione su di essa del timbro datario dell’ufficio ricevente. 6. L’esame della domanda ed il rilascio dell’autorizzazione non sono subordinate: a) alla disponibilità da parte dell’interessato, già all’atto della presentazione della domanda o nel corso dell’istruttoria, dei locali nei quali intende esercitare l’attività; b) all’indicazione dell’eventuale persona da preporre all’esercizio; c) alla presentazione preventiva del certificato sanitario di igienicità dei locali e di quello di prevenzione incendi. 7. L’accoglimento o il rigetto della domanda è comunicato all’interessato entro quarantacinque giorni dalla presentazione della domanda attestata dal protocollo del comune. 8. Prima di iniziare l’attività e comunque entro trecentosessantacinque giorni dal rilascio dell’autorizzazione comunale il soggetto deve porsi in regola con le vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica ed igienico-sanitaria, nonché con le disposizioni sulla destinazione d’uso dei locali e degli edifici, prevenzione incendi e sicurezza. 9. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione il comune accerta la conformità del locale ai criteri stabiliti con decreto del Ministro dell’interno 17 dicembre 1992, n. 564 (Regolamento concernente i criteri di sorvegliabilità dei locali adibiti a pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande), ovvero si riserva di verificarne la sussistenza quando ciò non sia possibile in via preventiva. Il comune, inoltre, accerta l’adeguata sorvegliabilità dei locali oggetto del permesso a costruire per ampliamento. 10. Le attività di somministrazione di alimenti e bevande devono essere esercitate nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica e igienico-sanitaria, nonché di quelle sulla destinazione d’uso dei locali e degli edifici, fatta salva l’irrogazione delle sanzioni relative alle norme e prescrizioni violate. 11. Il comune, nell’ambito dei criteri di cui al comma 2, può stabilire le condizioni per l’esercizio delle attività di somministrazione effettuate in forma stagionale. 12. L’autorizzazione è rilasciata a tempo indeterminato ed ha validità esclusivamente in relazione ai locali in essa indicati; in qualsiasi momento, anche su richiesta del comune, la CCIAA può svolgere controlli a campione sul permanere del possesso dei requisiti di cui all’articolo 65. 13. Entro dieci giorni dal rilascio dell’autorizzazione il comune ne comunica gli estremi, anche in via telematica, alla Giunta regionale, al prefetto, al questore, alla ASL territorialmente competente e alla CCIAA. 14. Gli esercizi di somministrazione aperti al pubblico autorizzati ai sensi del comma 1 hanno facoltà di vendere per asporto i prodotti per i quali sono stati autorizzati alla somministrazione. 15. La delega dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande al soggetto preposto per l’esercizio dell’attività medesima deve essere comunicata al comune competente entro trenta giorni dall’avvenuto conferimento. ARTICOLO 70 (Limitazioni all’esercizio dell’attività) 1. La somministrazione di bevande aventi un contenuto alcolico superiore al 21 per cento del volume non è consentita negli esercizi operanti nell’ambito di impianti sportivi, fiere, complessi di attrazione dello spettacolo viaggiante installati con carattere temporaneo nel corso di sagre o fiere, e simili luoghi di convegno, nonché nel corso di manifestazioni sportive o musicali all’aperto. 2. Il sindaco con propria ordinanza, sentito il parere della commissione di cui all’articolo 78, può temporaneamente ed eccezionalmente estendere tale divieto alle bevande con contenuto alcolico inferiore al 21 per cento del volume. ARTICOLO 71 (Ampliamento degli esercizi) 1. L’ampliamento degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico è soggetto a comunicazione al comune competente per territorio e può essere effettuato decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. 2. Nella comunicazione di cui al comma 1 il soggetto interessato dichiara di aver rispettato i regolamenti locali di polizia urbana, annonaria e igienico-sanitaria, i regolamenti edilizi e le norme urbanistiche, nonché quelle relative alle destinazioni d’uso. ARTICOLO 72 (Autorizzazioni temporanee) 1. In occasione di riunioni straordinarie di persone il comune nel cui territorio si svolge la manifestazione può rilasciare l’autorizzazione per lo svolgimento temporaneo dell’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande. 2. Il rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 1 è subordinato alla verifica del possesso da parte del soggetto richiedente dei requisiti di cui agli articoli 65 e 66, nonché all’accertamento delle condizioni di sicurezza e del rispetto delle norme igienico-sanitarie. 3. Le autorizzazioni temporanee non possono avere durata superiore a quella della manifestazione e hanno validità solo in relazione ai locali o ai luoghi nei quali si svolge la manifestazione. ARTICOLO 73 (Disposizioni per i distributori automatici) 1. L’installazione di distributori automatici per la somministrazione di alimenti e bevande in locali esclusivamente adibiti a tale attività è soggetta alle disposizioni concernenti l’autorizzazione degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico di cui all’articolo 69. 2. È vietata la somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione mediante distributori automatici. ARTICOLO 74 (Esercizio di attività accessorie) 1. L’autorizzazione di cui all’articolo 69 abilita all’installazione e all’uso di apparecchi radiotelevisivi ed impianti in genere per la diffusione sonora e di immagini, nonché di giochi previsti dalle normative vigenti. ARTICOLO 75 (Subingresso) 1. Il subingresso in proprietà o in gestione dell’attività è soggetto a comunicazione al comune in cui ha sede l’esercizio anche ai fini di cui all’articolo 63, comma 3, e determina la reintestazione dell’autorizzazione nei confronti del subentrante a condizione che sia provato l’effettivo trasferimento dell’attività e che il subentrante sia in possesso dei requisiti di cui agli articoli 65 e 66. 2. In caso di morte del titolare, l’erede, ovvero, se si tratta di un’impresa esercitata in forma societaria, colui che subentra, può richiedere la reintestazione dell’autorizzazione continuando l’attività nei trecentosessantacinque giorni successivi alla data della morte. Tale termine può essere prorogato di altri sei mesi per ragioni non imputabili all’interessato. Entro lo stesso termine l’interessato deve essere in possesso del requisito di cui all’articolo 66, comma 1. L’autorità di pubblica sicurezza può ordinare la cessazione immediata dell’attività se l’interessato o il rappresentante esercente risulta privo dei requisiti morali di cui all’articolo 65. ARTICOLO 76 (Revoca delle autorizzazioni) 1. Le autorizzazioni di cui all’articolo 69 sono revocate quando: a) il titolare dell’autorizzazione, salvo proroga in caso di comprovata necessità e su motivata istanza, non attivi l’esercizio entro due anni dalla data del suo rilascio o sospenda l’attività per un periodo superiore a dodici mesi; b) il titolare dell’autorizzazione non risulti più in possesso dei requisiti di cui all’articolo 65; c) venga meno la sorvegliabilità dei locali o la loro conformità alle norme urbanistiche, sanitarie, di prevenzione incendi e di sicurezza. In tali casi la revoca è preceduta da un provvedimento di sospensione dell’attività per una durata non inferiore a tre giorni e non superiore a novanta giorni, termine entro il quale, salvo proroga in caso di comprovata necessità e previa motivata istanza, il titolare può ripristinare i requisiti mancanti; d) venga meno l’effettiva disponibilità dei locali nei quali si esercita l’attività e non venga richiesta, da parte del proprietario dell’attività, l’autorizzazione al trasferimento in una nuova sede nel termine di sei mesi, salvo proroga in caso di comprovata necessità e previa motivata istanza; e) il titolare dell’autorizzazione non osservi i provvedimenti di sospensione dell’autorizzazione; f) in caso di subingresso, non si avvii l’attività secondo le modalità previste nell’articolo 75. 2. I casi che costituiscono comprovata necessità per le proroghe di cui alle lettere a), c) e d) sono individuati dagli indirizzi generali di cui all’articolo 68. 3. La proroga non è concessa in caso di: a) mancata comunicazione di cui all’articolo 63, comma 3 del presente testo unico; b) mancata richiesta delle abilitazioni igienico-sanitarie, ovvero delle concessioni, autorizzazioni o abilitazioni edilizie; c) ritardo colpevole nell’avvio o nella conclusione delle opere di sistemazione edilizia dei locali. ARTICOLO 77 (Pubblicità dei prezzi) 1. Il titolare dell’esercizio di somministrazione deve indicare in modo chiaro e ben visibile, mediante cartello o altro mezzo idoneo allo scopo, il prezzo dei prodotti destinati alla vendita per asporto, esposti nelle vetrine, sul banco di vendita o in altro luogo. 2. I prodotti sui quali il prezzo di vendita al dettaglio si trovi già impresso in maniera chiara e con caratteri ben leggibili sono esclusi dall’applicazione delle disposizioni di cui al comma 1. 3. Per i prodotti destinati alla somministrazione, l’obbligo di esposizione dei prezzi è assolto: a) per quanto concerne le bevande, mediante esposizione, all’interno dell’esercizio, di apposita tabella; b) per quanto concerne gli alimenti, con le stesse modalità di cui alla lettera a), cui si aggiunge l’obbligo di esposizione del menù anche all’esterno dell’esercizio, o comunque leggibile dall’esterno. 4. Qualora, nell’ambito dell’esercizio, sia effettuato il servizio al tavolo, il listino dei prezzi deve essere posto a disposizione dei clienti prima dell’ordinazione e deve inoltre indicare l’eventuale componente del servizio. 5. Le modalità di pubblicità dei prezzi prescelte dall’esercente debbono essere tali da rendere il prezzo chiaramente e facilmente comprensibile al pubblico, anche per quanto concerne somme aggiunte attribuibili al servizio. ARTICOLO 78 (Commissioni comunali) 1. I comuni o le unioni di comuni istituiscono una commissione consultiva, presieduta da un rappresentante del comune, composta da rappresentanti delle associazioni dei pubblici esercizi, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori del settore, delle associazioni dei consumatori e degli utenti e della CCIAA. 2. La commissione di cui al comma 1 è nominata dal comune. I criteri di designazione, di rappresentanza, di durata in carica e di funzionamento della commissione sono stabiliti dal comune, sentiti i soggetti di cui al comma 1. 3. La commissione esprime parere obbligatorio in merito: a) alla programmazione dell’attività dei pubblici esercizi; b) alla definizione dei criteri e delle norme generali per il rilascio delle autorizzazioni relative ai pubblici esercizi e alle loro modificazioni; c) alla determinazione degli orari di esercizio dell’attività; d) ai programmi di apertura di cui al titolo III, capo I, articolo 109. ARTICOLO 79 (Coordinamento con le altre norme che regolano la somministrazione) 1. Sono fatte integralmente salve le disposizioni di cui agli articoli 86 e 110 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), le disposizioni in materia di sorvegliabilità dei locali adibiti a pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande, nonché ogni altra disposizione statale in materia di ordine pubblico e sicurezza. ARTICOLO 80 (Sanzioni) 1. A chiunque eserciti l’attività di somministrazione di alimenti e bevande senza la prescritta autorizzazione o altro titolo autorizzatorio, ovvero quando questa sia stata revocata o sospesa o decaduta, ovvero senza i requisiti di cui agli articoli 65 e 66, si applica la sanzione amministrativa prevista dall’articolo 17 bis, comma 1, del r.d. 773/1931. 2. Per ogni altra violazione alle disposizioni della presente legge, si applica la sanzione amministrativa prevista dall’articolo 17 bis, comma 3, del .d. 773/1931. 3. Nelle fattispecie di cui ai commi 1 e 2, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 17-ter e 17-quater, del r.d. 773/1931. 4. Il procedimento per l’applicazione delle sanzioni è regolato dalla legge regionale 5 dicembre 1983, n. 90 (Norme di attuazione della legge 24 novembre 1981, n. 689 concernente modifiche al sistema penale). “5. Il comune è competente a ricevere il rapporto di cui all’articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), applica le sanzioni amministrative ed introita i proventi”. Note: BOLLETTINO UFFICIALE N. 6 DEL 12 FEBBRAIO 2010, II SUPPLEMENTO ORDINARIO AVVISO DI RETTIFICA N. 6/1-S.O. 2010 Legge regionale 2 febbraio 2010, n. 6 “Testo unico delle leggi regionali in materia di commercio e fiere” pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia del 5 febbraio 2010 n. 5, III Supplemento Ordinario al comma 5 dell’art. 80 al posto di: “5. Il comune è competente a ricevere il rapporto di cui all’articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), applica le sanzioni amministrative ed introita i proventi, e modalità di designazione dei suoi componenti e di funzionamento, nonché l’entità degli eventuali compensi spettanti ai componenti sono stabiliti con deliberazione della Giunta regionale.”, si legga: “5. Il comune è competente a ricevere il rapporto di cui all’articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), applica le sanzioni amministrative ed introita i proventi”. Capo IV Vendita dei carburanti per uso di autotrazione ARTICOLO 81 (Finalità e competenze della Regione) 1. Il presente capo disciplina l’installazione degli impianti e l’esercizio dell’attività di distribuzione dei carburanti nel rispetto della normativa comunitaria, delle disposizioni legislative dello Stato e nel quadro delle competenze concorrenti, al fine di garantire: a) la razionalizzazione, la qualificazione e l’ammodernamento della rete; b) il contenimento dei prezzi di vendita; c) la pluralità delle forme di servizio e di vendita e l’adeguata articolazione della rete sul territorio; d) lo sviluppo dell’offerta di prodotti a limitato impatto ambientale, anche mediante forme di incentivazione che utilizzino le risorse previste dalle leggi di riferimento; e) la corretta informazione e pubblicizzazione dei prezzi; f) il rispetto della disciplina in materia di sicurezza viabilistica, di tutela della salute e di qualità dell’ambiente. 