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NORMATIVA
Normativa regionale - Puglia

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Legge regionale 10.07.2006, n. 19
Disciplina del sistema integrato dei servizi sociali per la dignità e il benessere delle donne e degli uomini in Puglia
 
Il Consiglio Regionale ha approvato

Il Presidente della Giunta Regionale

promulga la seguente legge:

ARTICOLO 1
(Finalità)

1. La Regione Puglia programma, coordina e assicura sul territorio un sistema integrato d’interventi e servizi sociali per le persone, le famiglie e i nuclei di persone, al fine di garantire la qualità della vita, le pari opportunità, la non discriminazione e i diritti di cittadinanza, operando per prevenire, eliminare o ridurre gli ostacoli alla piena inclusione sociale derivante da condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociale e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione.
2. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, la Regione Puglia ispira il sistema integrato dei servizi sociali prioritariamente al principio di domiciliarità, in modo da favorire l’integrazione e l’inclusione sociale per costruire comunità solidali.

TITOLO I
IL SISTEMA INTEGRATO DEI SERVIZI SOCIALI

ARTICOLO 2
(Principi generali)

1. Il sistema integrato d’interventi e servizi sociali si fonda sul rispetto dei seguenti principi:
a) tutela della vita umana sin dal suo inizio, così come previsto dalla legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza);
b) dignità della persona e garanzia di riservatezza;
c) universalità di accesso al sistema integrato dei servizi sociali;
d) libera scelta dell’utente e, ove impossibilitato, dei suoi familiari, per l’accesso ai servizi offerti dal sistema integrato socio- assistenziale, nel rispetto dell’appropriatezza delle prestazioni rispetto alle situazioni di bisogno;
e) valorizzazione delle potenzialità e delle risorse delle persone e delle famiglie;
f) sostegno e promozione del recupero di autonomia delle persone diversamente abili e non autosufficienti;
g) valorizzazione del ruolo della famiglia, quale nucleo fondamentale nelle comunità locali per la crescita, lo sviluppo e la cura della persona;
h) estensione delle tutele ai nuclei di persone legate da vincoli di parentela, affinità, adozione, tutela e da altri vincoli solidaristici;
i) partecipazione attiva dei cittadini singoli e associati, nell’ambito dei principi di solidarietà e diauto-organizzazione;
j) sussidiarietà.
2. La realizzazione del sistema integrato dei servizi sociali per costruire comunità solidali s’ispira ai seguenti principi:
a) omogeneità e adeguatezza al sistema di bisogni e di domande sociali rilevati sul territorio regionale;
b) efficienza, efficacia ed economicità;
c) flessibilità e personalizzazione degli interventi;
d) sostenibilità delle priorità strategiche e degli obiettivi d’intervento, rispetto all’impiego delle risorse disponibili;
e) integrazione delle politiche sociali con tutte le politiche di settore atte a prevenire tutte le condizioni di disagio e di esclusione sociale;
f) professionalità e specificità delle prestazioni professionali.

ARTICOLO 3
(Diritto alle prestazioni)

