Il Consiglio regionale ha approvato
IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE
Promulga la seguente legge
TITOLO I
FINALITÀ E PRINCIPI DELLA PIANIFICAZIONE
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1 - Oggetto della legge
Art. 2 – Obiettivi della pianificazione territoriale e urbanistica
Art. 3 – Articolazione dei processi di pianificazione
Art. 4 – Cooperazione istituzionale nei processi di pianificazione
Art. 5 – Partecipazione e pubblicità nei processi di pianificazione
Art. 6 – Strumenti di cooperazione e pubblicità della pianificazione
Art. 7 – Competenze
Art. 8 – Sussidiarietà
Art. 9 – Efficacia dei piani
Art. 10 – Salvaguardia
Art. 11 – Flessibilità della pianificazione sovraordinata
Art. 12 – Accordi di programma
TITOLO II
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE E URBANISTICA
CAPO I
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE REGIONALE
Art. 13 – Piano territoriale regionale
Art. 14 – Piani settoriali regionali
Art. 15 – Procedimento di formazione del piano territoriale regionale
Art. 16 – Varianti al piano territoriale regionale
Art. 17 – Sistema informativo territoriale
CAPO II
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE PROVINCIALE
Art. 18 – Piano territoriale di coordinamento provinciale
Art. 19 – Piani settoriali provinciali
Art. 20 – Procedimento di formazione del piano territoriale di coordinamento provinciale
Art. 21 – Varianti al piano territoriale di coordinamento provinciale
CAPO III
PIANIFICAZIONE URBANISTICA COMUNALE
Art. 22 – Strumenti urbanistici comunali
Art. 23 – Piano urbanistico comunale
Art. 24 – Procedimento di formazione del piano urbanistico comunale
Art. 25 – Atti di programmazione degli interventi
Art. 26 – Piani urbanistici attuativi
Art. 27 – Procedimento di formazione dei piani urbanistici attuativi
Art. 28 – Regolamento urbanistico edilizio comunale
Art. 29 – Procedimento di formazione del regolamento urbanistico edilizio comunale
CAPO IV
ELABORATI DA ALLEGARE AGLI STRUMENTI URBANISTICI E DEFINIZIONE DEGLI STANDARD
Art. 30 – Elaborati da allegare agli strumenti urbanistici
Art. 31 – Standard urbanistici
CAPO V
SISTEMI DI ATTUAZIONE DELLA PIANIFICAZIONE URBANISTICA
Art. 32 – Perequazione urbanistica
Art. 33 – Comparti edificatori
Art. 34 – Attuazione del comparto edificatorio
Art. 35 – Espropriazione degli immobili per l’attuazione della pianificazione urbanistica
Art. 36 – Società di trasformazione urbana e territoriale
Art. 37 – Contenuto delle convenzioni
CAPO VI
VINCOLI URBANISTICI
Art. 38 – Disciplina dei vincoli urbanistici
CAPO VII
POTERI SOSTITUTIVI REGIONALI E SUPPORTI PER L’ATTIVITÀ DI PIANIFICAZIONE
Art. 39– Poteri sostitutivi
Art. 40 – Supporti tecnici e finanziari alle province e ai comuni
CAPO VIII
NORME IN MATERIA EDILIZIA E DI VIGILANZA SULL’ABUSIVISMO
Art. 41 – Norme regolanti l’attività edilizia
Art. 42 – Vigilanza sugli abusi edilizi
Art. 43 - Accertamenti di conformità delle opere edilizie abusive
TITOLO III
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
CAPO I
DISPOSIZIONI TRANSITORIE
Art. 44 – Regime transitorio degli strumenti di pianificazione
Art. 45 – Regime transitorio della strumentazione in itinere
Art. 46 – Norme in materia di inquinamento acustico
Art. 47 – Valutazione ambientale dei piani
Art. 48 – Funzioni subdelegate
CAPO II
DISPOSIZIONI FINALI
Art. 49 – Disposizioni finali, abrogazioni e modificazioni
Art. 50 – Dichiarazione d’urgenza
LEGENDA
PTR PIANO TERRITORIALE REGIONALE
PTCP PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE
PUC PIANO URBANISTICO COMUNALE
PUA PIANI URBANISTICI ATTUATIVI
RUEC REGOLAMENTO URBANISTICO EDILIZIO COMUNALE
PSP PIANI SETTORIALI PROVINCIALI
PSR PIANI SETTORIALI REGIONALI
NTA NORME TECNICHE DI ATTUAZIONE
PRG PIANO REGOLATORE GENERALE
SIT SISTEMA INFORMATIVO TERRITORIALE
TITOLO I
FINALITÀ E PRINCIPI DELLA PIANIFICAZIONE
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1
Oggetto della legge
1. La regione Campania disciplina con la presente legge la tutela, gli assetti, le trasformazioni e le utilizzazioni del territorio al fine di garantirne lo sviluppo, nel rispetto del principio di sostenibilità, mediante un efficiente sistema di pianificazione territoriale e urbanistica articolato a livello regionale, provinciale e comunale.
2. Per i fini di cui al comma 1, la presente legge provvede a:
a) individuare le competenze dei diversi livelli istituzionali, favorendone la cooperazione secondo il principio di sussidiarietà;
b) garantire il rispetto dei principi di trasparenza, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, mediante la semplificazione dei procedimenti di programmazione e pianificazione;
c) assicurare la concertazione di tutti i livelli istituzionali con le organizzazioni economiche e sociali e con le associazioni ambientaliste legalmente riconosciute.
Art. 2
Obiettivi della pianificazione territoriale e urbanistica
1. La pianificazione territoriale e urbanistica persegue i seguenti obiettivi:
a) promozione dell’uso razionale e dello sviluppo ordinato del territorio urbano ed extraurbano mediante il minimo consumo di suolo;
b) salvaguardia della sicurezza degli insediamenti umani dai fattori di rischio idrogeologico, sismico e vulcanico;
c) tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio attraverso la valorizzazione delle risorse paesistico-ambientali e storico-culturali, la conservazione degli ecosistemi, la riqualificazione dei tessuti insediativi esistenti e il recupero dei siti compromessi;
d) miglioramento della salubrità e della vivibilità dei centri abitati;
e) potenziamento dello sviluppo economico regionale e locale;
f) tutela e sviluppo del paesaggio agricolo e delle attività produttive connesse;
g) tutela e sviluppo del paesaggio mare-terra e delle attività produttive e turistiche connesse.
Art. 3
Articolazione dei processi di pianificazione
1. La pianificazione territoriale e urbanistica è definita dal complesso degli atti adottati dalle competenti amministrazioni in conformità alla legislazione nazionale e regionale, disciplinanti l’uso, la tutela e i processi di trasformazione del territorio.
2. La pianificazione territoriale e urbanistica disciplina con un sistema normativo e di vincolo tutte le attività di iniziativa sia pubblica che privata che comportano una trasformazione significativa del territorio, definendo :
a) per le attività pubbliche, la programmazione degli interventi da realizzare;
b) per le attività private, l’incentivazione delle iniziative riconosciute come concorrenti al miglioramento della qualità del territorio e corrispondenti all’interesse pubblico.
3. La pianificazione provinciale e comunale si attua mediante:
a) disposizioni strutturali, con validità a tempo indeterminato, tese a individuare le linee fondamentali della trasformazione a lungo termine del territorio, in considerazione dei valori naturali, ambientali e storico-culturali, dell’esigenza di difesa del suolo, dei rischi derivanti da calamità naturali, dell’articolazione delle reti infrastrutturali e dei sistemi di mobilità;
b) disposizioni programmatiche, tese a definire gli interventi di trasformazione fisica e funzionale del territorio in archi temporali limitati, correlati alla programmazione finanziaria dei bilanci annuali e pluriennali delle amministrazioni interessate.
Art. 4
Cooperazione istituzionale nei processi di pianificazione
1. Tutti i soggetti istituzionali titolari di funzioni di pianificazione territoriale e urbanistica informano la propria attività ai metodi della cooperazione e dell’intesa.
2. La presente legge disciplina gli strumenti di raccordo e coordinamento tra la regione e gli enti locali, da attuare in sede di individuazione degli obiettivi della pianificazione e nella successiva fase di verifica della compatibilità delle scelte adottate.
3. La regione Campania promuove il coordinamento e la cooperazione tra gli enti locali e i soggetti titolari di funzioni relative al governo del territorio anche per mezzo di specifiche intese con le amministrazioni interessate.
Art. 5
Partecipazione e pubblicità nei processi di pianificazione
1. Alle fasi preordinate all’adozione e all’approvazione degli strumenti di pianificazione sono assicurate idonee forme di pubblicità, di consultazione e di partecipazione dei cittadini, anche in forma associata, in ordine ai contenuti delle scelte di pianificazione.
Art. 6
Strumenti di cooperazione e pubblicità della pianificazione
1. Per garantire lo sviluppo coordinato e omogeneo dei processi di pianificazione territoriale e urbanistica la regione adotta entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge atti di coordinamento tecnico e direttive disciplinanti l’esercizio delle funzioni delegate.
2. La regione garantisce, altresì, la più ampia informazione e diffusione dei dati relativi allo stato della pianificazione nel territorio regionale, secondo quanto disciplinato dall’articolo 17.
Art. 7
Competenze
1. L’adozione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica e delle relative variazioni spetta, nell’ambito di rispettiva competenza, alla regione, alle province e ai comuni.
2. I comuni possono procedere alla pianificazione in forma associata, anche per ambiti racchiusi nei patti territoriali e nei contratti d’area.
3. La pianificazione territoriale e urbanistica si esercita mediante la formazione di piani generali, intesi come strumenti contenenti la disciplina di tutela e uso del territorio per l’intero ambito di competenza degli enti territoriali interessati, e di piani settoriali, con i quali gli enti territoriali e gli enti pubblici preposti alla tutela di specifici interessi partecipano al procedimento pianificatorio relativamente alle proprie attribuzioni.
Art. 8
Sussidiarietà
1. Sono demandate ai Comuni tutte le funzioni relative al governo del territorio non espressamente attribuite dall’ordinamento e dalla presente legge alla regione ed alle province.
2. Alla regione e alle province sono affidate esclusivamente le funzioni di pianificazione ad esse attribuite dalla legislazione nazionale e regionale che riguardano scelte di interesse sovracomunale.
Art. 9
Efficacia dei piani
1. Le prescrizioni degli strumenti di pianificazione territoriale direttamente incidenti sul regime giuridico dei beni da questi disciplinati trovano piena e immediata applicazione, in ordine alla localizzazione puntuale di infrastrutture, nei confronti di tutti i soggetti pubblici e privati e modificano le contrastanti disposizioni degli strumenti di pianificazione sottordinati.
Art. 10
Salvaguardia
1. Tra l’adozione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, o delle relative varianti, e la data della rispettiva entrata in vigore sono sospese:
a) l’abilitazione alla realizzazione di interventi edilizi in contrasto con la disciplina contenuta nei piani o nelle varianti in corso di approvazione;
b) l’approvazione di strumenti di pianificazione sottordinati che risultano non compatibili con i piani o le varianti adottati.
2. Le sospensioni di cui al comma 1 non possono essere protratte per oltre cinque anni decorrenti dalla data di adozione dei piani o per oltre tre anni dalla data di adozione delle varianti.
Art. 11
Flessibilità della pianificazione sovraordinata
1. Le province ed i comuni possono, nei casi e con le modalità previsti dalla presente legge, proporre modificazioni agli strumenti di pianificazione sovraordinati.
2. Le modificazioni di cui al comma 1 sono collegate alla esistenza di comprovate esigenze degli enti territoriali, relative alla necessità di garantire il raggiungimento di obiettivi di sviluppo economico e sociale e di riequilibrare gli assetti territoriali e ambientali.
3. L’approvazione delle modificazioni di cui al comma 1 è consentita a condizione che sia assicurata la omogeneità della complessiva pianificazione territoriale e urbanistica.
Art. 12
Accordi di programma
1. Per la definizione e l’esecuzione di opere pubbliche o di interesse pubblico, anche di iniziativa privata, di interventi o di programmi di intervento, nonché per l’attuazione dei piani urbanistici comunali – Puc - e degli atti di programmazione degli interventi di cui all’articolo 25, se è necessaria un’azione integrata tra regione, provincia, comune, amministrazioni dello Stato e altri enti pubblici, si procede alla stipula dell’accordo di programma con le modalità previste dal presente articolo.
2. Al procedimento finalizzato alla stipula dell’accordo di programma partecipano tutti i soggetti, pubblici e privati, interessati all’attuazione degli interventi oggetto dell’accordo, nonché i soggetti portatori di interessi diffusi di cui all’articolo 20, comma 5.
3. Il presidente della giunta regionale, o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sugli interventi previsti al comma 1, promuove la conclusione dell’accordo, anche su richiesta di uno dei soggetti pubblici o privati interessati, mediante la convocazione di una conferenza di servizi alla quale partecipano i soggetti di cui ai commi 1 e 2.
4. La convocazione della conferenza indica:
a) il nominativo del responsabile del procedimento;
b) gli interventi di cui al comma 1 oggetto dell’accordo, nonché l’ambito territoriale e gli obiettivi generali degli stessi;
c) le amministrazioni, gli enti, le aziende e le autorità pubblici, nonché le società a partecipazione pubblica e i soggetti privati coinvolti nell’esecuzione dell’accordo.
5. La documentazione necessaria per la stipula dell’accordo è recapitata ai soggetti indicati al comma 1 almeno venti giorni prima della conferenza. I progetti delle opere, degli interventi o dei programmi
di intervento, se in variazione di strumenti urbanistici, anche di portata sovracomunale, sono corredati dagli elaborati grafici e normativi idonei ad individuare i contenuti e la portata della variazione. Se la documentazione contiene il progetto definitivo delle opere, degli interventi o dei programmi di intervento, l’approvazione dell’accordo di programma sostituisce ogni titolo autorizzativo prescritto dalla normativa vigente. Alla documentazione è allegato uno studio degli effetti prodotti dagli interventi di cui al comma 1 sul sistema ambientale e territoriale circostante.
6. Se l’approvazione dell’accordo di programma comporta la variazione degli strumenti pianificazione, anche di portata sovracomunale, l’avviso di convocazione della conferenza di servizi è affisso all’albo pretorio del comune o dei comuni interessati dalle opere, dagli interventi o dai programmi di intervento, ed è pubblicato su due quotidiani a diffusione regionale e sul sito internet della regione.
L’avviso di convocazione della conferenza è trasmesso per conoscenza ai proprietari interessati dall’intervento, se in numero inferiore a cinquanta.
7. Nell’ipotesi di cui al comma 6, la documentazione e gli elaborati indicati al comma 5 sono depositati presso la segreteria del comune o dei comuni interessati dagli interventi per dieci giorni decorrenti dalla data di pubblicazione o di comunicazione della convocazione della conferenza di servizi. Nei successivi dieci giorni chiunque può presentare osservazioni sulle quali la conferenza di servizi si esprime motivatamente.
8. I soggetti partecipanti alla conferenza stabiliscono, nella prima seduta, il termine, non superiore a novanta giorni, per assumere la decisione. La conferenza adotta le determinazioni con il voto favorevole della maggioranza dei presenti, ad esclusione dei soggetti privati invitati e dei soggetti portatori di interessi diffusi di cui al comma 2. Si considera acquisito l’assenso dei soggetti a cui sono attribuite potestà amministrative in ordine all’oggetto dell’accordo, i quali, regolarmente convocati, non partecipano alla conferenza, salvo che gli assenti notifichino il proprio motivato dissenso o impugnino le determinazioni conclusive della conferenza entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione delle stesse.
9. Se il dissenso sull’approvazione dell’accordo di programma è espresso dalla regione, la decisione è rimessa al consiglio regionale. Nelle altre ipotesi di dissenso, si applica l’articolo 14 quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, commi 3, 4 e 5.
10. Se i rappresentanti intervenuti alla conferenza non sono muniti dei poteri di impegnare l’ente di appartenenza, i competenti organi possono ratificarne l’operato, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla conclusione della conferenza.
11. Acquisita l’approvazione della conferenza, l’accordo è sottoscritto dai rappresentanti, o dai loro delegati, dei soggetti di cui al comma 1 ed è approvato con decreto del presidente della giunta regionale pubblicato sul bollettino ufficiale della regione Campania.
12. L’accordo contiene:
a) il programma di attuazione delle opere e degli interventi, eventualmente articolato in fasi funzionali, con l’indicazione dei relativi tempi di esecuzione;
b) la quantificazione del costo complessivo, eventualmente suddiviso in funzione delle fasi di esecuzione;
c) il piano economico corredato dalla individuazione delle fonti finanziarie;
d) l’indicazione degli adempimenti attribuiti ai soggetti interessati dall’attuazione dell’accordo, le responsabilità per l’attuazione e le eventuali garanzie;
e) l’istituzione di un collegio di vigilanza dotato di poteri sostitutivi dei soggetti inadempienti, composto dai rappresentanti degli enti pubblici interessati dall’attuazione dell’accordo;
f) la previsione della risoluzione delle controversie sorte nel corso dell’esecuzione dell’accordo da parte di un collegio arbitrale e la disciplina sulla composizione e sulle modalità di funzionamento dello stesso.
13. L’approvazione dell’accordo equivale a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere in esso previste, produce gli effetti dell’intesa di cui al D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, articolo 81, e al D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383, e determina le conseguenti variazioni degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, anche settoriali, comunali e sovracomunali. La dichiarazione di pubblica utilità cessa di avere efficacia se le opere non hanno inizio entro cinque anni dalla data di approvazione dell’accordo.
14. Le variazioni degli strumenti di pianificazione di cui al comma 13 sono ratificate entro trenta giorni, a pena di decadenza, dagli organi competenti all’approvazione delle stesse.
15. É istituito presso l’area generale di coordinamento governo del territorio della Giunta regionale il settore monitoraggio e controllo degli accordi di programma, finalizzato alla verifica della compatibilità degli accordi di programma con gli strumenti urbanistici e la normativa ambientale vigente. Al settore viene trasmessa la documentazione di cui al comma 5 relativamente agli accordi di programma e agli atti di contrattazione programmata previsti dalla legge 23 dicembre 1996, n.662, interessanti il territorio regionale. Il settore coordina il sistema informativo territoriale- Sit - di cui all’articolo 17, predispone ed aggiorna il quadro conoscitivo delle interazioni e delle modifiche apportate dagli accordi di programma e dagli atti di contrattazione programmata agli strumenti di pianificazione urbanistica ed alla normativa ambientale vigente.
16. Se la regione è inclusa tra i soggetti che stipulano un accordo di programma, il settore di cui al comma 15, previa valutazione della documentazione di cui al comma 5, esprime il parere della regione in seno alla conferenza di servizi.
TITOLO II
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE E URBANISTICA
CAPO I
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE REGIONALE
Art. 13
Piano territoriale regionale
1. Al fine di garantire la coerenza degli strumenti di pianificazione territoriale provinciale, la regione approva il piano territoriale regionale -Ptr-, nel rispetto della legislazione statale e della normativa comunitaria vigenti nonché della convenzione europea del paesaggio e dell’accordo Stato-Regioni, in armonia con gli obiettivi fissati dalla programmazione statale e in coerenza con i contenuti della programmazione socio-economica regionale.
2. Attraverso il Ptr la regione, nel rispetto degli obiettivi generali di promozione dello sviluppo sostenibile e di tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio ed in coordinamento con gli indirizzi di salvaguardia già definiti dalle amministrazioni statali competenti e con le direttive contenute nei piani di settore previsti dalla normativa statale vigente, individua:
a) gli obiettivi di assetto e le linee principali di organizzazione del territorio regionale, nonché le strategie e le azioni volte alla loro realizzazione;
b) i sistemi infrastrutturali e le attrezzature di rilevanza sovraregionale e regionale, nonché gli impianti e gli interventi pubblici dichiarati di rilevanza regionale;
c) gli indirizzi e i criteri per la elaborazione degli strumenti di pianificazione territoriale provinciale e per la cooperazione istituzionale.
3. Il Ptr definisce :
a) il quadro generale di riferimento territoriale per la tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio, come definite dall’articolo 2 e connesse con la rete ecologica regionale, fornendo criteri e indirizzi anche di tutela paesaggistico-ambientale per la pianificazione provinciale;
b) gli indirizzi per lo sviluppo sostenibile e i criteri generali da rispettare nella valutazione dei carichi insediativi ammissibili sul territorio, nel rispetto della vocazione agro-silvo-pastorale dello stesso;
c) gli elementi costitutivi dell’armatura territoriale a scala regionale, con riferimento alle grandi linee di comunicazione viaria, ferroviaria e marittima, nonché ai nodi di interscambio modale per persone e merci, alle strutture aeroportuali e portuali, agli impianti e alle reti principali per l’energia e le telecomunicazioni;
d) i criteri per l’individuazione, in sede di pianificazione provinciale, degli ambiti territoriali entro i quali i comuni di minori dimensioni possono espletare l’attività di pianificazione urbanistica in forma associata;
e) gli indirizzi per la distribuzione territoriale degli insediamenti produttivi e commerciali;
f) gli indirizzi e i criteri strategici per la pianificazione di aree interessate da intensa trasformazione o da elevato livello di rischio;
g) la localizzazione dei siti inquinati di interesse regionale ed i criteri per la bonifica degli stessi;
h) gli indirizzi e le strategie per la salvaguardia e la valorizzazione delle risorse culturali e paesaggistiche connesse allo sviluppo turistico ed all’insediamento ricettivo.
Art. 14
Piani settoriali regionali
1. I piani settoriali regionali - Psr, regolanti specifici interessi e attività coinvolgenti l’uso del territorio, integrano il Ptr e sono coerenti con le sue previsioni.
2. Se i piani settoriali regionali contengono previsioni non compatibili con quelle del Ptr, costituiscono varianti al Ptr stesso e devono essere approvati con le procedure di cui all’articolo 15.
Art. 15
Procedimento di formazione del piano territoriale regionale
1. La giunta regionale adotta la proposta di Ptr che, entro i sessanta giorni successivi alla sua adozione, è pubblicata sul bollettino ufficiale della regione Campania. Dell’avvenuta adozione è data contestualmente notizia mediante avviso da pubblicarsi sulla gazzetta ufficiale della Repubblica e su due quotidiani a diffusione regionale. Nello stesso termine copia della proposta è trasmessa alle province che provvedono al relativo deposito presso le proprie sedi.
2. Entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione della proposta di Ptr, la regione indice una conferenza di pianificazione alla quale partecipano le province, i comuni, gli enti locali, le altre amministrazioni interessate alla programmazione e le organizzazioni sociali, culturali, economico-professionali,
sindacali e ambientaliste di livello regionale, al fine di elaborare, entro trenta giorni dalla convocazione, osservazioni e proposte di modifica alla proposta di Ptr. Alla conferenza la regione partecipa con un suo delegato al fine di acquisirne le risultanze.
3. Entro i sessanta giorni successivi alla conclusione della conferenza di pianificazione di cui al comma 2, la giunta regionale valuta le osservazioni e le proposte di modifica acquisite dalla conferenza, adotta il Ptr e lo trasmette al consiglio regionale per l’approvazione.
4. Il Ptr approvato è pubblicato sul bollettino ufficiale della regione Campania. Dell’avvenuta approvazione è data contestualmente notizia mediante avviso da pubblicarsi sulla gazzetta ufficiale della Repubblica e su due quotidiani a diffusione regionale. Decorsi quindici giorni dalla pubblicazione, il Ptr acquista efficacia a tempo indeterminato.
Art. 16
Varianti al piano territoriale regionale
1. Le varianti e gli aggiornamenti delle previsioni del Ptr sono sottoposte al procedimento di formazione di cui all’articolo 15, con i termini ridotti della metà.
2. Le variazioni tecniche degli elaborati del Ptr necessarie al recepimento di sopravvenute disposizioni legislative statali immediatamente operative sono approvate con delibera di giunta regionale.
3. La giunta regionale, con cadenza quinquennale, e comunque entro sei mesi dalla data di insediamento del Consiglio regionale, verifica lo stato di attuazione del Ptr e propone al consiglio le eventuali modifiche necessarie all’aggiornamento dello stesso.
Art. 17
Sistema informativo territoriale
1. É istituito presso l’area generale di coordinamento governo del territorio della giunta regionale il sistema informativo territoriale -Sit- che, nell’osservanza delle responsabilità e delle competenze rimesse alle singole strutture regionali, ha i seguenti compiti:
a) acquisire e fornire gli elementi conoscitivi indispensabili per le scelte di programmazione territoriale generale e settoriale;
b) acquisire e fornire le informazioni a supporto di studi scientifici e ricerche a carattere fisico, geomorfologico, pedologico, agroforestale, antropico, urbanistico, paesaggistico-ambientale e, in generale, di uso del suolo;
c) realizzare una banca dati relazionale;
d) realizzare il repertorio cartografico ed aerofotografico regionale, previa ricognizione della dotazione cartografica ed aerofotografica esistente presso le strutture regionali e gli enti locali;
e) predisporre ed aggiornare la carta unica del territorio, nella quale sono recepite le prescrizioni relative alla regolazione dell’uso del suolo e delle sue risorse e i vincoli territoriali, paesaggistici ed ambientali, che derivano dagli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica e dalle loro varianti o da previsioni legislative;
f) curare e sviluppare l’interscambio dei dati tra i settori regionali, gli enti locali e gli altri enti pubblici;
g) provvedere all’aggiornamento e alla diffusione delle specifiche comuni per la produzione cartografica e la gestione degli archivi dei sistemi informativi territoriali.
2. Il Sit è realizzato ed aggiornato anche attraverso il concorso di enti pubblici o di loro consorzi e di società di ricerca a prevalente capitale pubblico.
3. L’area generale di coordinamento governo del territorio della giunta regionale assicura il libero accesso ai dati del Sit.
4. É rimessa alla giunta regionale l’adozione dei criteri e delle modalità, anche organizzative, per l’attuazione delle finalità di cui ai commi 1, 2 e 3, e per la partecipazione regionale alla produzione cartografica degli enti locali.
CAPO II
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE PROVINCIALE
Art. 18
Piano territoriale di coordinamento provinciale
1. Le province provvedono alla pianificazione del territorio di rispettiva competenza nell’osservanza della normativa statale e regionale, in coerenza con le previsioni contenute negli atti di pianificazione territoriale regionale e nel perseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 2.
2. La pianificazione territoriale provinciale:
a) individua gli elementi costitutivi del territorio provinciale, con particolare riferimento alle caratteristiche naturali, culturali, paesaggistico-ambientali, geologiche, rurali, antropiche e storiche dello stesso;
b) fissa i carichi insediativi ammissibili nel territorio, al fine di assicurare lo sviluppo sostenibile della provincia in coerenza con le previsioni del Ptr;
c) definisce le misure da adottare per la prevenzione dei rischi derivanti da calamità naturali;
d) detta disposizioni volte ad assicurare la tutela e la valorizzazione dei beni ambientali e culturali presenti sul territorio;
e) indica le caratteristiche generali delle infrastrutture e delle attrezzature di interesse intercomunale e sovracomunale;
f) incentiva la conservazione, il recupero e la riqualificazione degli insediamenti esistenti.
3. La pianificazione territoriale provinciale si realizza mediante il piano territoriale di coordinamento provinciale -Ptcp- e i piani settoriali provinciali -Psp-.
4. Il Ptcp contiene disposizioni di carattere strutturale e programmatico.
5. Le disposizioni strutturali contengono:
a) l’individuazione delle strategie della pianificazione urbanistica;
b) gli indirizzi e i criteri per il dimensionamento dei piani urbanistici comunali, nonché l’indicazione dei limiti di sostenibilità delle relative previsioni;
c) la definizione delle caratteristiche di valore e di potenzialità dei sistemi naturali e antropici del territorio;
d) la determinazione delle zone nelle quali è opportuno istituire aree naturali protette di interesse locale;
e) l’indicazione, anche in attuazione degli obiettivi della pianificazione regionale, delle prospettive di sviluppo del territorio;
f) la definizione della rete infrastrutturale e delle altre opere di interesse provinciale nonché dei criteri per la localizzazione e il dimensionamento delle stesse, in coerenza con le analoghe previsioni di carattere nazionale e regionale;
g) gli indirizzi finalizzati ad assicurare la compatibilità territoriale degli insediamenti industriali .
2. Le disposizioni programmatiche disciplinano le modalità e i tempi di attuazione delle disposizioni strutturali, definiscono gli interventi da realizzare in via prioritaria e le stime di massima delle risorse economiche da impiegare per la loro realizzazione e fissano i termini, comunque non superiori ai diciotto mesi, per l’adeguamento delle previsioni dei piani urbanistici comunali alla disciplina dettata dal Ptcp.
3. Il Ptcp ha valore e portata di piano paesaggistico ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004,
n.42, articolo 143, nonché, ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, articolo 57, di piano di tutela nei settori della protezione della natura, dell’ambiente, delle acque, della difesa del suolo e della tutela delle bellezze naturali; ha valore e portata, nelle zone interessate, di piano di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, e alla legge regionale 7 febbraio 1994, n. 8, nonché di piano territoriale del parco di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e alla legge regionale 1 settembre 1993, n. 33.
4. Ai fini della definizione delle disposizioni del Ptcp relative alle materie di cui al comma 7, la provincia promuove, secondo le modalità stabilite dall’art. 20, comma 1, le intese con le amministrazioni statali competenti o con altre autorità od organi preposti alla tutela degli interessi coinvolti ai sensi della normativa statale o regionale vigente.
5. Il Ptcp ha valore e portata di piano regolatore delle aree e dei consorzi industriali di cui alla legge regionale 13 agosto 1998, n. 16. Ai fini della definizione delle relative disposizioni del Ptcp, la provincia promuove, secondo le modalità stabilite dall’articolo 20, comma 1, le intese con i consorzi per le aree di sviluppo industriale - A.S.I.- e con gli altri soggetti previsti dalla legge regionale n.16/98.
Art. 19
Piani settoriali provinciali
1. I piani settoriali provinciali, regolanti specifici interessi e attività coinvolgenti l’uso del territorio, integrano il Ptcp e sono coerenti con le sue disposizioni.
2. Se i piani settoriali provinciali contengono previsioni non compatibili con quelle del Ptcp, costituiscono varianti al Ptcp stesso e sono approvati con le procedure di cui all’articolo 20.
Art. 20
Procedimento di formazione del piano territoriale di coordinamento provinciale
1. L’adozione della proposta di Ptcp compete alla giunta provinciale. Se il piano ha valenza dei piani di settore di cui all’articolo 18, commi 7 e 9, e quando se ne ravvisa la necessità, la provincia, in sede di avvio del procedimento di formazione della proposta del Ptcp, indice una conferenza alla quale sono invitate le amministrazioni statali competenti, la regione e le autorità, gli enti e gli organi competenti nelle materie previste dagli stessi commi 7 e 9 dell’articolo 18, al fine di definire le necessarie intese.
2. Se non si addiviene alle intese di cui al comma 1, la Regione, in sede di approvazione del Ptcp, definisce la relativa disciplina pianificatoria. Resta ferma in ogni caso l’applicazione del comma 12, dell’articolo 143, del decreto legislativo n. 42/04.
3. Se si rende necessaria una variazione delle previsioni settoriali di propria competenza contenute nel Ptcp, le amministrazioni statali competenti e le autorità e gli organi di cui all’articolo 18, commi 7 e 9, procedono all’adozione del relativo piano di settore, o stralcio dello stesso, nel rispetto della normativa vigente. In tale ipotesi la provincia promuove le intese di cui al comma 1 ai fini del necessario adeguamento del Ptcp.
4. La proposta di Ptcp è depositata per trenta giorni presso la segreteria dell’amministrazione provinciale. Del deposito è data notizia con avviso pubblicato sul bollettino ufficiale della regione Campania e su due quotidiani a diffusione regionale.
5. Contemporaneamente alla pubblicazione la proposta di piano è trasmessa ai comuni della provincia, agli enti locali e alle organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali di livello provinciale, così come individuate con delibera di giunta regionale, che possono presentare osservazioni entro trenta giorni dalla pubblicazione dell’avviso di cui al comma 4.
6. Al fine di approfondire la valutazione delle osservazioni formulate ed elaborare le relative proposte di modifica allo schema di Ptcp la giunta provinciale, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 5, indice una conferenza alla quale invita a partecipare i comuni della provincia, gli enti locali e le organizzazioni indicate al comma 5. La conferenza conclude i lavori entro trenta giorni dalla convocazione.
7. La giunta provinciale, nel termine di sessanta giorni dalla conclusione dei lavori della conferenza di cui al comma 6, valutate le osservazioni e le proposte di modifica formulate, adotta il Ptcp e lo invia al consiglio provinciale per l’ approvazione. Il piano approvato è trasmesso alla giunta regionale per la verifica di compatibilità con il Ptr e con i piani settoriali regionali.
8. L’istruttoria tecnica è rimessa all’area generale di coordinamento governo del territorio presso la giunta regionale. La verifica di compatibilità è conclusa entro novanta giorni dalla data di ricezione del piano, corredato dagli allegati previsti dalla vigente normativa. Trascorso tale termine, la verifica di compatibilità si intende positivamente conclusa.