2. La Regione esercita i seguenti compiti: a) svolge la funzione di indirizzo, coordinamento e controllo dell’attuazione delle disposizioni contenute nel presente capo; b) provvede a stipulare accordi per lo sviluppo dell’offerta di prodotti eco-compatibili, anche mediante forme di incentivazione di tipo economico e finanziario; c) definisce gli indirizzi generali per i comuni sugli orari ed i turni di apertura e chiusura degli impianti di distribuzione carburanti e rilascia il parere vincolante di conformità ai provvedimenti attuativi del presente capo, in merito alle istanze di realizzazione di nuovi impianti stradali e autostradali e alle modifiche relative ai soli impianti di gas di petrolio liquefatto (GPL) di gas metano, di idrogeno e di miscele metano-idrogeno. ARTICOLO 82 (Definizioni) 1. Ai fini dell’applicazione del presente capo e dei provvedimenti attuativi di cui all’articolo 83 si intende per: a) carburanti: le benzine, le miscele di benzine e olio lubrificante, il gasolio per autotrazione, il GPL per autotrazione, il gas metano, l’idrogeno, le miscele metano-idrogeno e i bio-carburanti indicati nell’Allegato I del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128 (Attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell’uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti) e ogni altro carburante per autotrazione conforme ai requisiti tecnici indicati per ciascun carburante nelle tabelle della commissione tecnica di unificazione dell’autoveicolo (CUNA); b) rete ordinaria: l’insieme degli impianti eroganti carburante per autotrazione, ubicati sulla rete stradale, ad esclusione degli impianti ubicati sulla rete autostradale, sui raccordi e sulle tangenziali classificate come autostrade, nonché degli impianti ad uso privato, per aeromobili e per natanti; c) impianto: il complesso commerciale unitario costituito da una o più colonnine di erogazione di carburante per autotrazione, nonché dai servizi e dalle attività economiche accessorie ed integrative; d) impianto self-service pre-pagamento: il complesso di apparecchiature per l’erogazione automatica di carburante senza l’assistenza di apposito personale con pagamento preventivo al rifornimento; e) impianto self-service post-pagamento: il complesso di apparecchiature per il comando e il controllo a distanza dell’erogatore da parte di apposito incaricato, con pagamento successivo al rifornimento; f) impianto non assistito: impianto funzionante unicamente in modalità self-service pre-pagamento, senza la presenza del gestore durante l’orario di apertura, ubicato esclusivamente nelle zone svantaggiate e prive di impianti; g) erogatore: l’insieme delle attrezzature che realizzano il trasferimento del carburante dall’impianto di distribuzione all’automezzo e ne misurano contemporaneamente le quantità trasferite ed il corrispondente importo; h) erogato: la quantità complessiva di prodotti venduti nell’anno dall’impianto sulla base dei dati risultanti dai prospetti riepilogativi delle chiusure forniti dall’agenzia delle dogane, ivi compresi quelli riguardanti il metano per autotrazione; i) ristrutturazione totale dell’impianto: il completo rifacimento dell’impianto comprendente la totale sostituzione o il riposizionamento delle attrezzature petrolifere; j) servizi accessori all’utente: servizi di erogazione e controllo aria ed acqua, servizi di lubrificazione, officina leggera, elettrauto, gommista, autolavaggio, offerta di aree attrezzate per camper, servizi igienici di uso pubblico, vendita accessori per l’auto, centro di informazioni turistiche, servizio fax e fotocopie, punto telefonico pubblico, servizi bancari, vendita di prodotti alimentari e non alimentari, somministrazione di alimenti e bevande, rivendita quotidiani e periodici, rivendita tabacchi, lotteria ed altre attività simili. ARTICOLO 83 (Provvedimenti di attuazione) 1. La Giunta regionale, sentita la consulta regionale carburanti di cui all’articolo 98 e previ studi di scenario affidati all’Istituto regionale di ricerca (IRER), trasmette per l’approvazione al Consiglio regionale il programma di qualificazione ed ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti contenente indicazioni relative a: a) gli obiettivi da perseguire per uno sviluppo equilibrato e concorrenziale della rete distributiva e gli indirizzi generali inerenti i requisiti qualitativi richiesti per i nuovi impianti, anche sotto il profilo urbanistico e della sicurezza; b) la definizione dei criteri di incompatibilità degli impianti; c) l’individuazione dei bacini di utenza, delineati in relazione alle caratteristiche economiche, territoriali e viabilistiche del territorio regionale al fine di monitorare l’evoluzione della rete distributiva; d) l’individuazione degli obiettivi di bacino ed i conseguenti strumenti per il raggiungimento degli stessi; e) l’individuazione delle aree carenti di impianti, territorialmente svantaggiate, nelle quali è possibile installare particolari tipologie di impianti e prevedere possibili specifiche agevolazioni per lo sviluppo qualitativo dell’offerta. 2. La Giunta regionale, sentita la consulta regionale carburanti, approva i provvedimenti relativi alle procedure per la realizzazione dei nuovi impianti e per le modifiche degli impianti esistenti, per i collaudi degli impianti, per il rilascio del parere vincolante di conformità alle disposizioni regionali sulle istanze di realizzazione di nuovi impianti stradali ed autostradali, comprese le modifiche relative ai soli impianti GPL, metano, idrogeno e miscele metano-idrogeno. ARTICOLO 84 (Sistema informativo) 1. La Regione rileva, attraverso un apposito sistema informatico, l’evoluzione della rete distributiva e delle sue caratteristiche qualitative e ne pubblica annualmente i risultati. 2. L’agenzia delle dogane, ai fini del rilevamento dell’evoluzione di cui al comma 1, previa convenzione, comunica annualmente agli uffici regionali competenti i dati relativi al prodotto erogato per ogni impianto e i dati relativi agli impianti ad uso privato. 3. I comuni, anche in collaborazione con i titolari delle autorizzazioni e con le associazioni che li rappresentano, comunicano alla Regione i dati riferiti agli impianti presenti sul proprio territorio e verificano quelli sui servizi accessori di cui all’articolo 82, comma 1, lettera j). ARTICOLO 85 (Competenze dei comuni) 1. I comuni esercitano le funzioni amministrative concernenti: a) il rilascio delle autorizzazioni per l’installazione degli impianti e l’esercizio dell’attività di distribuzione carburanti, comprese le concessioni di impianti autostradali; b) il rilascio delle autorizzazioni alle modifiche degli impianti, nei casi in cui sono richieste; c) il rilascio dell’autorizzazione per la rimozione dell’impianto; d) la definizione del piano urbanistico di localizzazione degli impianti stradali di distribuzione di carburanti di cui all’articolo 86,comma 2; e) la ricezione delle comunicazioni inerenti il prelievo o il trasporto dei carburanti in recipienti mobili di capacità complessiva superiore a cinquanta litri; f) il rilascio delle autorizzazioni per gli impianti di distribuzione di carburante ad uso privato, inclusi impianti per aeromobili e per natanti ad uso privato; g) il rilascio di autorizzazioni per impianti di distribuzione carburanti per natanti ed aeromobili ad uso pubblico; h) il rilascio delle autorizzazioni alla sospensione temporanea dell’esercizio degli impianti; i) la revoca, la sospensione e la decadenza delle autorizzazioni; j) la convocazione e il coordinamento della commissione di collaudo degli impianti nei casi previsti e l’autorizzazione al loro esercizio provvisorio qualora richiesta dal titolare dell’autorizzazione; k) l’applicazione delle sanzioni amministrative; l) le verifiche di incompatibilità degli impianti in relazione alla sicurezza viabilistica; m) le verifiche tecniche sugli impianti ai fini della sicurezza sanitaria ed ambientale ai sensi delle norme vigenti; n) l’applicazione della disciplina in materia di orari e di turni di servizio e l’autorizzazione delle eventuali deroghe; o) la ricezione delle comunicazioni relative alle modifiche degli impianti non soggette a preventiva autorizzazione e al trasferimento di titolarità dell’autorizzazione, di cui agli articoli 88 e 96. 2. Le competenze di cui al presente articolo sono esercitate avvalendosi dello sportello unico, e nel rispetto dei provvedimenti di cui all’articolo 83. ARTICOLO 86 (Localizzazione impianti) 1. I nuovi impianti di distribuzione di carburanti per autotrazione sono realizzati in conformità ai provvedimenti di cui all’articolo 83. 2. I comuni individuano i criteri di inquadramento territoriale, i requisiti e le caratteristiche urbanistiche delle aree private sulle quali possono essere installati i nuovi impianti di distribuzione carburanti, o realizzate le ristrutturazioni totali degli impianti esistenti, anche in relazione ad attività commerciali integrative. Contestualmente i comuni stabiliscono le norme applicabili a tali aree, comprese quelle sulle dimensioni delle superfici edificabili, in presenza delle quali i comuni stessi sono tenuti a rilasciare il permesso di costruire per la realizzazione dell’impianto. 3. La localizzazione degli impianti di carburanti costituisce un adeguamento degli strumenti di pianificazione comunale in tutte le zone e sottozone individuate dagli strumenti urbanistici comunali non sottoposte a vincoli paesaggistici, ambientali ovvero monumentali e non comprese nelle zone territoriali omogenee A e nei centri storici. 4. I comuni possono autorizzare l’installazione di nuovi impianti su aree di loro proprietà, appositamente individuate, nel rispetto di quanto previsto dai commi 1, 2 e 3. L’assegnazione è effettuata attraverso le procedure di evidenza pubblica. 5. Al fine di favorire una maggiore diffusione dei servizi accessori all’utente di cui all’articolo 82, comma 1, lettera j), nonché di prodotti a limitato impatto ambientale e l’autosufficienza energetica dell’impianto mediante fonti rinnovabili, i comuni individuano idonee forme di incentivazione anche mediante agevolazioni e deroghe di tipo urbanistico o interventi sulle volumetrie consentite. 6. Nelle zone classificate di iniziativa comunale (IC) dei piani territoriali di coordinamento dei parchi regionali, i comuni possono autorizzare l’installazione di impianti eroganti il prodotto metano e il prodotto GPL o uno solo dei due prodotti. Nelle altre zone dei piani territoriali di coordinamento dei parchi regionali, escluse le zone classificate aree naturali protette, è possibile prevedere la localizzazione di impianti eroganti il prodotto metano e il prodotto GPL o uno solo dei due prodotti, sulla rete ordinaria di viabilità stradale, fatte salve le dovute salvaguardie paesaggistiche e ove la localizzazione non comprometta, a parere dell’ente gestore del parco, rilevanti e documentati aspetti naturalistici. Nel caso in cui la localizzazione richieda opere di mitigazione e compensazione per il corretto inserimento dell’infrastruttura nel paesaggio il titolare dell’impianto vi provvede. ARTICOLO 87 (Nuovi impianti) 1. L’autorizzazione per l’installazione di nuovi impianti stradali di carburanti è di competenza del comune ed è subordinata esclusivamente alle seguenti verifiche di conformità a: a) disposizioni degli strumenti urbanistici comunali; b) prescrizioni fiscali; c) prescrizioni concernenti la sicurezza sanitaria, ambientale e stradale; d) disposizioni per la tutela dei beni storici e artistici; e) provvedimenti di cui all’articolo 83; f) parere vincolante di conformità di cui all’articolo 81, comma 2, lettera c); g) adempimenti di cui all’articolo 89, comma 2, fino al raggiungimento del numero minimo di impianti di cui al comma 1 dello stesso; h) verifica di compatibilità degli impianti rispetto alla sicurezza viabilistica da attestarsi con riferimento ai vincoli relativi alle condizioni di sicurezza previsti dal regolamento regionale 24 aprile 2006, n. 7 (Norme tecniche per la costruzione delle strade) e dalle sue norme tecniche attuative e loro successive modifiche e integrazioni. Per quanto non previsto dal regolamento regionale, si applicano le norme in materia stabilite dal codice della strada e dal relativo regolamento di attuazione, nonché quelle stabilite dalle province e dagli altri enti proprietari o concessionari delle strade. 2. L’autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata dal comune che, a tal fine, indice una conferenza di servizi ai sensi dell’articolo 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), alla quale partecipano: a) la Regione, per il parere vincolante di conformità di cui all’articolo 81, comma 2, lettera c); b) l’ASL territorialmente competente, per gli aspetti di sicurezza sanitaria; c) l’azienda regionale per l’ambiente (ARPA) territorialmente competente, per gli aspetti di sicurezza e tutela dell’ambiente; d) il comando provinciale dei vigili del fuoco e l’ente proprietario della strada, per il parere di conformità alle norme tecniche e di sicurezza vigenti in materia di rispettiva competenza. 3. In caso di inerzia del comune nell’indizione della conferenza di servizi nei termini individuati dai provvedimenti attuativi di cui all’articolo 83, comma 2, la Regione dispone, previa diffida ad adempiere, per l’indizione della conferenza di servizi. 4. Qualora il comune, previa richiesta scritta, entro un termine prestabilito comunque non inferiore a trenta giorni, raccolga dai soggetti invitati alla conferenza di servizi di cui al comma 2 pareri tutti positivi,procede al rilascio dell’autorizzazione senza dare luogo alla conferenza, dandone comunicazione a tutti i soggetti interessati. 5. Contestualmente all’autorizzazione di cui al comma 1, il comune rilascia il permesso a costruire di cui all’articolo 86, comma 2. 6. L’autorizzazione è subordinata al rispetto delle prescrizioni di prevenzione incendi secondo le procedure di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37 (Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell’articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59). 7. La richiesta di autorizzazione si intende accolta se, trascorsi centoventi giorni dalla data di presentazione della stessa, risultante dal protocollo comunale, il comune non comunica il diniego all’interessato. Al silenzio-assenso si applicano gli articoli 4 e 5 della legge regionale 22 luglio 2002, n. 15 (Legge di semplificazione 2001. Semplificazione legislativa mediante abrogazione di leggi regionali. Interventi di semplificazione amministrativa e delegificazione). 8. I comuni appartenenti alle comunità montane ed i piccoli comuni di cui alla legge regionale 5 maggio 2004, n. 11 (Misure di sostegno a favore dei piccoli comuni della Lombardia) possono autorizzare, anche in deroga ai vincoli stabiliti dal presente testo unico, l’apertura di un nuovo punto vendita di distribuzione carburanti nel caso ne siano sprovvisti e non esistano altri impianti a distanza stradale inferiore a 4 chilometri dall’impianto che si prevede di realizzare. Le procedure amministrative ed ogni altra previsione relativa all’applicazione del presente comma sono determinate dai provvedimenti di cui all’articolo 83. ARTICOLO 88 (Modifiche degli impianti) 1. Sono soggette a preventiva comunicazione al comune territorialmente competente le seguenti modifiche degli impianti di distribuzione carburanti: a) sostituzione di colonnine a semplice o doppia erogazione con altre a doppia o multipla erogazione e viceversa, per prodotti già autorizzati; b) aumento o diminuzione del numero di colonnine, per prodotti già autorizzati; c) installazione di apparecchi accettatori di carte di credito; d) cambio di destinazione delle colonnine, per prodotti già autorizzati; e) cambio di destinazione dei serbatoi e conseguenti modifiche dei collegamenti meccanici, per prodotti già autorizzati; f) variazione del numero o delle capacità di stoccaggio dei serbatoi o del loro posizionamento, per prodotti già autorizzati; g) detenzione o variazione delle quantità di olio lubrificante o di petrolio lampante adulterato per riscaldamento domestico, confezionati nei prescritti recipienti, detenuti presso l’impianto, per la vendita al pubblico; h) installazione di apparecchiature self-service post-pagamento, nonché di apparecchiature self-service pre-pagamento o estensione di quelle esistenti ad altri prodotti già autorizzati; i) installazione di colonnine per l’alimentazione di veicoli elettrici; j) ogni altra modifica alle attrezzature petrolifere dell’impianto non espressamente elencate al comma 3. 2. Ai fini di cui al comma 1, il titolare dell’autorizzazione invia al comune, alla Regione, ai vigili del fuoco e all’agenzia delle dogane competenti per territorio, all’ente proprietario della strada o alla società titolare della concessione autostradale, apposita comunicazione nella quale attesta che le modifiche rispettano le norme edilizie, urbanistiche, ambientali, fiscali, di sicurezza sanitaria e stradale e di prevenzione incendi. Le modifiche di cui al comma 1 non sono soggette a collaudo, né alla procedura di esercizio provvisorio. 3. Sono soggette a preventiva autorizzazione del comune competente le seguenti modifiche degli impianti di distribuzione carburanti: a) aggiunta di nuovi prodotti petroliferi o idrocarburi diversi da quelli già autorizzati; b) ristrutturazione totale dell’impianto; c) trasformazione di impianti da servito in impianti non assistiti da personale, funzionanti esclusivamente in modalità self-service pre-pagamento. 4. Le procedure amministrative ed ogni altra disposizione relativa all’applicazione del presente articolo sono determinate dai provvedimenti di cui all’articolo 83. Alle modifiche soggette a preventiva autorizzazione si applica la disciplina del silenzio-assenso di cui all’articolo 87, comma 7. ARTICOLO 89 (Misure per il completamento della rete distributiva di metano) 1. Per perseguire le finalità di cui all’articolo 81, comma 1, lettera d), e al fine di assicurare un’adeguata ed equilibrata copertura della rete distributiva di metano, la Regione stabilisce il numero minimo di impianti di carburante a metano per la rete autostradale e, per ciascun bacino di utenza, per la rete ordinaria. 