1. Il sistema integrato ha carattere di universalità e promuove l’attuazione dei diritti di cittadinanza sociale e del sistema di responsabilità condivise delle istituzioni pubbliche e dei soggetti sociali per la costruzione di una comunità solidale. Hanno diritto ad accedere agli interventi e ai servizi del sistema integrato tutte le persone residenti in Puglia.
2. I Comuni garantiscono ai cittadini di altre regioni l’accesso ai servizi socio-assistenziali in base ad accordi interregionali, fatta salva in ogni caso la garanzia degli interventi indifferibili.
3. I cittadini di Stati membri dell’Unione europea e i loro familiari, nonché i cittadini stranieri di cui all’articolo 41 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), accedono ai servizi socio-assistenziali nel rispetto degli accordi internazionali e secondo le modalità definite dal regolamento regionale di cui all’articolo 64.4. Per i soggetti di cui al comma 3 e per tutti gli interventi indifferibili, il Comune tenuto a garantire i servizi socio-assistenziali è identificato nel Comune nel cui territorio si è manifestata la necessità dell’intervento, fatto salvo il diritto di rivalsa nei confronti del Comune di residenza del cittadino destinatario dell’intervento e per i cittadini stranieri in base agli accordi internazionali.
5. I criteri di partecipazione e/o compartecipazione al costo delle prestazioni da parte dei cittadini utenti sono definiti nel regolamento regionale.
6. In base alle indicazioni del Piano regionale delle politiche sociali e del regolamento regionale e delle disposizioni nazionali in materia di livelli essenziali di assistenza, accedono prioritariamente ai servizi e alle prestazioni secondo i parametri definiti dai Comuni i cittadini in condizioni di povertà o con reddito insufficiente o con incapacità totale o parziale di provvedere ai propri bisogni per inabilità d’ordine sensoriale, fisico e psichico o dovuta a pluriminorazione, con difficoltà d’inserimento nella vita sociale attiva e nel mercato del lavoro, nonché i soggetti sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria che rendono necessari interventi assistenziali.
7. I soggetti di cui al presente articolo hanno diritto di accesso agli interventi e ai servizi del sistema integrato socio-assistenziale partecipando al costo delle prestazioni in relazione alla condizione economica secondo le disposizioni della presente legge.
8. Il Piano regionale delle politiche sociali riserva una quota delle risorse per l’anticipazione ai Comuni degli oneri derivanti dagli interventi di cui al comma 3, nelle more dell’azione di rivalsa e per gli interventi dei Comuni in ottemperanza alle ordinanze dei Tribunali per i minorenni.

ARTICOLO 4
(Strumenti e metodi per la realizzazione del sistema)

1. Il sistema d’interventi e servizi sociali è definito dal Piano regionale delle politiche sociali e realizzato attraverso i Piani sociali di zona, garantendo la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali a rete secondo gli ambiti territoriali socio-assistenziali come definiti dalla Regione.
2. Il sistema integrato d’interventi e servizi sociali si realizza attraverso i seguenti metodi:
a) coordinamento dell’integrazione tra i servizi sociali e i servizi sanitari e dell’integrazione con tutte le politiche che mirano al benessere delle persone e alla qualità della vita;
b) cooperazione interistituzionale;
c) concertazione tra i diversi livelli istituzionali e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, gli organismi di rappresentanza del volontariato e della cooperazione sociale, gli ordini e le associazioni professionali, le associazioni di categoria, le associazioni delle famiglie e degli utenti della Regione Puglia.

ARTICOLO 5
(Ambiti territoriali)

1. Gli ambiti territoriali per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari corrispondono alle circoscrizioni territoriali dei distretti socio-sanitari. Il Comune capofila dell’ambito territoriale è di norma il Comune sede del distretto socio-sanitario, salvo diversa decisione della Conferenza dei sindaci dell’ambito territoriale.
2. La Giunta regionale, su proposta dei Comuni interessati e sentito il parere delle Province territorialmente competenti, può determinare un diverso assetto circoscrizionale degli ambiti territoriali. Le modifiche nell’assetto circoscrizionale degli ambiti territoriali devono intervenire entro la data di approvazione del Piano regionale socio-assistenziale e, comunque, non oltre la data di decorrenza dei termini di avvio per il lavoro di stesura dei Piani sociali di zona.
3. Le modifiche dei confini amministrativi dei distretti socio-sanitari non modificano i confini amministrativi degli ambiti territoriali per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari, fino alla scadenza del triennio di programmazione sociale dei Piani sociali di zona in corso alla data delle modifiche intervenute, salvo diversa decisione degli stessi Comuni interessati. In tal caso i Comuni dell’ambito territoriale sociale modificano gli assetti organizzativi in relazione alle intervenute variazioni degli assetti istituzionali, aggiornando anche obiettivi e contenuti del vigente Piano sociale di zona.