9. Se la verifica di compatibilità non ha avuto esito positivo, la Regione, nei quindici giorni successivi alla scadenza di cui al comma 8 , convoca una conferenza di servizi alla quale sono invitati a partecipare il presidente della provincia, o un assessore delegato, e i dirigenti delle strutture regionali e provinciali competenti. La conferenza è presieduta dal presidente della regione o da un assessore delegato.
10. La conferenza di cui al comma 9 adotta le modifiche al Ptcp, al fine di renderlo compatibile con il Ptr e con i piani settoriali regionali. La conferenza conclude i lavori nel termine di trenta giorni dalla sua convocazione.
11. Il Presidente della conferenza, se ne ravvisa l’opportunità, nel rispetto del principio di flessibilità di cui all’articolo 11 e nei limiti ivi indicati, trasmette il Ptcp al consiglio regionale per la variazione del Ptr, limitatamente alle parti incompatibili con il piano approvato dalla provincia. Il consiglio regionale provvede entro novanta giorni dalla trasmissione. Decorso tale termine le proposte di variazione si intendono respinte.
12. Nel caso di cui al comma 11, il termine di trenta giorni per la conclusione dei lavori della conferenza rimane sospeso.
13. Gli esiti della conferenza sono ratificati dal consiglio provinciale entro quindici giorni dalla comunicazione.
14. La delibera di giunta regionale di verifica di compatibilità del Ptcp di cui ai commi 7 e 8 è pubblicata sul bollettino ufficiale della regione Campania. Della pubblicazione del Ptcp è data contestualmente notizia pubblicazione, il Ptcp entra in vigore ed acquista efficacia a tempo indeterminato.
Art. 21
Varianti al piano territoriale di coordinamento provinciale
1. Le varianti e gli aggiornamenti delle previsioni del Ptcp sono sottoposte al procedimento di formazione di cui all’articolo 20, con i termini ridotti della metà, ad eccezione dei termini di quindici giorni di cui ai commi 6 e 14 dello stesso articolo 20.
2. Le variazioni tecniche degli elaborati del Ptcp necessarie al recepimento di sopravvenute disposizioni legislative statali e regionali immediatamente operative sono approvate con delibera di giunta provinciale.
3. La giunta provinciale, con cadenza quinquennale, e comunque entro sei mesi dalla data di insediamento del Consiglio provinciale, verifica lo stato di attuazione del Ptcp e propone al Consiglio le modifiche necessarie all’aggiornamento dello stesso.
CAPO III
PIANIFICAZIONE URBANISTICA COMUNALE
Art. 22
Strumenti urbanistici comunali
1. Il comune esercita la pianificazione del territorio di sua competenza nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti e in coerenza con le previsioni della pianificazione territoriale regionale e provinciale.
2. Sono strumenti di pianificazione comunale:
a) il piano urbanistico comunale - Puc;
b) i piani urbanistici attuativi - Pua;
c) il regolamento urbanistico edilizio comunale - Ruec.
Art. 23
Piano urbanistico comunale
1. Il piano urbanistico comunale - Puc - è lo strumento urbanistico generale del Comune e disciplina la tutela ambientale, le trasformazioni urbanistiche ed edilizie dell’intero territorio comunale, anche mediante disposizioni a contenuto conformativo del diritto di proprietà.
2. Il Puc, in coerenza con le disposizioni del Ptr e del Ptcp:
a) individua gli obiettivi da perseguire nel governo del territorio comunale e gli indirizzi per l’attuazione degli stessi;
b) definisce gli elementi del territorio urbano ed extraurbano raccordando la previsione di interventi di trasformazione con le esigenze di salvaguardia delle risorse naturali, paesaggistico ambientali, agro-silvo-pastorali e storico-culturali disponibili, nonché i criteri per la valutazione degli effetti ambientali degli interventi stessi;
c) determina i fabbisogni insediativi e le priorità relative alle opere di urbanizzazione in conformità a quanto previsto dall’articolo 18, comma 2, lettera b);
d) stabilisce la suddivisione del territorio comunale in zone omogenee, individuando le aree non suscettibili di trasformazione;
e) indica le trasformazioni fisiche e funzionali ammissibili nelle singole zone, garantendo la tutela e la valorizzazione dei centri storici nonché lo sviluppo sostenibile del territorio comunale;
f) promuove l’architettura contemporanea e la qualità dell’edilizia pubblica e privata, prevalentemente attraverso il ricorso a concorsi di progettazione;
g) disciplina i sistemi di mobilità di beni e persone;
h) tutela e valorizza il paesaggio agrario attraverso la classificazione dei terreni agricoli, anche vietando l’utilizzazione ai fini edilizi delle aree agricole particolarmente produttive fatti salvi gli interventi realizzati dai coltivatori diretti o dagli imprenditori agricoli;
i) assicura la piena compatibilità delle previsioni in esso contenute rispetto all’assetto geologico e geomorfologico del territorio comunale, così come risultante da apposite indagini di settore preliminari alla redazione del piano.
3. Il Puc individua la perimetrazione degli insediamenti abusivi esistenti al 31 dicembre 1993 e oggetto di sanatoria ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47, capi IV e V, e ai sensi della legge 23 dicembre 1994, n. 724, articolo 39, al fine di:
a) realizzare un’adeguata urbanizzazione primaria e secondaria;
b) rispettare gli interessi di carattere storico, artistico, archeologico, paesaggistico-ambientale ed idrogeologico;
c) realizzare un razionale inserimento territoriale ed urbano degli insediamenti.
4. Le risorse finanziarie derivanti dalle oblazioni e dagli oneri concessori e sanzionatori dovuti per il rilascio dei titoli abilitativi in sanatoria sono utilizzate prioritariamente per l’attuazione degli interventi di recupero degli insediamenti di cui al comma 3.
5. Il Puc può subordinare l’attuazione degli interventi di recupero urbanistico ed edilizio degli insediamenti abusivi, perimetrati ai sensi del comma 3, alla redazione di appositi Pua, denominati piani di recupero degli insediamenti abusivi, il cui procedimento di formazione segue la disciplina prevista dall’articolo 27.
6. Restano esclusi dalla perimetrazione di cui al comma 3 gli immobili non suscettibili di sanatoria ai sensi dello stesso comma 3.
7. Il Puc definisce le modalità del recupero urbanistico ed edilizio degli insediamenti abusivi, gli interventi obbligatori di riqualificazione e le procedure, anche coattive, per l’esecuzione degli stessi, anche mediante la formazione dei comparti edificatori di cui agli articoli 33 e 34.
8. Al Puc sono allegate le norme tecniche di attuazione -Nta-, riguardanti la manutenzione del territorio e la manutenzione urbana, il recupero, la trasformazione e la sostituzione edilizia, il supporto delle attività produttive, il mantenimento e lo sviluppo dell’attività agricola e la regolamentazione dell’attività edilizia.
9. Fanno parte integrante del Puc i piani di settore riguardanti il territorio comunale, ivi inclusi i piani riguardanti le aree naturali protette e i piani relativi alla prevenzione dei rischi derivanti da calamità naturali ed al contenimento dei consumi energetici.
Art. 24
Procedimento di formazione del Piano urbanistico comunale
1. La giunta comunale, previa consultazione delle organizzazioni sociali, culturali, economico – professionali, sindacali ed ambientaliste di livello provinciale, di cui all’articolo 20, comma 5, predispone la proposta di Puc. La proposta, comprensiva degli elaborati previsti dalla vigente normativa statale e regionale e delle Nta, è depositata presso la segreteria del comune e delle circoscrizioni. Del deposito è data notizia sul bollettino ufficiale della regione Campania e su due quotidiani a diffusione provinciale.
2. Nel termine di sessanta giorni dalla pubblicazione chiunque può presentare osservazioni in ordine alla proposta di Puc. Nei comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti il termine è ridotto a quaranta giorni.
3. Entro novanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2, il consiglio comunale esamina le osservazioni, adegua, la proposta di Puc alle osservazioni accolte ed adotta il Puc. Nei comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti il termine è ridotto a sessanta giorni.
4. Il piano adottato è trasmesso alla provincia per la verifica di compatibilità con gli strumenti di pianificazione territoriale sovraordinati e di conformità con la normativa statale e regionale vigente.
5. La verifica è affidata all’assessorato provinciale competente nella materia dell’urbanistica, ed è conclusa entro novanta giorni dalla data di ricezione del piano, corredato di tutti gli allegati previsti dalla normativa vigente. Trascorso tale termine, la verifica si intende positivamente conclusa.
6. In caso di esito negativo della verifica, il Presidente della provincia, nei quindici giorni successivi alla scadenza di cui al comma 5, convoca una conferenza di servizi alla quale sono invitati a partecipare il sindaco, o un assessore da lui delegato, e i dirigenti delle strutture provinciali e comunali competenti. La conferenza è presieduta dal presidente della provincia o da un assessore da lui delegato.
7. La conferenza apporta, ove necessario, modifiche al Puc, al fine di renderlo compatibile con gli atti di pianificazione territoriale sovraordinati e conforme alla normativa statale e regionale vigente.
8. La conferenza conclude i lavori nel termine di trenta giorni dalla convocazione.
9. Il Presidente della conferenza, se ne ravvisa l’opportunità, e nel rispetto del principio di flessibilità di cui all’articolo 11 e nei limiti ivi indicati, trasmette il Puc al consiglio provinciale o al consiglio regionale per la eventuale variazione, rispettivamente, del Ptcp, del Ptr, dei Psr e dei Psp, nelle parti in cui sono incompatibili con il piano adottato dal comune. Il consiglio provinciale e il consiglio regionale provvedono entro trenta giorni dalla trasmissione degli atti. Decorso tale termine, le proposte di variazione si intendono respinte.
10. Nelle ipotesi di cui al comma 8, il termine di trenta giorni per la conclusione dei lavori della
conferenza di cui al comma 6 rimane sospeso.
11. Gli esiti della conferenza di cui al comma 6 sono ratificati dal consiglio comunale entro venti giorni dalla loro comunicazione, pena la decadenza dei relativi atti.
12. Il Puc è approvato con decreto del presidente della provincia, previa delibera di giunta provinciale, ed è pubblicato sul bollettino ufficiale della regione Campania. Della pubblicazione è data notizia mediante avviso su due quotidiani a diffusione provinciale. Decorsi quindici giorni dalla pubblicazione, il Puc entra in vigore ed acquista efficacia a tempo indeterminato.
13. Le varianti e gli aggiornamenti delle previsioni del Puc sono sottoposte al procedimento di formazione disciplinato dal presente articolo, con i termini ridotti della metà, ad eccezione dei termini di cui ai commi 6, 7, 8 e 10.
14. Le disposizioni di cui al comma 12 si applicano anche alle varianti di adeguamento del Puc, agli strumenti di pianificazione paesaggistica previsti dal decreto legislativo 42/04, articolo 145, comma 5. Le proposte di variante sono trasmesse alla competente soprintendenza per i beni architettonici ed il paesaggio, che esprime il parere entro il termine stabilito per l’adozione delle varianti stesse.
Art. 25
Atti di programmazione degli interventi
1. Con delibera di consiglio comunale è adottata, in conformità alle previsioni del Puc e senza modificarne i contenuti, la disciplina degli interventi di tutela, valorizzazione, trasformazione e riqualificazione del territorio comunale da realizzare nell’arco temporale di tre anni.
2. Gli atti di programmazione di cui al comma 1, in relazione agli interventi di riqualificazione e di nuova edificazione, prevedono:
a) le destinazioni d’uso e gli indici edilizi;
b) le forme di esecuzione e le modalità degli interventi di trasformazione e conservazione dell’assetto urbanistico;
c) la determinazione delle opere di urbanizzazione da realizzare o recuperare, nonché degli interventi di reintegrazione territoriale e paesaggistica;
d) la quantificazione degli oneri finanziari a carico del comune e di altri soggetti pubblici per la realizzazione delle opere previste, indicandone le fonti di finanziamento.
3. Gli atti di programmazione degli interventi hanno valore ed effetti del programma pluriennale di attuazione disciplinato dalla legge 28 gennaio 1977, n. 10, articolo 13, e dalla legge regionale 28 novembre 2001, n. 19, articolo 5, e si coordinano con il bilancio pluriennale comunale.
4. Per le opere pubbliche o di interesse pubblico la delibera di approvazione degli atti di programmazione degli interventi comporta la dichiarazione di pubblica utilità, di indifferibilità e urgenza dei lavori previsti negli stessi, nel rispetto degli strumenti di partecipazione procedimentale stabiliti dalla normativa vigente.
5. Gli atti di programmazione di cui al comma 1 stabiliscono gli interventi da attuare tramite società di trasformazione urbana.
6. Il programma triennale per la realizzazione di opere pubbliche, di cui alla legge 11 febbraio1994, n. 109, articolo 14, si coordina con le previsioni di cui al presente articolo.
7. Gli atti di programmazione degli interventi sono approvati per la prima volta contestualmente all’approvazione del Puc.
Art. 26
Piani urbanistici attuativi
1. I piani urbanistici attuativi – Pua - sono strumenti con i quali il comune provvede a dare attuazione alle previsioni del Puc o a dare esecuzione agli interventi di urbanizzazione e riqualificazione individuati dagli atti di programmazione di cui all’articolo 25.
2. I Pua, in relazione al contenuto, hanno valore e portata dei seguenti strumenti:
a) i piani particolareggiati e i piani di lottizzazione di cui alla legge 17 agosto 1942, n. 1150, articoli 13 e 28;
b) i piani per l’edilizia economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n.167;
c) i piani delle aree da destinare ad insediamenti produttivi di cui alla legge 22 ottobre 1971, n. 865, articolo 27;
d) i programmi integrati di intervento di cui alla legge 17 febbraio 1992, n. 179, articolo 17, e alle
leggi regionali 19 febbraio 1996, n. 3, e 18 ottobre 2002, n.26;
e) i piani di recupero di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 457;
f) i programmi di recupero urbano di cui al decreto legge 5 ottobre 1993, n.398, articolo 11,
convertito in legge 4 dicembre 1993, n. 493;
3. L’approvazione dei Pua non può comportare variante al Puc. A tal fine non costituiscono varianti al Puc:
a) la verifica di perimetrazioni conseguenti alla diversa scala di rappresentazione grafica del piano;
b) la precisazione dei tracciati viari;
c) le modificazioni del perimetro del Pua rese necessarie da esigenze sopravvenute quali ritrovamenti archeologici, limitazioni connesse all’imposizione di nuovi vincoli, problemi geologici;
d) le modifiche delle modalità di intervento sul patrimonio edilizio esistente, di cui al decreto legislativo 6 giugno 2001, n.380, articolo 3, comma 1, lettere a), b), c) e d);
e) la diversa dislocazione, nel perimetro del Pua, degli insediamenti, dei servizi, delle infrastrutture e del verde pubblico senza aumento delle quantità e dei pesi insediativi;
4. L’adozione delle modifiche di cui al comma 3 è motivata dal comune, al fine di dimostrare i miglioramenti conseguibili e in ogni caso l’assenza di incremento del carico urbanistico.
5. La giunta comunale può decidere di conferire alla delibera di approvazione dei Pua valore di permesso di costruire abilitante gli interventi previsti, subordinando tale permesso all’acquisizione dei pareri, autorizzazioni, nulla-osta e provvedimenti all’uopo necessari, anche mediante lo sportello urbanistico di cui all’articolo 41. In tal caso, le varianti al permesso di costruire seguono il procedimento ordinario, senza adozione di atti deliberativi.
6. L’amministrazione comunale provvede alla stipula di convenzioni disciplinanti i rapporti derivanti dall’attuazione degli interventi previsti dai Pua.
Art. 27
Procedimento di formazione dei piani urbanistici attuativi
1. I Pua sono redatti, in ordine prioritario:
a) dal comune;
b) dalle società di trasformazione urbana di cui all’articolo 36;
c) dai proprietari, con oneri a loro carico, nei casi previsti dalla normativa vigente, o nei casi in cui, essendo prevista la redazione dei Pua da parte del comune, questi non vi provvede nei termini definiti dagli atti di programmazione degli interventi, purché il piano attuativo non sia subordinato alla necessità di acquisire immobili da parte dell’amministrazione comunale. La proposta di Pua deve essere formulata dai proprietari degli immobili rappresentanti il cinquantuno per cento del complessivo valore imponibile dell’area interessata dagli interventi, accertato ai fini dell’imposta comunale sugli immobili. Se in tale area sono inclusi immobili per i quali non risulta accertato il valore dell’imponibile relativo alla imposta comunale sugli immobili, lo stesso è determinato dall’ufficio tecnico comunale entro trenta giorni dalla formulazione della richiesta da parte degli interessati, sulla base dei valori accertati per altri immobili aventi caratteristiche analoghe.
d) dal comune, se i privati, tenuti alla redazione dei Pua a proprie cura e spese, non presentano le relative proposte definite dagli atti di programmazione degli interventi nei termini da queste previsti. In tal caso il comune ha diritto di rivalsa per le spese sostenute nei confronti dei proprietari inadempienti. Resta a cura del comune la redazione dei Pua se la stessa amministrazione respinge le proposte di pianificazione attuativa avanzate dai proprietari.
2. Il Pua è adottato dalla giunta comunale.
3. Il Pua, adottato ai sensi del comma 2, è trasmesso alla provincia per eventuali osservazioni ed è depositato presso la casa comunale per trenta giorni. Del deposito è data notizia su due quotidiani a diffusione regionale. Ulteriori forme di pubblicità possono essere determinate dagli statuti delle amministrazioni comunali. Il comune garantisce il rispetto degli strumenti di partecipazione procedimentale stabiliti dalla normativa vigente.
4. Entro la scadenza del termine di deposito di cui al comma 3 chiunque può formulare osservazioni o opposizioni al Pua adottato.
5. Con delibera di giunta il comune esamina le osservazioni o le opposizioni formulate e approva il Pua dando espressamente atto della sua conformità al Puc.
6. Con decreto sindacale il piano approvato è pubblicato sul bollettino ufficiale della regione Campania ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
7. Se il Pua comporta la modifica degli atti di programmazione degli interventi, il Piano adottato è rimesso al consiglio comunale per l’approvazione.
Art. 28
Regolamento urbanistico edilizio comunale
1. Il Ruec individua le modalità esecutive e le tipologie delle trasformazioni, nonché l’attività concreta di costruzione, modificazione e conservazione delle strutture edilizie. Il Ruec disciplina gli aspetti igienici aventi rilevanza edilizia, gli elementi architettonici e di ornato, gli spazi verdi e gli arredi urbani.
2. Il Ruec, in conformità alle previsioni del Puc e delle Nta allo stesso allegate, definisce i criteri per la quantificazione dei parametri edilizi e urbanistici e disciplina gli oneri concessori .
3. Il Ruec specifica i criteri per il rispetto delle norme in materia energetico-ambientale in conformità agli indirizzi stabiliti con delibera di giunta regionale.
Art. 29
Procedimento di formazione del regolamento urbanistico edilizio comunale
1. Il Ruec è adottato dal consiglio comunale e depositato presso la sede del comune. Del deposito è data notizia su due quotidiani a diffusione regionale. Ulteriori forme di pubblicità possono essere determinate dagli statuti comunali.
2. Nel termine di trenta giorni dal deposito chiunque può presentare osservazioni al Ruec adottato.
Entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, il consiglio comunale approva il Ruec, decidendo contestualmente in ordine alle osservazioni, sempre in coerenza con il Puc e le Nta. Della approvazione è dato avviso mediante pubblicazione sul bollettino ufficiale della regione Campania. Copia integrale del Ruec è trasmessa alla provincia e depositata presso la casa comunale per la libera consultazione.
3. Il Ruec è approvato contestualmente all’approvazione del Puc ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
4. Le varianti e gli aggiornamenti al Ruec sono sottoposti al procedimento di formazione di cui al presente articolo.
CAPO IV
ELABORATI DA ALLEGARE AGLI STRUMENTI URBANISTICI E DEFINIZIONE DEGLI STANDARD
Art. 30
Elaborati da allegare agli strumenti urbanistici
1. Con delibera di giunta regionale, previo parere vincolante della commissione consiliare competente in materia di urbanistica, sono individuati, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, gli elaborati da allegare agli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, generale ed attuativa previsti dalla presente legge.
2. Con la delibera di cui al comma 1 la giunta regionale può ridurre il numero degli elaborati da allegare agli strumenti di pianificazione urbanistica per i comuni con popolazione inferiore ai diecimila abitanti.
3. Il parere di cui al comma 1 è reso entro sessanta giorni dalla data di ricezione della proposta di delibera. Decorso il termine il parere si intende favorevolmente espresso.
Art. 31
Standard urbanistici
1. Gli atti di pianificazione urbanistica sono adottati nel rispetto degli standard urbanistici fissati dalla normativa nazionale vigente.
2. Con regolamento regionale possono essere definiti standard urbanistici minimi inderogabili più ampi rispetto a quelli di cui al comma 1.
CAPO V
SISTEMI DI ATTUAZIONE DELLA PIANIFICAZIONE URBANISTICA
Art. 32
Perequazione urbanistica
1. La perequazione urbanistica persegue lo scopo di distribuire equamente, tra i proprietari di immobili interessati dalla trasformazione oggetto della pianificazione urbanistica, diritti edificatori e obblighi nei confronti del comune o di altri enti pubblici aventi titolo.
2. Il Puc, gli atti di programmazione degli interventi e i Pua ripartiscono le quote edificatorie e i relativi obblighi tra i proprietari degli immobili ricompresi nelle zone oggetto di trasformazione mediante comparti di cui all’articolo 33, indipendentemente dalla destinazione specifica delle aree interessate.
3. Il Ruec individua le modalità per la definizione dei diritti edificatori dei singoli proprietari, tenendo conto dello stato sia di fatto che di diritto in cui versano i relativi immobili all’atto della formazione del Puc.
Art. 33
Comparti edificatori
1. Le trasformazioni previste dal Puc, dai Pua o dagli atti di programmazione degli interventi possono essere realizzate mediante comparti edificatori, così come individuati dagli stessi Puc, dai Pua e dagli atti di programmazione degli interventi.
2. Il comparto è costituito da uno o più ambiti territoriali, edificati o non, ed è individuato dal Puc, dai Pua o dagli atti di programmazione degli interventi, che indicano le trasformazioni urbanistiche ed edilizie, i tipi di intervento, le funzioni urbane ammissibili, la volumetria complessiva realizzabile e le quote edificatorie attribuite ai proprietari degli immobili inclusi nel comparto, la quantità e la localizzazione degli immobili da cedere gratuitamente al comune o ad altri soggetti pubblici per la realizzazione di infrastrutture, attrezzature e aree verdi.
3. Le quote edificatorie sono espresse in metri quadrati o in metri cubi e sono ripartite tra i proprietari in proporzione alla frazione percentuale da ciascuno di essi detenuta del complessivo valore imponibile, accertato ai fini dell’imposta comunale sugli immobili per l’insieme di tutti gli immobili ricadenti nel comparto. La superficie necessaria per la realizzazione di attrezzature pubbliche non è computata ai fini della determinazione delle quote edificatorie.
4. Entro il termine di trenta giorni dalla data di approvazione del Puc, dei Pua o degli atti di programmazione degli interventi, il comune determina la quantità di quote edificatorie attribuite dagli atti di programmazione degli interventi ai proprietari di immobili inclusi in ciascun comparto, nonché gli obblighi in favore del comune o di altri soggetti pubblici funzionali all’attuazione del comparto stesso e ne dà comunicazione ai proprietari interessati. Le quote edificatorie attribuite ai proprietari sono liberamente commerciabili ma non possono essere trasferite in altri comparti edificatori.
5. Se nel comparto sono inclusi immobili per i quali non risulta accertato il valore dell’imponibile relativo all’imposta comunale sugli immobili, lo stesso è determinato da un ufficio tecnico comunale sulla base dei valori accertati per altri immobili aventi caratteristiche analoghe, entro il termine previsto al comma 4.
6. Ferme restando le quote edificatorie attribuite ai proprietari di immobili, il Puc, i Pua e gli atti di programmazione degli interventi definiscono le caratteristiche e il dimensionamento degli interventi edilizi funzionali alla realizzazione, nei comparti edificatori, di attrezzature e di altre opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Art. 34
Attuazione del comparto edificatorio
1. Il comparto edificatorio può essere attuato dai proprietari degli immobili inclusi nel comparto stesso, anche riuniti in consorzio, dal comune, o da società miste, anche di trasformazione urbana.
2. Nel caso di attuazione di un comparto da parte di soggetti privati devono essere preventivamente ceduti a titolo gratuito al comune, o ad altri soggetti pubblici, gli immobili necessari per la realizzazione nel comparto di infrastrutture, attrezzature, aree verdi, edilizia residenziale pubblica e altre opere pubbliche o di interesse pubblico così come localizzate dal comune attraverso il Puc, i Pua e gli atti di programmazione degli interventi.
3. I detentori di una quantità corrispondente al cinquantuno per cento delle quote edificatorie complessive attribuite ad un comparto edificatorio possono procedere all’attuazione del comparto nel caso di rifiuto o inerzia dei rimanenti proprietari. Accertato il rifiuto, previa notifica di atto di costituzione in mora, con assegnazione di un termine non superiore a trenta giorni, gli stessi soggetti procedono all’attuazione del comparto, acquisite le quote edificatorie, attribuite ai proprietari che hanno deciso di non partecipare all’iniziativa, e i relativi immobili, mediante corresponsione del controvalore determinato dall’ufficio di cui all’articolo 33, comma 5, o nel caso di rifiuto di tale somma, mediante deposito della stessa presso la tesoreria comunale.
4. Nel caso di inerzia o di rifiuto all’attuazione di un comparto edificatorio da parte di proprietari di immobili detentori nel loro insieme di una quantità superiore al quarantanove per cento delle quote edificatorie complessive, il comune fissa un termine per l’attuazione del comparto stesso, trascorso il quale il può attuare direttamente, o a mezzo di una società mista, il comparto edificatorio, acquisendone le quote edificatorie e i relativi immobili con le modalità di cui al comma 5.
5. Le acquisizioni delle quote edificatorie e dei relativi immobili, previste dai commi 3 e 4, avvengono mediante procedure di esproprio.
6. L’approvazione degli interventi disciplinati dal presente articolo equivale a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza previste.
Art. 35
Espropriazione degli immobili per l’attuazione della pianificazione urbanistica
1. Gli immobili espropriati per l’attuazione degli strumenti di pianificazione urbanistica sono acquisiti dai soggetti esproprianti nel rispetto delle disposizioni di cui al D.P.R. 8 luglio 2001, n. 327. Se l’espropriazione è eseguita dal comune, gli immobili sono acquisiti al patrimonio comunale e il comune può cederne la proprietà o, in caso di vincolo di indisponibilità, concedere gli stessi in diritto di superficie a terzi per la edificazione, previo esperimento di procedure ad evidenza pubblica, in esito alle quali è stipulata apposita convenzione approvata dal consiglio comunale.
2. La concessione a terzi per la edificazione di cui al comma 1, non può eccedere il termine massimo di quarantacinque anni.
Art. 36
Società di trasformazione urbana e territoriale
1. É consentita la costituzione, da parte dei comuni, anche con la partecipazione delle province e della regione, di società per la progettazione e la realizzazione di interventi finalizzati alla trasformazione urbana e territoriale.
2. Le società di cui al comma 1 possono essere a capitale interamente pubblico o miste a capitale prevalentemente pubblico, ai sensi del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articolo 120.
3. La partecipazione alle società miste dei proprietari di immobili interessati dagli interventi di cui al comma 2 è disciplinata con regolamento regionale.
Art. 37
Contenuto delle convenzioni
1. Le convenzioni stipulate tra enti pubblici e soggetti privati previste dalla presente legge devono prevedere:
a) le prestazioni oggetto delle convenzioni;
b) la durata degli obblighi assunti, i termini di inizio e di ultimazione degli interventi;
c) le garanzie reali e finanziarie da prestare per l’adempimento degli obblighi e le sanzioni per l’inosservanza degli stessi, ivi compresa la possibilità della risoluzione contrattuale;
d) gli elementi progettuali, le garanzie e le modalità di controllo dell’esecuzione delle opere di urbanizzazione.
CAPO VI
VINCOLI URBANISTICI
Art. 38
Disciplina dei vincoli urbanistici
1. Le previsioni del Puc, nella parte in cui incidono su beni determinati e assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all’espropriazione o a vincoli che comportano l’inedificabilità, perdono efficacia se, entro cinque anni dalla data di approvazione del Puc, non è stato emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità.
2. Il comune può reiterare i vincoli di cui al comma 1 motivando adeguatamente la scelta, in relazione alle effettive esigenze urbanistiche e di soddisfacimento degli standard, e prevedendo la corresponsione di un indennizzo quantificato ai sensi del D.P.R. n.327/01.
3. A seguito della scadenza dei vincoli di cui al comma 1 si applicano, nelle zone interessate, i limiti di edificabilità previsti dalla legge regionale 20 marzo 1982, n. 17.
4. In caso di mancata reiterazione dei vincoli urbanistici, il comune adotta la nuova disciplina urbanistica delle aree interessate mediante l’adozione di una variante al Puc, entro il termine di sei mesi dalla scadenza dei vincoli. Decorso tale termine, si procede ai sensi dell’articolo 39.
CAPO VII
POTERI SOSTITUTIVI REGIONALI E SUPPORTI PER L’ATTIVITÀ DI PIANIFICAZIONE
Art. 39
Poteri sostitutivi
1. Se un comune omette di compiere qualunque atto di propria competenza ai sensi della presente legge, la provincia, previa comunicazione alla regione e contestuale diffida all’ente inadempiente a provvedere entro il termine perentorio di sessanta giorni, attua l’intervento sostitutivo.
2. Se la provincia non conclude il procedimento nel termine previsto dalla presente legge, la regione procede autonomamente.
3. Se una provincia omette di compiere qualunque atto di propria competenza ai sensi della presente legge, la regione, previa diffida a provvedere entro il termine perentorio di sessanta giorni, attua l’intervento sostitutivo.
Art. 40
Supporti tecnici e finanziari alle province e ai comuni
1. La regione assicura adeguato supporto tecnico agli enti locali che ne fanno richiesta per l’esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi demandati dalla presente legge. A tal fine gli enti locali possono avvalersi dell’ausilio delle strutture tecnico-amministrative degli uffici regionali competenti nelle materie dell’edilizia e dell’urbanistica.
2. La regione concede contributi finanziari ai comuni, singoli o associati, per favorire l’attività di pianificazione territoriale e urbanistica. Le richieste di contributo sono inoltrate dai comuni alla Regione nei termini e con le modalità previsti da un bando pubblicato annualmente sul bollettino ufficiale della regione Campania. Ai fini della erogazione dei contributi è data precedenza ai comuni sprovvisti di strumentazione urbanistica generale, ai comuni con popolazione inferiore ai diecimila abitanti e a quelli che ricorrono alla pianificazione associata.
CAPO VIII
NORME IN MATERIA EDILIZIA E DI VIGILANZA SULL’ABUSIVISMO
Art. 41
Norme regolanti l’attività edilizia
1. I comuni, anche in forma associata, si dotano di strutture, denominate sportelli urbanistici, ai quali sono affidati i seguenti compiti:
a) ricezione delle denunce di inizio attività, delle domande per il rilascio di permessi di costruire e dei provvedimenti e certificazioni in materia edilizia;
b) acquisizione di pareri e nulla-osta di competenza di altre amministrazioni;
c) rilascio dei permessi di costruire, dei certificati di agibilità e della certificazione in materia edilizia. Il rilascio di titoli abilitativi all’attività edilizia avviene mediante un unico atto comprensivo di autorizzazioni, nulla-osta, pareri, assensi e di ogni altro provvedimento di consenso, comunque denominato, di competenza comunale;
d) adozione dei provvedimenti in materia di accesso ai documenti, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241;
e) cura dei rapporti tra l’amministrazione comunale, i privati e le altre amministrazioni coinvolte nei procedimenti preordinati all’adozione degli atti di cui alla lettera c).
2. Nei comuni sprovvisti di commissione edilizia, le funzioni consultive in materia paesaggistico - ambientale, attribuite alla commissione edilizia integrata comunale dall’allegato alla legge regionale 23 febbraio 1982, n. 10, “Direttive per l'esercizio delle funzioni amministrative subdelegate dalla regione Campania ai comuni con legge regionale 1 settembre 1981, n. 65 - Tutela dei beni ambientali” , sono esercitate da un organo collegiale costituito dal responsabile dell’ufficio che riveste preminente competenza nella materia, con funzioni di presidente, e da quattro esperti designati dal consiglio comunale con voto limitato.
3. Nei comuni provvisti di commissione edilizia, i componenti esperti previsti dall’allegato alla legge regionale n. 10/82, sono designati dal consiglio comunale con voto limitato.
Art. 42
Vigilanza sugli abusi edilizi
1. In attuazione del principio di sussidiarietà la regione assiste il comune nella funzione di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia di cui al D.P.R. n. 380/01, articolo 27, comma 1, e di repressione dell’abusivismo edilizio.