2. Fino al raggiungimento del numero minimo di impianti di cui al comma 1, rispettivamente sulla rete autostradale e, distintamente in ciascun bacino di utenza, sulla rete ordinaria, per le nuove aperture di impianti di distribuzione carburanti è fatto obbligo di dotarsi del prodotto metano. I nuovi impianti con più prodotti petroliferi non possono essere messi in esercizio se non assicurano fin da subito l’erogazione del prodotto metano. Il comune, su richiesta del titolare dell’autorizzazione o della concessione e previo parere vincolante della direzione generale competente della Giunta regionale, può concedere, sia sulla rete ordinaria sia nel caso di impianti autostradali, deroghe motivate, solo in caso di impianti completamente realizzati, relativamente a ritardi dovuti all’allacciamento della rete di fornitura del gas metano non imputabili al titolare dell’autorizzazione o della concessione autostradale. 3. La Regione e gli operatori del settore, anche attraverso le loro associazioni di rappresentanza, possono stipulare specifici accordi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1. 4. La Giunta regionale può prevedere deroghe motivate agli obblighi di cui al comma 2 del presente articolo e al comma 8 dell’articolo 90, secondo criteri e modalità dalla stessa definiti con apposita deliberazione. ARTICOLO 90 (Impianti autostradali) 1. Il comune rilascia il provvedimento di concessione relativo all’installazione e all’esercizio degli impianti di distribuzione di carburanti ubicati lungo le autostrade e i raccordi autostradali secondo le specifiche modalità previste dai provvedimenti di cui all’articolo 83, che disciplinano anche i trasferimenti di titolarità delle concessioni e le modifiche degli impianti. 2. La concessione ha validità di diciotto anni ed è soggetta a rinnovo. 3. Per le concessioni inerenti all’installazione degli impianti e all’esercizio dell’attività di distribuzione carburanti ubicati lungo le autostrade e i raccordi autostradali, il comune indice una conferenza di servizi ai sensi dell’articolo 14 e seguenti della legge 241/1990, alla quale partecipano: a) la Regione , per il parere vincolante di conformità di cui all’articolo 81, comma 2, lettera c); b) l’ASL territorialmente competente, per gli aspetti di sicurezza sanitaria; c) l’ARPA territorialmente competente, per gli aspetti di sicurezza e tutela dell’ambiente; d) il comando provinciale dei vigili del fuoco e l’ente proprietario della strada, per il parere di conformità, secondo le rispettive competenze, alle norme tecniche e di sicurezza vigenti in materia; 4. In caso di inerzia del comune nell’indizione della conferenza di servizi entro i termini individuati dai provvedimenti di cui all’articolo 83, la Giunta regionale, previa diffida ad adempiere, indice la conferenza di servizi. 5. La concessione è subordinata, oltre a quanto stabilito dal comma 8 e al possesso dei requisiti di cui all’articolo 93, all’accertamento della capacità tecnico-organizzativa ed economica richiesta dall’articolo 16, comma 3, del decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745 (Provvedimenti straordinari per la ripresa economica) convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 1970, n. 1034, al fine di garantire l’espletamento del pubblico servizio di distribuzione carburanti. 6. Il trasferimento della titolarità della concessione relativa agli impianti autostradali di distribuzione di carburanti è soggetto ad autorizzazione del comune. A tal fine la società subentrante presenta apposita domanda al comune competente, redatta secondo le modalità individuate dai provvedimenti di cui all’articolo 83 e sottoscritta per assenso dalla società titolare della concessione. 7. Il comune, verificata la completezza della richiesta di trasferimento della titolarità della concessione, anche in relazione ai documenti allegati alla stessa, individuati dai provvedimenti di cui all’articolo 83, emette il provvedimento d’autorizzazione. 8. Gli impianti collocati sulle autostrade e sui raccordi autostradali in sede di rilascio o rinnovo della concessione devono dotarsi del prodotto metano. ARTICOLO 91 (Impianti di distribuzione ad uso privato) 1. Per impianto di distribuzione carburanti per autotrazione ad uso privato si intendono tutte le attrezzature fisse o mobili ubicate in spazi all’interno di stabilimenti, cantieri, magazzini e simili di proprietà o in uso esclusivo, destinate al rifornimento di automezzi di proprietà o in leasing in detenzione al titolare dell’autorizzazione, con esclusione delle attrezzature fisse o mobili destinate ai carburanti agevolati per uso agricolo. Per questa tipologia di impianti vige il divieto di cessione di carburanti a terzi, sia a titolo oneroso sia gratuito. 2. Gli automezzi di proprietà o in uso esclusivo delle compagnie aeree e tutti quelli adibiti esclusivamente alle attività operative all’interno del sedime aeroportuale possono rifornirsi di carburante, in deroga al divieto di cui al comma 1, presso gli impianti ad uso privato situati all’interno degli aeroporti internazionali previo accordo con i soggetti che gestiscono gli stessi aeroporti situati nel territorio regionale. 3. Nel caso di autorizzazioni rilasciate a enti pubblici o società a partecipazione maggioritaria pubblica, gli stessi possono rifornire, oltre agli automezzi di proprietà o in leasing, anche automezzi di proprietà o in leasing di altri enti o società pubbliche da loro controllate. 4. L’autorizzazione degli impianti è rilasciata dal comune nel rispetto dei criteri e delle procedure stabilite dai provvedimenti di cui all’articolo 83. ARTICOLO 92 (Impianti per natanti e aeromobili) 1. Gli impianti per il rifornimento di natanti e quelli per il rifornimento di aeromobili ad uso pubblico e le loro modifiche sono autorizzati dal comune nel quale ha sede l’impianto secondo le procedure previste per gli impianti di distribuzione della rete stradale, in conformità a quanto previsto dai provvedimenti di cui all’articolo 83, che disciplinano anche le deroghe alla programmazione regionale degli impianti stessi. 2. Gli impianti devono essere adibiti all’esclusivo rifornimento di natanti o aeromobili con impossibilità di rifornimento di autoveicoli. 3. Gli impianti per il rifornimento di natanti e quelli per il rifornimento di aeromobili ad uso privato sono autorizzati dal comune alle medesime condizioni e nel rispetto della disciplina applicabile per gli impianti di distribuzione carburanti per autotrazione ad uso privato, nonché in conformità a quanto previsto dai provvedimenti di cui all’articolo 83. ARTICOLO 93 (Requisiti soggettivi del richiedente) 1. Il richiedente l’autorizzazione per l’installazione e l’esercizio di un impianto stradale di distribuzione carburanti per autotrazione deve essere in possesso dei seguenti requisiti: a) aver compiuto diciotto anni; b) essere cittadino italiano, o persona giuridica italiana o degli Stati dell’Unione europea, oppure società aventi la sede legale in Italia o negli Stati dell’Unione europea; oppure persona fisica o giuridica avente nazionalità di Stati che ammettano i cittadini, gli enti e le società italiane all’esercizio dell’attività di distribuzione di carburanti per uso di autotrazione. 2. L’autorizzazione non può essere rilasciata a coloro che: a) hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna per delitto non colposo per il quale è prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a due anni e nel massimo a cinque anni, o una condanna che comporta la interdizione dai pubblici uffici di durata superiore a tre anni, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione; b) sono sottoposti ad una delle misure di prevenzione di cui alla l. 1423/1956, o nei cui confronti è stata applicata una delle misure previste dalla l. 575/1965, ovvero sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione. 3. Il divieto di esercizio dell’attività di distribuzione carburanti ai sensi del comma 2, lettera b), permane per la durata di tre anni a decorrere dal giorno in cui la pena è stata scontata o si sia in altro modo estinta. Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, non si applica il divieto di esercizio dell’attività. 4. In caso di società i requisiti di cui al comma 2 sono posseduti dal legale rappresentante o da altra persona specificatamente preposta all’attività di distribuzione carburanti. ARTICOLO 94 (Collaudo ed esercizio provvisorio) 1. Ad ultimazione dei lavori e prima della messa in esercizio, i nuovi impianti, gli impianti sottoposti a ristrutturazione totale e quelli potenziati con i prodotti metano e GPL devono essere collaudati, su richiesta del titolare dell’autorizzazione, da apposita commissione nominata dal comune e composta da rappresentanti designati: a) dal comune, il cui rappresentante svolge le funzioni di presidente; b) dal comando provinciale dei vigili del fuoco; c) dall’agenzia delle dogane competente per territorio; d) dall’ASL competente per territorio; e) dall’ARPA competente per territorio. 2. Il collaudo è effettuato entro il termine perentorio di sessanta giorni dal ricevimento, da parte del comune, della richiesta dell’interessato. In attesa del collaudo il comune autorizza, su richiesta del titolare dell’autorizzazione, l’esercizio provvisorio dell’impianto; a tal fine il titolare dell’autorizzazione presenta al comune la dichiarazione di inizio attività convalidata dal comando provinciale dei vigili del fuoco ai sensi dell’articolo 3, DPR 37/1998. Gli oneri del collaudo sono a carico del richiedente. Scaduto il termine di sessanta giorni per l’effettuazione del collaudo il titolare dell’autorizzazione può presentare al comune competente idonea autocertificazione e perizia attestante la conformità dell’impianto al progetto approvato, sostitutive, a tutti gli effetti, del collaudo. 3. La procedura di cui al comma 2 può avere ad oggetto le apparecchiature destinate al contenimento o all’erogazione del prodotto GPL e del prodotto metano. 4. Le procedure e le modalità per il collaudo e per l’autorizzazione all’esercizio provvisorio dell’impianto sono definite dai provvedimenti di cui all’articolo 83. ARTICOLO 95 (Sospensione volontaria dell’attività) 1. L’esercizio degli impianti stradali di distribuzione carburanti può essere sospeso, per un periodo non superiore a dodici mesi, previa autorizzazione del comune, rilasciata su motivata richiesta del titolare. 2. La proroga della sospensione, per un ulteriore periodo non superiore a dodici mesi, può essere autorizzata solo per documentati motivi che devono essere comunicati al comune prima del termine dell’originaria scadenza. 3. Le procedure relative agli impianti la cui attività è temporaneamente sospesa e alle verifiche dei comuni in relazione alla riattivazione degli stessi sono stabilite dai provvedimenti di cui all’articolo 83. ARTICOLO 96 (Trasferimento di titolarità dell’autorizzazione) 1. Le parti interessate comunicano al comune, alla Regione, al comando dei vigili del fuoco e all’agenzia delle dogane competenti il trasferimento della titolarità dell’autorizzazione di un impianto stradale di distribuzione carburanti attivo e funzionante, o la cui attività sia temporaneamente sospesa con apposita autorizzazione comunale, entro quindici giorni dalla data di registrazione dell’atto di compravendita ovvero dalla data di registrazione dell’atto di cessione o affitto di azienda o di ramo di azienda. Alla comunicazione è allegata copia dell’atto registrato. 2. Il subentrante allega alla comunicazione di cui al comma 1 anche la documentazione comprovante il possesso dei requisiti soggettivi di cui all’articolo 93. ARTICOLO 97 (Comunicazioni agli utenti) 1. I gestori degli impianti di distribuzione dei carburanti per autotrazione espongono in modo visibile al pubblico idoneo cartello, fornito dai titolari delle autorizzazioni e posizionato in prossimità degli accessi recante: a) i prezzi praticati alla pompa erogati secondo le modalità del servizio offerto; b) l’orario di apertura ed i turni di apertura degli impianti. ARTICOLO 98 (Consulta regionale carburanti) 1. È istituita, senza oneri aggiuntivi al bilancio regionale, la consulta regionale carburanti con compiti consultivi di analisi e di formulazione di proposte in ordine al processo di qualificazione e ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti, nonché di monitoraggio dell’andamento dei relativi prezzi, al fine di fornire una informazione completa, semplice e trasparente ai consumatori. La Giunta regionale, sentito il parere della commissione consiliare competente, ne stabilisce con apposito provvedimento la composizione, il funzionamento e la durata. 2. La consulta è costituita con decreto della direzione regionale competente. ARTICOLO 99 1. La vigilanza sull’osservanza delle disposizioni contenute nella presente legge spetta ai comuni. 2. Sono fatti salvi i controlli di natura fiscale e quelli inerenti alla tutela della sicurezza pubblica e alla sicurezza sanitaria, ambientale e stradale previsti dalle normative di settore. ARTICOLO 100 (Revoca, sospensione e decadenza dell’autorizzazione) 1. Le autorizzazioni relative agli impianti di distribuzione di carburanti sono revocate dal comune in caso di: a) sospensione non autorizzata dell’esercizio dell’attività dell’impianto, previa diffida alla riapertura entro un termine compreso fra un minimo di quindici giorni ed un massimo di sessanta definito dal comune; b) cessione di carburanti a terzi a titolo oneroso o gratuito negli impianti ad uso privato di cui all’articolo 91; c) esercizio dell’impianto in assenza del preventivo collaudo o autorizzazione all’esercizio provvisorio di cui all’articolo 94. Nel caso di singoli componenti dell’impianto non collaudati, la revoca viene disposta solo per gli stessi; d) impianto risultato non compatibile dopo le verifiche di cui all’articolo 85, comma 1, lettera l). 2. Nel caso di cui al comma 1, lettera d), il provvedimento di revoca è sospeso per un periodo massimo di dodici mesi, qualora il titolare dell’autorizzazione dell’impianto incompatibile dichiari di voler realizzare un nuovo impianto. Trascorso tale termine il provvedimento di revoca è definitivo. 3. Il comune può sospendere l’autorizzazione con provvedimento motivato, per un periodo definito, nei seguenti casi: a) esercizio dell’impianto in violazione delle prescrizioni in materia di sicurezza sanitaria, di tutela ambientale e di prevenzione incendi. La sospensione dura fino a quando il titolare dell’autorizzazione non adempia, nel termine fissato dal provvedimento di sospensione, alle prescrizioni previste dalle normative di riferimento. Nel caso di mancata ottemperanza alle prescrizioni nel termine assegnato, salvo proroga per gravi e comprovati motivi, il comune procede alla revoca dell’autorizzazione; b) esercizio dell’impianto in difformità da quanto stabilito nell’autorizzazione, sino alla eliminazione delle difformità. 4. La decadenza dell’autorizzazione, dichiarata dal comune interessato, si verifica nei seguenti casi: a) quando il titolare dell’autorizzazione non attivi l’impianto entro ventiquattro mesi dal suo rilascio, salvo proroga concessa su richiesta dell’interessato, per gravi e comprovati motivi; b) quando il titolare dell’autorizzazione per impianti metano non attivi l’impianto entro un anno dal suo rilascio o dalla maturazione del silenzio assenso, salvo proroga concessa su richiesta dell’interessato, per gravi e comprovati motivi; c) perdita da parte del titolare dell’autorizzazione dei requisiti soggettivi di cui all’articolo 93; d) rimozione degli impianti senza la preventiva autorizzazione comunale; 5. Le autorizzazioni revocate e decadute non sono utilizzabili ai fini della rilocalizzazione degli impianti in relazione alla programmazione regionale della rete distributiva di cui all’articolo 83. ARTICOLO 101 (Sanzioni amministrative) 1. E’ sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 20.000 euro a 80.000 euro e alla sanzione accessoria della confisca del prodotto e delle attrezzature non autorizzate chiunque installi impianti di distribuzione carburanti o eserciti l’attività di distribuzione senza la preventiva autorizzazione. E’ sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 8.000 euro e alla confisca delle attrezzature chiunque realizzi modifiche agli impianti espressamente soggette ad autorizzazione, senza la preventiva autorizzazione. 