ARTICOLO 6
(Gestione associata)

1. La gestione associata dei servizi socio-assistenziali è, di norma, esercitata dai Comuni appartenenti allo stesso distretto socio-sanitario.
2. Il Piano regionale, in presenza di particolari condizioni socio-ambientali e organizzative e per specifiche tipologie di servizi socio-assistenziali, può prevedere, su proposta dei Comuni interessati e sentito il parere delle Province territorialmente competenti, che la gestione associata sia esercitata anche tra Comuni appartenenti a diverso distretto socio-sanitario.
3. I Comuni appartenenti allo stesso ambito territoriale, di cui all’articolo 5, determinano autonomamente la forma di gestione associata, scegliendola tra le forme previste dagli articoli 30 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), e possono attribuire l’esercizio delle funzioni socio-assistenziali a una delle aziende pubbliche di servizi alla persona di cui al decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207 (Riordino del sistema delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, a norma dell’articolo 10 della legge 8 novembre 2000, n. 328), avente sede legale nel territorio dell’ambito o a un’istituzione dotata di autonomia gestionale ai sensi dell’articolo 114 del d.lgs. 267/2000.
4. I Comuni appartenenti allo stesso ambito territoriale definiscono autonomamente le forme di gestione dei servizi previsti nel Piano sociale di zona, nel rispetto di quanto previsto all’articolo 56, e possono avvalersi anche delle aziende pubbliche di servizi alla persona di cui al d.lgs. 207/2001, aventi sede legale nel territorio dell’ambito, laddove presenti.
5. La Giunta regionale, decorso inutilmente il termine fissato nel Piano regionale, sentita la Conferenza Regione - Enti locali, individua, ai sensi dell’articolo 33, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000, la forma associativa e ne disciplina la gestione con specifico regolamento per gli ambiti distrettuali inadempienti.
6. Il regolamento di cui al comma 5 resta in vigore sino all’approvazione delle forme di gestione da parte dei Comuni.

ARTICOLO 7
(Incentivazione delle forme associate)

1. Il Piano regionale delle politiche sociali determina le risorse aggiuntive da destinare, quali contributi per la gestione associata, ai Comuni con minore dimensione demografica, così come individuati dallo stesso Piano, e individua le forme d’incentivazione per la gestione associata da parte degli altri Comuni.
2. Al fine d’incentivare la gestione associata del sistema di servizi e interventi sociali e socio-sanitaria di ambito da parte dei Comuni, le forme di incentivazione tengono conto prioritariamente della capacità di spesa delle risorse assegnate all’ambito, dell’incidenza dei servizi a valenza di ambito o sovracomunali sul totale dei servizi previsti con il Piano sociale di zona, delle forme di gestione individuate per detti servizi a valenza di ambito o sovracomunale, dell’attivazione di un sistema di accesso unico alla rete dei servizi dell’ambito. Il Piano regionale delle politiche sociali può individuare ulteriori variabili di esame delle diverse esperienze territoriali per l’assegnazione delle risorse di cui al comma 1.

ARTICOLO 8
(Sistema locale dei servizi sociali)

1. Il sistema locale si articola in un insieme d’interventi e servizi socio-assistenziali realizzati in modo coordinato e integrato con gli interventi dei diversi settori della collettività attivati dai diversi soggetti pubblici e privati posti in rete attraverso la programmazione definita dal Piano sociale di zona.
2. Il Piano di zona, nell’ambito degli indirizzi del Piano regionale delle politiche sociali, definisce i servizi e gli interventi essenziali e prevede le modalità per far fronte alle situazioni di emergenza sociale.
3. Il Piano regionale determina le caratteristiche quantitative e qualitative dei servizi che costituiscono livelli delle prestazioni, che devono essere assicurati dal piano di zona.

ARTICOLO 9
(Piano regionale delle politiche sociali)