2. É istituito presso la regione un ufficio di vigilanza a cui è affidato il compito di segnalare al sindaco e ai competenti dirigenti comunali le violazioni riscontrate nel territorio del relativo comune e di eseguire i provvedimenti sanzionatori adottati anche sulla base di tali segnalazioni.
3. Il responsabile dell’ufficio di cui al comma 2 richiede al sindaco e ai competenti dirigenti comunali le informazioni e la documentazione utile per l’espletamento della funzione di vigilanza.
Art. 43
Accertamenti di conformità delle opere edilizie abusive
1. I responsabili dei servizi comunali competenti in materia di vigilanza sugli abusi edilizi trasmettono al presidente della giunta regionale l’elenco, corredato della relativa documentazione, delle opere abusive per le quali è stato richiesto l’accertamento di conformità previsto dal D.P.R. n.380/01, articolo 36.
2. Il presidente della giunta regionale, trascorso il termine di cui al D.P.R. n. 380/01, articolo 36, comma 2, diffida il comune a pronunciarsi con provvedimento espresso sulla richiesta di accertamento di conformità entro i termini di cui alla legge regionale n. 19/01, articolo 1.
3. In caso di protratta inerzia del comune, il presidente della giunta regionale richiede l’intervento sostitutivo della provincia, da espletarsi nei termini e con le modalità di cui alla legge regionale n. 19/01, articolo 4.
4. La provincia trasmette i provvedimenti adottati in ordine all’accertamento di conformità al presidente della giunta regionale, al comune inadempiente ed all’interessato.
5. Se l’accertamento di conformità dà esito negativo, si applicano le disposizioni di cui alla legge regionale 18 novembre 2004, n. 10, articolo 10.
6. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, i responsabili dei servizi comunali competenti in materia di vigilanza sugli abusi edilizi trasmettono al presidente della giunta regionale l’elenco delle opere abusive per le quali è stato richiesto e non ancora compiuto l’accertamento di conformità previsto dal D.P.R. n. 380/01, articolo 36, corredato della relativa documentazione.
TITOLO III
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
CAPO I
DISPOSIZIONI TRANSITORIE
Art. 44
Regime transitorio degli strumenti di pianificazione
1. Le province adottano il Ptcp entro diciotto mesi dall’entrata in vigore del Ptr.
2. I comuni adottano, entro due anni dall’entrata in vigore del Ptcp, il Puc e il Ruec.
3. Nei comuni sprovvisti di Prg si applicano, fino all’adozione dei Puc, i limiti di edificabilità di cui alla legge regionale n.17/82, salva l’applicazione delle misure di salvaguardia di cui all’articolo 10.
4. Nei comuni di cui al comma 3, salva l’applicazione obbligatoria delle misure di salvaguardia di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902, le limitazioni previste dalla legge regionale n. 17/82, hanno efficacia fino alla data di entrata in vigore del Puc, da adottare ai sensi della presente legge, e non si applicano nei confronti degli interventi volti alla realizzazione di edifici e strutture pubbliche, di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, dei programmi per l’edilizia residenziale pubblica, agevolata o sovvenzionata, e dei piani e degli interventi previsti dalla legge 17 maggio 1981, n. 219.
5. La regione adotta il Ptr entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge.
6. Nelle more dell’approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale previsti dalla presente legge,la verifica di compatibilità dei Puc e dei Ptcp, adottati, ai fini dell’approvazione degli stessi, è eseguita con riferimento ai rispettivi strumenti di pianificazione sovraordinati vigenti.
Art. 45
Regime transitorio della strumentazione in itiner
1. Gli strumenti di pianificazione urbanistica comunale, adottati e non ancora approvati alla data di entrata in vigore della presente legge, concludono il procedimento di formazione secondo le disposizioni di cui alla disciplina previgente, anche in ordine alla ripartizione delle competenze relative alla loro approvazione.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle varianti ai Prg già adottate al momento dell’entrata in vigore della presente legge.
3. I comuni di cui al comma 1 adottano, entro tre anni dalla conclusione del procedimento di formazione della strumentazione urbanistica, il Puc e il Ruec, in conformità alle disposizioni di cui al titolo II, capo III.
Art. 46
Norme in materia di inquinamento acustico
1. I piani di zonizzazione acustica di cui alla legge 26 ottobre 1995, n. 447, sono inclusi tra gli elaborati tecnici allegati al Puc.
2. Fino all’entrata in vigore della legge regionale disciplinante la tutela dall’inquinamento acustico con la quale si stabiliscono modalità, scadenze e sanzioni per l’elaborazione della classificazione acustica e dei piani di risanamento, così come previsto dalla legge n. 447/95, la redazione dei piani di zonizzazione acustica di cui al comma 1 avviene in conformità ad apposite linee guida da adottarsi con delibera di giunta regionale.
Art. 47
Valutazione ambientale dei piani
1. I piani territoriali di settore ed i piani urbanistici sono accompagnati dalla valutazione ambientale di cui alla direttiva 42/2001/CE del 27 giugno 2001, da effettuarsi durante la fase di redazione dei piani.
2. La valutazione scaturisce da un rapporto ambientale in cui sono individuati , descritti e valutati gli effetti significativi dell’attuazione del piano sull’ambiente e le alternative, alla luce degli obiettivi e dell’ambito territoriale di riferimento del piano.
3. La proposta di piano ed il rapporto ambientale sono messi a disposizione delle autorità interessate e del pubblico con le procedure di cui agli articoli 15, 20 e 24 della presente legge.
4. Ai piani di cui al comma 1 è allegata una relazione che illustra come le considerazioni ambientali sono state integrate nel piano e come si è tenuto conto del rapporto ambientale di cui al comma 2.
Art. 48
Funzioni subdelegate
1. Il comma 3 dell’articolo 7 della legge regionale 29 maggio 1980, n. 54, è così sostituito: “In caso di persistente inattività o di gravi violazioni di legge di un ente locale nell’esercizio delle funzioni delegate o subdelegate di cui al comma 1, la giunta regionale revoca la delega o la subdelega e la conferisce, previo conforme parere della commissione consiliare competente, all’amministrazione provinciale competente”.
CAPO II
DISPOSIZIONI FINALI
Art. 49
Disposizioni finali, abrogazioni e modificazioni
1. Per quanto non previsto dalla presente legge, resta in vigore la disciplina contenuta nella vigente normativa statale e regionale.
2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate le seguenti disposizioni:
• legge regionale 13 maggio 1974, n. 17;
• legge regionale 6 maggio 1975, n. 26;
• legge regionale 18 maggio 1977, n. 26;
• legge regionale 15 dicembre 1977, n. 64;
• legge regionale 16 ottobre 1978, n. 39;
• legge regionale 29 dicembre 1978, n. 62;
• legge regionale 10 maggio 1980, n. 33;
• legge regionale 29 maggio 1980, n. 54: articolo 23;
• legge regionale 23 luglio 1981, n. 49;
• legge regionale 1 settembre 1981, n. 65: articolo 6, commi 1 e 3; al comma 4 le parole “ai precedenti comma 1 e 2” sono soppresse e sostituite dalle parole “al precedente comma”;
• legge regionale 25 gennaio 1982, n. 4;
• legge regionale 23 febbraio 1982, n. 10: all’allegato - “Direttive per l'esercizio delle funzioni amministrative sub-delegate dalla regione Campania ai comuni con legge regionale 1 settembre 1981, n. 65 - Tutela dei beni ambientali” – le parole “dal Sindaco” sono soppresse e sostituite dalle parole “dal dirigente comunale competente”;
• legge regionale 20 marzo 1982, n. 14: articoli 1, 2, 3, 4, 4-bis, 5, 6, 7, 8; il punto 3 del titolo I dell’allegato; i punti 1.1, 2, 3, 4 e 5 del titolo II dell’allegato; il capo I del titolo III dell’allegato;
i punti 2 e 3 del capo II del titolo III dell’allegato; il punto 3 del capo III del titolo III dell’allegato;
il capo IV del titolo III dell’allegato; il punto 2 del capo V del titolo III dell’allegato. Al punto 1, comma 1, del capo V del titolo III dell’allegato, le parole “il Consiglio” sono soppresse e sostituite dalle parole “la Giunta”;
• legge regionale 20 marzo 1982, n. 17: articoli 1, 2 e 4, commi 2, 5, 6 e 7; all’articolo 3, comma 2. sono soppresse le parole “le Comunità Montane e, per i Comuni non interamente compresi in esse,”; all’articolo 3, comma 4, le parole “Comunità Montane e, per i Comuni non interamente inclusi in esse, le” sono soppresse;
• legge regionale 30 agosto 1982, n. 55;
• legge regionale 24 novembre 1989, n. 24;
• legge regionale 19 febbraio 1996, n. 3: articoli 7, 8, 9 e 10; all’articolo 12, comma 1, le parole “del Consiglio” sono soppresse e sostituite dalle parole “della Giunta”. La legge regionale 11 del 1991, nella parte in cui prevede l’area generale di coordinamento “Gestione del Territorio” è modificata in area generale di coordinamento “Governo del Territorio”.
3. Dalla data di approvazione della delibera di cui all’articolo 30 della presente legge sono abrogate le seguenti disposizioni contenute nell’allegato alla legge regionale 20 marzo 1982, n. 14: il punto 1.2
del titolo II; le parole da “Il Piano particolareggiato deve essere accompagnato” a “non inferiore a 1: 500” del capo II del titolo III; il punto 2 del capo III del titolo III; il punto 1 del capo V.
4. Dalla data di approvazione della delibera di cui all’articolo 30 della presente legge sono altresì abrogati gli articoli 3,4,5 e 6 della legge regionale 19 febbraio 1996, n. 3.
5. L’articolo 2, comma 1, lettera b) della LR 28 novembre 2001, n. 19 è così sostituito:
“Le ristrutturazioni edilizie, comprensive della demolizione e della ricostruzione con la stessa volumetria , superficie e sagoma dell’edificio preesistente”.
6. L’articolo 6, comma 3, della legge regionale 28 novembre 2001, n. 19, è così sostituito: “3. Nelle zone sottoposte ai vincoli di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e a vincoli idrogeologici l’inizio delle opere è subordinato al rilascio delle prescritte autorizzazioni da parte delle amministrazioni e degli enti preposti alla tutela del vincolo”.
7. Dopo il comma 5 dell’art. 6 della legge regionale n. 19/01 è inserito il seguente comma: “5 bis. La capienza massima dei parcheggi realizzabili con denuncia di inizio attività è di:
a) 50 posti auto nei comuni fino a 10.000 abitanti;
b) 100 posti auto nei comuni da 10.001 a 50.000 abitanti;
c) 200 posti auto nei comuni da 50.001 a 200.000 abitanti;
d) 300 posti auto nei comuni al di sopra dei 200.000 abitanti.
Sono fatte salve diverse disposizioni dei programmi urbani dei parcheggi nelle zone non sottoposte ai vincoli di cui al decreto legislativo n.42/2004, vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge”.
8. Alla fine del comma 6, dell’articolo 6 della Legge Regionale n. 19/01 è aggiunto il seguente periodo:
“L’atto d’obbligo contiene l’elenco degli estremi catastali delle unità immobiliari tra le quali i soggetti realizzatori individuano, entro il termine di cui al comma 7, quelle unità alle quali sono legati pertinenzialmente i posti auto da realizzare. Alla fine dei lavori e, comunque, entro il termine di cui al comma 7, i soggetti realizzatori trasmettono copia dei relativi atti di compravendita all’amministrazione comunale”.
9. Dopo il comma 7 dell’articolo 6 della Legge Regionale n. 19/01 sono inseriti i seguenti commi : “7 bis. Ai fini della tutela della qualità ambientale e paesaggistica del territorio la realizzazione di parcheggi di cui ai commi 1 e 2, nel sottosuolo di aree sulle quali alla data di inizio dei lavori risultino presenti alberi o arbusti decorativi o da frutto avviene in modo da garantire la conservazione al di sopra del solaio di copertura dei parcheggi di uno spessore di terreno sufficiente ad assicurare la sopravvivenza in loco degli alberi o arbusti secolari e di alto valore botanico, agricolo o paesistico. Per gli alberi ed arbusti senza tali caratteristiche deve essere assicurato il reimpianto in eguale numero, specie ed età. 7 ter. L’adeguatezza dello spessore di terreno o l’assenza di alberi secolari e di alto valore botanico, agricolo o paesistico sono preventivamente accertati con perizia giurata redatta da un professionista iscritto all’ordine dei dottori agronomi e forestali o periti agrari. 7 quater. L’inosservanza degli obblighi di cui ai commi 7 bis e 7 ter comportal’acquisizione al patrimonio comunale secondo le procedure di cui all’art.31 del DPR n. 380/01.
10 L’articolo 9 della Legge Regionale n. 19/01 è così sostituito:
“Le disposizioni procedurali della presente legge trovano applicazione anche nei territori sottoposti alla disciplina di cui alla Legge regionale 27 giugno 1987, n. 35, fatti salvi tutti i vincoli previsti dalla legge stessa.”
11 All’epigrafe della legge regionale n. 19/01, le parole “delle concessioni e delle autorizzazioni edilizie” sono sostituite dalle parole “dei permessi di costruire”.
12 Agli articoli 1, 2 e 4 della legge regionale n. 19/01, le parole “concessione” e “concessione edilizia” sono sostituite dalle parole “ permesso di costruire”.
13 All’articolo 2 della legge regionale n. 19/01, le parole “alle concessioni edilizie sono sostituite dalle parole “ai permessi di costruire”.
14 All’articolo 3 della legge regionale n. 19/01, le parole “della concessione” sono sostituite dalle parole “del permesso di costruire”.
15 All’articolo 6, comma 2, della legge regionale n. 19/01, le parole “ad autorizzazione gratuita” sono sostituite dalle parole “a permesso di costruire non oneroso”.
16 All’articolo 6, comma 6, della legge regionale n. 19/01, le parole “di autorizzazione alla realizzazione” sono sostituite dalle parole “di permesso di costruire per la realizzazione”.
17 All’articolo 6, comma 7, della legge regionale n. 19/01, le parole “l’autorizzazione gratuita” sono sostituite dalle parole “il permesso di costruire”.
18 All’articolo 6, comma 7, della legge regionale n. 19/01, le parole “procedimento autorizzatorio” sono sostituite dalle parole “procedimento abilitativo”.
19 All’articolo 6, comma 7, della legge regionale n. 19/01, le parole “titolo autorizzatorio” sono sostituite dalle parole “titolo edilizio”.
20 Nell’intero articolato della legge regionale n.19/01 le parole “ decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490” sono sostituite con le parole “decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.”
21 Dopo il comma 12, dell’articolo 5 della Legge regionale 18 ottobre 2002, n. 26 è aggiunto il seguente comma: “Gli interventi di recupero delle parti e delle facciate degli edifici privati ricadenti nei centri storici e nelle periferie degradate dei nuclei urbani della regione Campania, se attuati con l’impiego di risorse finanziarie pubbliche ed in conformità con gli strumenti urbanistici vigenti, rivestono preminente interesse pubblico in quanto volti al recupero ed alla valorizzazione del territorio”.
22 Dopo il comma 13, dell’articolo 5 della Legge regionale 18 ottobre 2002, n. 26 è aggiunto il seguente comma: “Sulla facciata degli stabili siti nei centri storici è vietata l’installazione di apparecchi di condizionamento d’aria, caldaie, tubazioni e antenne, nonché l’inserimento di nuovi elementi che compromettono il decoro architettonico degli stessi”.
Art. 50
Dichiarazione di urgenza
1. La presente legge, a norma degli articoli 43 e 45 dello Statuto, è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della regione Campania.
La presente legge sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Campania.
É fatto obbligo a chiunque spetti, di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Campania.
Bassolino
Nota all’art.12
La legge 7 agosto 1990, n. 241, che detta: “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.”, all’art.14 quater, commi 3, 4 e 5, così recita:
“3. Qualora il motivato dissenso sia espresso da un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute, la decisione è rimessa al Consiglio dei ministri, ove l'amministrazione dissenziente o quella procedente sia un'amministrazione statale, ovvero ai competenti organi collegiali esecutivi degli enti territoriali, nelle altre ipotesi. Il Consiglio dei ministri o gli organi collegiali esecutivi degli enti territoriali deliberano entro trenta giorni, salvo che il Presidente del Consiglio dei ministri o il presidente della giunta regionale o il presidente della provincia o il sindaco, valutata la complessità dell'istruttoria, decidano di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni.
4. Quando il dissenso è espresso da una regione, le determinazioni di competenza del Consiglio dei ministri previste al comma 3 sono adottate con l'intervento del presidente della giunta regionale interessata, al quale è inviata a tal fine la comunicazione di invito a partecipare alla riunione, per essere ascoltato, senza diritto di voto.
5. Nell'ipotesi in cui l'opera sia sottoposta a VIA e in caso di provvedimento negativo trova applicazione l'articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, introdotta dall'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 (1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 17, comma 7, l. 15 maggio 1997, n. 127 e così sostituito dall'art. 12, l. 24 novembre 2000, n. 340.”
D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616: “Attuazione della delega di cui all'art. 1 della l. 22 luglio 1975, n. 382”, all’art.81 così recita : “Funzioni delegate.
È delegato alle regioni l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di linee ferroviarie in concessione, anche in gestione commissariale governativa, da effettuarsi con l'assegno delle regioni interessate previo il risanamento tecnico ed economico a cura dello Stato.
È delegato alle regioni, con l'assegno delle regioni interessate, l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di linee ferroviarie secondarie gestite dall'azienda autonoma delle ferrovie dello Stato, dichiarate non più utili all'integrazione della rete primaria nazionale dal Ministro per i trasporti (1).
(Omissis) (2).
È delegato alle regioni l'esercizio delle funzioni relative alla sicurezza dei natanti addetti alle linee di navigazione interna.
(1) Ora Ministro dei trasporti e della navigazione.
(2) Comma abrogato dall'art. 104, d.p.r. 11 luglio 1980, n. 753.”
D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383:
“Regolamento recante disciplina dei procedimenti di localizzazione delle opere di interesse statale.”
Legge 23 dicembre 1996, n. 662:
“Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”
Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano accordo 19 aprile 2001 - Accordo tra il Ministro per i beni e le attività culturali e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sull'esercizio dei poteri in materia di paesaggio.
LA CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI TRA LO STATO LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E DI BOLZANO
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 8;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n.616;
Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa, e, in particolare, l'art. 8;
Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante il conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, e, in particolare gli articoli 4, 52 e 54;
Visto il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, recante il testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, e in particolare gli articoli 149 e 150;
Vista la convenzione europea del paesaggio, firmata a Firenze il 20 ottobre 2000;
Visto l'art. 2, comma 2, lettera b) del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che affida a questa Conferenza il compito di promuovere e sancire accordi, secondo quanto previsto dall'art. 4 del medesimo decreto legislativo;
Visto l'art. 4, comma 1, del predetto decreto legislativo, nel quale si prevede che, in questa Conferenza, Governo, regioni e province autonome, in attuazione del principio di leale collaborazione, possano concludere accordi al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di 6 giugno 2000;
Considerato che, nel corso dell'odierna seduta di questa Conferenza, i presidenti delle regioni hanno proposto un emendamento all'art. 1 del testo dell'accordo in oggetto, che é stato accolto dal rappresentante del Governo;
Acquisito l'assenso del Governo dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano ai sensi dell'art. 4, comma 2 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Sancisce il seguente accordo tra il Ministro per i beni e le attività cultura e i presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano nei termini sotto indicati:
Ritenuto necessario, in attesa della ratifica della convenzione europea del paesaggio, concordare le forme di attività del Ministero per i beni e le attività culturali, di seguito indicato come Ministero, e le regioni perché le stesse siano conformi alla predetta convenzione e alla vigente normativa in materia di paesaggio, al fine di orientare la pianificazione paesistica;
Ritenuto necessario attivare processi di collaborazione costruttiva fra le pubbliche amministrazioni di ogni livello aventi competenza istituzionale in materia di tutela e valorizzazione paesistica;
Considerato che secondo i principi della indicata convenzione:
- il paesaggio ha un importante ruolo di pubblico interesse nei settori culturali, ecologici ambientali e sociali e può costituire una risorsa favorevole all'attività economica contribuendo anche alla creazione di opportunità occupazionali;
- la tutela del paesaggio comporta il perseguimento di obiettivi di sviluppo sostenibile sulla base di equilibrate e armoniose relazioni tra bisogni sociali, attività economiche e ambiente;
Considerato che la predetta convenzione prevede misure generali atte a realizzare obiettivi di qualità paesistica, la protezione del paesaggio, la gestione e la sistemazione del paesaggio;
Considerato che occorre identificare le linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori storici, paesaggistici e ambientali; coordinare l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di tutela paesaggistica, delegate alle regioni ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; orientare i criteri della pianificazione paesistica coordinare, in accordo con le regioni, le funzioni di vigilanza sui beni ambientali e paesaggistici;
Ritenuto che la tutela, la buona conservazione, la riqualificazione, la valorizzazione del paesaggio costituiscono un obiettivo prioritario di interesse nazionale;
Ritenuto che gli interventi di trasformazione del paesaggio possono essere realizzati solo se coerenti con le disposizioni dettate dalla pianificazione paesistica nella quale devono essere individuati i valori paesistici del territorio, definiti gli ambiti di tutela e valorizzazione, esplicitati per ciascun ambito gli obiettivi di qualità paesaggistica, nonché le concrete azioni di tutela e valorizzazione;
Il Ministro per i beni e le attività cultura e i presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano convengono quanto segue:
Art. 1
Principi generali
1. Le pubbliche amministrazioni che hanno competenza in materia di paesaggio provvedono, sino all'approvazione della legge di ratifica della convenzione europea del paesaggio, all'esercizio delle loro attribuzioni attenendosi ai principi della convenzione stessa.
2. La pianificazione paesistica di cui all'art. 149 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, é attuata secondo i criteri e le modalità previste dal presente accordo.
3. Il Ministero favorisce il ricorso alle forme di collaborazione previste dall'art. 150, comma 3, del testo unico per la redazione della pianificazione paesistica.
4. Le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 definiscono le politiche di tutela e valorizzazione del paesaggio italiano tenendo conto anche degli studi, delle analisi e delle proposte formulati dall'Osservatorio nazionale per la qualità del paesaggio, istituito con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali nonché dagli osservatori costituiti in ogni regione con le medesime finalità.
5. Restano ferme le competenze attribuite alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano.
Art. 2
Pianificazione paesistica
1. Le regioni assicurano che i valori paesistici presenti nel territorio siano adeguatamente protetti e valorizzati. A tal fine le regioni sottopongono a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale il territorio, mediante la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali aventi le medesime finalità di salvaguardia dei valori paesistici e ambientali e dotati di contenuto conoscitivo, prescrittivo e propositivo, attenendosi ai seguenti criteri e modalità:
a) conoscenza dell'intero territorio da assoggettare al piano attraverso:
l'analisi delle specifiche caratteristiche storico-culturali, naturalistiche, morfologiche ed esteticopercettive, delle loro correlazioni e integrazioni;
la definizione degli elementi e dei valori paesistici da tutelare, valorizzare e recuperare;
b) analisi delle dinamiche di trasformazione anche attraverso:
l'individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio;
la comparazione con gli altri atti di programmazione e pianificazione;
c) individuazione degli ambiti di tutela e valorizzazione ai sensi dell'art. 3;
d) definizione degli obiettivi di qualità paesistica indicati nell'art. 4;
e) determinazione degli interventi di tutela e valorizzazione paesistica, da realizzarsi coerentemente con le azioni e gli investimenti finalizzati allo sviluppo economico e produttivo delle aree interessate;
f) definizione di norme prescrittive per la tutela e l'uso del territorio ricadente negli ambiti individuati ai sensi dell'art. 3.
Art. 3
Ambiti di tutela e valorizzazione
1. La pianificazione paesistica regionale disciplina le forme di tutela, valorizzazione e riqualificazione del territorio in funzione del livello di integrità e rilevanza dei valori paesistici. A tal fine la pianificazione individua i differenti ambiti territoriali, da quelli di elevato pregio paesistico fino a quelli compromessi o degradati.
Art. 4
Obiettivi di qualità paesistica
1. In funzione dei diversi livelli di valori riconosciuti sono attribuiti a ciascun ambito territoriale corrispondenti obiettivi di qualità paesistica.
2. Tali obiettivi perseguono in particolare:
a) il mantenimento delle caratteristiche, dei valori costitutivi e delle morfologie, tenendo conto anche delle tipologie architettoniche, nonché delle tecniche e dei materiali costruttivi tradizionali;
b) la previsi one di linee di sviluppo compatibili con i diversi livelli di valori riconosciuti e tali da non diminuire il pregio paesistico del territorio, con particolare attenzione alla salvaguardia delle aree agricole;
c) la riqualificazione delle parti compromesse o degradate per il recupero dei valori preesistenti ovvero per la creazione di nuovi valori paesistici coerenti ed integrati.
Art. 5
Strumenti di incentivazione
1. La pianificazione paesistica individua progetti mirati, misure incentivanti e di sostegno per il recupero, la valorizzazione e la gestione finalizzata al mantenimento dei paesaggi del territorio regionale, con la indicazione dei relativi strumenti di attuazione.
Art. 6
Consultazione pubblica
1. Nei procedimenti di redazione della pianificazione paesistica sono assicurate la concertazione istituzionale e le più ampie forme di pubblicità e di partecipazione dei soggetti privati interessati e delle associazioni costituite per la tutela degli interessi diffusi.
Art. 7
Coordinamento con altri strumenti di pianificazione
1. La pianificazione paesistica prevede le misure di coordinamento con la pianificazione territoriale e settoriale nonché con gli strumenti nazionali e regionali di sviluppo economico.
2. Gli enti locali conformano, secondo quanto previsto dall'art. 150, comma 2, del testo unico, i propri strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesistica, nell'osservanza delle modalità e dei tempi da essa stabiliti. In caso di inottemperanza, la regione provvede in via sostitutiva.
Art. 8
Attuazione della pianificazione paesistica
1. Nell'attività di pianificazione paesistica prevista dall'art. 149 del testo unico le regioni si conformano ai criteri e alle modalità prescritti dal presente accordo.
2. Entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente accordo le regioni che hanno redatto i piani di cui all'art. 149 del testo unico, verificano con apposito atto la compatibilità tra le disposizioni di detti piani e le previsioni del presente accordo. Le regioni nei due anni successivi provvedono, ove necessario, per l'adeguamento della pianificazione paesistica, attraverso l'adozione di apposito atto.
3. A tale adeguamento le regioni possono procedere, unitamente alla soprintendenza regionale ed alle soprintendenze competenti per materia, nelle forme di cui all'art. 150, comma 3 del testo unico.
4. Salvo che nell'ipotesi di cui al comma 3, qualora le regioni non adempiano al disposto del comma 2, si applica l'art. 149, comma 3 del testo unico.
Art. 9
Controllo sugli interventi
1. Le amministrazioni competenti al rilascio della autorizzazione paesistica, per la verifica di compatibilità degli interventi proposti, individuano la documentazione necessaria ed accertano:
a) la congruità dell'intervento proposto con i valori riconosciuti dal vincolo;
b) la coerenza dell'intervento proposto con gli obiettivi di qualità paesistica;
c) la conformità dell'intervento proposto con le prescrizioni contenute nei piani.
2. La proposta di intervento individua comunque lo stato attuale dell'area interessata e i suoi valori paesistici, nonché gli eventuali impatti delle trasformazioni proposte sul paesaggio, gli elementi di mitigazione e di compensazione necessari.
3. L'autorizzazione rilasciata ai fini della verifica di compatibilità paesistica costituisce provvedimento separato e preliminare rispetto alla concessione edilizia.
Art. 10
Vigilanza
1. In applicazione dell'art. 159 del testo unico, le regioni vigilano sulla puntuale osservanza del presente decreto e sull'esercizio delle competenze in materia paesistica da parte degli enti eventualmente da loro sub-delegati.
2. L'inottemperanza al presente decreto o la persistente inerzia nell'esercizio delle competenze in materia paesistica é motivo di revoca della sub-delega.
Nota all’art. 18
Il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 : “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 1della 10della legge 6 luglio 2002, n. 137” all’art. 143 così recita :“Piano paesaggistico 1. In base alle caratteristiche naturali e storiche ed in relazione al livello di rilevanza e integrità dei valori paesaggistici, il piano ripartisce il territorio in ambiti omogenei, da quelli di elevato pregio paesaggistico fino a quelli significativamente compromessi o degradati.
2. In funzione dei diversi livelli di valore paesaggistico riconosciuti, il piano attribuisce a ciascun ambito corrispondenti obiettivi di qualità paesaggistica. Gli obiettivi di qualità paesaggistica prevedono in particolare:
a) il mantenimento delle caratteristiche, degli elementi costitutivi e delle morfologie, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, nonché delle tecniche e dei materiali costruttivi;
b) la previsione di linee di sviluppo urbanistico ed edilizio compatibili con i diversi livelli di valore riconosciuti e tali da non diminuire il pregio paesaggistico del territorio, con particolare attenzione alla salvaguardia dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO e delle aree agricole;
c) il recupero e la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, al fine di reintegrare i valori preesistenti ovvero di realizzare nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati con quelli.
3. Il piano paesaggistico ha contenuto descrittivo, prescrittivo e propositivo. La sua elaborazione si articola nelle seguenti fasi:
a) ricognizione dell’intero territorio, attraverso l’analisi delle caratteristiche storiche, naturali, estetiche e delle loro interrelazioni e la conseguente definizione dei valori paesaggistici da tutelare, recuperare, riqualificare e valorizzare;
b) analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio attraverso l’individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio, la comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo;
c) individuazione degli ambiti paesaggistici e dei relativi obiettivi di qualità paesaggistica;
definizione di prescrizioni generali ed operative per la tutela e l’uso del territorio compreso negli ambiti individuati;
d) determinazione di misure per la conservazione dei caratteri connotativi delle aree tutelate per legge e, ove necessario, dei criteri di gestione e degli interventi di valorizzazione paesaggistica degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico;
e) individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate;
f) individuazione delle misure necessarie al corretto inserimento degli interventi di trasformazione del territorio nel contesto paesaggistico, alle quali debbono riferirsi le azioni e gli investimenti finalizzati allo sviluppo sostenibile delle aree interessate;
g) individuazione, ai sensi dell’articolo 134, lettera c), di eventuali categorie di immobili o di aree, diverse da quelle indicate agli articoli 136 e 142, da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione.
4. Il piano paesaggistico, anche in relazione alle diverse tipologie di opere ed interventi di trasformazione del territorio, individua distintamente le aree nelle quali la loro realizzazione è consentita sulla base della verifica del rispetto delle prescrizioni, delle misure e dei criteri di gestione stabiliti nel piano paesaggistico ai sensi del comma 3, lettere d), e), f) e g), e quelle per le quali il piano paesaggistico definisce anche parametri vincolanti per le specifiche previsioni da introdurre negli strumenti urbanistici in sede di conformazione e di adeguamento ai sensi dell’articolo 145.
5. Il piano può altresì individuare:
a) a) le aree, tutelate ai sensi dell’articolo 142, nelle quali la realizzazione delle opere e degli interventi consentiti, in considerazione del livello di eccellenza dei valori paesaggistici o della opportunità di valutare gli impatti su scala progettuale, richiede comunque il previo rilascio dell’autorizzazione di cui agli articoli 146, 147 e 159;
b) b) le aree, non oggetto di atti e provvedimenti emanati ai sensi degli articoli 138, 140, 141 e 157, nelle quali, invece, la realizzazione di opere ed interventi può avvenire sulla base della verifica della conformità alle previsioni del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico, effettuata nell’ambito del procedimento inerente al titolo edilizio e con le modalità previste dalla relativa disciplina, e non richiede il rilascio dell’autorizzazione di cui agli articoli 146, 147 e 159;
c) c) le aree significativamente compromesse o degradate nelle quali la realizzazione degli interventi di recupero e riqualificazione non richiede il rilascio dell’autorizzazione di cui agli articoli 146, 147 e 159.
6. L’entrata in vigore delle disposizioni previste dal comma 5, lettera b), è subordinata all’approvazione degli strumenti urbanistici adeguati al piano paesaggistico ai sensi dell’articolo 145. Dalla medesima consegue la modifica degli effetti derivanti dai provvedimenti di cui agli articoli 157, 140 e 141, nonché dall’inclusione dell’area nelle categorie elencate all’articolo 142.
7. Il piano può subordinare l’entrata in vigore delle disposizioni che consentono la realizzazione di opere ed interventi ai sensi del comma 5, lettera b), all’esito positivo di un periodo di monitoraggio che verifichi l’effettiva conformità alle previsioni vigenti delle trasformazioni del territorio realizzate.
8. Il piano prevede comunque che nelle aree di cui al comma 5, lettera b), siano effettuati controlli a campione sulle opere ed interventi realizzati e che l’accertamento di un significativo grado di violazione delle previsioni vigenti determini la reintroduzione dell’obbligo dell’autorizzazione di cui agli articoli 146, 147 e 159, relativamente ai comuni nei quali si sono rilevate le violazioni.