2. E’ sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria di 5.000 euro e alla sanzione accessoria della confisca del prodotto e delle attrezzature non autorizzate chiunque: a) installi, senza preventiva autorizzazione, impianti di distribuzione carburanti ad uso privato; b) violi il divieto di cui all’articolo 91, comma 1; c) eserciti l’attività di distribuzione carburanti ad uso privato, senza la preventiva autorizzazione. 3. È sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 2.000 euro chiunque violi le disposizioni regionali e comunali in materia di orari di apertura e di chiusura degli impianti di carburante. In caso di recidiva, oltre alla sanzione amministrativa, può essere disposta la chiusura dell’impianto fino ad un massimo di quindici giorni. 4. È sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 2.000 euro chiunque non adempia all’obbligo di pubblicizzazione dei prezzi praticati, degli orari e dei turni di apertura dell’impianto secondo le modalità previste dall’articolo 97. 5. L’applicazione delle sanzioni previste dai commi 1, 2, 3 e 4, è di competenza del comune ove è installato l’impianto. 6. Il procedimento per l’applicazione delle sanzioni previste dal presente articolo è regolato dalla l.r. 90/1983. ARTICOLO 102 (Norma transitoria in materia di localizzazione degli impianti) 1. All’entrata in vigore del presente testo unico continuano ad applicarsi i piani urbanistici di localizzazione di cui all’articolo 86, comma 2, già adottati dai comuni in applicazione dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32 (Razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, a norma dell’articolo 4, comma 4, lett. c) della legge 15 marzo 1997, n. 59). 2. Nei comuni che alla data di entrata in vigore del presente testo unico siano privi del piano urbanistico di localizzazione degli impianti stradali di distribuzione di carburante, la localizzazione dei nuovi impianti continua ad avvenire in conformità alle disposizioni stabilite dalla deliberazione della Giunta regionale 29 febbraio 2000, n. VI/48714 (Individuazione, in via sostitutiva, dei requisiti e delle caratteristiche delle aree, per la localizzazione degli impianti stradali di distribuzione carburanti, ai sensi dell’Articolo 1, comma 2, del d.lgs. 8 settembre 1999, n. 346 come modificato dalla l. 28 dicembre 1999, n. 496, da applicare nei casi di inadempimento da parte dei Comuni), pubblicata sul B.U.R.L. n. 11 Serie Ordinaria del 13 marzo 2000. TITOLO III Regolazione della condotta Capo I Orari ARTICOLO 103 (Orari delle attività di vendita al dettaglio in sede fissa) 1. Gli orari di apertura e di chiusura al pubblico degli esercizi commerciali di vendita al dettaglio in sede fissa sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo e dei criteri adottati dai comuni, sentite le organizzazioni maggiormente rappresentative dei consumatori, delle imprese e dei lavoratori dipendenti del comparto commerciale, anche in raccordo con le indicazioni del piano territoriale degli orari di cui alla legge regionale 28 ottobre 2004, n. 28 (Politiche regionali per il coordinamento e l’amministrazione dei tempi delle città), ove approvato. 2. Gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio in sede fissa possono restare aperti al pubblico nei giorni feriali dalle ore sette alle ore ventidue. Nel rispetto di tale fascia oraria l’esercente può liberamente determinare l’orario di apertura e di chiusura del proprio esercizio non superando comunque il limite di tredici ore giornaliere. L’osservanza della mezza giornata di chiusura infrasettimanale è facoltativa. 3. I comuni, con le modalità di cui al comma 1 e fermo restando il limite delle tredici ore giornaliere, possono: a) estendere la fascia oraria di apertura al pubblico degli esercizi commerciali di vendita al dettaglio in sede fissa tra le ore cinque e le ore ventiquattro; b) autorizzare, per particolari esigenze di servizio al cittadino, specifiche deroghe all’orario di apertura mattutino di cui alla lettera a). 4. Salvo deroghe motivate da parte dei comuni interessati, non è consentita la vendita di pane la cui panificazione è effettuata nelle giornate domenicali e festive. 5. Gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio in sede fissa, nel corso dell’anno solare e nel rispetto dei limiti di cui ai commi 2, 3 e 14, possono restare aperti al pubblico: a) nella prima domenica dei mesi da gennaio a novembre; b) nell’ultima domenica di uno dei mesi di maggio, agosto o novembre; c) nelle giornate domenicali e festive del mese di dicembre; d) in altre cinque giornate domenicali e festive scelte dai comuni in relazione alle esigenze locali. 6. I comuni, su proposta degli esercenti e sentite le organizzazioni di cui al comma 1, individuano le giornate di cui al comma 5, lettera d), entro il 30 novembre di ogni anno. 7. Entro il termine di cui al comma 6 e fermo il disposto dei commi 5 e 13, lettera d), il comune può autorizzare l’apertura domenicale e festiva fino a un massimo di ulteriori dieci giornate annue per: a) i comuni capoluogo di provincia, limitatamente alle zone diverse dal centro storico, previo accordo con le organizzazioni di cui al comma 1; b) gli esercizi, organizzati anche in forma unitaria, aventi superficie di vendita non inferiore a 10.000 metri quadrati, denominati factory outlet center, specializzati nella vendita di prodotti appartenenti al settore merceologico non alimentare al fine di esitare esclusivamente articoli invenduti di fine serie, fallati, collezioni di anni precedenti e prodotti campionari, previo accordo con le organizzazioni di cui al comma 1. 8. La Giunta regionale può autorizzare, per gli ambiti di cui al comma 7, lettera b), un ulteriore incremento di giornate di apertura domenicale e festiva a seguito di motivata richiesta del comune interessato e previo accordo dello stesso con le organizzazioni delle imprese e dei lavoratori dipendenti del comparto commerciale più rappresentative a livello provinciale, sentite le associazioni dei consumatori; limitatamente alle organizzazioni delle imprese, in caso di mancato accordo a livello provinciale, con quella più rappresentativa a livello regionale. 9. Il comune può autorizzare, per gli ambiti territoriali di cui all’articolo 5, un incremento di giornate di apertura domenicale e festiva delle attività commerciali ulteriore rispetto a quello di cui ai commi 5, 6, 7 e 8, concordate con le organizzazioni delle imprese e dei lavoratori dipendenti del comparto commerciale più rappresentative a livello provinciale interessate dal distretto. 10. I comuni, nel valutare le ulteriori aperture di cui ai commi 8 e 9, tengono conto in particolare degli impegni assunti dalle imprese commerciali interessate per la salvaguardia e, ove possibile, la crescita del livello occupazionale. 11. Nel rispetto dei limiti di cui ai commi 2, 3 e 14, l’apertura al pubblico nelle giornate domenicali e festive è consentita, con riferimento all’intero anno solare, agli esercizi commerciali di vendita al dettaglio in sede fissa aventi superficie di vendita fino a 250 metri quadrati. 12. In deroga a quanto previsto dal presente articolo, nei comuni nei quali si svolgono i mercati domenicali o festivi a valenza storica o di particolare pregio di cui all’articolo 18, è consentita l’apertura al pubblico degli esercizi commerciali limitatamente alle giornate e agli orari in cui si svolgono tali mercati. 13. Nel rispetto dei limiti di cui ai commi 2, 3 e 14, l’apertura al pubblico nelle giornate domenicali e festive è consentita negli ambiti territoriali a forte attrattività, così individuati: a) i comuni montani che siano sedi di impianti sciistici; b) i comuni rivieraschi dei laghi lombardi di cui all’allegato A della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), con esclusione dei capoluoghi di provincia e limitatamente ai laghi nei quali è presente un servizio pubblico di navigazione di linea per il trasporto di persone e cose; c) i comuni sedi di stabilimenti termali riconosciuti ai sensi della disciplina regionale vigente; d) i centri storici dei comuni capoluogo di provincia, come delimitati dagli strumenti urbanistici; e) i comuni sui quali insiste il sedime degli aeroporti di Malpensa, Linate, Orio al Serio e Montichiari, entro un raggio di 500 metri in linea d’aria a partire dagli accessi al pubblico allo scalo, esclusivamente per le strutture di vendita a supporto dello sviluppo aeroportuale. 14. Salvo non coincida con la festa patronale e salvo deroghe motivate da parte dei comuni, non è consentita l’apertura al pubblico delle attività di vendita nelle seguenti giornate domenicali o festive: a) 1° gennaio; b) Pasqua; c) 25 aprile; d) 1° maggio; e) 15 agosto; f) 25 dicembre pomeriggio; g) 26 dicembre. 15. Salvo che non coincidano con la giornata di sabato, nel caso di deroga ad una o più delle festività di cui al comma 14, le stesse sono computate tra quelle di cui al comma 5, lettera d). 16. L’esercente è tenuto a rendere noto al pubblico l’orario di effettiva apertura e chiusura del proprio esercizio mediante cartelli o altri mezzi idonei di informazione. 17. Le disposizioni del presente articolo, ad eccezione del comma 16 e degli articoli 104 e 105, non si applicano alle seguenti tipologie di attività, purché esercitate in forma esclusiva o comunque su almeno l’80 per cento della superficie di vendita dell’esercizio: a) rivendite di generi di monopolio; b) rivendite di giornali, riviste e periodici; c) gelaterie, gastronomie, rosticcerie e pasticcerie; d) esercizi specializzati nella vendita di bevande, fiori, piante, articoli di giardinaggio, mobili, libri, materiali audiovisivi, opere d’arte, oggetti di antiquariato, stampe, cartoline, articoli ricordo, oggetti religiosi e artigianato locale; e) esercizi di vendita interni alle sale cinematografiche, ai campeggi, ai villaggi turistici ed alberghieri, situati nelle aree e nelle stazioni di servizio lungo le autostrade, nonché nelle stazioni ferroviarie, aeroportuali, lacuali e fluviali. 18. I comuni possono autorizzare, in base alle esigenze dell’utenza e alle particolari caratteristiche del territorio, l’esercizio dell’attività di vendita in orario notturno esclusivamente per un limitato numero di esercizi di vicinato. ARTICOLO 104 (Sanzioni delle violazioni della disciplina degli orari) 1. Le violazioni delle disposizioni in materia di obbligo di chiusura degli esercizi di vendita al dettaglio in sede fissa di cui all’articolo 103 nelle giornate domenicali e festive sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 2.000 euro per la tipologia di esercizi di vicinato, da 2.000 euro a 5.000 euro per la tipologia delle medie strutture di vendita e da 5.000 euro a 30.000 euro per la tipologia delle grandi strutture di vendita. 2. Si ha reiterazione quando nei cinque anni successivi alla commissione della violazione di cui al comma 1, accertata con provvedimento esecutivo, sia stata commessa la medesima violazione. In caso di più contestazioni di violazioni dell’obbligo di cui al comma 1 nell’arco di un quinquennio, il sindaco, oltre alla sanzione amministrativa pecuniaria, dispone la sospensione dell’attività di vendita per un periodo compreso tra due e sette giorni consecutivi. Il provvedimento di sospensione è disposto anche qualora il contravventore abbia effettuato il pagamento della sanzione pecuniaria in misura ridotta relativamente alle violazioni contestate. 3. Le violazioni delle disposizioni di cui all’articolo 103, commi 2, 3, 4 e 16, sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro a 200 euro per gli esercizi di vicinato, da 1.000 euro a 3.000 euro per la tipologia delle medie strutture di vendita e da 3.000 euro a 10.000 euro per la tipologia delle grandi strutture di vendita. ARTICOLO 105 (Clausola valutativa) 1. La Giunta regionale informa il Consiglio regionale dell’attuazione della legge e dei risultati da essa ottenuti nell’ampliare e diversificare l’apertura degli esercizi commerciali. 2. Ai fini di cui al comma 1, la Giunta regionale trasmette al Consiglio regionale una relazione triennale che fornisce risposte documentate ai seguenti quesiti: a) in che misura e con quali modalità gli esercenti hanno utilizzato le opportunità di apertura domenicale e festiva, in relazione alla dimensione degli esercizi commerciali ed alla loro distribuzione territoriale; b) quali azioni sono state intraprese dalla Regione e dai comuni per incentivare le iniziative delle associazioni di categoria delle imprese commerciali finalizzate all’animazione dei centri urbani ed alla promozione delle attività commerciali ai sensi degli articoli da 136 a 141; c) in che misura e con quali modalità i comuni hanno regolato gli orari commerciali; d) in che misura e con quali modalità le iniziative di diversificazione e ampliamento delle aperture degli esercizi commerciali sono state inserite nei piani territoriali degli orari dei comuni che si sono dotati di questo strumento; e) quali soluzioni organizzative e quali tipologie di lavoro sono state prevalentemente utilizzate dagli esercenti per far fronte alle aperture domenicali e festive, in relazione alla dimensione degli esercizi commerciali ed alla loro distribuzione territoriale. ARTICOLO 106 (Provvedimenti di attuazione in materia di orari e turni degli impianti di distribuzione carburanti) 1. La Giunta regionale, sentita la consulta regionale carburanti, approva gli indirizzi generali per gli orari ed i turni di apertura e chiusura degli impianti. ARTICOLO 107 (Disposizioni in materia di orari e turni di servizio degli impianti di distribuzione carburanti) 1. Le variazioni degli orari di servizio, all’interno della fascia consentita, richieste dai gestori degli impianti di distribuzione carburanti al fine di sopperire ad accresciute necessità connesse a particolari periodi o situazioni dell’anno sono autorizzate dai comuni senza la necessità di previo nulla osta regionale. I comuni danno comunicazione alla Regione delle variazioni di orario autorizzate. 2. Le variazioni dei turni di servizio degli impianti di distribuzione di carburanti sono autorizzate dai comuni senza la necessità di previo nulla osta regionale. Resta fermo l’obbligo di acquisire il previo nulla osta regionale per le autorizzazioni concernenti il servizio notturno. 3. I comuni devono trasmettere alla Regione copia delle autorizzazioni di cui ai commi 1 e 2. ARTICOLO 108 (Orari degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande) 1. Gli orari di apertura e chiusura al pubblico degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico, compresi quelli nei quali vengono svolte congiuntamente attività di vendita di beni o servizi, sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti entro i limiti stabiliti dal sindaco, sentito il parere della commissione di cui all’articolo 78 e in conformità agli indirizzi generali di cui all’articolo 68, comma 1. 2. Gli esercizi devono rispettare l’orario prescelto e devono pubblicizzarlo mediante l’esposizione di appositi cartelli all’interno e all’esterno dell’esercizio. 3. La Giunta regionale, sentite le associazioni dei pubblici esercizi, il Comitato regionale per la tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti di cui alla legge regionale 3 giugno 2003, n. 6 (Norme per la tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti) e la competente commissione consiliare, emana direttive ai comuni per la fissazione degli orari degli esercizi che svolgono attività di intrattenimenti musicali e danzanti congiuntamente alla somministrazione di alimenti e bevande. ARTICOLO 109 (Chiusura temporanea degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande) 1. Il titolare dell’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande aperto al pubblico comunica al sindaco la chiusura temporanea dell’esercizio solo se superiore a trenta giorni consecutivi. 