1. La Regione approva il Piano regionale triennale delle politiche sociali in
armonia con gli altri piani di settore.
2. Il Piano regionale individua:
a) i bisogni del territorio;
b) le priorità degli interventi;
c) il riparto delle risorse;
d) i livelli essenziali delle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi;
e) gli indirizzi per la realizzazione e lo sviluppo del sistema;
f) i Comuni di minore dimensione demografica, ai fini dell’applicazione dell’articolo 7, comma 1, della presente legge, tenuti alla gestione associata dei servizi e fissa il termine entro cui deve essere individuata la forma di gestione;
g) le modalità per il raccordo tra la pianificazione regionale e quella zonale e in particolare le linee d’indirizzo e gli strumenti per la pianificazione di zona, garantendo comunque l’uniformità dei servizi offerti sul territorio regionale;
h) i criteri per il concorso dei soggetti di cui all’articolo 4, comma 2,lettera c), alla definizione dei Piani di zona;
i) l’integrazione socio-sanitaria, in coerenza con gli obiettivi del Piano sanitario regionale;
j) il coordinamento per l’integrazione con le politiche dell’educazione, dell’istruzione, della formazione professionale, dell’avviamento al lavoro, del reinserimento nelle attività lavorative, dello sviluppo locale, della riqualificazione urbana, dell’ambiente, della cultura, del tempo libero, dei trasporti, delle comunicazioni, dell’urbanistica e delle politiche abitative;
k) la quota delle risorse da riservare per l’anticipazione ai Comuni degli oneri derivanti dagli interventi di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 3, nelle more dell’azione di rivalsa e per gli interventi dei Comuni in ottemperanza alle ordinanze dei Tribunali per i minorenni;
l) gli interventi di promozione e coordinamento delle azioni di assistenza tecnica per l’istituzione e la gestione degli interventi sociali da parte degli enti locali;
m) gli interventi di sperimentazione dei modelli innovativi di servizi in grado di coordinare le risorse umane e finanziarie presenti a livello locale e di collegarsi, inoltre, alle esperienze sviluppate a livello europeo;
n) le altre forme di interventi oltre a quelle contemplate nella presente legge;
o) gli interventi di promozione di metodi e strumenti per il controllo di gestione atti a valutare l’efficacia e l’efficienza dei servizi e i risultati delle azioni previste;
p) il programma e il finanziamento per la formazione, la riqualificazione e l’aggiornamento del personale addetto alle attività sociali;
q) gli indicatori per il monitoraggio dell’efficacia, dell’efficienza e della qualità dei servizi erogati con i Piani sociali di zona.

ARTICOLO 10
(Piano sociale di zona)

1. Il Piano sociale di zona ha durata triennale ed è definito dai Comuni singoli o associati, d’intesa con le Aziende unità sanitarie locali (AUSL), sulla base delle indicazioni del Piano regionale e con la piena partecipazione dei soggetti di cui all’articolo 4, comma 2, lettera c), che, attraverso l’accreditamento o specifiche forme di concertazione, concorrono, anche con proprie risorse, alla realizzazione del Piano.
2. Il Piano sociale di zona, adottato con accordo di programma, definisce:
a) il sistema locale degli interventi e dei servizi sociali garantendo i livelli essenziali delle prestazioni e provvedendo alla localizzazione dei servizi;
b) gli obiettivi strategici e le priorità d’intervento, nonché gli strumenti e le risorse per la loro realizzazione;
c) le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie strutturali e professionali, i requisiti di qualità;
d) le modalità di rilevazione dei dati nell’ambito del sistema informativo dei servizi sociali, le procedure e gli strumenti per la rendicontazione economica del Piano di zona e per il monitoraggio e la valutazione delle attività e dei risultati conseguiti nell’ambito del Piano di zona;
e) le modalità per garantire l’integrazione tra servizi e prestazioni;
f) le modalità del coordinamento con gli organi periferici dell’amministrazione scolastica, penitenziaria e giudiziaria;
g) le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti attuatori;
h) le forme di collaborazione con le Aziende USL per la realizzazione dell’integrazione socio-sanitaria, nonché i criteri di ripartizione della spesa;
i) gli interventi e i servizi socio-assistenziali per i quali appare ottimale un livello di organizzazione sovra ambito, individuando gli enti gestori tra le istituzioni pubbliche con competenze sovracomunali e dotate di autonomia gestionale, concorrendo alla definizione progettuale degli stessi interventi e attribuendo le risorse economiche corrispondenti;
j) il coordinamento per l’integrazione con tutte le politiche che mirano al benessere delle persone e alla qualità della vita;
k) le iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori;
l) le forme e le modalità di partecipazione dei cittadini e degli utenti alla programmazione e al controllo della qualità dei servizi.
3. Il Piano di zona, in caso di gestione associata, è promosso dal Sindaco del comune sede del distretto socio-sanitario ed è approvato con accordo di programma.