9. Il piano paesaggistico individua anche progetti prioritari per la conservazione, il recupero, la riqualificazione, la valorizzazione e la gestione del paesaggio regionale indicandone gli strumenti di attuazione, comprese le misure incentivanti.
10. Le regioni, il Ministero e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio possono stipulare accordi per l’elaborazione d’intesa dei piani paesaggistici. Nell’accordo è stabilito il termine entro i quale è completata l’elaborazione d’intesa, nonché il termine entro il quale la regione approva il piano.
Qualora all’elaborazione d’intesa del piano non consegua il provvedimento regionale, il piano è approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro, sentito il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio. Il decreto non è soggetto alle disposizioni dell’articolo 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20.
11. L’accordo di cui al comma 10 stabilisce altresì presupposti, modalità e tempi per la revisione periodica del piano, con particolare riferimento alla eventuale sopravvenienza di provvedimenti emanati ai sensi degli articoli 140 e 141.
12. Qualora l’accordo di cui al comma 10 non venga stipulato, ovvero ad esso non segua l’elaborazione congiunta del piano, non trova applicazione quanto previsto dai commi 5, 6, 7 e 8.
“Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che detta norme in materia di : “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della l. 15 marzo 1997, n. 59.”, all’art. 57 così recita : “Pianificazione territoriale di coordinamento e pianificazioni di settore.
1. La regione, con legge regionale, prevede che il piano territoriale di coordinamento provinciale di cui all'articolo 15 della legge 8 giugno 1990, n. 142, assuma il valore e gli effetti dei piani di tutela nei settori della protezione della natura, della tutela dell'ambiente, delle acque e della difesa del suolo e della tutela delle bellezze naturali, sempreché la definizione delle relative disposizioni avvenga nella forma di intese fra la provincia e le amministrazioni, anche statali, competenti.
2. In mancanza dell'intesa di cui al comma 1, i piani di tutela di settore conservano il valore e gli effetti ad essi assegnati dalla rispettiva normativa nazionale e regionale.
3. Resta comunque fermo quanto disposto dall'articolo 149, comma 6, del presente decreto legislativo” Legge 18 maggio 1989, n. 183: “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo”.
Legge regionale 7 febbraio 1994, n. 8: “Norme in materia di difesa del suolo – Attuazione della legge 18 Maggio 1989, n. 183 e successive modificazioni ed integrazioni”.
Legge 6 dicembre 1991, n. 394: “Legge quadro sulle aree protette”.
Legge regionale 1 settembre 1993, n. 33: “Istituzione di parchi e riserve naturali in Campania”
Legge regionale 13 agosto 1998, n. 16 : “Assetto dei Consorzi per lo sviluppo Industriale”
Nota all’art. 20
Decreto legislativo 22 gennaio2004, n. 4 : “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137” - all’art. 143, comma 12 così recita: “Qualora l’accordo di cui al comma 10 non venga stipulato, ovvero ad esso non segua l’elaborazione congiunta del piano, non trova applicazione quanto previsto dai commi 5, 6, 7 e 8.”
Nota all’art. 23
Legge 28 febbraio 1985, n. 47: “Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie”
CAPO IV
Opere sanabili.
Soggetti legittimati. Conservazione dei rapporti sorti sulla base di decreti legge non convertiti.
CAPO V
Disposizioni finali
Legge 23 dicembre 1994, n. 724 : “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica “, all’art. 39 così recita : “Definizione agevolata delle violazioni edilizie.
1. Le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dal presente articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 dicembre 1993, e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale o assentita, un ampliamento superiore a 750 metri cubi. Le suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni non superiori ai 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria. I termini contenuti nelle disposizioni richiamate al presente comma e decorrenti dalla data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 1985, n. 47, o delle leggi di successiva modificazione o integrazione, sono da intendersi come riferiti alla data di entrata in vigore del presente articolo. I predetti limiti di cubatura non trovano applicazione nel caso di annullamento della concessione edilizia. Il procedimento di sanatoria degli abusi edilizi posti in essere dalla persona imputata di uno dei delitti di cui agli articoli 416-bis, 648- bis e 648-ter del codice penale, o da terzi per suo conto, è sospeso fino alla sentenza definitiva di non luogo a procedere o di proscioglimento o di assoluzione. Non può essere conseguita la concessione in sanatoria degli abusi edilizi se interviene sentenza definitiva di condanna per i delitti sopra indicati. Fatti salvi gli accertamenti di ufficio in ordine alle condanne riportate nel certificato generale del casellario giudiziale ad opera del comune, il richiedente deve attestare, con dichiarazione sottoscritta nelle forme di cui all'articolo 2 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, di non avere carichi pendenti in relazione ai delitti di cui agli articoli 416-bis,648-bis e 648-ter del codice penale (1).
1-bis. Qualora l'amministratore di beni immobili oggetto di sequestro o di confisca ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, sia autorizzato dal giudice competente ad alienare taluno di detti beni, il medesimo giudice, sentito il pubblico ministero, può altresì autorizzarlo a riattivare il procedimento di sanatoria sospeso ai sensi del quinto periodo del comma 1. In tal caso non opera nei confronti dell'amministratore o del terzo acquirente il divieto di concessione in sanatoria di cui al sesto periodo del medesimo comma (2).
2. Il rilascio della concessione o autorizzazione in sanatoria non comporta limitazione ai diritti dei terzi (3).
3. Per gli abusi edilizi commessi fino al 15 marzo 1985 e dal 16 marzo 1985 al 31 dicembre 1993, la misura dell'oblazione, prevista nella tabella allegata alla legge di cui al comma 1, in relazione al periodo dal 30 gennaio 1977 al 1º ottobre 1983, è moltiplicata rispettivamente per 2 e per 3. La misura dell'oblazione, come determinata ai sensi del presente comma, è elevata di un importo pari alla metà, nei comuni con popolazione superiore ai centomila abitanti.
4. La domanda di concessione o di autorizzazione in sanatoria, con la prova del pagamento dell'oblazione, deve essere presentata al comune competente, a pena di decadenza, entro il 31 marzo 1995 (4). La documentazione di cui all'articolo 35, terzo comma, della L. 28 febbraio 1985, n. 47, è sostituita da apposita dichiarazione del richiedente resa ai sensi dell'art. 4 della L. 4 gennaio 1968, n. 15. Resta fermo l'obbligo di allegazione della documentazione fotografica e, ove prescritto, quello di presentazione della perizia giurata, della certificazione di cui alla lettera b) del predetto terzo comma, nonché del progetto di adeguamento statico di cui al quinto comma dello stesso articolo 35. Il pagamento dell'oblazione dovuta ai sensi della L. 28 febbraio 1985, n. 47, dell'eventuale integrazione di cui al comma 6, degli oneri di concessione di cui al comma 9, nonché la documentazione di cui al presente comma e la denuncia in catasto nel termine di cui all'art. 52, secondo comma, della L. 28 febbraio 1985, n. 47, come da ultimo prorogato dall'art. 9, comma 8, del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, ed il decorso del termine di un anno e di due anni per i comuni con più di 500.000 abitanti dalla data di entrata in vigore della presente legge senza l'adozione di un provvedimento negativo del comune, equivale a concessione o ad autorizzazione edilizia in sanatoria salvo il disposto del periodo successivo; ai fini del rispetto del suddetto termine la ricevuta attestante il pagamento degli oneri oncessori e la documentazione di denuncia al catasto può essere depositata entro la data di compimento dell'anno. Se nei termini previsti l'oblazione dovuta non è stata interamente corrisposta o è stata determinata in modo non veritiero e palesemente doloso, le costruzioni realizzate senza licenza o concessione edilizia sono assoggettate alle sanzioni richiamate agli articoli 40 e 45 della L. 28 febbraio 1985, n. 47. Le citate sanzioni non si applicano nel caso in cui il versamento sia stato effettuato nei termini per errore ad ufficio incompetente alla riscossione dello stesso. La mancata presentazione dei documenti previsti per legge entro il termine di tre mesi dalla espressa richiesta di integrazione notificata dal comune e il conseguente diniego della concessione o autorizzazione in sanatoria per carenza di documentazione. Si fanno salvi i provvedimenti emanati per la determinazione delle modalità di versamento, riscossione e rimborso dell'oblazione (1).
5. L'oblazione prevista dal presente articolo deve essere corrisposta a mezzo di versamento, entro il 31 marzo 1995, dell'importo fisso indicato nella tabella B allegata alla presente legge e della restante parte in quattro rate di pari importo da effettuarsi rispettivamente il 15 aprile 1995, il 15 luglio 1995, il 15 settembre 1995 ed il 15 dicembre 1995. È consentito il versamento della restante parte dell'oblazione, in una unica soluzione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero entro il termine di scadenza di una delle su indicate rate. Ove l'intera oblazione da corrispondere sia di importo minore o pari rispetto a quello indicato nella tabella di cui sopra ovvero l'oblazione stessa, pari a lire 2.000.000, sia riferita alle opere di cui al numero 7 della tabella allegata alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, il versamento dell'intera somma, dovuta a titolo di oblazione per ciascuna unità immobiliare, deve essere effettuato in unica soluzione, entro il 15 dicembre 1995, purché la domanda sia stata presentata nei termini. Per le opere di cui ai numeri 4, 5 e 6 della tabella allegata alla stessa legge, l'oblazione, pari a lire 5.000.000, deve essere pagata con la medesima modalità di cui sopra. Le somme già versate, in adempimento di norme contenute nei decreti-legge 26 luglio 1994, n. 468, 27 settembre 1994, n. 551, e 25 novembre 1994, n. 649, che siano di importo superiore a quello indicato nel presente comma sono portate in riduzione dell'importo complessivo della oblazione da versare entro il 15 dicembre 1995 (1).
6. I soggetti che hanno presentato domanda di concessione o di autorizzazione edilizia in sanatoria ai sensi del capo IV della L. 28 febbraio 1985, n. 47, o i loro aventi causa, se non è stata interamente corrisposta l'oblazione dovuta ai sensi della stessa legge devono, a pena di improcedibilità della domanda, versare, in luogo della somma residua, il triplo della differenza tra la somma dovuta e quella versata, in unica soluzione entro il 31 marzo 1996 (4). La disposizione di cui sopra non trova applicazione nel caso in cui a seguito dell'intero pagamento dell'oblazione sia dovuto unicamente il conguaglio purché sia stato richiesto nei termini di cui all'art. 35 della L. 28 febbraio 1985, n. 47 (5).
7. (Omissis) (6).
8. Nel caso di interventi edilizi nelle zone e fabbricati sottoposti a vincolo ai sensi delle leggi 1º giugno 1939, n. 1089, 29 giugno 1939, n. 1497, e del D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1985, n. 431, il rilascio della concessione edilizia o della autorizzazione in sanatoria, subordinato al conseguimento delle autorizzazioni delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, estingue il reato per la violazione del vincolo stesso.
9. Alle domande di concessione in sanatoria deve essere altresì allegata una ricevuta comprovante il pagamento al comune, nel cui territorio è ubicata la costruzione, di una somma a titolo di anticipazione degli oneri concessori, se dovuti, calcolata nella misura indicata nella tabella C allegata alla presente legge, rispettivamente per le nuove costruzioni e gli ampliamenti e per gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 31, primo comma, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 457, nonché per le modifiche di destinazione d'uso, ove soggette a sanatoria. Per il pagamento dell'anticipo degli oneri concessori si applica la stessa rateizzazione prevista per l'oblazione. Coloro che in proprio o in forme consortili abbiano eseguito o intendano eseguire parte delle opere di urbanizzazione primaria, secondo le disposizioni tecniche dettate dagli uffici comunali, possono invocare lo scorporo delle aliquote, da loro sostenute, che riguardino le parti di interesse pubblico. Le modalità di pagamento del conguaglio sono definite entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal comune in cui l'abuso è stato realizzato. Qualora l'importo finale degli oneri concessori applicati nel comune di ubicazione dell'immobile risulti inferiore alla somma indicata nella predetta tabella C, la somma da versare, in unica soluzione, deve essere pari a detto minore importo.
10. Le domande di concessione in sanatoria presentate entro il 30 giugno 1987 e non definite per il mancato pagamento dell'oblazione, secondo quanto previsto dall'articolo 40, primo comma, ultimo periodo, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, devono essere integrate dalla presentazione di una ricevuta attestante il pagamento al comune, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di una quota pari al 70 per cento delle somme di cui al comma 9, se dovute. Qualora gli oneri concessori siano stati determinati ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10, dalla legislazione regionale e dai conseguenti provvedimenti attuativi di questa, gli importi dovuti devono essere pari, in deroga a quanto previsto dal presente comma, all'intera somma calcolata, in applicazione dei parametri in vigore alla data del 30 giugno 1989. Il mancato pagamento degli oneri concessori, di cui al comma 9 ed al presente comma, entro il termine di cui al primo periodo del presente comma comporta l'applicazione dell'interesse del 10 per cento annuo sulle somme dovute.
10-bis. Per le domande di concessione o autorizzazione in sanatoria presentate entro il 30 giugno 1987 sulle quali il sindaco abbia espresso provvedimento di diniego successivamente al 31 marzo 1995, sanabili a norma del presente articolo, gli interessati possono chiederne la rideterminazione sulla base delle disposizioni della presente legge (7).
11. I soggetti che hanno presentato entro il 31 dicembre 1993 istanza di concessione ai sensi dell'articolo 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, possono chiedere, nel rispetto dei termini e degli obblighi previsti dal presente articolo, che l'istanza sia considerata domanda di concessione in sanatoria. Entro il 30 giugno 1998 (8), i comuni determinano in via definitiva i contributi di concessione e l'importo, da richiedere a titolo di conguaglio dei versamenti di cui ai commi 9 e 10. L'interessato provvede agli adempimenti conseguenti entro 60 giorni dalla notifica della richiesta. Per il pagamento degli oneri dovuti, il proprietario può accedere al credito fondiario, compresa l'anticipazione bancaria, o ad altre forme di finanziamento offrendo in garanzia gli immobili oggetto della domanda di sanatoria (1).
12. Per le opere oggetto degli abusi edilizi posti in essere dai soggetti di cui al comma 1, ultimo periodo, la sentenza del giudice penale che irroga le sanzioni di cui all'articolo 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, dispone la confisca. Per effetto di tale confisca, le opere sono acquisite di diritto e gratuitamente al patrimonio indisponibile del comune sul cui territorio insistono. La sentenza di cui al presente comma è titolo per l'immediata trascrizione nei registri immobiliari.
13. Per le opere realizzate al fine di ovviare a situazioni di estremo disagio abitativo, la misura dell'oblazione è ridotta percentualmente in relazione ai limiti, alla tipologia del reddito ed all'ubicazione delle stesse opere secondo quanto previsto dalla tabella D allegata alla presente legge. Per il pagamento dell'oblazione si applicano le modalità di cui al comma 5 del presente articolo. Le regioni possono modificare, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, le norme di attuazione degli articoli 5, 6 e 10 della legge 28 gennaio 1977, n. 10. La misura del contributo di concessione, in relazione alla tipologia delle costruzioni, alla loro destinazione d'uso ed alla loro localizzazione in riferimento all'ampiezza ed all'andamento demografico dei comuni nonché alle loro caratteristiche geografiche, non può risultare inferiore al 70 per cento di quello determinato secondo le norme vigenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione. Il potere di legiferare in tal senso è esercitabile entro novanta giorni dalla predetta data; decorso inutilmente tale termine, si applicano le disposizioni vigenti alla medesima data (1). 14. Per l'applicazione della riduzione dell'oblazione è in ogni caso richiesto che l'opera abusiva risulti adibita ad abitazione principale, ovvero destinata ad abitazione principale del proprietario residente all'estero, del possessore dell'immobile o di altro componente del nucleo familiare in relazione di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo grado, e che vi sia convivenza da almeno due anni; è necessario inoltre che le opere abusive risultino di consistenza non superiore a quella indicata al comma 1 del presente articolo. La riduzione dell'oblazione si applica anche nei casi di ampliamento dell'abitazione e di effettuazione degli interventi di cui alle lettere c) e d) dell'articolo 31, primo comma, della legge 5 agosto 1978, n. 457. La riduzione dell'oblazione non si applica nel caso di presentazione di più di una richiesta di sanatoria da parte dello stesso soggetto (1).
15. Il reddito di riferimento di cui al comma 13 è quello dichiarato ai fini IRPEF per l'anno 1993 dal nucleo familiare del possessore ovvero, nel caso di più aventi titolo, è quello derivante dalla somma della quota proporzionale dei redditi dichiarati per l'anno precedente dai nuclei familiari dei possessori dell'immobili A tali fini si considera la natura del reddito prevalente qualora ricorrano diversi tipi di reddito. Ove l'immobile sanato, ai sensi del comma 14, venga trasferito, con atto inter vivos a titolo oneroso a terzi, entro dieci anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, è dovuta la differenza tra l'oblazione corrisposta in misura ridotta e l'oblazione come determinata ai sensi del comma 3, maggiorata degli interessi nella misura legale. La ricevuta del versamento della somma eccedente deve essere allegata a pena di nullità all'atto di trasferimento dell'immobile.
16. All'oblazione calcolata ai sensi del presente articolo continuano ad applicarsi le riduzioni di cui all'articolo 34, terzo, quarto e settimo comma della legge 28 febbraio 1985, n. 47, ovvero, anche in deroga ai limiti di cubatura di cui al comma 1 del presente articolo, le riduzioni di cui al settimo comma dello stesso articolo 34. Ai fini dell'applicazione del presente comma la domanda di cui al comma 4 è integrata dal certificato di cui all'articolo 35, terzo comma, lettera d), della suddetta legge, in quanto richiesto. La riduzione di un terzo dell'oblazione di cui alla lettera c) del settimo comma dell'articolo 34 della predetta legge n. 47 del 1985 è aumentata al 50 per cento. Se l'opera è da completare, il certificato di cui all'articolo 35, terzo comma, lettera d), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, può essere sostituito da una dichiarazione del richiedente resa ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15 (1).
17. Ai fini della determinazione delle norme tecniche per l'adeguamento antisismico dei fabbricati oggetto di sanatoria edilizia si applicano le norme di cui alla legge 2 febbraio 1974, n. 64, dei successivi decreti di attuazione, delle ordinanze, nonché dei decreti del Ministro dei lavori pubblici. In deroga ad ogni altra disposizione il progetto di adeguamento per le costruzioni nelle zone sottoposte a vincolo sismico di cui all'ottavo comma dell'articolo 35 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, può essere predisposto secondo le prescrizioni relative al miglioramento ed adeguamento degli edifici esistenti di cui al punto C.9 delle norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche, allegate al decreto del Ministro dei lavori pubblici 24 gennaio 1986, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 del 12 maggio 1986. A tal fine la certificazione di cui alla lettera b) del terzo comma dell'articolo 35 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, deve essere integrata da idonei accertamenti e verifiche.
18. Il presente articolo sostituisce le norme in materia incompatibili, salvo le disposizioni riferite ai termini di versamento dell'oblazione, degli oneri di concessione e di presentazione delle domande, che si intendono come modificative di quelle sopra indicate (1).
19. Per le opere abusive divenute sanabili in forza della presente legge, il proprietario che ha adempiuto agli oneri previsti per la sanatoria ha il diritto di ottenere l'annullamento delle acquisizioni al patrimonio comunale dell'area di sedime e delle opere sopra questa realizzate disposte in attuazione dell'articolo 7, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e la cancellazione delle relative trascrizioni nel pubblico registro immobiliare dietro esibizione di certificazione comunale attestante l'avvenuta presentazione della domanda di sanatoria. Sono in ogni caso fatti salvi i diritti dei terzi e del comune nel caso in cui le opere stesse siano state destinate ad attività di pubblica utilità entro la data del 1º dicembre 1994 (9).
20. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1, i vincoli di inedificabilità richiamati dall'articolo 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, non comprendono il divieto transitorio di edificare previsto dall'articolo 1-quinquies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, fermo restando il rispetto dell'articolo 12 del decreto-legge 12 gennaio 1988, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 1988, n. 68.
21. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti delle stesse e dalle relative norme di attuazione ad esclusione di quelle relative alla misura dell'oblazione ed ai termini per il versamento di questa (10).
(1) Comma così modificato dall'art. 2, comma 37, l. 23 dicembre 1996, n. 662. Vedi, anche, art. 2, comma 38, l. 662/96 cit.
(2) Comma aggiunto dall'art. 44, l. 23 dicembre 2000, n. 388.
(3) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 37, l. 23 dicembre 1996, n. 662. Vedi anche art. 2, comma 38, l. 662/96 cit.
(4) Periodo così modificato dall'art. 14, d.l. 23 febbraio 1995, n. 41, conv. in l. 22 marzo 1995, n. 85.
(5) Comma così modificato prima dall'art. 14, d.l. 23 febbraio 1995, n. 41, conv. in l. 22 marzo 1995, n. 85, poi dall'art. 2, comma 37, l. 23 dicembre 1996, n. 662.
(6) Aggiunge un comma, dopo il primo, all'art. 32, l. 28 febbraio 1985, n. 47.
(7) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 37, l. 23 dicembre 1996, n. 662. Vedi, anche, l'art. 2, comma 38, l. 662/96 cit.
(8) Termine così sostituito dall'art. 49, comma 7, l. 27 dicembre 1997, n. 449.
(9) Per un'interpretazione autentica del presente comma, vedi art. 24, l. 30 aprile 1999, n. 136.
(10) Per una proroga del termine per le denunce in catasto degli immobili oggetto di concessione e di autorizzazione in sanatoria, vedi art. 13, comma 6-octies, d.L 30 gennaio 1998, n. 6, conv. in l. 30 marzo 1998, n. 61.”
Nota all’art.24
Decreto legislativo n. 42/2004 già citato: “Parte terza - Beni paesaggistici”Titolo I - Tutela e valorizzazioneCapo I Disposizioni generali - Oggetto della tutela
Articolo 10
Beni culturali
1. Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.
2. Sono inoltre beni culturali:
a) le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico;
b) gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico;
c) le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente e istituto pubblico.
3. Sono altresì beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall'articolo 13:
a) le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1;
b) gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante;
c) le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale;
d) le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose;
e) le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, rivestono come complesso un eccezionale interesse artistico o storico.
4. Sono comprese tra le cose indicate al comma 1 e al comma 3, lettera a):
a) le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà;
b) le cose di interesse numismatico;
c) i manoscritti, gli autografi, i carteggi, gli incunaboli, nonché i libri, le stampe e le incisioni, con relative matrici, aventi carattere di rarità e di pregio;
d) le carte geografiche e gli spartiti musicali aventi carattere di rarità e di pregio;
e) le fotografie, con relativi negativi e matrici, le pellicole cinematografiche ed i supporti audiovisivi in genere, aventi carattere di rarità e di pregio;
f) le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico;
g) le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico;
h) i siti minerari di interesse storico od etnoantropologico;
i) le navi e i galleggianti aventi interesse artistico, storico od etnoantropologico;
l) le tipologie di architettura rurale aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell'economia rurale tradizionale.
5. Salvo quanto disposto dagli articoli 64 e 178, non sono soggette alla disciplina del presente Titolo le cose indicate al comma 1 e al comma 3, lettere a) ed e), che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni.
Art. 11
Beni oggetto di specifiche disposizioni di tutela
1. Fatta salva l'applicazione dell'articolo 10, qualora ne ricorrano presupposti e condizioni, sono beni culturali, in quanto oggetto di specifiche disposizioni del presente Titolo:
a) gli affreschi, gli stemmi, i graffiti, le lapidi, le iscrizioni, i tabernacoli e gli altri ornamenti di edifici, esposti o non alla pubblica vista, di cui all'articolo 50, comma 1;
b) gli studi d'artista, di cui all'articolo 51;
c) le aree pubbliche di cui all'articolo 52;
d) le opere di pittura, di scultura, di grafica e qualsiasi oggetto d'arte di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni, di cui agli articoli 64 e 65;
e) le opere dell'architettura contemporanea di particolare valore artistico, di cui all'articolo 37;
f) le fotografie, con relativi negativi e matrici, gli esemplari di opere cinematografiche, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento, le documentazioni di manifestazioni, sonore o verbali, comunque realizzate, la cui produzione risalga ad oltre venticinque anni, di cui all'articolo 65;
g) i mezzi di trasporto aventi più di settantacinque anni, di cui agli articoli 65 e 67, comma 2;
h) i beni e gli strumenti di interesse per la storia della scienza e della tecnica aventi più di cinquanta anni, di cui all'articolo 65;
i) le vestigia individuate dalla vigente normativa in materia di tutela del patrimonio storico della Prima guerra mondiale, di cui all'articolo 50, comma 2.
Art. 12
Verifica dell'interesse culturale
1. Le cose immobili e mobili indicate all'articolo 10, comma 1, che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni, sono sottoposte alle disposizioni del presente Titolo fino a quando non sia stata effettuata la verifica di cui al comma 2.
2. I competenti organi del Ministero, d'ufficio o su richiesta formulata dai soggetti cui le cose appartengono e corredata dai relativi dati conoscitivi, verificano la sussistenza dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico nelle cose di cui al comma 1, sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero medesimo al fine di assicurare uniformità di valutazione.
3. Per i beni immobili dello Stato, la richiesta di cui al comma 2 é corredata da elenchi dei beni e dalle relative schede descrittive. I criteri per la predisposizione degli elenchi, le modalità di redazione delle schede descrittive e di trasmissione di elenchi e schede sono stabiliti con decreto del Ministero adottato di concerto con l'Agenzia del demanio e, per i beni immobili in uso all'amministrazione della difesa, anche con il concerto della competente direzione generale dei lavori e del demanio. Il Ministero fissa, con propri decreti, i criteri e le modalità per la predisposizione e la presentazione delle richieste di verifica, e della relativa documentazione conoscitiva, da parte degli altri soggetti di cui al comma 1.
4. Qualora nelle cose sottoposte a verifica non sia stato riscontrato l'interesse di cui al comma 2, le cose medesime sono escluse dall'applicazione delle disposizioni del presente Titolo.
5. Nel caso di verifica con esito negativo su cose appartenenti al demanio dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali, la scheda contenente i relativi dati é trasmessa ai competenti uffici affinché ne dispongano la sdemanializzazione qualora, secondo le valutazioni dell'amministrazione interessata, non vi ostino altre ragioni di pubblico interesse.
6. Le cose di cui al comma 3 e quelle di cui al comma 4 per le quali si sia proceduto alla sdemanializzazione sono liberamente alienabili, ai fini del presente codice.
7. L'accertamento dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, effettuato in conformità agli indirizzi generali di cui al comma 2, costituisce dichiarazione ai sensi dell'articolo 13 ed il relativo provvedimento é trascritto nei modi previsti dall'articolo 15, comma 2. I beni restano definitivamente sottoposti alle disposizioni del presente Titolo.
8. Le schede descrittive degli immobili di proprietà dello Stato oggetto di verifica con esito positivo,integrate con il provvedimento di cui al comma 7, confluiscono in un archivio informatico accessibile al Ministero e all'Agenzia del demanio, per finalità di monitoraggio del patrimonio immobiliare e di programmazione degli interventi in funzione delle rispettive competenze istituzionali.
9. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle cose di cui al comma 1 anche qualora i soggetti cui esse appartengono mutino in qualunque modo la loro natura giuridica.
10. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 27, commi 8, 10, 12, 13 e 13-bis, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003, n. 326.
Art. 13
Dichiarazione dell'interesse culturale
1. La dichiarazione accerta la sussistenza, nella cosa che ne forma oggetto, dell'interesse richiesto dall'articolo 10, comma 3.
2. La dichiarazione non é richiesta per i beni di cui all'articolo 10, comma 2. Tali beni rimangono sottoposti a tutela anche qualora i soggetti cui essi appartengono mutino in qualunque modo la loro natura giuridica.
Art. 14
Procedimento di dichiarazione
1. Il soprintendente avvia il procedimento per la dichiarazione dell'interesse culturale, anche su motivata richiesta della regione e di ogni altro ente territoriale interessato, dandone comunicazione al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto.
2. La comunicazione contiene gli elementi di identificazione e di valutazione della cosa risultanti dalle prime indagini, l'indicazione degli effetti previsti dal comma 4, nonché l'indicazione del termine, comunque non inferiore a trenta giorni, per la presentazione di eventuali osservazioni.
3. Se il procedimento riguarda complessi immobiliari, la comunicazione é inviata anche al comune o alla città metropolitana.
4. La comunicazione comporta l'applicazione, in via cautelare, delle disposizioni previste dal Capo II, dalla sezione I del Capo III e dalla sezione I del Capo IV del presente Titolo.
5. Gli effetti indicati al comma 4 cessano alla scadenza del termine del procedimento di dichiarazione, che il Ministero stabilisce a norma dell'articolo 2, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241.
6. La dichiarazione dell'interesse culturale é adottata dal Ministero.
Art. 15
Notifica della dichiarazione
1. La dichiarazione prevista dall'articolo 13 é notificata al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto, tramite messo comunale o a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento.
2. Ove si tratti di cose soggette a pubblicità immobiliare o mobiliare, il provvedimento di dichiarazione è trascritto, su richiesta del soprintendente, nei relativi registri ed ha efficacia nei confronti di ogni successivo proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo.
Art. 16
Ricorso amministrativo avverso la dichiarazione
1. Avverso la dichiarazione di cui all'articolo 13 é ammesso ricorso al Ministero, per motivi di legittimità e di merito, entro trenta giorni dalla notifica della dichiarazione.
2. La proposizione del ricorso comporta la sospensione degli effetti del provvedimento impugnato. Rimane ferma l'applicazione, in via cautelare, delle disposizioni previste dal Capo II, dalla sezione I del Capo III e dalla sezione I del Capo IV del presente Titolo.
3. Il Ministero, sentito il competente organo consultivo, decide sul ricorso entro il termine di novanta giorni dalla presentazione dello stesso.
4. Il Ministero, qualora accolga il ricorso, annulla o riforma l'atto impugnato.
5. Si applicano le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199.
Art. 17
Catalogazione
1. Il Ministero, con il concorso delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali, assicura la catalogazione dei beni culturali e coordina le relative attività.
2. Le procedure e le modalità di catalogazione sono stabilite con decreto ministeriale. A tal fine il Ministero, con il concorso delle regioni, individua e definisce metodologie comuni di raccolta, scambio, accesso ed elaborazione dei dati a livello nazionale e di integrazione in rete delle banche dati dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali.
3. Il Ministero e le regioni, anche con la collaborazione delle università, concorrono alla definizione di programmi concernenti studi, ricerche ed iniziative scientifiche in tema di metodologie di catalogazione e inventariazione.
4. Il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali, con le modalità di cui al decreto ministeriale previsto al comma 2, curano la catalogazione dei beni culturali loro appartenenti e, previe intese con gli enti proprietari, degli altri beni culturali.
5. I dati di cui al presente articolo affluiscono al catalogo nazionale dei beni culturali.
6. La consultazione dei dati concernenti le dichiarazioni emesse ai sensi dell'articolo 13 é disciplinata in modo da garantire la sicurezza dei beni e la tutela della riservatezza.
Capo III - Pianificazione paesaggistica (143 - 145)
Capo III Protezione e conservazione Sezione I Misure di protezione
Art. 20
Interventi vietati
1. I beni culturali non possono essere distrutti, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione.
2. Gli archivi non possono essere smembrati.
Art. 21
Interventi soggetti ad autorizzazione
1. Sono subordinati ad autorizzazione del Ministero:
a) la demolizione delle cose costituenti beni culturali, anche con successiva ricostituzione;
b) lo spostamento, anche temporaneo, dei beni culturali, salvo quanto previsto ai commi 2 e 3;
e) lo smembramento di collezioni, serie e raccolte;
d) lo scarto dei documenti degli archivi pubblici e degli archivi privati per i quali sia intervenuta la dichiarazione ai sensi dell'articolo 13;
e) il trasferimento ad altre persone giuridiche di complessi organici di documentazione di archivi pubblici, nonché di archivi di soggetti giuridici privati.
2. Lo spostamento di beni culturali, dipendente dal mutamento di dimora o di sede del detentore, è preventivamente denunciato al soprintendente, che, entro trenta giorni dal ricevimento della denuncia, può prescrivere le misure necessarie perché i beni non subiscano danno dal trasporto.
3. Lo spostamento degli archivi correnti dello Stato e degli enti ed istituti pubblici non é soggetto ad autorizzazione.
4. Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali é subordinata ad autorizzazione del soprintendente.
5. L'autorizzazione é resa su progetto o, qualora sufficiente, su descrizione tecnica dell'intervento, presentati dal richiedente, e può contenere prescrizioni.
Art. 22
Procedimento di autorizzazione per interventi di edilizia
1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 25 e 26, l'autorizzazione prevista dall'articolo 21, comma 4, relativa ad interventi in materia di edilizia pubblica e privata é rilasciata entro il termine di centoventi giorni dalla ricezione della richiesta da parte della soprintendenza.