2. Il sindaco, al fine di assicurare all’utenza idonei livelli di servizio, può predisporre, sentito il parere della commissione di cui all’articolo 78, programmi di apertura per turno degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico. Gli esercenti sono tenuti ad osservare i turni predisposti ed a renderli noti al pubblico mediante l’esposizione di un apposito cartello ben visibile sia all’interno che all’esterno dell’esercizio. 3. Gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico possono, a discrezione del titolare, osservare una o più giornate di riposo settimanale. ARTICOLO 110 (Sanzioni) 1. Per la violazione delle disposizioni degli articoli 108 e 109 si applicano le disposizioni di cui all’articolo 80 commi 2, 3, 4 e 5. ARTICOLO 111 (Indirizzi in materia di orari per il commercio su aree pubbliche) 1. Il comune nello stabilire gli orari per il commercio su aree pubbliche si attiene ai seguenti indirizzi: a) l’esercizio dell’attività può essere effettuato in fasce orarie anche diverse rispetto a quelle degli altri operatori al dettaglio in sede fissa; b) la fascia oraria massima di articolazione dell’orario per il commercio su aree pubbliche è compresa tra le ore 5.00 e le ore 24.00 con possibilità di effettuazione dei mercati anche in orari pomeridiani e serali; c) è ammessa, sentite le organizzazioni del commercio maggiormente rappresentative a livello provinciale, l’istituzione di mercati su aree pubbliche che si svolgono in giornate domenicali o festive; d) è fatto divieto di effettuare mercati e fiere nei giorni di Natale, Capodanno, Pasqua. I mercati che coincidono con le festività di cui sopra possono essere anticipati; e) limitazioni temporali possono essere stabilite nei casi di indisponibilità dell’area commerciale per motivi di polizia stradale, di carattere igienico-sanitario e per motivi di pubblico interesse; f) si applicano in quanto compatibili le disposizioni in materia di orari degli esercizi di vendita al dettaglio in sede fissa. ARTICOLO 112 (Sanzioni per la violazione delle disposizioni in materia di orari per il commercio su aree pubbliche) 1. Per la violazione delle disposizioni di cui all’articolo 111 si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 500 euro a 3.000 euro Capo II Vendite straordinarie ARTICOLO 113 (Oggetto ed ambito di applicazione) 1. Il presente capo disciplina le vendite straordinarie di liquidazione, di fine stagione e promozionali, nelle quali l’esercente dettagliante offre condizioni favorevoli, reali ed effettive, di acquisto dei propri prodotti. 2. Le disposizioni del presente capo si applicano alle attività di vendita al dettaglio ed alle attività in cui la vendita è presente anche se effettuata in modo non continuativo o non prevalente, comprese le attività di vendita effettuate dai produttori e dagli artigiani in luoghi diversi dai locali di produzione o a questi adiacenti. ARTICOLO 114 (Vendite di liquidazione) 1. Le vendite di liquidazione sono effettuate dall’operatore commerciale al fine di esaurire in breve tempo tutte le proprie merci a seguito di: a) cessazione dell’attività commerciale; b) trasferimento in gestione o cessione in proprietà di azienda; c) trasferimento dell’azienda in altro locale; d) trasformazione o rinnovo dei locali. 2. Tutte le vendite di liquidazione possono essere effettuate in qualunque periodo dell’anno, salvo quanto disposto dal comma 5. 3. Le vendite di liquidazione di cui al comma 1, lettere a), b) e c), possono essere effettuate per la durata massima di tredici settimane. 4. Le vendite di liquidazione di cui al comma 1, lettera d), possono essere effettuate per la durata massima di sei settimane e per una sola volta in ciascun anno solare. 5. Le vendite di liquidazione per la trasformazione o il rinnovo dei locali, sempre liberamente praticabili nei mesi di febbraio e agosto, non possono essere effettuate nei trenta giorni antecedenti le vendite di cui all’articolo 115, nonché, in ogni caso, dal 25 novembre al 31 dicembre. L’operatore commerciale ha l’obbligo di chiusura dell’esercizio per un periodo pari a un terzo della durata della vendita di liquidazione e, comunque, per almeno sette giorni, con decorrenza dalla cessazione della vendita straordinaria. 6. La trasformazione o il rinnovo dei locali deve comportare l’esecuzione di rilevanti lavori di ristrutturazione o di manutenzione straordinaria od ordinaria dei locali di vendita, relativi ad opere strutturali, all’installazione o alla sostituzione di impianti tecnologici o servizi, o loro adeguamento alle norme vigenti. 7. Non è consentita l’effettuazione delle vendite di liquidazione nell’ipotesi di cessione dell’azienda, nei casi in cui la cessione avvenga tra aziende controllate o collegate, quali definite dall’articolo 2359 del codice civile. 8. L’operatore commerciale che effettua una vendita di liquidazione è tenuto a darne comunicazione al comune nel quale ha sede l’esercizio, tramite lettera raccomandata, almeno quindici giorni prima della data di inizio. 9. Tutte le comunicazioni di effettuazione di vendita di liquidazione devono indicare: a) l’ubicazione dei locali in cui è effettuata la vendita; b) la data di inizio e quella di cessazione della vendita; c) le merci poste in vendita, distinte per voci merceologiche con indicazione della quantità delle stesse. 10. Le comunicazioni relative a vendite di liquidazione per cessazione di attività devono recare indicazione, anche mediante allegazione in copia, della comunicazione di cessazione di attività per gli esercizi di vicinato, ovvero dell’atto di rinuncia all’autorizzazione per le medie e le grandi strutture di vendita; nel caso di vendite di liquidazione di cui al comma 1, lettere a) e b), il titolare dell’attività, per un periodo di almeno sei mesi successivi alla vendita di liquidazione, non può aprire un nuovo esercizio dello stesso settore merceologico nei medesimi locali. 11. Le comunicazioni riguardanti le vendite di liquidazione per il trasferimento in gestione o la cessione in proprietà di azienda devono indicare, o recare accluso in copia, l’atto registrato che attesti l’avvenuto trasferimento. È facoltà dell’esercente di produrre tale atto entro il termine del periodo di durata della vendita di liquidazione. 12. Le comunicazioni relative a vendite di liquidazione per trasferimento in altro locale devono recare indicazione, anche mediante allegazione in copia, della comunicazione di trasferimento per gli esercizi di vicinato, ovvero dell’autorizzazione al trasferimento per le medie e le grandi strutture di vendita. 13. Le comunicazioni relative a vendite di liquidazione per trasformazione o rinnovo locali devono recare indicazione, anche mediante allegazione in copia, delle comunicazioni, autorizzazioni o permessi previsti dalle leggi edilizie. 14. Per le operazioni di rinnovo di minore entità quali, ad esempio, la tinteggiatura delle pareti, la sostituzione degli arredi, la riparazione o sostituzione di impianti, la comunicazione deve recare una descrizione della natura effettiva dell’intervento. 15. Le comunicazioni di cui ai commi 13 e 14 devono, in ogni caso, indicare esattamente il periodo di chiusura di cui al comma 5. 16. Nei casi previsti al comma 1, lettere a), b) e c), le autorizzazioni o abilitazioni all’attività di vendita al dettaglio mantengono la loro validità per la durata delle vendite di liquidazione e comunque non oltre il termine di cui al comma 3. 17. È vietata l’effettuazione di vendite di liquidazione con il sistema del pubblico incanto. 18. Dall’inizio delle vendite di liquidazione, è vietato introdurre nei locali e nelle pertinenze dell’esercizio di vendita merci del genere di quelle offerte in vendita di liquidazione, siano esse acquistate o acquisite ad altro titolo, anche in conto deposito. ARTICOLO 115 (Vendite di fine stagione) 1. Le vendite di fine stagione sono effettuate dall’operatore commerciale al fine di esitare, durante una certa stagione o entro un breve periodo di tempo, prodotti non alimentari di carattere stagionale o articoli di moda e, in genere, prodotti che, se non sono venduti entro un certo tempo, siano comunque suscettibili di notevole deprezzamento. 2. Le vendite di fine stagione possono essere effettuate, tenuto conto delle consuetudini locali e delle esigenze del consumatore, soltanto in due periodi dell’anno, della durata massima di sessanta giorni, determinati dalla Giunta regionale, sentite le camere di commercio, le associazioni dei commercianti maggiormente rappresentative e le associazioni dei consumatori. ARTICOLO 116 (Vendite promozionali) 1. Le vendite promozionali sono effettuate dall’operatore commerciale al fine di promuovere la vendita di uno, più o tutti i prodotti della gamma merceologica, applicando sconti o ribassi sul prezzo normale di vendita. 2. Le vendite promozionali dei prodotti di cui all’articolo 115, comma 1, non possono essere effettuate nei periodi di cui all’articolo 115, comma 2, e nei trenta giorni antecedenti, né in ogni caso dal 25 novembre al 31 dicembre. 3. Le vendite promozionali dei prodotti alimentari, dei prodotti per l’igiene della persona e per l’igiene della casa non sono soggette alle limitazioni di cui al comma 2. ARTICOLO 117 (Informazione e tutela del consumatore) 1. Nelle vendite straordinarie è esposto obbligatoriamente il prezzo normale di vendita iniziale e lo sconto o il ribasso espresso in percentuale. 2. È facoltà del venditore indicare anche il prezzo di vendita praticato a seguito dello sconto o ribasso, nel rispetto dei commi 6 e 7. 3. È vietato all’operatore commerciale indicare prezzi ulteriori e diversi rispetto a quanto previsto dai commi 1 e 2. 4. I messaggi pubblicitari relativi alle vendite straordinarie devono essere presentati, anche graficamente, in modo non ingannevole per il consumatore. 5. Tutte le comunicazioni pubblicitarie relative alle vendite straordinarie devono contenere gli estremi delle comunicazioni al comune quando previste dal presente capo. 6. Tutte le comunicazioni pubblicitarie relative alle vendite straordinarie devono indicare la durata esatta della vendita stessa. 7. L’operatore commerciale ha l’obbligo di fornire informazioni veritiere relativamente agli sconti o ai ribassi praticati, tanto nelle comunicazioni pubblicitarie, quanto nella indicazione dei prezzi nei locali di vendita. 8. L’operatore commerciale deve essere in grado di dimostrare la veridicità delle informazioni fornite agli organi di controllo. 9. Le merci oggetto delle vendite straordinarie devono essere fisicamente separate in modo chiaro e inequivoco da quelle eventualmente poste in vendita alle condizioni ordinarie. Qualora la separazione non sia possibile, l’operatore commerciale deve indicare, con cartelli o altri mezzi idonei, le merci che non sono oggetto delle vendite straordinarie, sempre che ciò possa essere fatto in modo inequivoco e non ingannevole per il consumatore. In caso contrario, non possono essere poste in vendita merci a condizioni ordinarie. 10. Le merci oggetto delle vendite straordinarie devono essere vendute ai compratori secondo l’ordine cronologico delle richieste, senza limitazioni di quantità e senza abbinamenti con altre merci, fino all’esaurimento delle scorte. A tal fine i quantitativi disponibili delle predette merci devono essere comunicati al comune contestualmente alle altre comunicazioni sopra previste. 11. L’eventuale esaurimento delle scorte di taluni prodotti deve essere portato a conoscenza del pubblico con avviso ben visibile. 12. Nel corso di vendite straordinarie il rivenditore è comunque tenuto a sostituire i prodotti difettosi o a rimborsarne il prezzo pagato. 13. Nelle vendite straordinarie di cui al presente capo è vietato l’uso della dizione "Vendite fallimentari" come pure ogni riferimento a fallimenti, procedure esecutive, individuali o concorsuali, e simili, anche come termine di paragone. ARTICOLO 118 (Sanzioni per le violazioni della disciplina delle vendite straordinarie) 1. Le violazioni delle disposizioni di cui al presente capo sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 3.000 euro. Capo III Modalità di vendita della stampa quotidiana e periodica ARTICOLO 119 (Sanzioni per la violazione delle modalità di vendita della stampa quotidiana e periodica) 1. Chiunque viola il divieto previsto dall’articolo 5, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 170 (Riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica, a norma dell’articolo 3 della legge 13 aprile 1999 n. 108), è punito con la sanzione amministrativa da 1.000 euro a 3.000 euro. TITOLO IV Manifestazioni fieristiche ARTICOLO 120 (Finalità) 1. L’attività fieristica è libera ed è esercitata secondo i principi di pari opportunità e di parità di trattamento fra gli operatori nazionali e quelli appartenenti a paesi esteri. La Regione e i comuni interessati, nell’ambito delle rispettive competenze, garantiscono la libera concorrenza, la trasparenza e la libertà di impresa, anche tutelando la parità di condizioni per l’accesso alle strutture, nonché l’adeguatezza della qualità dei servizi agli espositori ed agli utenti e assicurando il coordinamento delle manifestazioni ufficiali, nonché la pubblicità dei dati e delle informazioni ad esse relativi. ARTICOLO 121 (Definizioni) 1. Ai fini del presente titolo si intendono per: a) "manifestazioni fieristiche", le attività commerciali svolte in via ordinaria in regime di diritto privato ed in ambito concorrenziale per la presentazione e la promozione o la commercializzazione, limitate nel tempo ed in idonei complessi espositivi, di beni e servizi, destinate a visitatori generici e ad operatori professionali del settore o dei settori economici coinvolti. Tra le manifestazioni fieristiche si individuano le seguenti tipologie: 1) "fiere generali", senza limitazione merceologica, aperte al pubblico, dirette alla presentazione e all’eventuale vendita, anche con consegna immediata, dei beni e dei servizi esposti; 2) "fiere specializzate", limitate ad uno o più settori merceologici omogenei o tra loro connessi, riservate agli operatori professionali, dirette alla presentazione e alla promozione dei beni e dei servizi esposti, con contrattazione solo su campione e con possibile accesso del pubblico in qualità di visitatore; 3) "mostre mercato", limitate ad uno o più settori merceologici omogenei o connessi tra loro, aperte al pubblico indifferenziato o ad operatori professionali, dirette alla promozione o anche alla vendita dei prodotti esposti; b) "espositori", quanti partecipano alla rassegna per presentare, promuovere o diffondere beni e servizi, siano essi produttori, rivenditori, enti pubblici e associazioni appartenenti anche a paesi esteri operanti nei settori economici oggetto delle attività fieristiche o i loro rappresentanti; c) "visitatori", coloro che accedono alle attività fieristiche, siano essi pubblico indifferenziato od operatori professionali del settore o dei settori economici oggetto della rassegna; d) "quartieri fieristici", le aree appositamente attrezzate ed edificate per ospitare manifestazioni fieristiche internazionali, ovvero nazionali e regionali e a tal fine destinate dalla pianificazione urbanistica territoriale; e) "organizzatori di manifestazioni", i soggetti pubblici e privati anche appartenenti a paesi esteri che esercitano attività di progettazione, realizzazione e promozione di manifestazioni fieristiche; f) "superficie netta", la superficie in metri quadrati effettivamente occupata, a titolo oneroso, dagli espositori nei quartieri fieristici; g) "enti fieristici", i soggetti che hanno la disponibilità, a qualunque titolo, dei quartieri fieristici, anche al fine di promuovere l’attività fieristica. ARTICOLO 122 (Ambito di applicazione) 1. Le esposizioni universali restano disciplinate dalla Convenzione sulle esposizioni internazionali firmata a Parigi il 22 novembre 1928, come da ultimo modificata dal protocollo internazionale ratificato ai sensi della legge 3 giugno 1978, n. 314 (Ratifica ed esecuzione del protocollo recante modifiche alla convenzione, firmata a Parigi il 22 novembre 1928, concernente le esposizioni internazionali, con allegati, aperto alla firma a Parigi il 30 novembre 1972). 