ARTICOLO 11
(Integrazione socio-sanitaria)

1. La Regione Puglia promuove, qualifica e sostiene l’integrazione socio-sanitaria; le attività sono finalizzate a soddisfare in modo integrato i bisogni dei cittadini in termini di recupero e mantenimento delle autonomie personali, d’inserimento sociale e miglioramento delle condizioni di vita e di tutela della salute.
2. I rapporti tra i soggetti erogatori degli interventi e dei servizi socio-assistenziali e le aziende erogatrici delle prestazioni sanitarie sono regolati sulla base degli atti d’indirizzo della Regione.
3. La Regione istituisce la Commissione regionale per l’integrazione socio-sanitaria per elaborare gli indirizzi in materia, favorire la diffusione e l’applicazione degli stessi, monitorare i processi d’integrazione in atto e i risultati conseguiti, contribuire alla programmazione finanziaria degli Assessorati alla solidarietà e alle politiche per la salute, per quanto di
propria competenza.
4. La Commissione regionale per l’integrazione socio-sanitaria è nominata dal Presidente della Giunta regionale, sentiti gli Assessori alla solidarietà e alle politiche per la salute, ed è composta da:
a) tre rappresentanti dei settori afferenti all’Assessorato alla solidarietà della Regione;
b) tre rappresentanti dei settori afferenti all’Assessorato alla sanità della Regione, di cui uno in rappresentanza dell’ARES;
c) due esperti esterni, con competenze specialistiche in materia di programmazione sociale e socio-sanitaria, ai quali viene riconosciuto un gettone di presenza per le riunioni svolte dalla Commissione.
5. La Giunta regionale provvede a definire gli obiettivi specifici, le risorse e le modalità di funzionamento della Commissione regionale per l’integrazione socio-sanitaria.
6. La Commissione regionale per l’integrazione socio-sanitaria presenta semestralmente il lavoro svolto ai soggetti di cui all’articolo 4, comma 2, lettera c), nonché ai comitati consultivi misti istituiti in seno alle AUSL, al fine di promuovere un confronto permanente con tutti i soggetti interessati e la concertazione sulle priorità d’intervento in campo socio-sanitario.

ARTICOLO 12
(Livelli essenziali delle prestazioni)

1. Il sistema d’integrazione degli interventi e dei servizi sociali fornisce risposte omogenee sul territorio finalizzate al raggiungimento dei seguenti obiettivi d’inclusione sociale:
a) mantenimento a domicilio dei cittadini e sviluppo della loro autonomia;
b) sostegno delle puerpere e dei neonati e promozione dell’infanzia, dell’adolescenza e delle responsabilità familiari a tutela dei diritti di cittadinanza dei minori e degli adulti, delle donne in difficoltà e delle situazioni di monogenitorialità;
c) piena integrazione sociale e lavorativa delle persone diversamente abili;
d) soddisfacimento delle esigenze di tutela residenziale e semiresidenziale delle persone non autonome e non autosufficienti;
e) informazione e consulenza diffuse per favorire la fruizione delle opportunità di accesso ai servizi per le persone e le famiglie;
f) garanzia di ogni altro intervento qualificato a carattere socio- assistenziale e socio-sanitario, per quanto di competenza, al fine di garantire l’esigibilità dei diritti sociali di cui all’articolo 117, comma secondo, lettera m), della Costituzione.
2. Nelle more della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni da parte dello Stato, la Regione e gli Enti locali garantiscono le prestazioni e i servizi essenziali per assicurare il rispetto degli obiettivi di cui al comma 1, identificabili nelle seguenti tipologie, tenendo conto delle risorse disponibili e delle esigenze delle diverse articolazioni territoriali:
a) il servizio sociale professionale;
b) il servizio di segretariato sociale per favorire l’accesso ai servizi, mediante l’informazione e la consulenza ai cittadini;
c) il servizio di pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza;
d) il servizio di assistenza domiciliare per soggetti e nuclei familiari con fragilità sociali e il servizio di assistenza domiciliare integrata per le prestazioni di cura domiciliari sociali e sanitarie integrate;
e) le strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità sociali;
f) i centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario;
g) il servizio di assistenza economica.
3. I Comuni, nell’ambito dei rispettivi Piani sociali di zona, concorrono alla programmazione, organizzazione e gestione dei livelli essenziali di assistenza a elevata integrazione socio-sanitaria di cui all’Allegato 1C del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli essenziali di assistenza), concorrendo alla relativa spesa, corrispondente alle prestazioni sociali e alberghiere che accompagnano le prestazioni sanitarie a rilievo sociale, con le risorse finanziarie assegnate al Piano di zona e con la compartecipazione dell’utente.