2. Qualora la soprintendenza chieda chiarimenti o elementi integrativi di giudizio, il termine indicato al comma 1 é sospeso fino al ricevimento della documentazione richiesta.
3. Ove la soprintendenza proceda ad accertamenti di natura tecnica, dandone preventiva comunicazione al richiedente, il termine indicato al comma 1 é sospeso fino all'acquisizione delle risultanze degli accertamenti d'ufficio e comunque per non più di trenta giorni.
4. Decorso inutilmente il termine di cui ai commi 2 e 3, il richiedente può diffidare l'amministrazione a provvedere. La richiesta di autorizzazione si intende accolta ove l'amministrazione non provveda nei trenta giorni successivi al ricevimento della diffida.
Art. 23
Procedure edilizie semplificate
1. Qualora gli interventi autorizzati ai sensi dell'articolo 21 necessitino anche di titolo abilitativo in materia edilizia, é possibile il ricorso alla denuncia di inizio attività, nei casi previsti dalla legge. A tal fine l'interessato, all'atto della denuncia, trasmette al comune l'autorizzazione conseguita, corredata dal relativo progetto.
Art. 24
Interventi su beni pubblici
1. Per gli interventi su beni culturali pubblici da eseguirsi da parte di amministrazioni dello Stato, delle regioni, di altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico, l'autorizzazione necessaria ai sensi dell'articolo 21 può essere espressa nell'ambito di accordi tra il Ministero ed il soggetto pubblico interessato.
Art. 25
Conferenza di servizi
1. Nei procedimenti relativi ad opere o lavori incidenti su beni culturali, ove si ricorra alla conferenza di servizi, l'autorizzazione necessaria ai sensi dell'articolo 21 é rilasciata in quella sede dal competente organo del Ministero con dichiarazione motivata, acquisita al verbale della conferenza e contenente le eventuali prescrizioni impartite per la realizzazione del progetto.
2. Qualora l'organo ministeriale esprima motivato dissenso, l'amministrazione procedente può richiedere la determinazione di conclusione del procedimento al Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
3. Il destinatario della determinazione conclusiva favorevole adottata in conferenza di servizi informa il Ministero dell'avvenuto adempimento delle prescrizioni da quest'ultimo impartite.
Art. 26
Valutazione di impatto ambientale
1. Per i progetti di opere da sottoporre a valutazione di impatto ambientale, l'autorizzazione prevista
dall'articolo 2 é espressa dal Ministero in sede di concerto per la pronuncia sulla compatibilità ambientale, sulla base del progetto definitivo da presentarsi ai fini della valutazione medesima.
2. Qualora dall'esame del progetto effettuato a norma del comma 1 risulti che l'opera non é in alcun modo compatibile con le esigenze di protezione dei beni culturali sui quali essa é destinata ad incidere, il Ministero si pronuncia negativamente, dandone comunicazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. In tal caso, la procedura di valutazione di impatto ambientale si considera conclusa negativamente.
3. Se nel corso dei lavori risultano comportamenti contrastanti con l'autorizzazione espressa nelle forme di cui al comma 1, tali da porre in pericolo l'integrità dei beni culturali soggetti a tutela, il soprintendente ordina la sospensione dei lavori.
Art. 27
Situazioni di urgenza
1. Nel caso di assoluta urgenza possono essere effettuati gli interventi provvisori indispensabili per evitare danni al bene tutelato, purché ne sia data immediata comunicazione alla soprintendenza, alla quale sono tempestivamente inviati i progetti degli interventi definitivi per la necessaria autorizzazione.
Art. 28
Misure cautelari e preventive
1. Il soprintendente può ordinare la sospensione di interventi iniziati contro il disposto degli articoli 20, 21, 25, 26 e 27 ovvero condotti in difformità dall'autorizzazione.
2. Al soprintendente spetta altresì la facoltà di ordinare l'inibizione o la sospensione di interventi relativi alle cose indicate nell'articolo 10, anche quando per esse non siano ancora intervenute la verifica di cui all'articolo 12, comma 2, o la dichiarazione di cui all'articolo 13.
3. L'ordine di cui al comma 2 si intende revocato se, entro trenta giorni dalla ricezione del medesimo, non é comunicato, a cura del soprintendente, l'avvio del procedimento di verifica o di dichiarazione.
4. In caso di realizzazione di opere pubbliche ricadenti in aree di interesse archeologico, anche quando per esse non siano intervenute la verifica di cui all'articolo 12, comma 2, o la dichiarazione di cui all'articolo 13, il soprintendente può richiedere l'esecuzione di saggi archeologici preventivi sulle aree medesime a spese del committente dell'opera pubblica.
Sezione II Misure di conservazione
Art. 29
Conservazione
1. La conservazione del patrimonio culturale é assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro.
2. Per prevenzione si intende il complesso delle attività idonee a limitare le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto.
3. Per manutenzione si intende il complesso delle attività e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale e al mantenimento dell'integrità, dell'efficienza funzionale e dell'identità del bene e delle sue parti.
4. Per restauro si intende l'intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all'integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali. Nel caso di beni immobili situati nelle zone dichiarate a rischio sismico in base alla normativa vigente, il restauro comprende l'intervento di miglioramento strutturale.
5. Il Ministero definisce, anche con il concorso delle regioni e con la collaborazione delle università e degli istituti di ricerca competenti, linee di indirizzo, norme tecniche, criteri e modelli di intervento in materia di conservazione dei beni culturali.
6. Fermo quanto disposto dalla normativa in materia di progettazione ed esecuzione di opere su beni architettonici, gli interventi di manutenzione e restauro su beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici sono eseguiti in via esclusiva da coloro che sono restauratori di beni culturali ai sensi della normativa in materia.
7. I profili di competenza dei restauratori e degli altri operatori che svolgono attività complementari al restauro o altre attività di conservazione dei beni culturali mobili e delle superfici decorate di beni architettonici sono definiti con decreto del Ministro adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.
8. Con decreto del Ministro adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988 di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, previo parere della Conferenza Stato-regioni, sono definiti i criteri ed i livelli di qualità cui si adegua l'insegnamento del restauro.
9. L'insegnamento del restauro é impartito dalle scuole di alta formazione e di studio istituite ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, nonché dai centri di cui al comma 11 e dagli altri soggetti pubblici e privati accreditati presso lo Stato. Con decreto del Ministro adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988 di concerto con il Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca, previo parere della Conferenza Stato-regioni, sono individuati le modalità di accreditamento, i requisiti minimi organizzativi e di funzionamento dei soggetti di cui al presente comma, le modalità della vigilanza sullo svolgimento delle attività didattiche e dell'esame finale, cui partecipa almeno un rappresentante del Ministero, nonché le caratteristiche del corpo docente.
10. La formazione delle figure professionali che svolgono attività complementari al restauro o altre attività di conservazione é assicurata da soggetti pubblici e privati ai sensi della normativa regionale. I relativi corsi si adeguano a criteri e livelli di qualità definiti con accordo in sede di Conferenza Stato-regioni, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
11. Mediante appositi accordi o intese il Ministero e le regioni, anche con il concorso delle università e di altri soggetti pubblici e privati, possono istituire congiuntamente centri, anche a carattere interregionale, dotati di personalità giuridica, cui affidare attività di ricerca, sperimentazione, studio, documentazione ed attuazione di interventi di conservazione e restauro su beni culturali, di particolare complessità. Presso tali centri possono essere altresì istituite, ai sensi del comma 9, scuole di alta formazione per l'insegnamento del restauro.
Art. 30
Obblighi conservativi
1. Lo Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed istituto pubblico hanno l'obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza.
2. I soggetti indicati al comma 1 e le persone giuridiche private senza fine di lucro fissano i beni culturali di loro appartenenza, ad eccezione degli archivi correnti, nel luogo di loro destinazione nel modo indicato dal soprintendente.
3. I privati proprietari, possessori o detentori di beni culturali sono tenuti a garantirne la conservazione.
4. I soggetti indicati al comma 1 hanno l'obbligo di conservare i propri archivi nella loro organicità e di ordinarli, nonché di inventariare i propri archivi storici, costituiti dai documenti relativi agli affari esauriti da oltre quaranta anni. Allo stesso obbligo sono assoggettati i proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, di archivi privati per i quali sia intervenuta la dichiarazione di cui all'articolo 13.
Art. 31
Interventi conservativi volontari
1. Il restauro e gli altri interventi conservativi su beni culturali ad iniziativa del proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo sono autorizzati ai sensi dell'articolo 21.
2. In sede di autorizzazione, il soprintendente si pronuncia, a richiesta dell'interessato, sull'ammissibilità dell'intervento ai contributi statali previsti dagli articoli 35 e 37 e certifica eventualmente il carattere necessario dell'intervento stesso ai fini della concessione delle agevolazioni tributarie previste dalla legge.
Art. 32
Interventi conservativi imposti
1. Il Ministero può imporre al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo gli interventi necessari per assicurare la conservazione dei beni culturali, ovvero provvedervi direttamente.
2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche agli obblighi di cui all'articolo 30, comma 4.
Art. 33
Procedura di esecuzione degli interventi conservativi imposti
1. Ai fini dell'articolo 32 il soprintendente redige una relazione tecnica e dichiara la necessità degli interventi da eseguire.
2. La relazione tecnica é inviata, insieme alla comunicazione di avvio del procedimento, al proprietario, possessore o detentore del bene, che può far pervenire le sue osservazioni entro trenta giorni dal ricevimento degli atti.
3. Il soprintendente, se non ritiene necessaria l'esecuzione diretta degli interventi, assegna al proprietario, possessore o detentore un termine per la presentazione del progetto esecutivo delle opere da effettuarsi, conformemente alla relazione tecnica.
4. Il progetto presentato é approvato dal soprintendente con le eventuali prescrizioni e con la fissazione del termine per l'inizio dei lavori. Per i beni immobili il progetto presentato é trasmesso dalla soprintendenza al comune o alla città metropolitana, che possono esprimere parere motivato entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione.
5. Se il proprietario, possessore o detentore del bene non adempie all'obbligo di presentazione del progetto, o non provvede a modificarlo secondo le indicazioni del soprintendente nel termine da esso fissato, ovvero se il progetto é respinto, si procede con l'esecuzione diretta.
6. In caso di urgenza, il soprintendente può adottare immediatamente le misure conservative necessarie.
Art. 34
Oneri per gli interventi conservativi imposti
1. Gli oneri per gli interventi su beni culturali, imposti o eseguiti direttamente dal Ministero ai sensi dell'articolo 32, sono a carico del proprietario, possessore o detentore. Tuttavia, se gli interventi sono di particolare rilevanza ovvero sono eseguiti su beni in uso o godimento pubblico, il Ministero può concorrere in tutto o in parte alla relativa spesa. In tal caso, determina l'ammontare dell'onere che intende sostenere e ne dà comunicazione all'interessato.
2. Se le spese degli interventi sono sostenute dal proprietario, possessore o detentore, il Ministero provvede al loro rimborso, anche mediante l'erogazione di acconti ai sensi dell'articolo 36, commi 2 e 3, nei limiti dell'ammontare determinato ai sensi del comma 1.
3. Per le spese degli interventi sostenute direttamente, il Ministero determina la somma da porre a carico del proprietario, possessore o detentore, e ne cura il recupero nelle forme previste dalla normativa in materia di riscossione coattiva delle entrate patrimoniali dello Stato.
Art. 35
Intervento finanziario del Ministero
1. Il Ministero ha facoltà di concorrere alla spesa sostenuta dal proprietario, possessore o detentore del bene culturale per l'esecuzione degli interventi previsti dall'articolo 31, comma 1, per un ammontare non superiore alla metà della stessa. Se gli interventi sono di particolare rilevanza o riguardano beni in uso o godimento pubblico, il Ministero può concorrere alla spesa fino al suo intero ammontare.
2. La disposizione del comma 1 si applica anche agli interventi sugli archivi storici previsti dall'articolo 30, comma 4.
3. Per la determinazione della percentuale del contributo di cui al comma 1 si tiene conto di altri contributi pubblici e di eventuali contributi privati relativamente ai quali siano stati ottenuti benefici fiscali.
Art. 36
Erogazione del contributo
1. Il contributo é concesso dal Ministero a lavori ultimati e collaudati sulla spesa effettivamente sostenuta dal beneficiario.
2. Possono essere erogati acconti sulla base degli stati di avanzamento dei lavori regolarmente certificati.
3. Il beneficiario é tenuto alla restituzione degli acconti percepiti se gli interventi non sono stati, in tutto o in parte, regolarmente eseguiti. Per il recupero delle relative somme si provvede nelle forme previste dalla normativa in materia di riscossione coattiva delle entrate patrimoniali dello Stato.
Art. 37
Contributo in conto interessi
1. Il Ministero può concedere contributi in conto interessi sui mutui accordati da istituti di credito ai proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di beni culturali immobili per la realizzazione degli interventi conservativi autorizzati.
2. Il contributo é concesso nella misura massima corrispondente agli interessi calcolati ad un tasso annuo di sei punti percentuali sul capitale erogato a titolo di mutuo.
3. Il contributo é corrisposto direttamente dal Ministero all'istituto di credito secondo modalità da stabilire con convenzioni.
4. Il contributo di cui al comma 1 può essere concesso anche per interventi conservativi su opere di architettura contemporanea di cui il soprintendente abbia riconosciuto, su richiesta del proprietario, il particolare valore artistico.
Art. 38
Apertura al pubblico degli immobili oggetto di interventi conservativi
1. Gli immobili restaurati o sottoposti ad altri interventi conservativi con il concorso totale o parziale dello Stato nella spesa, o per i quali siano stati concessi contributi in conto interessi, sono resi accessibili al pubblico secondo modalità fissate, caso per caso, da appositi accordi o convenzioni da stipularsi fra il Ministero ed i singoli proprietari all'atto della assunzione dell'onere della spesa ai sensi dell'articolo 34 o della concessione del contributo ai sensi dell'articolo 35.
2. Gli accordi e le convenzioni stabiliscono i limiti temporali dell'obbligo di apertura al pubblico, tenendo conto della tipologia degli interventi, del valore artistico e storico degli immobili e dei beni in essi esistenti. Accordi e convenzioni sono trasmessi, a cura del soprintendente, al comune o alla città metropolitana nel cui territorio si trovano gli immobili.
Art. 39
Interventi conservativi su beni dello Stato
1. Il Ministero provvede alle esigenze di conservazione dei beni culturali di appartenenza statale, anche se in consegna o in uso ad amministrazioni diverse o ad altri soggetti, sentiti i medesimi.
2. Salvo che non sia diversamente concordato, la progettazione e l'esecuzione degli interventi di cui al comma 1, relativi a beni immobili, sono assunte dall'amministrazione o dal soggetto medesimi, ferma restando la competenza del Ministero al rilascio dell'autorizzazione sul progetto ed alla vigilanza sui lavori.
3. Per l'esecuzione degli interventi di cui al comma 1, relativi a beni immobili, il Ministero trasmette il progetto e comunica l'inizio dei lavori al comune o alla città metropolitana.
Art. 40
Interventi conservativi su beni delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali
1. Per i beni culturali appartenenti alle regioni e agli altri enti pubblici territoriali, le misure previste dall'articolo 32 sono disposte, salvo i casi di assoluta urgenza, in base ad accordi con l'ente interessato.
2. Gli accordi possono riguardare anche i contenuti delle prescrizioni di cui all'articolo 30, comma 2.
3. Gli interventi conservativi sui beni culturali che coinvolgono lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali nonché altri soggetti pubblici e privati, sono ordinariamente oggetto di preventivi accordi programmatici.
Art. 41
Obblighi di versamento agli Archivi di Stato dei documenti conservati dalle amministrazioni statali
1. Gli organi giudiziari e amministrativi dello Stato versano all'archivio centrale dello Stato e agli archivi di Stato i documenti relativi agli affari esauriti da oltre quarant'anni, unitamente agli strumenti che ne garantiscono la consultazione. Le liste di leva e di estrazione sono versate settant'anni dopo l'anno di nascita della classe cui si riferiscono. Gli archivi notarili versano gli atti notarili ricevuti dai notai che cessarono l'esercizio professionale anteriormente all'ultimo centennio.
2. Il soprintendente all'archivio centrale dello Stato e i direttori degli archivi di Stato possono accettare versamenti di documenti più recenti, quando vi sia pericolo di dispersione o di danneggiamento.
3. Nessun versamento può essere ricevuto se non sono state effettuate le operazioni di scarto. Le spese per il versamento sono a carico delle amministrazioni versanti.
4. Gli archivi degli uffici statali soppressi e degli enti pubblici estinti sono versati all'archivio centrale dello Stato e agli archivi di Stato, a meno che non se ne renda necessario il trasferimento, in tutto o in parte, ad altri enti.
5. Presso gli organi indicati nel comma 1 sono istituite commissioni, delle quali fanno parte rappresentanti del Ministero e del Ministero dell'interno, con il compito di vigilare sulla corretta tenuta degli archivi correnti e di deposito, di collaborare alla definizione dei criteri di organizzazione, gestione e conservazione dei documenti, di proporre gli scarti di cui al comma 3, di curare i versamenti previsti al comma 1, di identificare gli atti di natura riservata. La composizione e il funzionamento delle commissioni sono disciplinati con decreto adottato dal Ministro per i beni e le attività culturali di concerto con il Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Gli scarti sono autorizzati dal Ministero.
6. Le disposizioni del presente articolo non si applicano al Ministero per gli affari esteri; non si applicano altresì agli stati maggiori dell'esercito, della marina e dell'aeronautica per quanto attiene la documentazione di carattere militare e operativo.
Art. 42
Conservazione degli archivi storici di organi costituzionali
1. La Presidenza della Repubblica conserva i suoi atti presso il proprio archivio storico, secondo le determinazioni assunte dal Presidente della Repubblica con proprio decreto, su proposta del Segretario generale della Presidenza della Repubblica. Con lo stesso decreto sono stabilite le modalità di consultazione e di accesso agli atti conservati presso l'archivio storico della Presidenza della Repubblica.
2. La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica conservano i loro atti presso il proprio archivio storico, secondo le determinazioni dei rispettivi uffici di presidenza.
3. La Corte Costituzionale conserva i suoi atti presso il proprio archivio storico, secondo le disposizioni stabilite con regolamento adottato ai sensi della vigente normativa in materia di costituzione e funzionamento della Corte medesima.
Art. 43
Custodia coattiva
1. Il Ministero ha facoltà di far trasportare e temporaneamente custodire in pubblici istituti i beni culturali mobili al fine di garantirne la sicurezza o assicurarne la conservazione ai sensi dell'articolo 29.
Art. 44
Comodato e deposito di beni culturali
1. I direttori degli archivi e degli istituti che abbiano in amministrazione o in deposito raccolte o collezioni artistiche, archeologiche, bibliografiche e scientifiche possono ricevere in comodato da privati proprietari, previo assenso del competente organo ministeriale, beni culturali mobili al fine di consentirne la fruizione da parte della collettività, qualora si tratti di beni di particolare importanza o che rappresentino significative integrazioni delle collezioni pubbliche e purché la loro custodia presso i pubblici istituti non risulti particolarmente onerosa.
2. Il comodato non può avere durata inferiore a cinque anni e si intende prorogato tacitamente per un periodo pari a quello convenuto, qualora una delle parti contraenti non abbia comunicato all'altra la disdetta almeno due mesi prima della scadenza del termine. Anche prima della scadenza le parti possono risolvere consensualmente il comodato.
3. I direttori adottano ogni misura necessaria per la conservazione dei beni ricevuti in comodato, dandone comunicazione al comodante. Le relative spese sono a carico del Ministero.
4. I beni sono protetti da idonea copertura assicurativa a carico del Ministero.
5. I direttori possono ricevere altresì in deposito, previo assenso del competente organo ministeriale, beni culturali appartenenti ad enti pubblici. Le spese di conservazione e custodia specificamente riferite ai beni depositati sono a carico degli enti depositanti.
6. Per quanto non espressamente previsto dal presente articolo, si applicano le disposizioni in materia di comodato e di deposito.
Sezione III Altre forme di protezione
Art. 45
Prescrizioni di tutela indiretta
1. Il Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro.
2. Le prescrizioni di cui al comma 1, adottate e notificate ai sensi degli articoli 46 e 47, sono immediatamente precettive. Gli enti pubblici territoriali interessati recepiscono le prescrizioni medesime nei regolamenti edilizi e negli strumenti urbanistici.
Art. 46
Procedimento per la tutela indiretta
1. Il soprintendente avvia il procedimento per la tutela indiretta, anche su motivata richiesta della regione o di altri enti pubblici territoriali interessati, dandone comunicazione al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile cui le prescrizioni si riferiscono. Se per il numero dei destinatari la comunicazione personale non é possibile o risulta particolarmente gravosa, il soprintendente comunica l' avvio del procedimento mediante idonee forme di pubblicità.
2. La comunicazione di avvio del procedimento individua l'immobile in relazione al quale si intendono adottare le prescrizioni di tutela indiretta e indica i contenuti essenziali di tali prescrizioni.
3. Nel caso di complessi immobiliari, la comunicazione é inviata anche al comune o alla città metropolitana.
4. La comunicazione comporta, in via cautelare, la temporanea immodificabilità dell'immobile limitatamente agli aspetti cui si riferiscono le prescrizioni contenute nella comunicazione stessa.
5. Gli effetti indicati al comma 4 cessano alla scadenza del termine del relativo procedimento, stabilito dal Ministero ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Articolo 47 Notifica delle prescrizioni di tutela indiretta e ricorso amministrativo
1. Il provvedimento contenente le prescrizioni di tutela indiretta é notificato al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo degli immobili interessati, tramite messo comunale o a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento.
2. Il provvedimento é trascritto nei registri immobiliari e ha efficacia nei confronti di ogni successivo proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo degli immobili cui le prescrizioni stesse si riferiscono.
3. Avverso il provvedimento contenente le prescrizioni di tutela indiretta é ammesso ricorso amministrativo ai sensi dell'articolo 16. La proposizione del ricorso, tuttavia, non comporta la sospensione degli effetti del provvedimento impugnato.
Art. 48
Autorizzazione per mostre ed esposizioni
1. É soggetto ad autorizzazione il prestito per mostre ed esposizioni:
a) delle cose mobili indicate nell'articolo 12, comma 1;
b) dei beni mobili indicati nell'articolo 10, comma 1;
c) dei beni mobili indicati all'articolo 10, comma 3, lettere a), ed e);
d) delle raccolte e dei singoli beni ad esse pertinenti, di cui all'articolo 10, comma 2, lettera a), delle raccolte librarie indicate all'articolo 10, commi 2, lettera c), e 3, lettera c), nonché degli archivi e dei singoli documenti indicati all'articolo 10, commi 2, lettera b), e 3, lettera b).
2. Qualora l'autorizzazione abbia ad oggetto beni appartenenti allo Stato o sottoposti a tutela statale, la richiesta é presentata al Ministero almeno quattro mesi prima dell'inizio della manifestazione ed indica il responsabile della custodia delle opere in prestito.
3. L'autorizzazione é rilasciata tenendo conto delle esigenze di conservazione dei beni e, per quelli appartenenti allo Stato, anche delle esigenze di fruizione pubblica; essa é subordinata all'adozione delle misure necessarie per garantirne l'integrità. I criteri, le procedure e le modalità per il rilascio dell'autorizzazione medesima sono stabiliti con decreto ministeriale.
4. Il rilascio dell'autorizzazione é inoltre subordinato all'assicurazione delle cose e dei beni da parte del richiedente, per il valore indicato nella domanda, previa verifica della sua congruità da parte del Ministero.
5. Per le mostre e le manifestazioni sul territorio nazionale promosse dal Ministero o, con la partecipazione statale, da enti o istituti pubblici, l'assicurazione prevista al comma 4 può essere sostituita dall'assunzione dei relativi rischi da parte dello Stato. La garanzia statale é rilasciata secondo le procedure, le modalità e alle condizioni stabilite con decreto ministeriale, sentito il Ministero dell'economia e delle finanze. Ai corrispondenti oneri si provvede mediante utilizzazione delle risorse
disponibili nell'ambito del fondo di riserva per le spese obbligatorie e d'ordine istituito nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze.
6. Il Ministero ha facoltà di dichiarare, a richiesta dell'interessato, il rilevante interesse culturale o scientifico di mostre o esposizioni di beni culturali e di ogni altra iniziativa a carattere culturale, ai fini dell'applicazione delle agevolazioni previste dalla normativa fiscale.
Art. 49
Manifesti e cartelli pubblicitari
1. É vietato collocare o affiggere cartelli o altri mezzi di pubblicità sugli edifici e nelle aree tutelati come beni culturali. Il soprintendente può, tuttavia, autorizzare il collocamento o l'affissione quando non ne derivi danno all'aspetto, al decoro e alla pubblica fruizione di detti edifici ed aree. L'autorizzazione è trasmessa al comune ai fini dell'eventuale rilascio del provvedimento autorizzativo di competenza.
2. Lungo le strade site nell'ambito o in prossimità dei beni indicati al comma 1, é vietato collocare cartelli o altri mezzi di pubblicità, salvo autorizzazione rilasciata ai sensi della normativa in materia di circolazione stradale e di pubblicità sulle strade e sui veicoli, previo parere favorevole della soprintendenza sulla compatibilità della collocazione o della tipologia del mezzo di pubblicità con l'aspetto, il decoro e la pubblica fruizione dei beni tutelati.
3. In relazione ai beni indicati al comma 1 il soprintendente, valutatane la compatibilità con il loro carattere artistico o storico, rilascia o nega il nulla osta o l'assenso per l'utilizzo a fini pubblicitari delle coperture dei ponteggi predisposti per l'esecuzione degli interventi di conservazione, per un periodo non superiore alla durata dei lavori. A tal fine alla richiesta di nulla osta o di assenso deve essere allegato il contratto di appalto dei lavori medesimi.
Art. 50
Distacco di beni culturali
1. É vietato, senza l'autorizzazione del soprintendente, disporre ed eseguire il distacco di affreschi, stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni, tabernacoli ed altri ornamenti, esposti o non alla pubblica vista.
2. É vietato, senza l'autorizzazione del soprintendente, disporre ed eseguire il distacco di stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni, tabernacoli nonché la rimozione di cippi e monumenti, costituenti vestigia della Prima guerra mondiale ai sensi della normativa in materia.
Art. 51
Studi d'artista
1. É vietato modificare la destinazione d'uso degli studi d'artista nonché rimuoverne il contenuto, costituito da opere, documenti, cimeli e simili, qualora esso, considerato nel suo insieme ed in relazione al contesto in cui é inserito, sia dichiarato di interesse particolarmente importante per il suo valore storico, ai sensi dell'articolo 13.
2. É altresì vietato modificare la destinazione d'uso degli studi d'artista rispondenti alla tradizionale tipologia a lucernario e adibiti a tale funzione da almeno vent'anni.
Art. 52
Esercizio del commercio in aree di valore culturale
1. Con le deliberazioni previste dalla normativa in materia di riforma della disciplina relativa al settore del commercio, i comuni, sentito il soprintendente, individuano le aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e ambientale nelle quali vietare o sottoporre a condizioni particolari l'esercizio del commercio.
Nota all’art. 25
Legge 28 gennaio 1977, n. 10 : “Norme per la edificabilità dei suoli , all’art. 13 così recita : “Programmi pluriennali di attuazione. L'attuazione degli strumenti urbanistici generali avviene sulla base di programmi pluriennali di attuazione che delimitano le aree e le zone - incluse o meno in piani particolareggiati o in piani convenzionati di lottizzazione - nelle quali debbono realizzarsi, anche a mezzo di comparti, le previsioni di detti strumenti e le relative urbanizzazioni, con riferimento ad un periodo di tempo non inferiore a tre e non superiore a cinque anni.
Nella formulazione dei programmi deve essere osservata la proporzione tra aree destinate all'edilizia economica e popolare e aree riservate all'attività edilizia privata, stabilita ai sensi dell'articolo 3 della L. 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni, come modificato ai sensi dell'articolo 2 della presente legge.
La regione stabilisce con propria legge, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il contenuto ed il procedimento di formazione dei programmi pluriennali di attuazione, individua i comuni esonerati, anche in relazione alla dimensione, all'andamento demografico ed alle caratteristiche geografiche, storiche ed ambientali - fatta comunque eccezione per quelli di particolare espansione industriale e turistica - dall'obbligo di dotarsi di tali programmi e prevede le forme e le modalità di esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti dei comuni inadempienti.
Nei comuni obbligati ai sensi del terzo comma la concessione di cui all'articolo 1 della presente legge è data solo per le aree incluse nei programmi di attuazione e, al di fuori di esse, per le opere e gli interventi previsti dal precedente articolo 9, sempreché non siano in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici generali.
Fino all'approvazione dei programmi di attuazione, al di fuori dei casi previsti nel precedente comma, la concessione è data dai comuni obbligati soltanto su aree dotate di opere di urbanizzazione o per le quali esista l'impegno dei concessionari a realizzarle.
Qualora nei tempi indicati dai programmi di attuazione gli aventi titolo non presentino istanza di concessione singolarmente o riuniti in consorzio, il comune espropria le aree sulla base delle disposizioni della legge 22 ottobre 1971, n. 865, come modificata dalla presente legge.
Le disposizioni del comma precedente non si applicano ai beni immobili di proprietà dello Stato.
La legge regionale prevede le modalità di utilizzazione delle aree espropriate.
Nei comuni esonerati trova applicazione la norma di cui al primo comma del precedente articolo 4 (1).
(1) Articolo così sostituito dall'art. 16-bis, d.l. 1º luglio 1986, n. 318, conv. in l. 9 agosto 1986, n.488.”
Legge regionale 28 novembre 2001, n. 19: “Procedure per il rilascio delle concessioni e delle Autorizzazioni edilizie e per l’esercizio di interventi edilizi subordinati a denuncia di inizio di attività- Approvazione di piani attuativi dello strumento urbanistico generale nei comuni obbligati alla formazione del programma pluriennale di attuazione - Norme in materia di parcheggi pertinenziali – Modifiche alleleggi regionali 28 novembre 2000, n. 15 e 24 marzo 1995, n. 8”, all’art. 5 così recita : “Piani Attuativi dello strumento urbanistico generale in Comuni obbligati alla formazione del Programma Pluriennale di Attuazione, Nei Comuni obbligati a dotarsi del Programma Pluriennale di Attuazione di cui all’art.13 della Legge 28 gennaio 1977, n.10, ed all’art.6 del Decreto Legge 23 gennaio 1982, n.9, convertito con modificazioni dalla Legge 25 marzo 1982, n.94, fino alla adozione del Programma medesimo e fatte salve le norme e procedure previste da strumenti territoriali sovracomunali, è consentita l’approvazione di piani attuativi, anche di iniziativa privata, qualora le opere di urbanizzazione primaria, previste negli stessi, siano funzionalmente collegabili a quelle comunali esistenti.”
Legge 11 febbraio 1994, n. 109 : “Legge quadro in materia di lavori pubblici”, - all’art. 14 così recita : “Programmazione dei lavori pubblici.
1. L'attività di realizzazione dei lavori di cui alla presente legge si svolge sulla base di un programma triennale e di suoi aggiornamenti annuali che i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), predispongono ed approvano, nel rispetto dei documenti programmatori, già previsti dalla normativa vigente, e della normativa urbanistica, unitamente all'elenco dei lavori da realizzare nell'anno stesso.
2. Il programma triennale costituisce momento attuativo di studi di fattibilità e di identificazione e quantificazione dei propri bisogni che i soggetti di cui al comma 1 predispongono nell'esercizio delle loro autonome competenze e, quando esplicitamente previsto, di concerto con altri soggetti, in conformità agli obiettivi assunti come prioritari. Gli studi individuano i lavori strumentali al soddisfacimento dei predetti bisogni, indicano le caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali ed economico-finanziarie degli stessi e contengono l'analisi dello stato di fatto di ogni intervento nelle sue eventuali componenti storico-artistiche, architettoniche, paesaggistiche, e nelle sue componenti di sostenibilità ambientale, socioeconomiche, amministrative e tecniche. In particolare le amministrazioni aggiudicatrici individuano con priorità i bisogni che possono essere soddisfatti tramite la realizzazione di lavori finanziabili con capitali privati, in quanto suscettibili di gestione economica. Lo schema di programma triennale e i suoi aggiornamenti annuali sono resi pubblici, prima della loro approvazione, mediante affissione nella sede dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), per almeno sessanta giorni consecutivi.
3. Il programma triennale deve prevedere un ordine di priorità tra le categorie di lavori, nonché un ulteriore ordine di priorità all'interno di ogni categoria. In ogni categoria sono comunque prioritari i lavori di manutenzione, di recupero del patrimonio esistente, di completamento dei lavori già iniziati, nonché gli interventi per i quali ricorra la possibilità di finanziamento con capitale privato maggioritario.