2. Sono escluse dall’ambito di applicazione del presente titolo: a) le esposizioni di beni e servizi, permanenti oppure realizzate da un singolo produttore, organizzate a scopo promozionale e rivolte alla clientela; b) le esposizioni, a scopo promozionale o di vendita, realizzate nell’ambito di convegni o manifestazioni culturali, purché non superino i 1.000 metri quadrati di superficie netta; c) le attività di vendita di beni e servizi disciplinate dalla normativa sul commercio in sede fissa e sul commercio al dettaglio in aree pubbliche. ARTICOLO 123 (Qualificazione delle manifestazioni fieristiche) 1. Le manifestazioni fieristiche sono qualificate di rilevanza internazionale, nazionale, regionale e locale in relazione al loro grado di rappresentatività del settore o dei settori economici cui la manifestazione è rivolta, al programma ed agli scopi dell’iniziativa, alla provenienza degli espositori e dei visitatori. 2. La Regione, con decreto del dirigente competente, provvede al riconoscimento o alla conferma della qualifica delle manifestazioni fieristiche internazionali, nazionali e regionali nel rispetto della normativa comunitaria e fatte salve le funzioni statali derivanti dalle norme in materia di tutela della concorrenza. 3. Le modalità per richiedere il riconoscimento sono disciplinate con il regolamento di cui all’articolo 131. 4. Il riconoscimento o la conferma della qualifica delle manifestazioni fieristiche locali è di competenza dei comuni, che trasmettono alla Regione i dati delle manifestazioni al fine della redazione del calendario regionale. 5. È fatto obbligo agli organizzatori di manifestazioni fieristiche con la qualifica di internazionale e nazionale di avere il proprio bilancio annuale verificato da una società di revisori contabili iscritta nell’apposito albo della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) o di equivalente organo di Paesi membri dell’Unione Europea o extracomunitari. 6. La Giunta regionale stabilisce le modalità di rilevazione e di certificazione dei dati attinenti agli espositori ed ai visitatori per le manifestazioni con qualifica internazionale e nazionale, nonché i tempi di attuazione dei sistemi di rilevazione e certificazione dei dati medesimi. ARTICOLO 124 (Comunicazione dello svolgimento di manifestazioni fieristiche internazionali, nazionali, regionali e locali) 1. L’esercizio delle attività di organizzazione di manifestazioni fieristiche viene svolto dai soggetti pubblici e privati appartenenti a Paesi dell’Unione Europea secondo i criteri definiti, nel rispetto dei principi fissati dalla normativa comunitaria, dal presente titolo. I soggetti pubblici e privati dei Paesi non appartenenti all’Unione Europea possono esercitare l’attività di organizzazione di manifestazioni fieristiche in Lombardia nel rispetto delle normative internazionali e degli indirizzi di programmazione regionale. 2. I soggetti pubblici e privati che, nel rispetto dei principi contenuti nel presente titolo, svolgono manifestazioni fieristiche devono tassativamente darne comunicazione, allegando il regolamento della manifestazione, alla Regione se si tratta di manifestazioni fieristiche internazionali, nazionali e regionali o al comune nel caso di manifestazioni fieristiche locali. 3. La comunicazione deve indicare la denominazione, la qualifica posseduta, il luogo di effettuazione, le categorie e i settori merceologici e le date di inizio e chiusura della manifestazione. Entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione la Regione o il comune possono chiedere informazioni integrative. 4. La manifestazione fieristica può essere effettuata decorsi sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione ovvero, se richieste, delle informazioni integrative. Al fine di assicurare la stabilità e la trasparenza del mercato fieristico della Lombardia, attraverso una programmazione e pubblicizzazione degli eventi fieristici, la Regione attua tutte le iniziative necessarie per evitare lo svolgimento delle manifestazioni fieristiche fra loro concomitanti, anche attraverso il confronto tra gli operatori. 5. I termini e le modalità di presentazione della comunicazione sono determinati con il regolamento di cui all’articolo 131, che disciplina anche le modalità di soluzione degli eventi concomitanti. 6. La comunicazione deve comunque contenere una dichiarazione sostitutiva che attesta la sussistenza dei seguenti requisiti: a) lo svolgimento della manifestazione fieristica all’interno di un quartiere fieristico, avente i requisiti di cui all’articolo 127, ovvero in altra sede che risulti idonea sotto il profilo della sicurezza e agibilità degli impianti delle strutture e infrastrutture, anche in relazione alla qualifica ad essa attribuita; b) la garanzia di pari opportunità di accesso a tutti gli operatori interessati e qualificati per l’attività; c) la garanzia di condizioni contrattuali a carico dei singoli espositori che rispondano a criteri di trasparenza, che non contengano clausole discriminatorie e prevedano tariffe equivalenti a parità di prestazioni. 7. La comunicazione concernente una specifica manifestazione fieristica è relativa all’anno di svolgimento della manifestazione stessa. ARTICOLO 125 (Coordinamento interregionale e internazionale delle manifestazioni) 1. La Giunta regionale, nel rispetto della legislazione nazionale, promuove le opportune intese, mediante protocolli di intesa e convenzioni, con le altre istituzioni europee, sia attraverso le associazioni e comunità di lavoro Alpe Adria, Arge Alp e Quattro Motori sia con iniziative e rapporti bilaterali, atte ad evitare concomitanze tra le manifestazioni con qualifica nazionale e internazionale nello stesso settore merceologico, anche al fine di addivenire all’elaborazione comune del calendario fieristico europeo. 2. La Regione promuove forme di coordinamento interregionale per definire criteri omogenei per l’applicazione delle qualifiche internazionali e nazionali, per i requisiti minimi dei quartieri fieristici, per le modalità di composizione e pubblicizzazione del calendario fieristico nazionale. ARTICOLO 126 (Calendari fieristici) 1. Entro il 30 novembre di ogni anno, è pubblicato il calendario regionale delle manifestazioni fieristiche comunicate dagli organizzatori per l’anno successivo. 2. Il calendario ha anche una proiezione pluriennale per le manifestazioni fieristiche internazionali che si tengono con cadenze superiori all’anno. 3. Entro il 31 gennaio di ogni anno, gli organizzatori di manifestazioni fieristiche comunicano alla Regione la richiesta di inserimento nel calendario regionale e per l’eventuale riconoscimento della qualifica internazionale, nazionale o regionale, e ai comuni la richiesta per la qualifica locale. Fatto salvo il diritto degli organizzatori ad effettuare comunque la manifestazione decorsi sessanta giorni dalla comunicazione alla Regione, qualora tale comunicazione pervenga alla Regione dopo il 31 gennaio, la manifestazione decade dal diritto di inserimento nel calendario regionale relativo all’anno seguente. 4. Entro il 31 marzo di ogni anno, la Regione comunica agli organizzatori il riconoscimento di qualifica. Tale riconoscimento si intende definitivo salvo la verifica, da attuarsi in sede di coordinamento interregionale, dell’insussistenza di concomitanze con manifestazioni di altre regioni. 5. Entro il 31 luglio di ogni anno, la Giunta regionale approva il calendario regionale per le manifestazioni con qualifica internazionale nazionale e regionale, che contribuisce alla formazione del calendario nazionale. 6. Ai fini della pubblicazione del calendario regionale, le CCIAA provvedono alla trasmissione alla Regione dei calendari delle manifestazioni locali comunicate ai comuni, entro il 15 settembre dell’anno precedente a quello in cui si svolgono le manifestazioni, sulla scorta di un elenco predisposto dai comuni e trasmesso alle CCIAA competenti per territorio entro il 30 luglio di ogni anno. ARTICOLO 127 (Quartieri fieristici) 1. Competono ai comuni le verifiche di conformità dei quartieri fieristici di cui all’articolo 121, comma 1, lettera d), ai requisiti previsti dal regolamento di cui all’articolo 131, comma 1, lettera b). Nell’ambito delle procedure di valutazione e approvazione dei piani territoriali di coordinamento provinciale (PTCP) e dei piani territoriali dei parchi regionali, la Regione valuta che le destinazioni di eventuali nuove aree in cui ubicare nuovi quartieri fieristici siano coerenti agli indirizzi della programmazione regionale. ARTICOLO 128 (Riordino degli enti fieristici) 1. La Giunta regionale gestisce e aggiorna l’elenco degli enti fieristici dotati di personalità giuridica al fine di monitorare l’evoluzione del settore, delle tipologie concorrenziali e degli eventuali fenomeni di concentrazione, nonché della distribuzione sul territorio lombardo delle manifestazioni fieristiche. 2. L’elenco degli enti fieristici e i progetti di trasformazione anche in società di capitali sono disciplinati dal regolamento di cui all’articolo 131, comma 1, lettera e), che stabilisce i requisiti e le procedure per l’iscrizione nell’elenco e le modalità di verifica dei progetti di trasformazione. 3. Al fine di assicurare trasparenza e parità di condizioni tra tutti gli operatori, gli enti fieristici che svolgano anche attività di organizzatori di manifestazioni fieristiche sono tenuti alla separazione contabile ed amministrativa delle diverse attività. ARTICOLO 129 (Commissione regionale consultiva per il settore fieristico) 1. Presso la Giunta regionale è costituita la commissione regionale consultiva per il settore fieristico, nominata con decreto del direttore generale competente per materia e composta da rappresentanti della medesima direzione, delle autonomie locali e funzionali, degli organismi associativi delle manifestazioni fieristiche, degli enti fieristici, dei poli fieristici ed esperti in materia fieristica, nonché da rappresentanti delle direzioni generali interessate per materia. 2. La composizione della commissione, le modalità di designazione dei suoi componenti e di funzionamento, nonché l’entità degli eventuali compensi spettanti ai componenti sono stabiliti con deliberazione della Giunta regionale. 3. La commissione esprime parere consultivo in merito: a) al monitoraggio del corretto svolgimento delle manifestazioni al fine di favorirne lo sviluppo, comprese le modalità di raccolta e certificazione della veridicità dei dati ufficiali delle manifestazioni; b) allo studio di iniziative destinate alla promozione e all’internazionalizzazione delle manifestazioni e delle imprese; c) alla stesura del regolamento di cui all’articolo 131. ARTICOLO 130 (Sanzioni) 1. Salvo che il fatto costituisca reato, in caso di organizzazione o svolgimento di manifestazioni fieristiche che non corrispondano alla normativa regionale vigente in materia di fiere ovvero in caso di svolgimento di manifestazioni fieristiche con modalità diverse da quelle comunicate, l’autorità competente a ricevere la comunicazione dello svolgimento della manifestazione dispone nei confronti dei soggetti responsabili l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 5 euro ad un massimo di 50 euro per ciascun metro quadrato di superficie netta, nonché la revoca della qualifica e l’esclusione dal calendario regionale e dal riconoscimento di qualifica per un periodo compreso da due a cinque anni. 2. In caso di mancata o tardiva comunicazione da parte degli organizzatori della manifestazione fieristica l’autorità competente dispone una sanzione amministrativa pecuniaria da 8.000 euro a 20.000 euro. Nel caso di recidiva la sanzione è aumentata a 100.000 euro. La Regione dispone inoltre l’esclusione della manifestazione dal calendario regionale e dal riconoscimento di qualifica per un periodo compreso da due a cinque anni. 3. Salvo che il fatto costituisca reato, in caso di abuso della qualifica di "fiera internazionale", "fiera nazionale" o "fiera regionale", l’amministrazione competente per l’attribuzione della qualifica dispone nei confronti dei soggetti responsabili l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari a una somma compresa tra il 10 per cento e il 30 per cento del fatturato della manifestazione, nonché l’esclusione dei medesimi soggetti dall’inserimento nel calendario regionale e dal riconoscimento di qualifica nei due anni successivi. 4. In caso di violazione degli obblighi sulla correttezza e veridicità dell’informazione e della pubblicità verso gli utenti è disposta nei confronti dei soggetti responsabili una sanzione amministrativa pecuniaria pari a una somma compresa tra l’1 e il 10 per cento del fatturato della manifestazione. 5. L’accertamento delle violazioni è delegato ai comuni nel cui territorio si svolge la manifestazione fieristica. 6. Per l’applicazione delle relative sanzioni e la riscossione delle so ARTICOLO 131 (Regolamento di attuazione) 1. Anche sulla base di intese tra le regioni, la Regione stabilisce con regolamento: a) i requisiti e le procedure per l’attribuzione o la conferma della qualifica delle manifestazioni fieristiche; b) i requisiti minimi dei quartieri fieristici, anche in relazione alla qualifica delle manifestazioni che possono ospitare, nonché quelli delle altre sedi espositive temporaneamente adibite allo svolgimento di manifestazioni fieristiche; c) i termini e le modalità di presentazione delle comunicazioni concernenti lo svolgimento delle manifestazioni fieristiche e i criteri atti ad evitare che manifestazioni fieristiche di rilevanza internazionale si svolgano, anche solo in parte, in concomitanza tra loro o in concomitanza con manifestazioni fieristiche di rilevanza nazionale; d) i criteri atti ad evitare che manifestazioni fieristiche internazionali, nazionali e regionali, con merceologie uguali o affini, si svolgano nell’ambito della stessa regione, anche solo in parte in concomitanza tra loro; e) la disciplina relativa al riordino degli enti fieristici di cui all’articolo 128. ARTICOLO 132 (Disposizioni in materia di promozione e sviluppo del sistema fieristico lombardo) 1. La Regione può organizzare manifestazioni fieristiche, direttamente o per mezzo di enti o aziende dipendenti di cui all’articolo 48 dello statuto, previa approvazione del relativo regolamento, adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto. 2. La Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, può disporre la propria partecipazione a manifestazioni fieristiche. 3. La Giunta regionale approva il programma di partecipazione a manifestazioni fieristiche internazionali o ad eventi promozionali sui mercati esteri, mettendo a disposizione delle piccole e medie imprese lombarde spazi totalmente o parzialmente gratuiti; per l’attuazione di tali iniziative la Giunta regionale può avvalersi delle CCIAA lombarde singole o associate o di altri organismi specializzati nella promozione all’estero che siano diretta espressione associativa della realtà imprenditoriale e che non abbiano fini di lucro, nonché concedere contributi agli stessi soggetti. 4. La Giunta regionale può promuovere l’intervento a manifestazioni fieristiche in Lombardia di delegazioni di operatori economici stranieri e la loro partecipazione alle connesse attività informative anche presso aziende di produzione e di servizi interessate alle manifestazioni stesse. 5. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, approva annualmente i criteri di priorità, nonché le modalità per la realizzazione degli interventi di cui ai commi 3 e 4. TITOLO V Promozione e sostegno delle attività commerciali Capo I Disposizioni particolari per determinate aree ARTICOLO 133 (Disposizioni in materia di commercio e distribuzione) 1. Nei piccoli comuni può essere autorizzato lo svolgimento congiunto in un solo esercizio dell’attività commerciale, ivi compresa la somministrazione di alimenti e bevande, e di altri servizi di particolare interesse per la collettività, anche in convenzione con soggetti pubblici o privati. 