ARTICOLO 13
(Sistema informativo)

1. La Regione, nell’ambito del sistema informativo dei servizi sociali di cui all’articolo 21 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), in collaborazione con le Province e i Comuni, singoli e/o associati, istituisce il sistema informativo regionale dei servizi socio-assistenziali.
2. Il sistema informativo di cui al comma 1 è strumento per la tempestiva acquisizione dei dati e delle informazioni necessarie alla conoscenza dei bisogni sociali finalizzata alla programmazione, alla gestione e alla valutazione delle politiche sociali.
3. La Giunta regionale emana le direttive di coordinamento cui le Province e i Comuni devono attenersi per la raccolta dei dati e per l’acquisizione, in particolare, di tutti gli elementi relativi:
a) alla realizzazione della banca dati riferita ai servizi, ai progetti,
alle risorse finanziarie e alla loro destinazione per aree d’intervento di attività;
b) alla conoscenza dei bisogni sociali e della domanda sociale espressa;
c) alla conoscenza delle risorse umane e professionali impegnate nell’organizzazione ed erogazione dei servizi sociali e sociosanitari.

ARTICOLO 14
(Osservatorio regionale delle politiche sociali)

1. E’ istituito presso l’Assessorato alla solidarietà l’Osservatorio regionale delle politiche sociali. L’Osservatorio promuove, coordina e realizza le azioni di monitoraggio sul sistema di offerta dei servizi sociali, sulla domanda di servizi, sulla spesa sociale della Regione e degli enti locali, nonché il monitoraggio periodico sullo stato di attuazione dei Piani sociali di zona e la progettazione del sistema informativo sociale.
2. Nell’ambito dell’Osservatorio regionale si colloca il Centro regionale di documentazione per le politiche per l’infanzia e l’adolescenza, che opera quale centro regionale di raccolta e analisi di documenti e buone pratiche sulle problematiche sociali riferite ai minori e può essere articolato per macro-tematiche e che, in attuazione della legge 23 dicembre 1997, n. 451 (Istituzione della Commissione parlamentare per l’infanzia e dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia), provvede a raccogliere esclusivamente i dati relativi ai minorenni e collabora nell’elaborazione delle politiche sociali regionali in favore dei medesimi.
3. La Giunta regionale disciplina il funzionamento dell’Osservatorio regionale delle politiche sociali e del Centro regionale di documentazione per le politiche per l’infanzia e l’adolescenza, al quale fornisce risorse e strumenti adeguati per il pieno svolgimento del programma di attività.
4. L’Osservatorio regionale delle politiche sociali si articola per aree tematiche, nella forma di articolazioni organizzative interne, con programmi di attività e risorse specifiche, e tra loro connesse e con un coordinamento unico, secondo quanto disciplinato dalla Giunta regionale.
5. La Regione, nell’ambito dell’Osservatorio delle politiche sociali, istituisce l’Osservatorio permanente sulle famiglie e le politiche familiari.
In particolare l’Osservatorio:
a) studia e analizza l’evoluzione delle condizioni di vita delle famiglie, con particolare attenzione alle situazioni di disagio e di violenza, al rapporto famiglia-lavoro e famiglia-servizi, al fine di individuare le problematiche emergenti e l’evoluzione complessiva delle esigenze familiari;
b) verifica l’efficacia degli interventi in favore delle famiglie realizzati dalla Regione, da enti e istituzioni pubbliche e private;
c) si avvale, per le sue attività, delle strutture e dei servizi di ricerca e analisi della Regione;
d) si rapporta con altri Osservatori istituiti nell’ambito della sicurezza sociale, anche al fine di creare un sistema informativo coordinato;
e) focalizza i fenomeni di devianza e studia i rimedi atti a prevenire e assistere le situazioni sociali marginali per la piena tutela della dignità di ciascuna persona.
6. L’Osservatorio regionale delle politiche sociali si articola sul territorio in una struttura regionale di coordinamento e di raccordo operativo e nella rete degli Osservatori sociali provinciali, che concorrono alla realizzazione del sistema informativo sociale regionale, di cui all’articolo 13, nonché alla realizzazione del piano di attività annuale dell’Osservatorio regionale e che possono promuovere con risorse proprie iniziative di rilevazione, analisi e ricerca connesse al fabbisogno conoscitivo specifico del territorio di riferimento.