4. Nel programma triennale sono altresì indicati i beni immobili pubblici che, al fine di quanto previsto all'articolo 19, comma 5-ter, possono essere oggetto di diretta alienazione anche del solo diritto di superficie, previo esperimento di una gara; tali beni sono classificati e valutati anche rispetto ad eventuali caratteri di rilevanza storico-artistica, architettonica, paesaggistica e ambientale e ne viene acquisita la documentazione catastale e ipotecaria.
5. I soggetti di cui al comma 1 nel dare attuazione ai lavori previsti dal programma triennale devono rispettare le priorità ivi indicate. Sono fatti salvi gli interventi imposti da eventi imprevedibili o calamitosi, nonché le modifiche dipendenti da sopravvenute disposizioni di legge o regolamentari ovvero da altri atti amministrativi adottati a livello statale o regionale.
6. L'inclusione di un lavoro nell'elenco annuale di cui al comma 1 è subordinata alla previa approvazione della progettazione preliminare, redatta ai sensi dell'articolo 16, salvo che per i lavori di manutenzione, per i quali è sufficiente l'indicazione degli interventi accompagnata dalla stima sommaria dei costi.
7. Un lavoro o un tronco di lavoro a rete può essere inserito nell'elenco annuale, limitatamente ad uno o più lotti, purché con riferimento all'intero lavoro sia stata elaborata la progettazione almeno preliminare e siano state quantificate le complessive risorse finanziarie necessarie per la realizzazione dell'intero lavoro. In ogni caso l'amministrazione nomina, nell'ambito del personale ad esso addetto, un soggetto idoneo a certificare la funzionalità, fruibilità e fattibilità di ciascun lotto.
8. I progetti dei lavori degli enti locali ricompresi nell'elenco annuale devono essere conformi agli strumenti urbanistici vigenti o adottati. Ove gli enti locali siano sprovvisti di tali strumenti urbanistici, decorso inutilmente un anno dal termine ultimo previsto dalla normativa vigente per la loro adozione, e fino all'adozione medesima, gli enti stessi sono esclusi da qualsiasi contributo o agevolazione dello Stato in materia di lavori pubblici. Per motivate ragioni di pubblico interesse si applicano le disposizioni dell'articolo 1, commi quarto e quinto, della legge 3 gennaio 1978, n. 1, e successive modificazioni, e dell'articolo 27, comma 5, della legge 8 giugno 1990, n. 142.
9. L'elenco annuale predisposto dalle amministrazioni aggiudicatrici deve essere approvato unitamente al bilancio preventivo, di cui costituisce parte integrante, e deve contenere l'indicazione dei mezzi finanziari stanziati sullo stato di previsione o sul proprio bilancio, ovvero disponibili in base a contributi o risorse dello Stato, delle regioni a statuto ordinario o di altri enti pubblici, già stanziati nei rispettivi stati di previsione o bilanci, nonché acquisibili ai sensi dell'articolo 3 del decreto legge 31 ottobre 1990, n. 310, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 1990, n. 403, e successive modificazioni. Un lavoro non inserito nell'elenco annuale può essere realizzato solo sulla base di un autonomo piano finanziario che non utilizzi risorse già previste tra i mezzi finanziari dell'amministrazione al momento della formazione dell'elenco, fatta eccezione per le risorse resesi disponibili a seguito di ribassi d'asta o di economie. Agli enti locali territoriali si applicano le disposizioni previste dal decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, e successive modificazioni ed integrazioni.
10. I lavori non ricompresi nell'elenco annuale o non ricadenti nelle ipotesi di cui al comma 5, secondo periodo, non possono ricevere alcuna forma di finanziamento da parte di pubbliche amministrazioni.
11. I soggetti di cui al comma 1 sono tenuti ad adottare il programma triennale e gli elenchi annuali dei lavori sulla base degli schemi tipo, che sono definiti con decreto del Ministro dei lavori pubblici. I programmi e gli elenchi sono trasmessi all'Osservatorio dei lavori pubblici che ne dà pubblicità, a eccezione di quelli provenienti dal Ministero della difesa. I programmi triennali e gli aggiornamenti annuali, fatta eccezione per quelli predisposti dagli enti e da amministrazioni locali e loro associazioni e consorzi, sono altresì trasmessi al CIPE, per la verifica della loro compatibilità con i documenti programmatori vigenti.
12. Le disposizioni di cui ai commi 1, 5 e 10 si applicano a far data dal primo esercizio finanziario successivo alla pubblicazione del decreto di cui al comma 11, ovvero dal secondo qualora il decreto sia emanato nel secondo semestre dell'anno.
13. L'approvazione del progetto definitivo da parte di una amministrazione aggiudicatrice equivale a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori (1).
(1) Articolo così sostituito dall'art. 4, l. 18 novembre 1998, n. 415.”
Nota all’art. 26
Legge 17 agosto 1942, n. 1150: “Legge urbanistica”- all’art. 13 così recita : “Contenuto dei piani particolareggiati.
[Il piano regolatore generale è attuato a mezzo di piani particolareggiati di esecuzione nei quali devono essere indicate le reti stradali e i principali dati altimetrici di ciascuna zona e debbono inoltre essere determinati:
- le masse e le altezze delle costruzioni lungo le principali strade e piazze;
- gli spazi riservati ad opere od impianti di interesse pubblico;
- gli edifici destinati a demolizione o ricostruzione ovvero soggetti a restauro o a bonifica edilizia;
- le suddivisioni degli isolati in lotti fabbricabili secondo la tipologia indicata nel piano;
- gli elenchi catastali delle proprietà da espropriare o da vincolare;
- la profondità delle zone laterali a opere pubbliche, la cui occupazione serva ad integrare le finalità delle opere stesse ed a soddisfare prevedibili esigenze future.
Ciascun piano particolareggiato di esecuzione deve essere corredato dalla relazione illustrativa e dal piano finanziario di cui al successivo articolo 30.] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 58, d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, a decorrere dal 1° gennaio 2002. L'entrata in vigore della presente abrogazione è prorogata al 30 giungo 2002, ai sensi del d.l. 23 novembre 2001, n. 411.”
All’art.28 così recita : “Lottizzazione di aree.
Prima dell'approvazione del piano regolatore generale o del programma di fabbricazione di cui all'articolo 34 della presente legge è vietato procedere alla lottizzazione dei terreni a scopo edilizio (1).
Nei Comuni forniti di programma di fabbricazione ed in quelli dotati di piano regolatore generale fino a quando non sia stato approvato il piano particolareggiato di esecuzione, la lottizzazione di terreno a scopo edilizio può essere autorizzata dal Comune previo nulla osta del provveditore regionale alle opere
pubbliche, sentita la Sezione urbanistica regionale, nonché la competente Soprintendenza (1).
L'autorizzazione di cui al comma precedente può essere rilasciata anche dai Comuni che hanno adottato il programma di fabbricazione o il piano regolatore generale, se entro dodici mesi dalla presentazione al Ministero dei lavori pubblici la competente autorità non ha adottato alcuna determinazione, sempre che si tratti di piani di lottizzazione conformi al piano regolatore generale ovvero al programma di fabbricazione adottato (1).
Con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con i Ministri per l'interno e per la pubblica istruzione può disporsi che il nullaosta all'autorizzazione di cui ai precedenti commi venga rilasciato per determinati Comuni con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con il Ministro per la pubblica istruzione, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici (1).
L'autorizzazione comunale è subordinata alla stipula di una convenzione, da trascriversi a cura del proprietario, che preveda:
1) la cessione gratuita entro termini prestabiliti delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, precisate dall'articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847, nonché la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione secondaria nei limiti di cui al successivo n. 2;
2) l'assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; la quota è determinata in proporzione all'entità e alle caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni;
3) i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata la esecuzione delle opere di cui al precedente paragrafo;
4) congrue garanzie finanziarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione (1).
La convenzione deve essere approvata con deliberazione consiliare nei modi e forme di legge (1).
Il rilascio delle licenze edilizie nell'ambito dei singoli lotti è subordinato all'impegno della contemporanea esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria relative ai lotti stessi (1).
Sono fatte salve soltanto ai fini del quinto comma le autorizzazioni rilasciate sulla base di deliberazioni del Consiglio comunale, approvate nei modi e forme di legge, aventi data anteriore al 2 dicembre 1966 (1).
Il termine per l'esecuzione di opere di urbanizzazione poste a carico del proprietario è stabilito in dieci anni a decorrere dall'entrata in vigore della presente legge, salvo che non sia stato previsto un termine diverso (1).
Le autorizzazioni rilasciate dopo il 2 dicembre 1966 e prima dell'entrata in vigore della presente legge e relative a lottizzazioni per le quali non siano stati stipulati atti di convenzione contenenti gli oneri e i vincoli precisati al quinto comma del presente articolo, restano sospese fino alla stipula di dette convenzioni (1).
Nei Comuni forniti di programma di fabbricazione e in quelli dotati di piano regolatore generale anche se non si è provveduto alla formazione del piano particolareggiato di esecuzione, il sindaco ha facoltà di invitare i proprietari delle aree fabbricabili esistenti nelle singole zone a presentare entro congruo termine un progetto di lottizzazione delle aree stesse. Se essi non aderiscono, provvede alla compilazione d'ufficio (1).
Il progetto di lottizzazione approvato con le modificazioni che l'Autorità comunale abbia ritenuto di apportare è notificato per mezzo del messo comunale ai proprietari delle aree fabbricabili con invito a dichiarare, entro 30 giorni dalla notifica, se l'accettino. Ove manchi tale accettazione, il podestà (2) ha facoltà di variare il progetto di lottizzazione in conformità alle richieste degli interessati o di procedere alla espropriazione delle aree.
(1) I primi undici commi così sostituiscono gli originari primo e secondo comma per effetto dell'art. 8, l. 6 agosto 1967, n. 765.
(2) Ora, il Consiglio comunale.”
Legge 18 aprile 1962, n. 167:Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare
Legge 22 ottobre 1971, n. 865 : “Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle leggi 17 agosto 1942, n. 1150; 18 aprile 1962, n. 167; 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata ”,- all’art. 27 così recita : “I comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione approvati possono formare, previa autorizzazione della Regione, un piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi. Le aree da comprendere nel piano sono delimitate, nell'ambito delle zone destinate a insediamenti produttivi dai piani regolatori generali o dai programmi di fabbricazione vigenti, con deliberazione del consiglio comunale, la quale, previa pubblicazione, insieme agli elaborati, a mezzo di deposito presso la segreteria del comune per la durata di venti giorni, è approvata con decreto del presidente della giunta regionale. Il piano approvato ai sensi del presente articolo ha efficacia per dieci anni dalla data del decreto di approvazione ed ha valore di piano particolareggiato d'esecuzione ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni. Per quanto non diversamente disposto dalla presente legge, alla deliberazione del consiglio comunale e al decreto del presidente della giunta regionale si applicano, in quanto compatibili, le norme della legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni. Le aree comprese nel piano approvato a norma del presente articolo sono espropriate dai comuni o loro consorzi secondo quanto previsto dalla presente legge in materia di espropriazione per pubblica utilità. Il comune utilizza le aree espropriate per la realizzazione di impianti produttivi di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico mediante la cessione in proprietà o la concessione del diritto di superficie sulle aree medesime. Tra più istanze concorrenti è data la preferenza a quelle presentate da enti pubblici e aziende a partecipazione statale nell'ambito di programmi già approvati dal CIPE (1). La concessione del diritto di superficie ad enti pubblici per la realizzazione di impianti e servizi pubblici, occorrenti nella zona delimitata dal piano, è a tempo indeterminato, in tutti gli altri casi ha una durata non inferiore a sessanta anni e non superiore a novantanove anni. Contestualmente all'atto di concessione, o all'atto di cessione della proprietà dell'area, tra il comune da una parte e il concessionario o l'acquirente dall'altra, viene stipulata una convenzione per atto pubblico con la quale vengono disciplinati gli oneri posti a carico del concessionario o dell'acquirente e le sanzioni per la loro inosservanza.
(1) Comma così modificato dall'art. 49, comma 17, l. 27 dicembre 1997, n. 449.”
Legge 17 febbraio 1992, n. 179: “ Norme per l’edilizia residenziale pubblica”,- all’art. 17 così recita: “Decesso del socio assegnatario. 1. Nelle cooperative a proprietà indivisa, anche non fruenti di contributo erariale, al socio che muoia dopo l'assegnazione dell'alloggio si sostituiscono, nella qualità di socio e di assegnatario, il coniuge superstite, ovvero, in sua mancanza, i figli minorenni ovvero il coniuge separato, al quale, con sentenza del tribunale, sia stato destinato l'alloggio del socio defunto. 2. In mancanza del coniuge e dei figli minorenni, uguale diritto è riservato ai conviventi more uxorio e agli altri componenti del nucleo familiare, purché conviventi alla data del decesso e purché in possesso dei requisiti in vigore per l'assegnazione degli alloggi. 3. La convivenza, alla data del decesso, deve essere instaurata da almeno due anni ed essere documentata da apposita certificazione anagrafica od essere dichiarata in forma pubblica con atto di notorietà da parte della persona convivente con il socio defunto.”
Legge regionale 19 febbraio 1996, n. 3 : “" Programmi integrati di riqualificazione urbanistica, edilizia ed in attuazione della legge 17 febbraio 1992, n. 179".
Legge regionale 18 ottobre 2002, n. 26 : “Norme ed incentivi per la valorizzazione dei centri storici della Campania e per la catalogazione dei Beni Ambientali di qualità paesistica. Modifiche alla Legge Regionale 19 febbraio 1996, n. 3”.
Legge 5 agosto 1978, n. 457 : “Norme per l'edilizia residenziale”
Decreto legge 5 ottobre 1993, n. 398 : “Disposizioni per l'accelerazione degli investimenti a sostegno dell'occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia .”, - all’art. 11 così recita : “Programmi di recupero urbano.
1. I fondi di cui alla legge 14 febbraio 1963, n. 60, e successive modificazioni, nella misura fissata dai programmi regionali, sono destinati alla realizzazione di interventi al servizio prevalente del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, nell'ambito dei programmi di cui al comma 2 (1).
2. I programmi di recupero urbano sono costituiti da un insieme sistematico di opere finalizzate alla realizzazione, alla manutenzione e all'ammodernamento delle urbanizzazioni primarie, con particolare attenzione ai problemi di accessibilità degli impianti e dei servizi a rete, e delle urbanizzazioni secondarie, alla edificazione di completamento e di integrazione dei complessi urbanistici esistenti, nonché all'inserimento di elementi di arredo urbano, alla manutenzione ordinaria e straordinaria, al restauro e al risanamento conservativo e alla ristrutturazione edilizia degli edifici.
3. I programmi di recupero urbano da realizzare, sulla base di una proposta unitaria con il concorso di risorse pubbliche e private, sono proposti al comune da soggetti pubblici e privati, anche associati tra di loro. Il comune definisce le priorità di detti programmi sulla base di criteri oggettivi per l'individuazione degli interventi.
4. Ai fini dell'approvazione dei programmi di recupero urbano, può essere promossa la conclusione di un accordo di programma ai sensi dell'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142.
5. Il CER, ai fini della realizzazione dei programmi di recupero urbano, determina modalità e criteri generali per la concessione dei contributi, per l'individuazione delle zone urbane interessate e per la determinazione delle tipologie d'intervento, avendo particolare riguardo alla tutela dei lavoratori dipendenti e delle categorie sociali più deboli.
(1) Comma così sostituito dall'art. 5, l. 30 aprile 1999, n. 136. Le disposizioni ivi contenute si applicano, comunque, sino all'entrata in vigore delle leggi regionali emanate ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (art. 18, l. 136/1999 cit.).”
Legge 4 dicembre 1993, n. 493: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, recante disposizioni per l'accelerazione degli investimenti a sostegno dell'occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia.”
Nota all’art. 35
D.P.R. 8 luglio 2001, n. 327 : “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità. (Testo A).”
Nota all’art. 36
Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 : “Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. (1)”, - all’art.120 così recita : “Società di trasformazione urbana”.
1. Le città metropolitane e i comuni, anche con la partecipazione della provincia e della regione, possono costituire società per azioni per progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana, in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti. A tal fine le deliberazioni dovranno in ogni caso prevedere che gli azionisti privati delle società per azioni siano scelti tramite procedura di evidenza pubblica.
2. Le società di trasformazione urbana provvedono alla preventiva acquisizione delle aree interessate dall'intervento, alla trasformazione e alla commercializzazione delle stesse. Le acquisizioni possono avvenire consensualmente o tramite ricorso alle procedure di esproprio da parte del comune.
3. Le aree interessate dall'intervento di trasformazione sono individuate con delibera del consiglio comunale. L'individuazione delle aree di intervento equivale a dichiarazione di pubblica utilità, anche per le aree non interessate da opere pubbliche. Le aree di proprietà degli enti locali interessate dall'intervento possono essere attribuite alla società a titolo di concessione.
4. I rapporti tra gli enti locali azionisti e la società per azioni di trasformazione urbana sono disciplinati da una convenzione contenente, a pena di nullità, gli obblighi e i diritti delle parti.”
Nota all’art. 38
D.P.R. n. 327/2001: “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità”
Legge regionale 20 marzo 1982, n. 17 : “Norme transitorie per le attività urbanistico - edilizie nei Comuni della Regione.”
Nota all’art. 41
Legge 7 agosto 1990, n. 241 : “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.”
Nota all’art. 42
D.P.R. n.380/2001 : “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” – art. 27 così recita: “Art. 27 (L) - Vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia (Legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 4; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art.107 e 109)
1. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale esercita, anche secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente, la vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi.
Nota all’art. 43
Il citato D.P.R. n. 380/2001,- all’art. 36 così recita : “Accertamento di conformità (Legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 13)
1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 22, comma 3, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. (comma così modificato dal d.lgs. n. 301 del 2002)
2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.
3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.” Legge regionale n. 19/2001: “Procedure per il rilascio delle autorizzazioni edilizie e per l’esercizio di interventi edilizi subordinati a denuncia di inizio attività- Approvazione di piani attuativi dello strumento urbanistico generale nei comuni obbligati alla formazione del programma pluriennale di attuazione –
Norme in materia di parcheggi pertinenziali – Modifiche alle leggi regionali 28 novembre 2000, n. 15 e 24 marzo 1995, n. 8”
All’art. 1 così recita : “Procedure per il rilascio della concessione edilizia
1. Al momento della presentazione della domanda di concessione edilizia l’ufficio abilitato a riceverla comunica all’interessato il nominativo del responsabile del procedimento di cui agli artt. 4 e 5 della Legge 7 agosto 1990, n.241. L’esame delle domande si svolge secondo l’ordine di presentazione.
2. Entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del procedimento cura l’istruttoria, eventualmente convocando una conferenza di servizi ai sensi e per gli effetti dell’art.14 della Legge 7 agosto 1990, n.241, e successive modificazioni, e redige una dettagliata relazione contenente la qualificazione tecnico-giuridica dell’intervento richiesto e la propria valutazione sulla conformità del progetto alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie. Il termine può essere interrotto una sola volta se il responsabile del procedimento richiede all’interessato, entro quindici giorni dalla presentazione della domanda, integrazioni documentali e decorre nuovamente per intero dalla data di presentazione della documentazione integrativa. Entro il termine perentorio di dieci giorni dalla scadenza dei sessanta giorni, il responsabile del procedimento formula una motivata proposta all’organo comunale competente all’emanazione del provvedimento conclusivo, ai sensi dell’art.107, terzo comma, del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n.267.
3. In ordine ai progetti presentati, il responsabile del procedimento richiede, entro il termine di cui al comma 2, il parere della commissione edilizia, se prescritto ed ove tale collegio sia costituito, e quello della Commissione Edilizia Integrata, ove sia prescritto il rilascio di parere ambientale. Qualora queste non si esprimano entro il termine predetto, il responsabile del procedimento è tenuto comunque a formulare la proposta di cui al comma 2 ed a redigere una relazione scritta al dirigente competente per materia, indicando le risultanze dell’istruttoria e le proprie valutazioni circa la conformità del progetto alle previsioni degli strumenti urbanistici e alle norme che regolano lo svolgimento dell’attività edilizia, nonchè i motivi per i quali il termine di cui al comma 2) non è stato rispettato.
4. La concessione edilizia è rilasciata entro il termine perentorio di quindici giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2, qualora il progetto presentato non sia in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici ed edilizi e con le altre norme che regolano lo svolgimento dell’attività edilizia.
5. Il rilascio della concessione edilizia è preceduto, nei casi indicati al comma 3 del presente articolo, da parere obbligatorio e non vincolante della commissione edilizia, se espresso nel termine di cui al comma 2, ovvero, in caso di inutile decorso di quest’ultimo, dalla relazione del responsabile del procedimento, nella fattispecie prevista dal precedente comma 3.
6. Nei Comuni che non abbiano incluso la commissione edilizia tra gli organi ritenuti indispensabili ai sensi della Legge 27 dicembre 1997, n.449, le funzioni della commissione stessa sono attribuite al responsabile dell’ufficio che riveste preminente competenza nella materia.
7. Per i beni sottoposti ai vincoli di cui al Decreto Legislativo 29 ottobre 1999, n.490, la concessione edilizia preceduta dal rilascio delle autorizzazioni delle Amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli stessi, se prescritte. Sino al perfezionamento di tali atti, resta sospeso il termine di cui al comma 2 del presente articolo.“ all’art. 4 così recita : “Interventi sostitutivi
1. Decorso inutilmente il termine per il rilascio della concessione edilizia, l’interessato può, con atto notificato o trasmesso in plico raccomandato con avviso di ricevimento, richiedere al competente organo comunale di adempiere entro il termine perentorio di quindici giorni dal ricevimento della richiesta.
2. Decorso inutilmente il termine di cui al comma precedente, l’interessato può inoltrare istanza al Presidente dell’Amministrazione Provinciale o della Comunità Montana per i Comuni il cui territorio è interamente montano, il quale, sostituendosi all’Amministrazione inadempiente, nomina, con proprio decreto, entro i quindici giorni successivi, un commissario ad acta.
3. Il Commissario ad acta, nel termine di trenta giorni dalla nomina, adotta il provvedimento conclusivo del procedimento afferente alla richiesta di concessione edilizia.
4. Il Commissario ad acta, nei cinque giorni dalla nomina, richiede il parere della commissione edilizia, ove prescritto dal regolamento edilizio comunale e qualora tale Collegio sia costituito, e la relazione dell’Ufficio Tecnico Comunale. Gli Organi interpellati trasmettono gli atti di rispettiva competenza entro dieci giorni dalla richiesta.
5. Nel caso di inutile decorso del termine di cui al comma precedente, il Commissario ad acta può acquisire parere, anche rivolgendosi a professionisti esterni all’Amministrazione Comunale.
6. Il Commissario ad acta richiede, altresì, nello stesso termine previsto al comma 4, il parere della Commissione Edilizia Integrata, ove sia prescritto il rilascio di parere ambientale; in tal caso, la Commissione Edilizia integrata provvede nel termine di dieci giorni.
7. Gli oneri finanziari relativi all’attività del Commissario di cui al presente articolo cadono direttamente a carico del Comune interessato.
Legge regionale 18 novembre 2004, n. 10 : “Norme sulla sanatoria degli abusi edilizi di cui al decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, articolo 32 così come modificato dalla legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326 e successive modifiche ed integrazioni. All’art.10 così recita : “Interventi sostitutivi della Regione ai sensi dell’articolo 31, comma 8, decreto del Presidente della Repubblica n. 380/01.
1. I segretari comunali e i responsabili dei servizi comunali competenti in materia di vigilanza e repressione degli abusi edilizi, ognuno per le proprie competenze, trasmettono mensilmente al Presidente della Giunta regionale l’elenco delle ordinanze di sospensione dei lavori, delle ingiunzioni alla demolizione, degli accertamenti di inottemperanza alla ingiunzione a demolire, delle immissioni nel possesso, delle ordinanze di demolizione, adottate anche a seguito di provvedimenti di rigetto delle istanze di condono, nonché di tutti gli atti ed accertamenti eseguiti dal comune ai sensi delle disposizioni di cui al D.P.R. n. 380/01. L’elenco è corredato dalla relativa documentazione comprensiva dei rapporti redatti dagli organi di polizia giudiziaria, dei ricorsi giurisdizionali pendenti, dei provvedimenti adottati dall’autorità giudiziaria e delle relazioni di notificazione degli atti e provvedimenti suindicati.
2. Il Presidente della Giunta regionale, trascorsi i termini di cui al D.P.R. n. 380/01, articolo 31, comma 8, diffida il comune a concludere l’attività repressiva entro trenta giorni e, in caso di inerzia, attiva l’esercizio dei poteri di intervento sostitutivo con la nomina di un commissario ad acta dandone comunicazione al comune.
3. Il commissario ad acta è scelto fra i funzionari interni all’amministrazione regionale o fra tecnici abilitati esterni alla stessa e iscritti negli albi professionali ed è incaricato dell’adozione degli atti necessari alla definizione dei procedimenti sanzionatori di cui al comma 1. Il commissario ad acta, se scelto fra professionisti esterni all’amministrazione regionale, deve essere residente in una provincia diversa rispetto a quella in cui ricade il comune nei cui confronti è stato attivato l’esercizio dei poteri di intervento sostitutivo. Al momento dell’accettazione della nomina il commissario ad acta dichiara sotto la propria responsabilità di non versare in casi di incompatibilità, anche derivanti da rapporti professionali o di parentela con i responsabili degli abusi.
4. A far data dalla comunicazione di cui al comma 3, il responsabile del servizio comunale competente in materia di vigilanza e repressione degli abusi edilizi trasmette al commissario ad acta le istanze di accertamento di conformità presentate ai sensi D.P.R. n. 380/01, articolo 36 relative alle opere abusive oggetto di intervento sostitutivo.
5. Il commissario ad acta, verificato lo stato delle procedure sanzionatorie, compie tutti gli adempimenti di cui al D.P.R. n. 380/01, nei termini dallo stesso previsti, e ne dà comunicazione alla competente autorità giudiziaria ai fini dell’esercizio dell’azione penale, nonché alle amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in caso di interventi realizzati in aree o su beni sottoposti ai vincoli stessi.
6. L’esecuzione degli interventi di demolizione delle opere abusive, di ripristino dello stato dei luoghi e di tutela della pubblica incolumità è disposta dal commissario ad acta che a tal fine si avvale anche del personale e dei mezzi messi a disposizione previa intesa dal genio militare. Il commissario ad acta acquisisce il preventivo di spesa predisposto dal genio militare e lo sottopone all’approvazione del Presidente della Giunta regionale. Il commissario ad acta può, in alternativa, affidare l’esecuzione delle attività di cui al comma 5 ad imprese specializzate e inserite nell’elenco di cui al comma 8.
7. Il commissario ad acta richiede al comune inadempiente la disponibilità a provvedere alla rimozione ed al trasporto a discarica delle macerie, assegnando un termine di dieci giorni. Se il comune dichiara la propria indisponibilità o non provvede nel termine su indicato il commissario ad acta richiede l’intervento del genio militare e, in caso di indisponibilità di quest’ultimo, affida l’esecuzione delle relative attività ad imprese specializzate ed inserite nell’elenco di cui al comma 8.
8. É istituito l’elenco delle imprese specializzate a cui affidare, nel rispetto della vigente normativa in materia di appalti, l’esecuzione delle attività di demolizione delle opere edilizie abusive, di ripristino dello stato dei luoghi e di trasporto a discarica dei materiali di risulta. Con delibera di Giunta regionale sono stabiliti i requisiti soggettivi ed oggettivi, le modalità di selezione delle imprese interessate all’inserimento nell’elenco e le modalità di aggiornamento su base annuale dello stesso e sono individuati gli interventi di cui al presente articolo da effettuare in via prioritaria.
9. La riqualificazione ambientale delle aree sottoposte a vincolo a seguito della demolizione delle opere abusive e del ripristino dello stato dei luoghi è effettuata secondo le modalità prescritte dalle amministrazioni a cui compete la vigilanza sull’osservanza del vincolo stesso.
10. Gli oneri economici derivanti dall’esecuzione delle attività di cui ai commi 6, 7 e 9 sono posti a carico dei responsabili degli abusi. In caso di mancato adempimento si procede a mezzo di recupero coattivo delle somme dovute.
11. Le spese ed i compensi spettanti al commissario ad acta sono posti a carico del comune inadempiente.
In caso di intervento sostitutivo il commissario ad acta, completate le procedure previste dal D.P.R. n. 380/01, trasmette tutti gli atti alla procura della Repubblica ed alla procura generale presso la corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Campania - per gli accertamenti di competenza.
Nota all’art. 44
Legge regionale n. 17/1982: “ Norme transitorie per le attività urbanistico-edilizie nei Comuni della Regione .”
Legge 3 novembre 1952, n. 1902: “Misure di salvaguardia in pendenza dell'approvazione dei piani regolatori.”
Legge 17 maggio 1981, n. 219: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 marzo 1981, n. 75, recante ulteriori interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981. Provvedimenti organici per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti.”
Nota all’art. 46
Legge 26 ottobre 1995, n. 447 : “ Legge quadro sull’inquinamento acustico”
Nota all’art. 47
Direttiva 42/2001/CE del 27 giugno 2001: DIRETTIVA 2001/42/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 27 giugno 2001 concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente - IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), visto il parere del Comitato delle regioni (3), deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (4), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 21 marzo 2001, considerando quanto segue:
(1) L'articolo 174 del trattato stabilisce che la politica della Comunità in materia ambientale contribuisce, tra l'altro, a perseguire gli obiettivi della salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente, della protezione della salute umana e dell'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali e che essa dev'essere fondata sul principio della precauzione. L'articolo 6 del trattato stabilisce che le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione delle politiche e delle azioni comunitarie, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile.
(2) Il quinto programma comunitario di politica ed azione a favore dell'ambiente e di uno sviluppo sostenibile «Per uno sviluppo durevole e sostenibile» (5), integrato dalla decisione n. 2179/98/CE del Consiglio (6) relativa al suo riesame, ribadisce l'importanza di valutare i probabili effetti di piani e programmi sull'ambiente.
(3) La convenzione sulla biodiversità richiede alle parti di integrare, per quanto possibile e appropriato, la conservazione e l'uso sostenibile della biodiversità nei piani e nei programmi settoriali e intersettoriali pertinenti.
(4) La valutazione ambientale costituisce un importante strumento per l'integrazione delle considerazioni di carattere ambientale nell'elaborazione e nell'adozione di taluni piani e programmi che possono avere effetti significativi sull'ambiente negli Stati membri, in quanto garantisce che gli effetti dell'attuazione dei piani e dei programmi in questione siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro adozione.
(5) L'adozione di procedure di valutazione ambientale a livello di piano e programma dovrebbero andare a vantaggio delle imprese, fornendo un quadro più coerente in cui operare inserendo informazioni pertinenti in materia ambientale nell'iter decisionale. L'inserimento di una più ampia gamma di fattori nell'iter decisionale dovrebbe contribuire a soluzioni più sostenibili e più efficaci.
(6) I diversi sistemi di valutazione ambientale operanti negli Stati membri dovrebbero prevedere una serie di norme procedurali comuni necessarie a contribuire ad un elevato livello di protezione dell'ambiente.
(7) La Convenzione della Commissione Economica per l'Europa delle Nazioni Unite sulla valutazione di impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, del 25 febbraio 1991, che si applica sia agli Stati membri sia a altri Stati, incoraggia le parti della convenzione ad applicare i suoi principi anche a piani e programmi. Alla seconda riunione tra le parti alla convenzione tenutasi a Sofia il 26 e 27 febbraio 2001, è stato deciso di approntare un protocollo giuridicamente vincolante sulla valutazione ambientale strategica, da aggiungere alle norme in vigore sulla valutazione di impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, per pervenire alla sua eventuale adozione in una riunione straordinaria delle parti alla convenzione in occasione della quinta conferenza ministeriale «Ambiente per l'Europa», prevista per maggio 2003 a Kiev (Ucraina). I sistemi di valutazione ambientale di piani e programmi applicati nella Comunità dovrebbero garantire adeguate consultazioni transfrontaliere quando l'attuazione di un piano o programma in preparazione in uno Stato membro potrebbe avere effetti significativi sull'ambiente di un altro Stato membro. Le informazioni relative ai piani e ai programmi che hanno effetti significativi sull'ambiente di altri Stati dovrebbero essere trasmesse su una base reciproca ed equivalente in un pertinente contesto giuridico tra gli Stati membri e tali Stati.
(4) Parere del Parlamento europeo del 20 ottobre 1998 (GU C 341 del 9.11.1998, pag. 18) confermato il 16 settembre 1999 (GU C 54 del 25.2.2000, pag. 76), posizione comune del Consiglio del 30 marzo 2000 (GU C 137 del 16.5.2000, pag. 11) e decisione del Parlamento europeo del 6 settembre 2000 (GU C 135 del 7.5.2001, pag. 155). Decisione del Parlamento europeo del 31 maggio 2001 e decisione del Consiglio del 5 giugno 2001.