2. I piccoli comuni possono applicare il limite massimo di 250 metri quadrati per i negozi di vicinato in deroga al criterio della consistenza demografica. ARTICOLO 134 (Disposizioni particolari) 1. Nelle aree montane e nei comuni e frazioni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti si può autorizzare in un solo esercizio lo svolgimento, insieme con l’attività commerciale, di altri servizi di particolare interesse per la collettività, anche in convenzione con soggetti pubblici e privati; tali attività sono autorizzate in base a convenzioni stipulate ai sensi dell’articolo 11 della l. 241/90 e sono esentate dai tributi regionali. ARTICOLO 135 (Nuovi impianti di distribuzione carburanti) 1. I comuni appartenenti alle comunità montane ed i piccoli comuni di cui alla l.r. 11/2004 possono autorizzare, anche in deroga ai vincoli stabiliti dal capo IV del titolo II, l’apertura di un nuovo punto vendita di distribuzione carburanti nel caso ne siano sprovvisti e non esistano altri impianti a distanza stradale inferiore a 4 chilometri dall’impianto che si prevede di realizzare. Le procedure amministrative ed ogni altra previsione relativa all’applicazione del presente comma sono determinate dai provvedimenti di cui all’articolo 83 del presente testo unico. Capo II Contributi ARTICOLO 136 (Interventi regionali per la qualificazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese commerciali) 1. La Regione Lombardia, al fine di favorire una razionale evoluzione e lo sviluppo della rete distributiva regionale, promuove, nell’ambito delle proprie competenze, anche attraverso azioni dirette, interventi a favore delle piccole e medie imprese commerciali, con particolare riferimento alle micro imprese, diretti a: a) riqualificare il commercio attraverso l’ammodernamento delle strutture aziendali e dei metodi gestionali delle imprese, lo sviluppo delle forme associative e dei rapporti di collaborazione interaziendali, la realizzazione di interventi di riqualificazione urbana e l’offerta di adeguati servizi commerciali anche nelle zone marginalizzate; b) sviluppare l’assistenza tecnica, la formazione imprenditoriale e l’aggiornamento professionale; c) favorire il reperimento di migliori condizioni per l’accesso al credito da parte delle imprese commerciali anche con l’obiettivo di combattere il fenomeno dell’usura; d) sostenere la permanenza e lo sviluppo delle attività commerciali attraverso l’accesso al credito agevolato e disponendo contributi a fondo perduto per l’attuazione degli interventi di cui al presente capo. ARTICOLO 137 (Aree di intervento) 1. Gli interventi regionali di cui all’articolo 136 sono in particolare volti a: a) favorire lo sviluppo delle cooperative di garanzia e dei consorzi fidi, costituiti fra imprenditori commerciali mediante la concessione di contributi destinati alla formazione ed integrazione del fondo rischi di cui all’articolo 141 al fine di fornire ai soci garanzie per l’accesso al credito finalizzate per gli interventi e gli scopi del presente capo; b) favorire l’acquisizione e l’ammodernamento delle strutture immobiliari e l’adeguamento degli impianti e delle attrezzature comprendendo fra queste anche i mezzi adibiti al trasporto e alla commercializzazione dei prodotti oggetto dell’attività del soggetto beneficiario; c) favorire la realizzazione di progetti di riqualificazione urbana finalizzati alla rivitalizzazione commerciale mediante: 1) iniziative, promosse da consorzi, cooperative o associazioni costituite prevalentemente da operatori commerciali, mirate a realizzare una gestione della promozione delle attività commerciali nei centri urbani; 2) progetti di arredo urbano e per la dotazione di infrastrutture; 3) progetti per la dotazione di servizi nelle aree mercatali del commercio su aree pubbliche e progetti per le strutture ed infrastrutture delle aree stesse; d) favorire la ripresa delle attività delle imprese commerciali danneggiate a seguito di eventi straordinari; e) realizzare progetti di assistenza tecnica, progettazione ed innovazione tecnologica e organizzativa nonché promuovere attività di formazione imprenditoriale e aggiornamento professionale; f) realizzare lo sviluppo di forme associative tra imprese commerciali al fine di favorirne la promozione, il consolidamento e la crescita; g) realizzare progetti finalizzati alla commercializzazione dei prodotti lombardi; h) realizzare programmi innovativi anche in grado di attuare piani di penetrazione e presenza sui mercati esteri; i) favorire l’acquisizione di strumenti ed attrezzature dirette a garantire le imprese commerciali sotto il profilo della sicurezza e della difesa dalle attività criminose. 2. La Regione al fine di accelerare il processo di ammodernamento della piccola impresa commerciale costituisce un fondo per promuovere studi e ricerche sul sistema commerciale urbano e progetti di sperimentazione commerciale innovativi a beneficio della piccola impresa. 3. Le risorse finanziarie stanziate dallo Stato a favore della Regione e destinate alle imprese commerciali e ad interventi di sostegno e qualificazione delle stesse sono utilizzate per gli interventi di cui al comma 1, secondo le procedure e le modalità previste nel presente capo. ARTICOLO 138 (Soggetti beneficiari) 1. Possono accedere ai benefici del presente capo: a) le micro, le piccole e medie imprese commerciali così come definite dalle norme comunitarie; b) le associazioni, i consorzi e le cooperative, e loro società operative, che abbiano per oggetto la promozione ed il sostegno delle imprese commerciali per gli interventi e gli obiettivi del presente capo; c) i comuni e gli enti pubblici, e loro società operative, che operino secondo le finalità della presente legge; d) le cooperative di garanzia ed i consorzi fidi per quanto di loro specifica attinenza. ARTICOLO 139 (Contributi regionali) 1. Per l’attuazione degli interventi di cui all’articolo 137, comma 1, lettere b) e d), la Regione concede contributi in conto capitale sull’ammontare attualizzato degli interessi relativi a finanziamenti concessi a soggetti pubblici e privati da istituti di credito convenzionati direttamente con la Regione o per il tramite di Finlombarda s.p.a. 2. Per l’attuazione degli interventi di cui all’articolo 137, la Regione concede contributi in conto capitale a fondo perso. 3. Per attuare gli interventi di cui all’articolo 137, comma 1, lettera c), numeri 2 e 3, la Regione può utilizzare strumenti di programmazione negoziata qualora le opere attuative dei progetti di intervento non siano conformi alle previsioni urbanistiche. 4. E’ istituito un fondo di rotazione per attuare gli interventi di cui all’articolo 137. Le spese di gestione del fondo sono a carico dello stesso e le modalità di gestione, funzionamento e amministrazione sono definite dal direttore generale competente, previa deliberazione della Giunta regionale. 5. Per la realizzazione degli interventi di cui all’articolo 137, commi 1 e 2, e la concessione dei contributi di cui al presente articolo, la Regione può promuovere accordi con gli enti locali e le CCIAA per attivare programmi di azioni coordinate. Gli accordi di cui al presente comma possono prevedere il trasferimento di risorse agli enti suddetti finalizzate alla concessione di contributi ai soggetti beneficiari di cui all’articolo 138, comma 1, nonché lo svolgimento delle connesse attività amministrative. ARTICOLO 140 (Programma triennale degli interventi) 1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, approva il programma triennale degli interventi a favore della micro, piccola e media impresa, di cui al presente capo. 2. Il programma triennale degli interventi di cui al comma 1 in particolare prevede: a) la misura dei contributi; b) le spese ammissibili per gli interventi di cui all’articolo 137; c) i termini e le modalità delle presentazioni delle domande; d) le priorità; e) le modalità per la concessione, la revoca, la decadenza dei benefici e la loro cumulabilità; f) le modalità di rendicontazione delle spese effettuate; g) i criteri di priorità territoriale. ARTICOLO 141 (Fondo rischi) 1. La Regione per le finalità di cui all’articolo 137, comma 1, lettera a), concede altresì contributi in conto capitale alle cooperative di garanzia ed ai consorzi fidi, costituti prevalentemente da micro, piccole e medie imprese commerciali, per la formazione e per l’incremento dei fondi rischi, al fine di fornire ai soci garanzie e migliori condizioni per l’accesso al credito. 2. I contributi per la formazione e l’integrazione del fondo rischi sono concessi: a) nella misura del 60 per cento in proporzione al rischio assunto per le operazioni di finanziamento erogate dagli istituti bancari convenzionati con i consorzi e cooperative di primo grado, a condizione che: 1. la durata minima sia di ventiquattro mesi; 2. l’esistenza in essere dei finanziamenti sia rilevata alla chiusura dell’ultimo esercizio precedente la data della domanda di contributi; b) per il restante 40 per cento in proporzione al numero delle imprese socie, alla stessa data, dei medesimi consorzi e cooperative. 3. I contributi di cui al presente articolo sono concessi alle cooperative di garanzia e ai consorzi fidi che siano in possesso dei seguenti requisiti: a) avere sede legale ed operativa in Lombardia; b) essere costituiti da almeno 250 imprese operanti nel settore del commercio con sede operativa in Lombardia; c) avere concordato con gli istituti bancari convenzionati condizioni di accesso al credito coerenti con gli indirizzi ed i parametri previsti dal programma triennale degli interventi di cui all’articolo 140 con particolare riferimento: 1) al tasso di interesse dei finanziamenti; 2) alla quota ed alla tipologia di garanzie richieste dall’istituto bancario direttamente all’impresa; 3) alle procedure ed ai tempi di istruttoria e di concessione dei finanziamenti stessi. 4. Nella determinazione dei contributi, di cui al presente articolo, non può essere incluso il rischio di garanzia delle operazioni perfezionate con gli istituti che non applichino gli indirizzi e i parametri del programma triennale degli interventi di cui all’articolo 140. 5. I contributi di cui al presente articolo sono altresì concessi ai consorzi ed alle cooperative di secondo grado che abbiano sede in Lombardia e che siano costituiti da almeno quattro cooperative o consorzi in possesso dei requisiti di cui al comma 3. 6. I criteri, i parametri e le modalità di concessione dei presenti contributi sono stabiliti nel programma triennale di cui all’articolo 140. ARTICOLO 142 (Finanziamenti per le attività dei centri di assistenza tecnica alle imprese) 1. Le attività svolte dai centri di assistenza sono finanziate con il fondo di cui alla l. 266/1997. 2. I centri interessati presentano le domande di finanziamento alla Giunta regionale, allegando la seguente documentazione: a) relazione circa gli obiettivi e le finalità dell’intervento proposto; b) piano finanziario dell’intervento progettato; c) tempi previsti per la realizzazione dell’intervento. 3. La Giunta regionale verifica la coerenza degli interventi proposti dai centri di assistenza con i requisiti previsti dalla l. 266/1997 e ne determina le priorità in relazione agli obiettivi ed ai criteri contenuti nei relativi provvedimenti di attuazione. 4. La Giunta regionale approva il programma degli interventi e contestualmente la relazione sugli interventi svolti nell’anno precedente e sui risultati da questi conseguiti. ARTICOLO 143 (Norme in materia di carburanti) 1. La Regione promuove interventi diretti allo sviluppo della rete distributiva di gas metano al fine di prevenire ed abbattere emissioni inquinanti derivanti dal traffico veicolare. 2. Per le finalità di cui al comma 1, la Regione concede contributi a soggetti pubblici e privati per la realizzazione e il potenziamento degli impianti di distribuzione di metano localizzati nel territorio regionale, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato. 3. La Giunta regionale individua annualmente: a) l’entità massima dei contributi; b) le spese ammissibili; c) le categorie di soggetti beneficiari; d) i casi di revoca del contributo; e) le modalità e i termini di presentazione delle domande nonché le modalità di rendicontazione delle spese effettuate. ARTICOLO 144 (Sviluppo dell’offerta di carburanti eco-compatibili) 1. La Regione stipula accordi per lo sviluppo dell’offerta di prodotti eco-compatibili, anche mediante forme di incentivazione di tipo economico e finanziario. 2. Al fine di favorire una maggiore diffusione dei servizi accessori all’utente di cui all’articolo 82, comma 1, lettera j), nonché di prodotti a limitato impatto ambientale e l’autosufficienza energetica dell’impianto mediante fonti rinnovabili, i comuni individuano idonee forme di incentivazione anche mediante agevolazioni e deroghe di tipo urbanistico o interventi sulle volumetrie consentite. 3. La Regione e gli operatori del settore, anche attraverso le loro associazioni di rappresentanza, possono stipulare specifici accordi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi indicati all’articolo 89, comma 1. ARTICOLO 145 (Disposizioni per la valorizzazione del commercio nei centri storici) 1. I comuni possono individuare, limitatamente al centro storico e contestualmente alla promozione di progetti ed iniziative finalizzati alla sua valorizzazione, zone aventi valore storico e artistico di pregio dove l’esercizio del commercio è sottoposto a particolari condizioni ai fini della salvaguardia dell’ambiente originario, quale testimonianza della cultura locale. 2. I comuni tutelano l’identità dei luoghi urbani di pregio anche tramite la valorizzazione delle attività commerciali storicamente presenti nell’area. A tal fine i comuni possono individuare, nelle zone di cui al comma 1, le attività commerciali espressione delle tipicità locali per valorizzarne le caratteristiche merceologiche nel contesto storico e artistico in cui si sono sviluppate, mediante adeguate forme di sostegno e promozione. ARTICOLO 146 (Promozione delle attività commerciali nei centri urbani) 1. La Regione, sostenendone l’organizzazione e gestione con le risorse e gli strumenti previsti dagli articoli da 136 a 141 del presente testo unico, incentiva le iniziative delle associazioni rappresentative delle imprese commerciali e loro articolazioni territoriali o locali, finalizzate alla animazione dei centri urbani e alla promozione delle attività commerciali in tutti i giorni della settimana, comprese le iniziative che prevedono la partecipazione delle piccole e medie imprese commerciali, nonché lo sviluppo delle produzioni tipiche locali e dei percorsi di educazione al consumo. ARTICOLO 147 (Promozione e sviluppo del sistema fieristico regionale) 1. La Giunta regionale, in coerenza con gli indirizzi strategici delineati negli strumenti di programmazione regionale individuati dall’articolo 3 della legge regionale 31 marzo 1978 n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della regione) e nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, può concorrere finanziariamente alla promozione e allo sviluppo sul mercato nazionale e sui mercati esteri del sistema fieristico regionale. 2. Al fine di programmare la promozione e lo sviluppo del sistema fieristico lombardo, la Giunta istituisce un comitato tra le diverse direzioni generali interessate, coordinate dalla direzione generale competente che definisce modalità e tempi degli interventi regionali. 3. La Giunta regionale può: a) concedere contributi, sentita la competente commissione consiliare, ai soggetti organizzatori di manifestazioni fieristiche al fine di sostenere progetti ed iniziative di promozione fieristica in Italia e all’estero, di rilevante interesse per l’economia della Regione Lombardia; b) concorrere a sostenere, attraverso la concessione di contributi in conto capitale, progetti di qualificazione dei centri fieristici, progetti di infrastrutturazione e di delocalizzazione dei centri, utilizzando anche le risorse delle leggi in materia di infrastrutture; c) concorrere ad incentivare lo sviluppo di strumenti di tutela del consumatore quali la certificazione di qualità degli enti e delle manifestazioni fieristiche; d) promuovere iniziative atte a incentivare lo sviluppo di nuove modalità espositive che facciano uso delle moderne tecnologie informatiche e telematiche al fine di concorrere all’ampliamento del settore attraverso nuove fasce di utenti contenendo nel contempo i fenomeni di congestione urbana innescati dai fenomeni espositivi; e) concedere contributi per la formazione di operatori qualificati in ambito fieristico e per la promozione dell’informazione sul settore presso le imprese, la scuola e le professioni; f) stipulare convenzioni e svolgere azioni dirette per lo sviluppo, la promozione e la competitività del sistema fieristico lombardo e per l’organizzazione delle manifestazioni fieristiche, in Italia e all’estero anche con enti e organismi specializzati; g) promuovere l’intervento a manifestazioni fieristiche in Lombardia di delegazioni di operatori economici stranieri e la loro partecipazione alle connesse attività informative anche presso aziende di produzione e di servizi interessate alle manifestazioni stesse. 