ARTICOLO 15
(Finanziamento del sistema integrato)

1. Il sistema integrato degli interventi e dei servizi socio-assistenziali e socio-educativi si realizza con il concorso delle risorse all’uopo destinate dallo Stato, dalla Regione e dai Comuni.
2. La Regione provvede ad assegnare ai Comuni singoli e/o associati la quota del Fondo nazionale per le politiche sociali e il Fondo regionale socio-assistenziale.
3. Al finanziamento del sistema concorrono, altresì, le risorse provenienti dal Fondo sanitario regionale, quelle provenienti da specifici programmi comunitari e nazionali, nonché quelle dei soggetti del terzo settore e delle aziende pubbliche di servizi alla persona di cui al d.lgs. n. 207/2001 che partecipano alla realizzazione dei Piani di zona e le risorse derivanti dalla compartecipazione degli utenti al costo delle prestazioni.
4. La Regione incentiva il concorso delle risorse private al finanziamento del sistema integrato d’interventi e servizi sociali anche con l’utilizzo della leva fiscale, per quanto di propria competenza, viste le leggi vigenti. A tal fine annualmente la Giunta regionale può proporre sgravi fiscali mediante la modulazione di aliquote differenziate per l’addizionale IRE di competenza, che producano benefici fiscali per i contribuenti che abbiano concorso al finanziamento del sistema locale dei servizi, con le modalità disciplinate da apposito regolamento.

ARTICOLO 16
(Competenze dei Comuni)

1. I Comuni sono titolari di tutte le funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale, adottano sul piano territoriale gli assetti organizzativi e gestionali più funzionali alla gestione della rete dei servizi, alla spesa e al rapporto con i cittadini e concorrono alla programmazione regionale.
2. Ai Comuni, oltre alle competenze già trasferite a norma del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382) e alle funzioni attribuite, ai sensi dell’articolo 132, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), con il decreto legislativo 30 marzo 1999, n. 96 (Intervento sostitutivo del Governo per la ripartizione di funzioni amministrative tra regioni ed enti locali a norma dell’articolo 4, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59 e successive modificazioni), spettano, nell’ambito delle risorse disponibili in base al Piano regionale e di zona, l’esercizio delle seguenti attività:
a) programmazione, progettazione, realizzazione del sistema locale dei servizi sociali a rete, indicazione delle priorità e dei settori di innovazione attraverso la concertazione delle risorse umane e finanziarie locali, con l’obbligatorio coinvolgimento dei soggetti di cui all’articolo 4, comma 2;
b) erogazione dei servizi, delle prestazioni economiche diverse da quelle disciplinate dall’articolo 22 della l. 328/2000 e dei titoli di acquisto dei servizi sociali;
c) progettazione e gestione, d’intesa con le istituzioni scolastiche autonome presenti sul territorio, degli interventi in materia di assistenza scolastica e istruzione ai sensi dell’articolo 5 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria e socio-assistenziale), convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67, in applicazione dell’articolo 8, comma 5, della l. 328/2000, nell’ambito delle misure previste nei Piani sociali di zona per il contrasto alle povertà e per le responsabilità familiari, con specifico riferimento alle madri sole con figli;
d) autorizzazione, accreditamento, vigilanza e controllo dei servizi socio-assistenziali e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica o privata;
e) partecipazione al procedimento per la definizione degli ambiti territoriali con le modalità stabilite dalla legge regionale 30 novembre 2000, n. 22 (Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e degli enti locali);
f) definizione dei parametri di valutazione delle condizioni di cui all’articolo 3, comma 6, della presente legge ai fini della determinazione dell’accesso prioritario alle prestazioni e ai servizi, coinvolgendo le rappresentanze associative di cui all’articolo 4, comma 2.
3. Nell’esercizio delle funzioni di cui ai commi 1 e 2 i Comuni provvedono a:
a) promuovere, nell’ambito del sistema locale dei servizi sociali a rete, l’apporto delle risorse delle collettività locali tramite forme innovative di collaborazione per lo sviluppo di interventi di auto-aiuto e per favorire la reciprocità tra cittadini nell’ambito della vita comunitaria;
b) coordinare programmi e attività degli enti che operano nell’ambito di competenza, secondo le modalità fissate dal regolamento regionale di cui all’articolo 64, tramite collegamenti operativi tra i servizi che realizzano attività volte all’integrazione sociale e intese con le AUSL per le attività socio-sanitarie e per i Piani di zona;
c) adottare strumenti per la semplificazione amministrativa e per il controllo di gestione atti a valutare l’efficienza, l’efficacia e i risultati delle prestazioni;
d) adottare modalità e strumenti per la partecipazione dei soggetti di cui all’articolo 4, comma 2, alla valutazione della qualità e dell’efficacia dei servizi e per la formulazione di proposte ai fini della predisposizione dei programmi;
e) garantire ai cittadini i diritti di partecipazione al controllo di qualità dei servizi, secondo le modalità previste dagli statuti comunali, dai regolamenti e dalle carte dei servizi;
f) promuovere interventi e servizi specifici per l’inserimento sociale el’integrazione socio-culturale dei cittadini stranieri immigrati,
nell’ambito della definizione dei Piani di zona;
g) promuovere l’inserimento lavorativo di persone socialmente svantaggiate, anche mediante l’individuazione di servizi e lavori da affidare ai sensi dell’articolo 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381 (Disciplina delle cooperative sociali).