IT Gazzetta ufficiale delle Comunità europee 21.7.2001 L 197/31 (8) Occorre pertanto intervenire a livello comunitario in modo da fissare un quadro minimo per la valutazione ambientale che sancisca i principi generali del sistema di valutazione ambientale e lasci agli Stati membri il compito di definire i dettagli procedurali tenendo conto del principio della sussidiarietà.
L'azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti nel trattato.
(9) La presente direttiva ha carattere procedurale e le sue disposizioni dovrebbero essere integrate nelle procedure esistenti negli Stati membri o incorporate in procedure specificamente stabilite. Gli Stati membri dovrebbero eventualmente tener conto del fatto che le valutazioni saranno effettuate a diversi livelli di una gerarchia di piani e programmi, in modo da evitare duplicati.
(10) Tutti i piani e i programmi preparati per vari settori e che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione di progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (1), e tutti i piani e i programmi per i quali è stata prescritta la valutazione ai sensi della direttiva 92/43/CE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (2), potrebbero avere effetti significativi sull'ambiente e dovrebbero di norma essere oggetto di una valutazione ambientale sistematica. Quando determinano l'uso di piccole aree a livello locale o sono piccole modifiche dei piani o programmi summenzionati, essi dovrebbero essere valutati soltanto se gli Stati membri stabiliscono che potrebbero avere effetti significativi sull'ambiente.
(11) Altri piani e programmi che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione di progetti possono non avere effetti significativi sull'ambiente in tutti i casi e dovrebbero essere valutati soltanto se gli Stati membri stabiliscono che potrebbero avere tali effetti.
(12) Gli Stati membri, nel decidere, dovrebbero tener conto dei pertinenti criteri fissati nella presente direttiva.
(13) Taluni piani e programmi, a causa delle loro caratteristiche particolari, non dovrebbero rientrare nell'ambito di applicazione della presente direttiva.
(14) Una valutazione, ove prescritta dalla presente direttiva, dovrebbe essere elaborata in modo da contenere informazioni pertinenti come stabilito dalla presente direttiva, identificare, descrivere e valutare i possibili effetti ambientali significativi, tenendo conto degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano o del programma, nonché alternative ragionevoli. Gli Stati membri dovrebbero comunicare alla Commissione le misure da essi adottate per quanto riguarda la qualità dei rapporti ambientali.
(15) Allo scopo di contribuire ad una maggiore trasparenza dell'iter decisionale nonché allo scopo di garantire la completezza e l'affidabilità delle informazioni su cui poggia la valutazione, occorre stabilire che le autorità responsabili per l'ambiente ed il pubblico siano consultate durante la valutazione dei piani e dei programmi e che vengano fissate scadenze adeguate per consentire un lasso di tempo sufficiente per le consultazioni, compresa la formulazione di pareri.
(16) Nel caso in cui l'attuazione di un piano o di un programma elaborato in uno Stato membro possa avere effetti significativi sull'ambiente di altri Stati membri, si dovrebbe prevedere che gli Stati membri interessati procedano a consultazioni e che le autorità interessate ed il pubblico siano informate e possano esprimere il loro parere.
(17) Il rapporto ambientale e i pareri espressi dalle autorità interessate e dal pubblico, nonché i risultati delle consultazioni transfrontaliere dovrebbero essere presi in considerazione durante la preparazione del piano o del programma e prima della sua adozione o prima di avviarne l'iter legislativo.
(18) Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché, quando è adottato un piano o programma, le autorità interessate ed il pubblico siano informate e siano messi a loro disposizione dati pertinenti.
(19) Qualora l'obbligo di effettuare una valutazione dell'impatto ambientale risulti contemporaneamente dalla presente direttiva e da altre normative comunitarie quali la direttiva 79/409/CE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (3), la direttiva 92/43/CE, o la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (4), gli Stati membri, al fine di evitare duplicazioni della valutazione, possono prevedere procedure coordinate o comuni per soddisfare le prescrizioni della pertinente normativa comunitaria.
(20) L'applicazione e l'efficacia della presente direttiva dovrebbero essere oggetto di una prima relazione della Commissione cinque anni dopo la sua entrata in vigore e successivamente ogni sette anni. Allo scopo di integrare ulteriormente le disposizioni per la tutela dell'ambiente e di tener conto dell'esperienza acquisita, la prima relazione dovrebbe essere corredata, se del caso, di proposte di modifica della presente direttiva, in particolare per quanto riguarda la possibilità di ampliarne l'ambito di applicazione ad altre zone/altri settori e ad altri tipi di piani e di programmi, (1) GU L 175 del 5.7.1985, pag. 40.
Direttiva modificata dalla direttiva 97/11/CE (GU L 73 del 14.3.1997, pag. 5) (3) GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/49/CE (GU L 223 del 13.8.1997, pag. 9). (2) GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/62/CE (GU L 305 dell'8.11.1997, pag. 42). (4) GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1. IT Gazzetta ufficiale delle Comunità europee 21.7.2001 L 197/32
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Art. 1
Obiettivi
La presente direttiva ha l'obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e di contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione e dell'adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile, assicurando che, ai sensi della presente direttiva, venga effettuata la valutazione ambientale di determinati piani e programmi che possono avere effetti significativi sull'ambiente.
Art. 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva:
a) per «piani e programmi» s'intendono i piani e i programmi, compresi quelli cofinanziati dalla Comunità europea, nonché le loro modifiche
- che sono elaborati e/o adottati da un'autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un'autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, dal parlamento o dal governo e
- che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative;
b) per «valutazione ambientale» s'intende l'elaborazione di un rapporto di impatto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del rapporto ambientale e dei risultati delle consultazioni nell'iter decisionale e la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione a norma degli articoli da 4 a 9;
c) per «rapporto ambientale» s'intende la parte della documentazione del piano o del programma contenente le informazioni prescritte all'articolo 5 e nell'allegato I;
d) per «pubblico» s'intendono una o più persone fisiche o giuridiche, secondo la normativa o la prassi nazionale, e le loro associazioni, organizzazioni o gruppi.
Art. 3
Ambito d'applicazione
1. I piani e i programmi di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, che possono avere effetti significativi sull'ambiente, sono soggetti ad una valutazione ambientale ai sensi degli articoli da 4 a 9.
2. Fatto salvo il paragrafo 3, viene effettuata una valutazione ambientale per tutti i piani e i programmi, a) che sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/ 337/CE, o b) per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CE.
3. Per i piani e i programmi di cui al paragrafo 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al paragrafo
2, la valutazione ambientale è necessaria solo se gli Stati membri determinano che essi possono avere effetti significativi sull'ambiente.
4. Gli Stati membri determinano se i piani e i programmi, diversi da quelli di cui al paragrafo 2, che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione dei progetti, possono avere effetti significativi sull'ambiente.
5. Gli Stati membri determinano se i piani o i programmi di cui ai paragrafi 3 e 4 possono avere effetti significativi sull'ambiente attraverso l'esame caso per caso o specificando i tipi di piani e di programmi o combinando le due impostazioni. A tale scopo gli Stati membri tengono comunque conto dei pertinenti criteri di cui all'allegato II, al fine di garantire che i piani e i programmi con probabili effetti significativi sull'ambiente rientrino nell'ambito di applicazione della presente direttiva.
6. Nell'esame dei singoli casi e nella specificazione dei tipi di piani e di programmi di cui al paragrafo 5, devono essere consultate le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 3.
7. Gli Stati membri fanno in modo che le conclusioni adottate ai sensi del paragrafo 5, comprese le motivazioni della mancata richiesta di una valutazione ambientale ai sensi degli articoli da 4 a 9, siano messe a disposizione del pubblico.
8. I seguenti piani e programmi non rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva:
- piani e programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale e di protezione civile,
- piani e programmi finanziari o di bilancio.
9. La presente direttiva non si applica ai piani e ai programmi cofinanziati a titolo dei rispettivi periodi di programmazione in corso (1) per i regolamenti (CE) n. 1260/ 1999 (2) e (CE) n. 1257/1999 (3) del Consiglio. (1) Il periodo di programmazione 2000-2006 per il regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio e i periodi di programmazione 2000- 2006 e 2000-2007 per il regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio.
(2) Regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali (GU L 161 del 26.6.1999, pag. 1).
(3) Regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti (GU L 160 del 26.6.1999, pag. 80). IT Gazzetta ufficiale delle Comunità europee 21.7.2001 L 197/33
Art. 4
Obblighi generali
1. La valutazione ambientale di cui all'articolo 3 deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa procedura legislativa.
2. Le condizioni stabilite dalla presente direttiva sono integrate nelle procedure in vigore negli Stati membri per l'adozione dei piani e dei programmi o nelle procedure definite per conformarsi alla presente direttiva.
3. Nel caso di piani e programmi gerarchicamente ordinati gli Stati membri tengono conto, onde evitare duplicazioni della valutazione, del fatto che essa sarà effettuata, ai sensi della presente direttiva, a vari livelli della gerarchia. Al fine, tra l'altro, di evitare duplicazioni della valutazione, gli Stati membri applicano l'articolo 5, paragrafi 2 e 3.
Art. 5
Rapporto ambientale
1. Nel caso in cui sia necessaria una valutazione ambientale ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, deve essere redatto un rapporto ambientale in cui siano individuati, descritti e valutati gli effetti significativi che l'attuazione del piano o del programma potrebbe avere sull'ambiente nonché le ragionevoli alternative alla luce degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano o del programma. L'allegato I riporta le informazioni da fornire a tale scopo.
2. Il rapporto ambientale elaborato a norma del paragrafo 1 comprende le informazioni che possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione attuali, dei contenuti e del livello di dettaglio del piano o del programma e, per evitare duplicazioni della valutazione, della fase in cui si trova nell'iter decisionale e della misura in cui taluni aspetti sono più adeguatamente valutati in altre fasi di detto iter.
3. Possono essere utilizzate per fornire le informazioni di cui all'allegato I quelle pertinenti disponibili sugli effetti ambientali dei piani e dei programmi e ottenute nell'ambito di altri livelli decisionali o attraverso altre disposizioni della normativa comunitaria.
4. Le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 3 devono essere consultate al momento della decisione sulla portata delle informazioni da includere nel rapporto ambientale e sul loro livello di dettaglio.
Art. 6
Consultazioni
1. La proposta di piano o di programma ed il rapporto ambientale redatto a norma dell'articolo 5 devono essere messi a disposizione delle autorità di cui al paragrafo 3 del presente articolo e del pubblico.
2. Le autorità di cui al paragrafo 3 e il pubblico di cui al paragrafo 4 devono disporre tempestivamente di un'effettiva opportunità di esprimere in termini congrui il proprio parere sulla proposta di piano o di programma e sul rapporto ambientale che la accompagna, prima dell'adozione del piano o del programma o dell'avvio della relativa procedura legislativa.
3. Gli Stati membri designano le autorità che devono essere consultate e che, per le loro specifiche competenze ambientali, possono essere interessate agli effetti sull'ambiente dovuti all'applicazione dei piani e dei programmi.
4. Gli Stati membri individuano i settori del pubblico ai fini del paragrafo 2, compresi i settori del pubblico che sono interessati dall'iter decisionale nell'osservanza della presente direttiva o che ne sono o probabilmente ne verranno toccati, includendo le pertinenti organizzazioni non governative quali quelle che promuovono la tutela dell'ambiente e altre organizzazioni interessate.
5. Gli Stati membri determinano le specifiche modalità per l'informazione e la consultazione delle autorità e del pubblico.
Art. 7
Consultazioni transfrontaliere
1. Qualora uno Stato membro ritenga che l'attuazione di un piano o di un programma in fase di preparazione sul suo territorio possa avere effetti significativi sull'ambiente di un altro Stato membro, o qualora lo richieda uno Stato membro che potrebbe essere interessato in misura significativa, lo Stato membro sul cui territorio è in fase di elaborazione il piano o il programma trasmette, prima della sua adozione o dell'avvio della relativa procedura legislativa, una copia della proposta di piano o di programma e del relativo rapporto ambientale all'altro Stato membro.
2. Uno Stato membro cui sia pervenuta copia della proposta di piano o di programma e del rapporto ambientale di cui al paragrafo 1 comunica all'altro Stato membro se intende procedere a consultazioni anteriormente all'adozione del piano o del programma o all'avvio della relativa procedura legislativa; in tal caso gli Stati membri interessati procedono alle consultazioni in merito ai possibili effetti ambientali transfrontalieri derivanti dall'attuazione del piano o del programma nonché alle misure previste per ridurre o eliminare tali effetti. Se tali consultazioni hanno luogo, gli Stati membri interessati convengono specifiche modalità affinché le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 3 e i settori del pubblico di cui
all'articolo 6, paragrafo 4, nello Stato membro che potrebbe essere interessato significativamente, siano informati ed abbiano l'opportunità di esprimere il loro parere entro termini ragionevoli. 3. Gli Stati membri interessati che partecipano alle consultazioni ai sensi del presente articolo ne fissano preventivamente la durata in tempi ragionevoli. IT Gazzetta ufficiale delle Comunità europee 21.7.2001 L 197/34
Art. 8
Iterdecisionale
In fase di preparazione del piano o del programma e prima della sua adozione o dell'avvio della relativa procedura legislativa si prendono in considerazione il rapporto ambientale redatto ai sensi dell'articolo 5, i pareri espressi ai sensi dell'articolo 6 nonché i risultati di ogni consultazione transfrontaliera avviata ai sensi dell'articolo 7.
Art. 9
Informazioni circa la decisione
1. Gli Stati membri assicurano che, quando viene adottato un piano o un programma, le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 3, il pubblico e tutti gli Stati membri consultati ai sensi dell'articolo 7 ne siano informati e che venga messo a loro disposizione:
a) il piano o il programma adottato;
b) una dichiarazione di sintesi in cui si illustra in che modo le considerazioni ambientali sono state integrate nel piano o programma e come si è tenuto conto, ai sensi dell'articolo 8, del rapporto
ambientale redatto ai sensi dell'articolo 5, dei pareri espressi ai sensi dell'articolo 6 e dei risultati delle consultazioni avviate ai sensi dell'articolo 7, nonché le ragioni per le quali è stato scelto il piano o il programma adottato, alla luce delle alternative possibili che erano state individuate, e
c) le misure adottate in merito al monitoraggio ai sensi dell'articolo 10.
2. Gli Stati membri stabiliscono le specifiche modalità per le informazioni di cui al paragrafo 1.
Art. 10
Monitoraggio
1. Gli Stati membri controllano gli effetti ambientali significativi dell'attuazione dei piani e dei programmi al fine, tra l'altro, di individuare tempestivamente gli effetti negativi imprevisti e essere in grado di adottare le misure correttive che ritengono opportune.
2. Al fine di conformarsi al disposto del paragrafo 1, possono essere impiegati, se del caso, i meccanismi di controllo esistenti onde evitare una duplicazione del monitoraggio.
Art. 11
Relazione con le altre disposizioni della normativa comunitaria
1. La valutazione ambientale effettuata ai sensi della presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni della direttiva 85/337/CE e qualsiasi altra disposizione della normativa comunitaria.
2. Per i piani e i programmi in merito ai quali l'obbligo di effettuare una valutazione dell'impatto ambientale risulta contemporaneamente dalla presente direttiva e da altre normative comunitarie, gli Stati membri possono prevedere procedure coordinate o comuni per soddisfare le prescrizioni della pertinente normativa comunitaria, tra l'altro al fine di evitare duplicazioni della valutazione.
3. Per i piani e i programmi cofinanziati dalla Comunità europea, la valutazione ambientale a norma della presente direttiva viene effettuata secondo le disposizioni speciali della pertinente legislazione comunitaria.
Art. 12
Informazioni, relazioni e riesame
1. Gli Stati membri e la Commissione si scambiano informazioni sull'esperienza maturata nell'applicazione della presente direttiva.
2. Gli Stati membri assicurano che le relazioni ambientali siano di qualità sufficiente a soddisfare le prescrizioni della presente direttiva e comunicano alla Commissione qualunque misura da essi adottata in materia di qualità di tali relazioni.
3. Prima del 21 luglio 2006 la Commissione invia una prima relazione sulla sua applicazione ed efficacia al Parlamento europeo e al Consiglio. Per integrare altre esigenze connesse con la tutela dell'ambiente, a norma dell'articolo 6 del trattato e tenuto conto dell'esperienza acquisita negli Stati membri nell'applicazione della presente direttiva, detta relazione è corredata delle proposte di modifica della presente direttiva eventualmente necessarie. In particolare, la Commissione vaglierà la possibilità di estendere l'ambito d'applicazione della presente direttiva ad altre tematiche/ altri settori e ad altri tipi di piani e programmi. Successivamente viene elaborata una nuova relazione di valutazione ogni sette anni.
4. Al fine di garantire la coerenza di impostazione tra la presente direttiva e i successivi regolamenti comunitari, la Commissione riferisce in merito al rapporto tra la stessa e i regolamenti (CE) n. 1260/1999 e (CE) n. 1257/1999 con molto anticipo rispetto alla scadenza dei periodi di programmazione previsti da detti regolamenti.
Art. 13
Attuazione della direttiva
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva prima del 21 luglio 2004. Essi ne informano immediatamente la Commissione
2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
3. L'obbligo di cui all'articolo 4, paragrafo 1 si applica ai piani e ai programmi il cui primo atto preparatorio formale è successivo alla data di cui al paragrafo 1. I piani e i programmi il cui primo atto preparatorio formale è precedente a tale data e che sono stati approvati o sottoposti all'iter legislativo più di ventiquattro mesi dopo la stessa data sono soggetti all'obbligo di cui all'articolo 4, paragrafo 1, a meno che gli Stati membri decidano caso per caso che ciò non è possibile, informando il pubblico di tale decisione.
4. Prima del 21 luglio 2004 gli Stati membri comunicano alla Commissione, oltre alle misure di cui al paragrafo 1, informazioni separate sui tipi di piani e di programmi soggetti in forza dell'articolo 3 ad una valutazione ambientale ai sensi della presente direttiva. La Commissione mette tali informazioni a disposizione degli Stati membri. Queste sono aggiornate su base periodica.
Art. 14
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
Art. 15
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Lussemburgo, addì 27 giugno 2001.
Per il Parlamento europeo
La Presidente
N. FONTAINE
Per il Consiglio
Il Presidente
B. ROSENGREN
ALLEGATO I
Informazioni di cui all'articolo 5, paragrafo 1
Le informazioni da fornire ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, fatto salvo l'articolo 5, paragrafi 2 e 3, sono:
a) illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del piano o programma e del rapporto con altri pertinenti piani o programmi;
b) aspetti pertinenti dello stato attuale dell'ambiente e sua evoluzione probabile senza l'attuazione del piano o del programma;
c) caratteristiche ambientali delle aree che potrebbero essere significativamente interessate;
d) qualsiasi problema ambientale esistente, pertinente al piano o programma, ivi compresi in particolare quelli relativi ad aree di particolare rilevanza ambientale, quali le zone designate ai sensi delle direttive 79/409/CE e 92/43/CE;
e) obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario o degli Stati membri, pertinenti al piano o al programma, e il modo in cui, durante la sua preparazione, si è tenuto conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale;
f) possibili effetti significativi (1) sull'ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora e la fauna, il suolo, l'acqua, l'aria, i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il paesaggio e l'interrelazione tra i suddetti fattori;
g) misure previste per impedire, ridurre e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali effetti negativi significativi sull'ambiente dell'attuazione del piano o del programma;
h) sintesi delle ragioni della scelta delle alternative individuate e una descrizione di come è stata effettuata la valutazione, nonché le eventuali difficoltà incontrate (ad esempio carenze tecniche o mancanza di know-how) nella raccolta delle informazioni richieste;
i) descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio di cui all'articolo 10;
j) sintesi non tecnica delle informazioni di cui alle lettere precedenti.
(1) Detti effetti devono comprendere quelli secondari, cumulativi, sinergici, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi. IT Gazzetta ufficiale delle Comunità europee
21.7.2001 L 197/37
ALLEGATO II
Criteri per la determinazione dei possibili effetti significativi di cui all'articolo 3, paragrafo 5
1. Caratteristiche del piano o del programma, tenendo conto in particolare, dei seguenti elementi:
- in quale misura il piano o il programma stabilisce un quadro di riferimento per progetti ed altre attività, o per quanto riguarda l'ubicazione, la natura, le dimensioni e le condizioni operative o attraverso la ripartizione delle risorse,
- in quale misura il piano o il programma influenza altri piani o programmi, inclusi quelli gerarchicamente ordinati,
- la pertinenza del piano o del programma per l'integrazione delle considerazioni ambientali, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile,
- problemi ambientali pertinenti al piano o al programma,
- la rilevanza del piano o del programma per l'attuazione della normativa comunitaria nel settore dell'ambiente (ad es. piani e programmi connessi alla gestione dei rifiuti o alla protezione delle acque).
2. Caratteristiche degli effetti e delle aree che possono essere interessate, tenendo conto in particolare, dei seguenti elementi:
- probabilità, durata, frequenza e reversibilità degli effetti,
- carattere cumulativo degli effetti,
- natura transfrontaliera degli effetti,
- rischi per la salute umana o per l'ambiente (ad es. in caso di incidenti),
- entità ed estensione nello spazio degli effetti (area geografica e popolazione potenzialmente interessate),
- valore e vulnerabilità dell'area che potrebbe essere interessata a causa:
- delle speciali caratteristiche naturali o del patrimonio culturale,
- del superamento dei livelli di qualità ambientale o dei valori limite,
- dell'utilizzo intensivo del suolo,
- effetti su aree o paesaggi riconosciuti come protetti a livello nazionale, comunitario o internazionale.
Nota all’art. 48
Legge regionale 29 maggio 1980, n. 54: “Delega e sub delega di funzioni regionali ai Comuni, alle Comunità Montane e alle Province e disciplina di provvedimenti legislativi ed amministrativi regionali
concernenti le funzioni delegate e sub delegate”.
Nota all’art. 49
L.R. n.17/1974 Misure temporanee di tutela urbanistica in attesa dell'approvazione dei Piani Regolatori Generali dei Comuni costieri e del Piano Regionale di Assetto Urbanistico Territoriale
L.R. n. 26/1975 Norme da osservare nei comuni sforniti di strumenti urbanistici
L.R. n. 26/1977 Proroga delle misure temporanee di tutela urbanistica previste dalla L.R. 13/5/1974, n.17
L.R. n. 64/1977 Modifica alla L.R. 18/5/1977 n.26 riguardante la proroga delle misure temporanee di tutela urbanistica previste dalla L.R. 13/5/1974, n.17
L.R. n. 39/1978 Contenuto e procedimenti di formazione dei programmi pluriennali di attuazione di cui all'art. 13 della L. 28/1/1977, n.10
L.R. n. 62/1978 Incentivazione ai Comuni, ai loro Consorzi ed alle Comunità Montane, per la formazione degli strumenti urbanistici
L.R. n. 33/1980 Proroga delle misure temporanee di tutela urbanistica previste dalle LL. 13/5/1974, n.17 e 18/5/1977, n.26
L.R. n. 54/1980 Delega e sub delega di funzioni regionali ai Comuni alle Comunità Montane e alle Province e disciplina di provvedimenti legislativi ed amministrativi regionali concernenti le funzioni delegate e sub delegateAll’art.23 così recita- Sono delegate alle Comunità e, per i Comuni non compresi in essi, alle Province, le funzioni amministrative nella materia urbanistica concernenti l'approvazione dei piani regolatori generali, dei programmi di fabbricazione e di tutti gli strumenti comunali e intercomunali la cui approvazione è di competenza regionale.
Sono sub-delegate alle Comunità montane e, per i Comuni non compresi in esse, alle Province, le funzioni regionali relative ai beni ambientali di cui all'art. 82 del D.P.R. n. 616 del 24 luglio 1977.
Le Comunità Montane e le Province esercitano le funzioni ad esse delegate e sub-delegate sulla base e nel rispetto delle leggi regionali contenenti vincoli sul territorio e degli indirizzi di assetto territoriale adottati dalla Regione, anche con riferimento specifico a singole Province ed alla necessità dell'ordinata utilizzazione del territorio della Regione(14).
L.R.n. 49/1981 Modifiche alla L.R. 10/5/1980, n.33, recante: "Norme per la proroga delle misure temporanee di tutela urbanistica previste dalle LL. 13/5/1974, n.17 e 18/5/1977, n.26"
L.R. n. 65/1981 Disposizioni per l`attuazione della L.R. 29/5/1980,Sono delegate e sub-delegate alle Comunità Montane e, per i Comuni non compresi in esse, alle Province le altre funzioni in materia di urbanistica e beni ambientali di cui all'articolo 23 della legge 29 maggio 1980, n. 54(1).
L'esercizio delle funzioni di cui ai precedenti comma 1° e 2° ha inizio dall'entrata in vigore della presente legge.
Resta salva l'applicazione della disciplina speciale di cui alla legge 14 maggio 1981, n. 219(6).
L.R. n. 4/1982 Proroga delle misure temporanee di tutela urbanistica previste dalla L.R. 10/5/1980, n.33
L.R. n. 10/1982 Indirizzi programmatici e direttive fondamentali per l'esercizio delle deleghe e subdeleghe, ai sensi dell`art. 1 della L.R. 1/9/1981, n.65: "Tutela dei Beni Ambientali"
L.R. n. 14/1982 Indirizzi programmatici e direttive fondamentali relative all'esercizio delle funzioni delegate in materia di urbanistica, ai sensi dell'art. 1, II comma, della L.R. 1/9/1981, n. 65 Artt. 1 2 3 4 4bis 5 6 7 8
Art. 1 - Le funzioni di cui alle leggi regionali nn. 54 del 29 maggio 1980(1) e 65 del 1° settembre 1981(1), in materia di urbanistica, sono esercitate dagli Enti delegati in conformità agli indirizzi ed alle direttive allegate che costituiscono parte integrante e sostanziale della presente legge(2).
Art. 2 - In deroga alle disposizioni di cui agli artt. 6 e 7 della legge regionale 1° settembre 1981, n. 65(1), continuano ad esercitarsi le funzioni amministrative regionali relative all'approvazione dei Piani Regolatori Generali Comunali ed intercomunali pervenuti alla Regione entro la data del 31 ottobre 1981.
I Piani Regolatori di cui al I comma non definiti con provvedimento della Giunta regionale entro la data del 31 dicembre 1982(3), saranno trasmesse agli Enti delegati per gli ulteriori adempimenti previsti dalla vigente legislazione.
Ove trattasi di Comuni danneggiati dal terremoto del 23 novembre 1980 e del 14 febbraio 1981, l'assessore regionale all'Urbanistica, ai fini dell'esercizio delle funzioni di cui al comma precedente, potrà conferire a professionista, scelto fra quelli convenzionati con la Regione, ai sensi dell'art. 60 della legge 14 maggio 1981, n. 219, 1'incarico di completare l'istruttoria del progetto di Piano e di esercitare la funzione di cui all'art. 47, penultimo comma, della legge regionale 31 ottobre 1978, n. 51(4).
Art. 3 - Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato all'emissione dei provvedimenti definitivi relativamente agli strumenti generali ed esecutivi approvati dalla Giunta regionale alla data del 30 ottobre 1981.
Art. 4 - Le controdeduzioni di competenza comunale sugli strumenti urbanistici dovranno essere formulate entro i termini di cui al comma IV dell'art. 10 e al comma V dell'art. 36 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, modificata ed integrata con legge 6 agosto 1967, n. 765.
Decorsi infruttuosamente i termini assegnati, entro i successivi dieci giorni, sari emesso il definitivo decreto.
Sulle controdeduzioni inoltrate dal Comune sarà emesso il decreto definitivo entro il termine di sessanta giorni.
Art. 4-bis - Sino all'approvazione del Piano di assetto territoriale della Regione Campania, in deroga alle disposizioni di cui agli artt. 6 e 7 della L.R. 1 settembre 1981, n. 65, le funzioni amministrative relative all'approvazione dei Piani Regolatori Generali dei Comuni capoluoghi di provincia sono esercitate dalla Giunta regionale previa istruttoria del Comitato Tecnico Regionale(5).
Art. 5 - 1) Salva la competenza di cui ai precedenti artt. 2 e 4-bis, gli strumenti urbanistici generali sono approvati dalle Province o dalle Comunità Montane, per i Comuni i cui territori siano interamente montani, previo parere della competente Sezione Provinciale del Comitato tecnico Regionale, di cui all'art. 48 della legge regionale 31 ottobre 1978, n. 51.(5/A)
2) Il parere di cui al precedente comma, per i Comuni di cui all'art.9 del decreto legge 20 febbraio 1984 n. 19, convertito con modificazioni nella legge 18 aprile 1984, n. 80, deve essere espresso entro trenta giorni dalla data di deposito degli atti presso l'organo competente per l'approvazione. Trascorso il suddetto termine il parere si intende acquisito in senso favorevole.
3) Ai fini di cui ai commi precedenti la Sezione Provinciale deve essere integrata da un territorialista, da un urbanista e da un geologo nominati dalla Giunta Regionale, nonché da tre esperti eletti dal Consiglio Provinciale con voto limitato ad un solo nominativo.
4) Il tecnico incaricato dal Presidente della competente Sezione Provinciale del Comitato Tecnico Regionale per l'istruttoria dello strumento urbanistico funge da relatore presso la stessa Sezione, di cui, limitatamente alla pratica istruttoria, è considerato componente di diritto con voto consultivo.
5) Il parere di cui al I comma deve essere espresso entro sessanta giorni dalla data di ricezione degli atti con la relativa richiesta di parere. Trascorso tale termine il parere si intende acquisito.
6) Fino a quando la Sezione Provinciale competente per territorio non sarà stata integrata ai sensi del precedente III comma, con deliberazioni debitamente approvate a termini di legge, il parere per l'approvazione degli strumenti urbanistici generali continua ad essere espresso, nei termini e con gli effetti di cui al comma precedente, dal Comitato Tecnico Regionale.
Alle sedute della Sezione provinciale integrata ai sensi del presente articolo partecipa di diritto, con voto deliberativo, l'Assessore provinciale competente per l'urbanistica(6).
7) Il decreto definitivo di approvazione degli strumenti urbanistici generali è emesso dal Presidente della Provincia o della Comunità Montana competente, su conforme deliberazione rispettivamente del Consiglio Provinciale o della Giunta esecutiva, entro i termini di cui alla legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni. Trascorsi inutilmente tali termini, il piano presentato dal Comune si intende approvato e dovrà essere pubblicato nelle forme prescritte dalla stessa legge(7).
Art. 6 - É delegato alla Giunta provinciale il rilascio del nulla-osta per le concessioni edilizie in deroga alle norme dei piani urbanistici e dei regolamenti edilizi, ivi comprese le deroghe alle altezze stabilite dalle norme urbanistico-edilizie per le costruzioni alberghiere.
Sono delegate alla Giunta provinciale le competenze regionali di cui agli artt. 6 e 7 della legge 6 agosto 1967, n. 765.
Art. 7 - Il secondo periodo del I comma dell'art. 6 della legge regionale 1° settembre 1981, n. 65(1), è soppresso, ferme restando le altre disposizioni dello stesso art. 6, in quanto compatibili con le norme della presente legge.
Art. 8 - La presente legge è dichiarata urgente, ai sensi del II comma dell'art. 127 della Costituzione edentra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Campania.
L.R. n.17/1982 Norme transitorie per le attività urbanistico-edilizie nei Comuni della regione Artt. 1 2 e 4 commi 2 5 6 7
Art. 1
Obbligo alla formazione del Piano Regolatore Generale
Tutti i Comuni della Regione sono obbligati alla formazione del Piano Regolatore Generale del proprio territorio, unitamente al Regolamento
Edilizio, provvedendo ai relativi adempimenti entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge.
Per i Comuni già obbligati alla formazione del Piano Regolatore Generale resta fermo il termine per
l'adozione già fissato da precedenti disposizioni.
In caso di inerzia, le Comunità Montane e, per i Comuni non interamente compresi in esse, le Province,
provvedono a mezzo di commissari ad acta agli adempimenti previsti dall'art. 8 della legge 17 agosto 1942,
n. 1150 e successive modificazioni entro sessanta giorni dalla scadenza dei termini stabiliti dalla stessa norma.
Su motivata richiesta del Consiglio comunale può essere concessa, per una sola volta, una proroga per un periodo non superiore a sei mesi.
Art. 2
Obbligo di adeguare lo strumento urbanistico
I Comuni della Regione dotati di Piano Regolatore generale, approvato prima dell'entrata in vigore del decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, sono
tenuti ad adeguare, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, lo strumento urbanistico ai
limiti e rapporti fissati dal citato decreto interministeriale.
Ove decorra inutilmente tale termine, le Province o le Comunità Montane competenti, provvedono a tali
adeguamenti, in via sostitutiva, a mezzo di commissario ad acta.