4. La Giunta regionale approva annualmente i criteri di priorità nonché le modalità per la realizzazione degli interventi di cui al comma 3, lettere a), c), d) ed e). 5. I soggetti che realizzano manifestazioni fieristiche e che intendono beneficiare dei contributi di cui al comma 3, lettera a), devono presentare specifica richiesta alla direzione generale competente, secondo le modalità previste nel relativo bando. ARTICOLO 148 (Piano regionale di sviluppo dei mercati all’ingrosso) 1. Per favorire l’istituzione di nuovi mercati o l’ampliamento ed ammodernamento di quelli esistenti, in conformità con gli indirizzi del piano, la Regione può concedere contributi a comuni, comunità montane, consorzi di comuni associati tra loro o con le province, nonché a società e a enti con una partecipazione di capitale di enti locali territoriali pari ad almeno due terzi del capitale sociale. TITOLO VI Disciplina urbanistica del commercio Capo I Pianificazione urbanistica del commercio ARTICOLO 149 Programmazione regionale 1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, approva gli indirizzi per lo sviluppo delle diverse tipologie di vendita, indicando in particolare gli obiettivi di presenza e di sviluppo delle grandi strutture di vendita, anche con riferimento a differenti ambiti territoriali o urbani. 2. La Giunta regionale provvede agli ulteriori adempimenti di disciplina del settore commerciale e alla definizione di criteri urbanistici per l’attività di pianificazione e di gestione degli enti locali in materia. ARTICOLO 150 (Programmazione urbanistica riferita al settore commerciale dei comuni e delle province) 1. I comuni definiscono i contenuti attinenti agli insediamenti commerciali nei propri piani urbanistici e negli strumenti di programmazione commerciale tenuto conto delle finalità di cui al Titolo II, Capo I, Sezione I del presente testo unico e delle indicazioni stabilite nel programma pluriennale e nei criteri di programmazione urbanistica del settore commerciale di cui all’articolo 149. 2. I piani territoriali di coordinamento delle province dettano disposizioni in materia di grandi strutture di vendita tenuto conto degli obiettivi indicati dal programma pluriennale regionale. In assenza dei piani territoriali di coordinamento, le varianti di adeguamento dei piani urbanistici comunali concernenti le grandi strutture di vendita sono trasmesse, dopo l’adozione e contestualmente al deposito, alle province che formulano osservazioni nei termini previsti dalla vigente normativa. 3. Al fine di integrare la pianificazione territoriale ed urbanistica generale con la programmazione commerciale, i comuni favoriscono: a) una integrazione armonica degli insediamenti commerciali con il tessuto urbano esistente e previsto, nel rispetto dei valori architettonici ed ambientali e del contesto sociale; b) un adeguato livello di rinnovamento, di riqualificazione e di integrazione funzionale di tutte le attività commerciali presenti sul territorio; c) una integrazione delle attività commerciali con le altre attività lavorative al fine di garantire la presenza continuativa delle attività umane, attraverso la creazione di zone miste con la presenza di funzioni produttive, funzioni di servizio, funzioni commerciali, funzioni direzionali, funzioni ricettive e di spettacolo; tali zone sono prioritariamente individuate nelle aree dismesse e degradate, se presenti; d) un equilibrato rapporto tra la rete viaria e gli insediamenti commerciali in modo da evitare fenomeni negativi sulla rete viaria esistente; e) la creazione di uno o più centri commerciali nei centri storici agevolando l’insediamento di esercizi di vicinato già presenti nel comune. 4. In particolare gli strumenti urbanistici comunali, in coerenza con i criteri urbanistici di cui all’articolo 149, comma 2, individuano: a) le aree da destinare agli insediamenti commerciali ed, in particolare, quelle nelle quali consentire gli insediamenti di medie e di grandi strutture di vendita al dettaglio, nonché la disciplina per la realizzazione degli stessi; b) le prescrizioni cui devono uniformarsi gli insediamenti commerciali in relazione alla tutela dei beni artistici, culturali ed ambientali, nonché all’arredo urbano, nei centri storici e nelle località di particolare interesse artistico e naturale; c) le misure per una corretta integrazione tra strutture commerciali e servizi ed attrezzature pubbliche; d) le prescrizioni e gli indirizzi di natura urbanistica ed in particolare quelle inerenti alla disponibilità di spazi pubblici o di uso pubblico e le quantità minime di spazi per parcheggi, relativi alle diverse strutture di vendita. 5. In adeguamento ai criteri urbanistici di cui all’articolo 149, comma 2, gli strumenti urbanistici comunali e relative varianti, devono prevedere che le aree destinate a grandi strutture di vendita siano dotate di attrezzature pubbliche o di uso pubblico almeno nella misura del 200 per cento della superficie lorda di pavimento degli edifici previsti, di cui almeno la metà deve essere destinata a parcheggi di uso pubblico. Capo II Disciplina urbanistica dei centri integrati all’ingrosso non alimentare ARTICOLO 151 (Finalità) 1. Il presente capo, al fine di favorire il decongestionamento dei centri edificati interessati dalla presenza di attività commerciali all’ingrosso non più compatibili con il tessuto urbano circostante, anche in relazione ai sistemi di mobilità e di parcheggio, detta norme che agevolano le iniziative di aggregazione, concentrazione e localizzazione esterna ai centri edificati, per la realizzazione di centri commerciali all’ingrosso non alimentari. ARTICOLO 152 (Definizione di centro commerciale all’ingrosso non alimentare) 1. Ai fini del presente capo, il centro commerciale all’ingrosso non alimentare, conformemente a quanto previsto nel D.M. 17 giugno 1988, n. 248, (Caratteristiche dei centri commerciali all’ingrosso e di quelli al dettaglio) è costituito da un numero di esercizi di vendita all’ingrosso non inferiore a cinque, inseriti in una struttura a destinazione specifica provvista di spazi di servizio comuni gestiti unitariamente. ARTICOLO 153 (Requisiti del centro commerciale all’ingrosso non alimentare) 1. Il centro commerciale all’ingrosso non alimentare, per poter fruire della disciplina urbanistica dettata dall’articolo 154, oltre a quanto previsto nell’articolo 152, deve: a) essere destinato prevalentemente alla commercializzazione di beni non alimentari di largo e generale consumo; b) prevedere una superficie coperta non inferiore a 60.000 metri quadrati per lo svolgimento delle attività commerciali all’ingrosso; c) prevedere una dotazione di adeguate infrastrutture e servizi necessari al deposito e smistamento dei prodotti commercializzati, nonché di servizi complementari e para-commerciali utili ad assicurare la compiutezza e la integrazione delle funzioni proprie del centro; d) essere inserito in un contesto territoriale direttamente collegato con grandi vie di comunicazione; e) prevedere un’adeguata dotazione di parcheggi in un rapporto non inferiore al 50 per cento della superficie coperta del centro commerciale all’ingrosso; la superficie a parcheggio almeno per tre quinti deve essere destinata a parcheggio pubblico o di uso pubblico; f) essere stato oggetto di relazioni di impatto ambientale. ARTICOLO 154 (Disciplina urbanistica) 1. La Regione definisce con regolamento i criteri e gli indirizzi per la localizzazione, la distribuzione territoriale e l’inserimento ambientale dei centri commerciali all’ingrosso non alimentari. 2. I centri commerciali all’ingrosso non alimentari, ai fini degli oneri di urbanizzazione, sono assimilati agli interventi di carattere produttivo. 3. La collocazione dei centri commerciali all’ingrosso non alimentari va prevista, di preferenza, nelle zone nelle quali gli strumenti urbanistici consentono la realizzazione di insediamenti produttivi, commerciali o terziario direzionali. 4. Qualora la realizzazione dei centri commerciali all’ingrosso non alimentare interessi aree con destinazioni diverse rispetto a quelle di cui al comma 3, oppure interessi aree nelle quali l’edificazione sia assoggettata dallo strumento urbanistico generale in vigore presso il comune interessato all’approvazione di uno strumento urbanistico attuativo, l’approvazione di tale piano attuativo è soggetta alle procedure di cui alla l.r. 12/2005. TITOLO VII Disposizioni finali e abrogazioni ARTICOLO 155 (Abrogazioni e disposizioni finali) 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono o restano abrogate le seguenti leggi: a) la legge regionale 22 gennaio 1975, n. 12 (Ristrutturazione dei mercati all’ingrosso); b) la legge regionale 29 agosto 1988, n. 45 (Promozione e disciplina dei centri integrati all’ingrosso non alimentare); c) la legge regionale 14 luglio 1999, n. 14 (Norme in materia di commercio in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59”); d) la legge regionale 21 marzo 2000, n. 13 (Interventi regionali per la qualificazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese commerciali); e) la legge regionale 21 marzo 2000, n. 15 (Norme in materia di commercio al dettaglio su aree pubbliche); f) la legge regionale 3 aprile 2000, n. 22 (Disciplina delle vendite straordinarie e disposizioni in materia di orari degli esercizi commerciali); g) la legge regionale 25 novembre 2002, n. 27 (Normativa sull’occupazione abusiva del suolo pubblico per le attività commerciali non autorizzate); h) la legge regionale 10 dicembre 2002, n. 30 (Promozione e sviluppo del sistema fieristico lombardo); i) la legge regionale 24 dicembre 2003, n. 30 (Disciplina delle attività di somministrazione di alimenti e bevande); j) la legge regionale 5 ottobre 2004, n. 24 (Disciplina per la razionalizzazione e l’ammodernamento della rete distributiva dei carburanti); k) la legge regionale 28 ottobre 2004, n. 29 (Modifica della L.R. 3 aprile 2000, n. 22 "Attuazione dell’art. 15 (vendite straordinarie) del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 ‘Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’art. 4, comma 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59’”); l) la legge regionale 23 maggio 2006, n. 11 (Modifiche e integrazioni alle leggi regionali in materia di commercio, fiere e mercati); m) la legge regionale 28 novembre 2007, n. 30 (Normativa in materia di orari degli esercizi commerciali); n) la legge regionale 31 marzo 2008, n. 8 (Normativa in materia di commercio al dettaglio su aree pubbliche); o) la legge regionale 7 agosto 2008, n. 25 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 5 ottobre 2004, n. 24 Disciplina per la razionalizzazione e l’ammodernamento della rete distributiva dei carburanti); p) la legge regionale 29 giugno 2009, n. 9 (Modifica a leggi regionali e altre disposizioni in materia di attività commerciali); 2. Sono o restano altresì abrogate le seguenti disposizioni: a) l’articolo 40 della legge regionale 21 agosto 1981 , n. 50 (Rifinanziamento e modifiche di leggi regionali in attuazione del bilancio pluriennale 1981-1983); b) i commi 2 e 3, dell’articolo 2, della legge regionale 3 aprile 2001, n. 6 (Modifiche alla legislazione per l’attuazione degli indirizzi contenuti nel documento di programmazione economico-finanziaria regionale – Collegato ordinamentale 2001); c) le lettere a), b), c), d), e), f) e g), comma 5, dell’articolo 2, della legge regionale 22 luglio 2002, n. 15 (Legge di semplificazione 2001. Semplificazione legislativa mediante abrogazione di leggi regionali. Interventi di semplificazione amministrativa e delegificazione); d) la lettera a), comma 7, dell’articolo 2, della legge regionale 20 dicembre 2002, n. 32 (Disposizioni legislative per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione) – Collegato 2003); e) la lettera a), comma 1, dell’articolo 5 della legge regionale 18 giugno 2003, n. 8 (Modifiche a leggi regionali in materia di assetto istituzionale e sviluppo economico); f) la lettera a), comma 3, dell’articolo 2, della legge regionale 22 dicembre 2003, n. 27 (Disposizioni legislative per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9 ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della regione) – Collegato 2004); g) gli articoli 6, 7, 8 e la lettera a), comma 1, dell’articolo 9 e la lettera a), comma 1, dell’articolo 10, della legge regionale 24 marzo 2004 n. 5 (Modifiche a leggi regionali in materia di organizzazione, sviluppo economico e territorio. Collegato ordinamentale 2004); h) l’articolo 3 della legge regionale 5 maggio 2004, n. 11 (Misure di sostegno a favore dei piccoli comuni della Lombardia); i) le lettere a) e b), comma 8, dell’articolo 1, della legge regionale 5 maggio 2004, n. 12 (Modifiche a leggi regionali in materia di potestà regolamentare); j) la lettera a), comma 3, dell’articolo 7, della legge regionale 3 agosto 2004, n. 19 (Assestamento al bilancio per l’esercizio finanziario 2004 ed al bilancio pluriennale 2004/2006 a legislazione vigente e programmatico – I provvedimento di variazione con modifiche di leggi regionali); k) le lettere a) e b), comma 1, e le lettere a), b), c), d) ed e), comma 2, dell’articolo 2 della legge regionale 8 febbraio 2005, n. 6 (Interventi normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica e integrazione di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2005); l) le lettere a), b), c), d) ed e), comma 2, dell’articolo 29 della legge regionale 11 dicembre 2006, n. 24 (Norme per la prevenzione e la riduzione delle emissioni in atmosfera a tutela della salute e dell’ambiente); m) la lettera a), comma 1, la lettera a), comma 2, la lettera a), comma 3, le lettere a), b) e c), comma 5, la lettera a), comma 6, dell’articolo 2 della legge regionale 27 febbraio 2007, n. 5 (Interventi normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica e integrazione di disposizioni legislative - (Collegato ordinamentale 2007); n) la lettera a), comma 6, dell’articolo 1 della legge regionale 18 giugno 2008, n. 17 (Assestamento al bilancio per l’esercizio finanziario 2008 ed al bilancio pluriennale 2008/2010 a legislazione vigente e programmatico - I provvedimento di variazione con modifiche di leggi regionali). 3. Sono fatti salvi gli effetti prodotti dalle leggi e dalle disposizioni abrogate dal presente articolo; permangono e restano efficaci gli atti adottati sulla base delle medesime. 4. I riferimenti normativi alle leggi e alle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si intendono fatti al presente testo unico. ARTICOLO 156 (Norma finanziaria) 1. Alle spese di parte corrente derivanti dall’attuazione della presente legge si provvede con le risorse stanziate alle UPB 3.8.1.2.332 “Sviluppo e ammodernamento delle reti distributive”, 7.2.0.2.186 ”Studi, ricerche e altri servizi” e 3.8.2.2.366 "Promozione del sistema fieristico" dello stato di previsione delle spese del bilancio per l’esercizio finanziario 2010 e successivi. 2. Alle spese per investimenti derivanti dall’attuazione della presente legge si provvede con le risorse stanziate alla UPB 3.8.1.3.333 “Sviluppo e ammodernamento delle reti distributive” e 3.8.2.3.367 "Promozione del sistema fieristico" dello stato di previsione delle spese del bilancio per l’esercizio finanziario 2010 e successivi. 3. Alle stesse spese derivanti dall’attuazione della presente legge si provvede altresì con le risorse provenienti dalle assegnazioni della UE, dello Stato e di altri soggetti pubblici e privati, che saranno previste a bilancio. Formula Finale: La presente legge regionale e’ pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della Regione lombarda. Milano, 2 febbraio 2010 (Approvata con deliberazione del Consiglio regionale n. VIII/956 del 26 gennaio 2010)
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