Art. 3
Perimetrazione del centro abitato e del centro edificato
Sia i Comuni sprovvisti di strumento urbanistico, sia i Comuni dotati di strumenti urbanistici, approvati prima dell'entrata in vigore del decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, sono obbligati, entro sessanta giorni dall’ entrata in vigore della presente legge, qualora non vi abbiano già provveduto con deliberazioni debitamente approvate, a procedere alla perimetrazione di cui all'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, ed all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865. Ove decorra inutilmente tale termine, le Comunità Montane e, per i Comuni non interamente compresi in esse, le Province provvedono alla perimetrazione, in via sostitutiva. Ai fini della presente legge le perimetrazioni, di cui all'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765 e all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, coincidono in una unica perimetrazione che delimita, per ciascun centro o nucleo abitato, le aree edificate con continuità ed i lotti interclusi. Non possono essere compresi nella perimetrazione gli insediamenti sparsi e le aree esterne, anche se interessati dal processo di urbanizzazione, con esclusione delle frazioni.
Tale perimetrazione è approvata, con le modalità che si rendessero necessarie per l'osservanza del disposto di cui al comma precedente, con deliberazione delle Comunità Montane e, per i Comuni non interamente compresi in esse, le Province, entro sessanta giorni dalla data di ricevimento. Ove i predetti Enti non si pronuncino entro sessanta giorni dal ricevimento della delibera comunale, questa si intende approvata.
Art. 4
Limiti di edificabilità
Nei Comuni sprovvisti di strumenti urbanistici approvati:
a) all'interno dei centri abitati, definiti ai sensi del precedente art. 3, è vietato ogni intervento edilizio, ad eccezione delle opere di ordinaria e straordinaria manutenzione, di restauro, di risanamento conservativo e di ristrutturazione, che non comportino aumento delle volumetrie e delle superfici utili preesistenti;
b) all'esterno dei centri abitati, definiti ai sensi del precedente art. 3,1'edificazione a scopo residenziale è soggetta alla limitazione di metri cubi 0,03 per ogni metro quadrato di area edificabile; per le opere strettamente accessorie all'attività agricola è consentito un indice di fabbricabilità aggiuntivo pari a 0,07 mc./mq; in questo caso il rilascio della concessione edilizia è subordinato alla trascrizione, a cura del concessionario, di un atto che vincoli all'attività agricola la destinazione dei fabbricati in progetto.
Salva l'applicazione obbligatoria delle misure di salvaguardia, di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902 e successive modificazioni e integrazioni, le limitazioni che precedono hanno efficacia fino alla data di entrata in vigore del Piano Regolatore Generale, da adottare ai sensi dell'art. 1 della presente legge, e non si applicano nei confronti degli interventi volti alla realizzazione di edifici e strutture pubbliche, o opere di urbanizzazione primaria e secondaria, di programmi per l'edilizia residenziale pubblica, nonché dei piani e degli interventi previsti dalla legge statale 17 maggio 1981, n. 219.
Le superfici coperte degli edifici o dei complessi produttivi non possono superare un ottavo dell'area di proprietà. In ogni caso per le opere di interesse pubblico di cui all'art. 16 della legge 6 agosto 1967, n. 765, esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, è consentita la realizzazione nel sottosuolo di opere accessorie (quali garage, sala convegno, ristorante, etc.), purché completamente interrate e di attrezzature complementari (quali piscine, campi da gioco e simili), purché non comportino l'aggiunta di nuovi volumi.
Per i Comuni di cui al 1° comma del presente articolo, i quali abbiano adottato e trasmesso per l'approvazione lo strumento urbanistico generale, la concessione o l'autorizzazione edilizia è soggetta alle limitazioni di cui all'art. 17, comma 1° e 3°, della legge 6 agosto 1967, n. 765, purché non in contrasto con le previsioni dello strumento urbanistico adottato e purché sia trascorso il termine di un anno dalla trasmissione del piano stesso senza che questo sia stato approvato oppure restituito al Comune per la rielaborazione(1).
Per i piani già presentati alla data di entrata in vigore della presente legge, il termine annuale di cui al comma precedente decorre a partire dal 30 marzo 1982(1).
Per i piani regolatori generali, approvati con provvedimento della Giunta regionale ed in corso di definizione delle relative procedure, il termine annuale di cui al comma precedente è prorogato al 31 dicembre 1983(2).
L.R. n. 55/1982 : “Interpretazione autentica dei commi 5° e 6° dell'art. 4 della L.R. 20/3/1982, n.17 L.R. n. 24/1989 Modifiche ed integrazioni alla L.R. 20/3/1982, n.14 recante: Indirizzi programmatici e direttive fondamentali relative all'esercizio delle funzioni delegate in materia di urbanistica, ai sensi dell'articolo 1 -II Comma- della L.R. 1/9/1981, n.65 L.R. n. 3/1996 Programmi integrati di riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale in attuazione della L. 17/2/1992, n.179 Artt. 7 8 9 10
Art. 7
Adozione
1. Il programma integrato è adottato con deliberazione del Consiglio comunale, previa acquisizione del parere dell'Unità Sanitaria Locale competente, ai sensi della legge regionale 8 marzo 1985, n. 13(5/A), e limitatamente ai Comuni sismici o ammessi a consolidamento dell'abitato, del parere di cui agli articoli 13 della Legge 2 febbraio 1974, n. 64, e 15 della legge regionale 7 gennaio 1983, n. 9. Per il programma integrato nel quale siano compresi beni e località sottoposti a vincoli di cui alle leggi 29 giugno 1939, n. 1497 e 1 giugno 1939, n. 1089 deve essere acquisito preventivamente all'adozione il parere delle soprintendenze competenti.
2. Il programma integrato qualora concerna ambiti compresi, in tutto o in parte, nel perimetro di parchi deve essere munito dell'autorizzazione dell'autorità competente, ove richiesta.
3. La deliberazione di adozione, divenuta esecutiva, è depositata, con i relativi allegati, presso la segreteria comunale per la durata di trenta giorni interi e consecutivi, compresi i festivi, affinché chiunque possa prenderne visione in tutti i suoi elementi. Dell'eseguito deposito è data contemporaneamente notizia al pubblico mediante avviso da affiggere all'albo pretorio comunale e da inserire almeno su un quotidiano a larga diffusione nonché mediante manifesti.
4. Entro il termine di trenta giorni dall'inizio del periodo di deposito possono essere presentate al comune osservazioni da parte di enti pubblici, istituzioni interessati, associazioni culturali e sindacali. Sono irricevibili osservazioni ed opposizioni presentate, anche sotto forma di istanze, di contributi e di proposte, dopo il termine suddetto.
5. Nel caso in cui il programma integrato non risulti conforme con il piano regolatore generale vigente o con il regolamento edilizio, entro dieci giorni dalla data della deliberazione esecutiva delle deduzioni in merito alle osservazioni e alle opposizioni, questo viene trasmesso alla Regione per l'approvazione.
Art. 8
Approvazione comunale
1. Il programma integrato conforme alle previsioni del piano regolatore generale e del regolamento edilizio vigenti, unitamente alla delibera di adozione, divenuta esecutiva, alle opposizioni ed osservazioni, è inviato prima dell'approvazione, a cura del sindaco, alla Regione la quale fa pervenire al comune, entro il termine perentorio di novanta giorni, decorrenti dal ricevimento degli atti, eventuali osservazioni, formulate ai sensi dell'articolo 24, secondo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47(6), dal Presidente della Giunta Regionale, o dall'Assessore all' uopo delegato, su conforme deliberazione della Giunta Regionale, previa istruttoria congiunta dei Settori Urbanistica ed Edilizia Pubblica Abitativa.
2. Decorso il termine perentorio stabilito al comma 1, il consiglio comunale si pronuncia sui pareri acquisiti, sulle opposizioni ed osservazioni presentate al comune, sulle eventuali osservazioni formulate dalla Regione ed approva il programma integrato modificato di conseguenza o decide la sua rielaborazione e riadozione anche parziale. La riadozione è necessaria quando le modifiche comportino ulteriori vincoli preordinati all'esproprio o di inedificabilità assoluta.
Art. 9
Approvazione regionale
1. Il programma integrato che non rientra in quanto previsto dal precedente articolo 8, è approvato con decreto del Presidente della Giunta Regionale, o dell' Assessore all'uopo delegato, su conforme deliberazione della Giunta medesima, sentito il comitato tecnico regionale, entro centoventi giorni dalla data di presentazione. (Omissis)*.
2. Nel caso di richiesta di modifiche il comune, con atto del proprio organo consiliare entro il termine perentorio di quarantacinque giorni dal ricevimento degli atti, può far pervenire il proprio avviso su di esse.
3. Qualora il consiglio comunale accolga le modifiche richieste, il programma è approvato. Uguale effetto produce il silenzio-consenso del consiglio comunale.
4. Ove invece il consiglio comunale confermi, con motivazioni puntuali le precedenti deliberazioni, la Giunta Regionale decide in via definitiva sul programma entro sessanta giorni dal ricevimento dell'atto di conferma.
5. Nel caso di restituzione per integrazione o per rielaborazione il comune è tenuto a provvedere entro centoventi giorni dalla data di restituzione degli atti.
6. In caso di inosservanza di quanto previsto nel precedente comma il programma si intende decaduto a tutti gli effetti.
Art. 10
Efficacia
1. Il programma integrato approvato dal consiglio comunale entra in vigore con la
pubblicazione all'Albo pretorio dell'avviso di deposito del programma approvato e col contemporaneo deposito nella segreteria comunale della delibera di approvazione divenuta esecutiva e di tutti gli atti relativi al programma approvato.
2. Il programma approvato tacitamente dalla Regione entra in vigore con la pubblicazione, nel Bollettino Ufficiale della Regione, del decreto con il quale il Sindaco attesta il silenzio-approvazione e col contemporaneo deposito nella segreteria comunale di tutti gli atti relativi al piano adottato ed alle eventuali modifiche conseguenti all'accoglimento delle osservazioni e opposizioni presentate e ai pareri vincolanti acquisiti.
3. Il programma approvato dal Presidente della Giunta Regionale entra in vigore con la pubblicazione, nel Bollettino Ufficiale della Regione, del decreto di approvazione e col contemporaneo deposito di tutti gli atti relativi al programma approvati nella segreteria comunale.
4. In caso di approvazione si sensi del comma 4 del precedente articolo 9 il programma entra in vigore con la pubblicazione, nel Bollettino Ufficiale della Regione, del decreto presidenziale di attestazione dell'avvenuta approvazione e col contemporaneo deposito di tutti gli atti nella segreteria comunale.
5. Del deposito del programma di cui al presente articolo è data notizia, a cura del Sindaco, con atto notificato nella forma delle citazioni, a ciascun proprietario degli immobili vincolati o da espropriare compresi nel programma entro venti giorni dall'avvenuto deposito.
6. L'approvazione del programma equivale a dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità delle opere in esso previste.
7. L'efficacia del programma integrato è di dieci anni dalla data di entrata in vigore.
8. Decorso il termine di cui al comma 7, il programma diventa inefficace per la parte non attuata, rimanendo fermo, a tempo indeterminato, l 'obbligo di osservare le prescrizioni normative urbanistiche ed edilizie del programma nella costruzione di nuovi edifici nonché nella modificazione di quelli esistenti.
9. (omissis)*
10. (omissis)*
11. Le varianti, ad esclusione di quelle di cui al successivo comma 12, che si rendessero necessarie, devono seguire lo stesso procedimento stabilito per i programmi originari.
12. In sede di realizzazione degli interventi, previa deliberazione del Consiglio Comunale, e previo parere della Commissione edilizia, possono essere autorizzate dal Sindaco variazioni o modifiche alle concessioni edilizie, qualora si verifichino le seguenti condizioni:
a) quando il mutamento delle destinazioni d'uso non comporti squilibrio nella misura degli standard previsti dal programma integrato;
b) quando le variazioni o le modifiche non comportino aumento o diminuzione del volume o della superficie rispetto al programma integrato, salvo tolleranze non superiori complessivamente al cinque per cento del volume o della superficie dell'unità minima d'intervento;
c) quando non venga modificata l'altezza degli edifici, salvo tolleranze sino a metri 1.00 purché senza variazioni del numero dei piani e purchè non vengano modificate le distanze degli edifici dalle altre costruzioni e dai confini di proprietà con riduzione delle stesse, mentre sono compatibili aumenti delle distanze non superiori a metri 2.00. Sono altresì compatibili incrementi di arretramento dal ciglio di strade pubbliche o di uso pubblico, non superiori a metri 2.00, qualora 1'edificio sia previsto in fregio alla strada e sempreché l'arretramento interessi l'intera unità edilizia;
d) quando non vengano mutate le caratteristiche degli interventi assentiti in relazione alla classificazione dell'articolo 31, della legge 5 agosto 1978, n. 457(7);
c) quando non vengano violate le norme vigenti in materia di edilizia sismica ;
f) quando spostamenti all'interno del perimetro non incidano sull'organizzazione del programma e non costituiscano diversa tipologia dell'intervento;
g) quando non vi sia mutamento delle caratteristiche degli interventi previsti dal programma sugli immobili sottoposti a vincolo storico-artistico paesistico, ambientale.
13. In ogni caso le variazioni di cui al comma 12 non possono derogare a quanto disposto per i programmi integrati riguardanti zone A degli articoli 2, comma 6, e 16 della presente legge.
Art. 12 - comma 1
Misure di salvaguardia
1. A decorrere dalla data della deliberazione del Consiglio comunale di adozione del programma integrato e fino all'entrata in vigore del predetto programma, il Sindaco, su parere conforme della Commissione edilizia comunale è tenuto con provvedimento motivato da notificare al richiedente, a sospendere ogni determinazione sulle istanze di concessione edilizia e su quelle di autorizzazione che eccedono la manutenzione ordinaria, qualora riconosca che tali domande siano in contrasto col programma adottato, salvo quanto previsto dall'art. 26 della legge 28 febbraio 1985, n. 47(9).
L.R. n. 11/1991 Ordinamento amministrativo della Giunta Regionale
L.R. n. 14/ 1982 Indirizzi programmatici e direttive fondamentali relative all'esercizio delle funzioni delegate in materia di urbanistica, ai sensi dell'art. 1, II comma, della L.R. 1/9/1981, n.65
L.R. 19/2001 : Procedure per il rilascio delle concessioni e delle autorizzazione edilizie e per l’esercizio di
interventi edilizi subordinati a denuncia di inizio attività — approvazione di piani attuativi dello strumento urbanistico generale nei comuni obbligati alla formazione del programma pluriennale di attuazione — norme in materia di parcheggi pertinenziali — modifiche alle leggi regionali .28 novembre 200, n. 15 e 24 marzo 1995, n. 8
Art. 2 - comma 1- lettera b
Interventi edilizi subordinati a denuncia di inizio attività
1. Possono essere realizzati in base a semplice denuncia di L.R. n. 19/20 inizio attività:
b) le ristrutturazioni edilizie, comprensive della demolizione e della ricostruzione con lo stesso ingombro volumetrico. Ai fini del calcolo dell’ingombro volumetrico non si tiene conto delle innovazione necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica;
Art. 6 - comma 3
Interventi edilizi subordinati a denuncia di inizio attività.
3. Al momento della presentazione della denuncia di inizio attività, l’ufficio comunale competente all’esame della stessa comunica all’interessato il nominativo del responsabile del procedimento.
D.lgs. n. 42/2004 Codice dei beni culturali e del paesaggio,ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 - L.R. n. 19/2001
Art. 6 - comma 6.
Possono avanzare richiesta di autorizzazione alla realizzazione di parcheggi anche imprese e cooperative di produzione e lavoro legittimate ai sensi dell’articolo 4 della Legge 28 febbraio 1985, n. 10, che, a mezzo di atto d’obbligo registrato, si impegnino a vendere successivamente in regime di pertinenzialità i posti auto realizzati ai proprietari di esistenti unità immobiliari.
Art. 7
Modifiche alla Legge Regionale 28 novembre 2000, n. 15
1. All’articolo 3, comma 1, della Legge Regionale 28 novembre 2000, n. 15, le parole “alla data del 17 ottobre 2000” sono sostituite con le parole “ alla data di entrata in vigore della presente legge“;
2. All’articolo 3, comma 1, lettera b), della Legge Regionale 28 novembre 2000, n. 15, alle parole “preventivamente sanato ai sensi della Legge 28 febbraio 1985, n.47, sono aggiunte le parole “e della Legge 23 dicembre 1994, n. 724”.
D..P.R. n. 380/2001 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia Art. 9 (L) - Attività edilizia in assenza di pianificazione urbanistica L.R. n. 35/1987 Piano Urbanistico Territoriale dell' Area Sorrentino Amalfitana “L.R. n. 19/2001 già citata all’art. 9 così recita : “Area Sorrentino — Amalfitana
Le disposizioni della presente legge trovano applicazione nei territori sottoposti alla disciplina di cui alla legge regionale 27 giugno 1987, n.35, e, in caso di contrasto, prevalgono sulle disposizioni di quest’ultima.
L.R. n. 35/1987 “Piano Urbanistico Territoriale dell' Area Sorrentino –Amalfitana”
L.R. n. 19/2001 già citata agli Art.1 2 3 4 6 così recita:
“Art.1 Procedure per il rilascio della concessione edilizia
1. Al momento della presentazione della domanda di concessione edilizia l’ufficio abilitato a riceverla comunica all’interessato il nominativo del responsabile del procedimento di cui agli artt. 4 e 5 della Legge 7 agosto 1990, n. 241. L’esame delle domande si svolge secondo l’ordine di presentazione.
2. Entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del procedimento cura l’istruttoria, eventualmente convocando una conferenza di servizi ai sensi e per gli effetti dell’art. 14 della Legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e redige una dettagliata relazione contenente la qualificazione tecnico-giuridica dell’intervento richiesto e la propria valutazione sulla conformità del progetto alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie. Il termine può essere interrotto una sola volta se il responsabile del procedimento richiede all’interessato, entro quindici giorni dalla presentazione della domanda, integrazioni documentali e decorre nuovamente per intero dalla data di presentazione della documentazione integrativa. Entro il termine perentorio di dieci giorni dalla scadenza dei sessanta giorni, il responsabile del procedimento formula una motivata proposta all’organo comunale competente all’emanazione del provvedimento conclusivo, ai sensi dell’art. 107, terzo comma, del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
3. In ordine ai progetti presentati, il responsabile del procedimento richiede, entro il termine di cui al comma 2, il parere della commissione edilizia, se prescritto ed ove tale collegio sia costituito, e quello della Commissione Edilizia Integrata, ove sia prescritto il rilascio di parere ambientale. Qualora queste non si esprimano entro il termine predetto, il responsabile del procedimento è tenuto comunque a formulare la proposta di cui al comma 2 ed a redigere una relazione scritta al dirigente competente per materia, indicando le risultanze dell’istruttoria e le proprie valutazioni circa la conformità del progetto alle previsioni degli strumenti urbanistici e alle norme che regolano lo svolgimento dell’attività edilizia, nonché i motivi per i quali il termine di cui al comma 2) non è stato rispettato.
4. La concessione edilizia è rilasciata entro il termine perentorio di quindici giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2, qualora il progetto presentato non sia in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici ed edilizi e con le altre norme che regolano lo svolgimento dell’attività edilizia.
5. Il rilascio della concessione edilizia è preceduto, nei casi indicati al comma 3 del presente articolo, da parere obbligatorio e non vincolante della commissione edilizia, se espresso nel termine di cui al comma 2, ovvero, in caso di inutile decorso di quest’ultimo, dalla relazione del responsabile del procedimento, nella fattispecie prevista dal precedente comma 3.
6. Nei Comuni che non abbiano incluso la commissione edilizia tra gli organi ritenuti indispensabili ai sensi della Legge 27 dicembre 1997, n. 449, le funzioni della commissione stessa sono attribuite al responsabile dell’ufficio che riveste preminente competenza nella materia.
7. Per i beni sottoposti ai vincoli di cui al Decreto Legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, la concessione edilizia è altresì preceduta dal rilascio delle autorizzazioni delle Amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli stessi, se prescritte. Sino al perfezionamento di tali atti, resta sospeso il termine di cui al comma 2 del presente articolo.
Art. 2
Interventi edilizi subordinati a denuncia di inizio attività
1. Possono essere realizzati in base a semplice denuncia di inizio attività:
a) gli interventi edilizi, di cui all’art. 4 del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493,come sostituito dall’art. 2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, lettere a), b), c), d), e), f);
b) le ristrutturazioni edilizie, comprensive della demolizione e della ricostruzione con lo stesso ingombro volumetrico. Ai fini del calcolo dell’ingombro volumetrico non si tiene conto delle innovazione necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica;
c)gli interventi sottoposti a concessione, qualora siano specificamente disciplinati da piani attuativi che contengano precise disposizioni plano volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal Consiglio comunale in sede di approvazione degli s tessi piani o di ricognizione di quelli vigenti;
d) i sopralzi, le addizioni, gli ampliamenti e le nuove edificazioni in diretta esecuzione di idonei strumenti urbanistici diversi da quelli indicati alla lettera c) ma recanti analoghe previsioni di dettaglio;
e) le varianti alle concessioni edilizie che non incidano sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modifichino la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterino la sagoma dell’edificio e non violino le eventuali prescrizioni contenute nella concessione;
f) i mutamenti di destinazione d’uso di immobili o loro parti, che non comportino interventi di trasformazione dell’aspetto esteriore, e di volumi e di superfici; la nuova destinazione d’uso deve essere compatibile con le categorie consentite dalla strumentazione urbanistica per le singole zone territoriali omogenee;
g) la realizzazione di impianti serricoli funzionali allo sviluppo delle attività agricole, di cui alla legge regionale 24 marzo 1995, n. 8.
2. Per i beni sottoposti ai vincoli di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, la realizzazione degli interventi previsti dal comma 1) è subordinata al rilascio dell’autorizzazione da parte delle Amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli stessi, se prescritta.
3. Al momento della presentazione della denuncia di inizio attività, l’ufficio comunale competente all’esame della stessa comunica all’interessato il nominativo del responsabile del procedimento.
4. Resta fermo l’obbligo di versare il contributo commisurato agli oneri di urbanizzazione ed al costo di costruzione delle opere da realizzare, ove tale contributo sia dovuto.
5. Il mutamento di destinazione d’uso senza opere, nell’ambito di categorie compatibili alle singole zone territoriali omogenee, è libero.
6. Il mutamento di destinazione d’uso, con opere che incidano sulla sagoma dell’edificio o che determinano un aumento plano volumetrico, che risulti compatibile, con le categorie edilizie previste per le singole zone omogenee è soggetto a concessione edilizia.
7. Il mutamento di destinazione d’uso, con opere che incidano sulla sagoma, sui volumi e sulle superfici, con passaggio di categoria edilizia, purché tale passaggio sia consentito dalla norma regionale, è soggetto a concessione edilizia.
8. Il mutamento di destinazione d’uso nelle zone agricole zona E — è sempre soggetto a concessione edilizia.
Art. 3
Aree ricadenti nel demanio marittimo
1. Nelle aree ricadenti nel demanio marittimo ed attribuite in concessione ai sensi dell’art1, commi 1 e 2, del decreto legge 5 ottobre 1993, n.400, convertito in legge 4 dicembre 1993, n.494,ed ai sensi dell’articolo 10 della legge 16 marzo 2001 n.88 e successive modifiche ed integrazioni, gli interventi edilizi sono disciplinati dalle disposizioni di cui agli artt. 1e 2, secondo il rispettivo ambito di applicazione.
2. Alla scadenza della concessione demaniale, le aree di cui al comma 1 dovranno essere sgomberate, a spese del concessionario, dalle opere realizzate, e riconsegnate all’autorità competente.
3. La disposizione di cui al comma 2 non si applica, in caso di rinnovo della concessione demaniale, qualora non siano state eseguite opere in difformità dalla concessione o da quanto indicato nella denuncia di inizio attività.
Art. 4
Interventi sostitutivi
1. Decorso inutilmente il termine per il rilascio della concessione edilizia, l’interessato può, con atto notificato o trasmesso in plico raccomandato con avviso di ricevimento, richiedere al competente organo comunale di adempiere entro il termine perentorio di quindici giorni dal ricevimento della richiesta.
2. Decorso inutilmente il termine di cui al comma precedente, l’interessato può inoltrare istanza al Presidente dell’Amministrazione Provinciale o della Comunità Montana per i Comuni il cui territorio è interamente montano, il quale, sostituendosi all’Amministrazione inadempiente, nomina, con proprio decreto, entro i quindici giorni successivi, un commissario ad acta.
3. Il Commissario ad acta, nel termine di trenta giorni dalla nomina, adotta il provvedimento conclusivo del procedimento afferente alla richiesta di concessione edilizia.
4. Il Commissario ad acta, nei cinque giorni dalla nomina, richiede il parere della commissione edilizia, ove prescritto dal regolamento edilizio comunale e qualora tale Collegio sia costituito, e la relazione dell’Ufficio Tecnico Comunale. Gli Organi interpellati trasmettono gli atti di rispettiva competenza entro dieci giorni dalla richiesta.
5. Nel caso di inutile decorso del termine di cui al comma precedente, il Commissario ad acta può acquisire parere, anche rivolgendosi a professionisti esterni all’Amministrazione Comunale.
6. Il Commissario ad acta richiede, altresì, nello stesso termine previsto al comma 4, il parere della Commissione Edilizia Integrata, ove sia prescritto il rilascio di parere ambientale; in tal caso, la Commissione Edilizia integrata provvede nel termine di dieci giorni.
7. Gli oneri finanziari relativi all’attività del Commissario di cui al presente articolo cadono direttamente a carico del Comune interessato. Piani Attuativi dello strumento urbanistico generale in Comuni obbligati alla formazione del Programma Pluriennale di Attuazione Nei Comuni obbligati a dotarsi del Programma Pluriennale di Attuazione di cui all’art.13 della Legge 28 gennaio 1977, n. 10, ed all’art. 6 del Decreto Legge 23 gennaio 1982, n.9, convertito con modificazioni dalla Legge 25 marzo 1982, n. 94, fino alla adozione del Programma medesimo e fatte salve le norme e procedure previste da strumenti territoriali sovracomunali, è consentita l’approvazione di piani attuativi, anche di iniziativa privata, qualora le opere di urbanizzazione primaria, previste negli stessi, siano funzionalmente collegabili a quelle comunali esistenti.
L.R. 26/2002: “Norme ed incentivi per la valorizzazione dei centri storici della Campania e per la catalogazione dei Beni Ambientali di qualità paesistica. Modifiche alla Legge Regionale 19 febbraio 1996, n. 3”.
Art. 5
Strumenti di attuazione e modifiche della legge regionale 19 febbraio1996, n. 3
1. Alla conservazione e valorizzazione dei centri storici i comuni provvedono attraverso la formazione di Programmi integrati di riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale, di cui alla legge regionale 19 febbraio 1996, n. 3, e successive modifiche ed integrazioni. territorio attraverso approfondite analisi storiche, urbanistiche, architettoniche, paesistiche e socioeconomiche; progettano i percorsi di sviluppo e riqualificazione attraverso interventi di recupero e di adeguamento in campo igienico ed impiantistico;
prefigurano il nuovo assetto attraverso la individuazione:
a) della natura ed entità delle risorse disponibili;
b) delle allocazioni attuali delle risorse;
c) della suscettività di sviluppo di luoghi ed attrezzature;
d) delle attese socio-economiche di sviluppo;
e) della congruenza tra le analisi, gli interventi proposti e i risultati attesi.
3. I Programmi integrati contengono tutte le indicazioni atte a qualificare un progetto d’intervento esteso a tutte le componenti architettoniche, paesistiche ed ambientali, ivi comprese le pavimentazioni stradali, le definizioni di aperture, ornie ed infissi, le insegne, i paramenti esterni, i colori, la scelta e la disposizione del verde pubblico, le apparecchiature di servizio e d’uso, mediante una dettagliata disciplina attuativa.
4. I Programmi integrati, adottati con delibera di Consiglio comunale ai sensi della legge regionale n. 3/96, articoli 7, 8 e 9, sono composti da uno studio di fattibilità, articolato secondo le sue componenti tecniche, finanziarie e gestionali, dal quale si evince la proposta urbanistica con l’esplicitazione della eventuale variante allo strumento urbanistico generale, fatto salvo l’obbligo di valutazione di impatto ambientale, dove previsto.
5. L'approvazione dei Programmi integrati costituisce, per ciascuno degli interventi previsti, titolo preferenziale per l'accesso alle agevolazioni finanziarie, con priorità per gli interventi presentati dai comuni con popolazione inferiore a quarantamila abitanti.
6.Le opere pubbliche interne al centro storico, previste nei Programmi integrati, sono realizzate come quelle private, secondo le disposizioni dei commi precedenti e secondo la normativa dei Piani di recupero per il centro storico vigenti se gli stessi non sono in contrasto con le finalità della presente legge, di conservazione e valorizzazione dei centri storici e dell’ambiente.
7. I Comuni, in cui ricadono i beni o gruppi di beni, classificati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, inseriscono nei Programmi integrati le esigenze di opere infrastrutturali e di servizio, esterne ai beni o gruppi di beni, che siano strettamente necessarie alla loro riqualificazione e conservazione integrata e non costituiscano pregiudizio, danno e depauperamento del bene da valorizzare. La necessarietà di dette opere è dimostrata da studi di fattibilità e da valutazione di impatto ambientale.
8. I Comuni promuovono cantieri-scuola per sostenere attività di incentivazione nel restauro dei beni culturali, in collaborazione con Enti ed Istituzioni altamente qualificati avvalendosi di personale specializzato, secondo un programma conforme alle finalità della presente legge e secondo i criteri e le modalità definite nel regolamento di cui all’articolo 12.
9. Se i Programmi integrati prevedono la delocalizzazione di attività non compatibili con le finalità dei programmi stessi, ovvero di edifici di scadente qualità e di epoca postbellica, che costituiscono detrattori ambientali, la Regione concede un incentivo per la loro localizzazione in idonea zona omogenea dello strumento urbanistico vigente, previa presentazione dello studio di fattibilità e della certificazione di compatibilità ambientale. Detta delocalizzazione non è concessa in mancanza di uno strumento urbanistico vigente.
10. Se i Programmi integrati prevedono la sostituzione in sito di edifici di scadente qualità e di epoca postbellica che costituiscono detrattori ambientali, da ricostruire nel rispetto dell’ambiente storico, l’altezza dei nuovi edifici non supera l’altezza delle cortine o degli isolati o del contesto urbano circostante fatto salvo quanto disposto dalla legge regionale n. 3/96, articolo 2, comma 6.
11. Gli interventi di ristrutturazione edilizia sui singoli immobili sono ammessi soltanto nel caso in cui sussistono circostanze di pericolo che minacciano l’integrità del bene o la pubblica e privata incolumità o quando il bene stesso è compreso nella carta del rischio dei beni culturali, di cui alla legge 19 aprile 1990, n. 84. Gli interventi sono corredati di perizia giurata e conformi alle norme dettate dalla presente legge e dai Piani di recupero vigenti.
12. Su proposta dell’Assessore alla Tutela dei beni paesistici, ambientali e culturali, e sentita la Commissione consiliare competente, la Giunta regionale autorizza e finanzia, per il perseguimento delle finalità della presente legge, mostre, esposizioni, studi e ricerche di rilevante interesse scientifico e culturale, programmi culturali e di promozione organizzati da Enti, Istituzioni, Associazioni e Fondazioni no-profit, nonché l’emanazione di bandi di concorso di progettazione o di idee.
13. Su proposta dell’Assessore alla Tutela dei beni paesistici, ambientali e culturali, sentita la Commissione consiliare competente, la Giunta regionale promuove intese e stipula convenzioni per la valorizzazione del patrimonio artistico, lo sviluppo dell'imprenditoria culturale e la promozione della sponsorizzazione di beni da riqualificare.
14. I comuni, per il patrimonio immobiliare interessato dai Programmi integrati, prevedono agevolazioni contributive.
15. Il comma 7 dell’articolo 2 della legge regionale 19 febbraio 1996, n. 3, è soppresso.
16. Il comma 8 dell’articolo 2 della legge regionale 19 febbraio 1996, n. 3, è così sostituito: “8. Il Programma integrato presuppone la vigenza dello strumento urbanistico generale. Se la strumentazione urbanistica vigente ed i relativi regolamenti non prevedono le disposizioni necessarie per la salvaguardia e la valorizzazione dei beni o gruppi di beni di cui all’articolo 2, comma 1, della presente legge, prima dell’adozione del Programma integrato si procede alla variazione della strumentazione urbanistica stessa con l’inserimento della norma di salvaguardia”.
17. Ai Programmi integrati, approvati ai sensi della presente legge, non si applicano gli articoli 4, 5, e 6 della legge regionale n. 3/96.
Nota all’art. 50
L’art.43 dello Statuto Regionale è il seguente: “ Procedura di approvazione “ Ogni progetto di legge, previo esame in Commissione, è discusso e votato dal Consiglio articolo per articolo e con votazione finale.
Il regolamento stabilisce i procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza: L’art.45 dello Statuto Regionale è il seguente: “Promulgazione e pubblicazione delle leggi regionali”……omissis….. La legge regionale entra in vigore il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della regione, salvo che la stessa stabilisca un termine maggiore.
Una legge dichiarata urgente dal Consiglio Regionale può essere promulgata ed entrare in vigore prima della scadenza dei termini di cui sopra.