ARTICOLO 17
(Competenze delle Province)

1. Le Province concorrono:
a) alla programmazione del sistema integrato d’interventi e servizi sociali;
b) alla raccolta dei dati sui bisogni e sulle risorse rese disponibili dai Comuni e da altri soggetti istituzionali ai fini dell’attuazione del sistema informativo regionale, a cui le Province concorrono mediante le attività dell’Osservatorio sociale provinciale di cui all’articolo 14;
c) all’analisi della domanda e dell’offerta assistenziale, per promuovere approfondimenti mirati sui fenomeni sociali più rilevanti in ambito provinciale fornendo, su richiesta degli enti locali interessati, il supporto necessario per il coordinamento degli interventi territoriali;
d) alla promozione e alla realizzazione, d’intesa con i Comuni, d’iniziative di formazione, con particolare riguardo alla formazione professionale di base e all’aggiornamento;
e) alla progettazione e gestione degli interventi in materia di assistenza scolastica e istruzione ai sensi dell’articolo 5 del d.l. 9/1993, convertito, con modificazioni, dalla l. 67/1993, in applicazione dell’articolo 8, comma 5, della l. 328/2000, con specifico riferimento agli interventi per audiolesi e videolesi, nonché alla progettazione e gestione degli interventi di cui all’articolo 3, comma 1, della legge 28 agosto 1997, n. 284 (Disposizioni per la prevenzione della cecità e per la riabilitazione visiva e l’integrazione sociale e lavorativa dei ciechi pluriminorati);
f) alla definizione e all’attuazione dei Piani di zona, anche con il concorso all’organizzazione di specifici servizi che, di concerto con i Comuni, vengono individuati come servizi di livello sovra-ambito nella programmazione sociale degli ambiti territoriali.
2. Le Province esercitano le funzioni di coordinamento delle attività di programmazione e di realizzazione della rete delle attività socio-assistenziali, promuovono le azioni dei Comuni per la gestione associata dei servizi sociali ed esercitano le competenze in materia di formazione professionale, secondo quanto definito alle lettere o) e p) del comma 2 dell’articolo 18 e coordinamento operativo dei soggetti e delle strutture che agiscono nell’ambito dei servizi sociali, con particolare riguardo alle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e al volontariato.

ARTICOLO 18
(Competenze della Regione)

1. La Regione esercita le funzioni di programmazione, coordinamento e indirizzo per costruire un sistema integrato con tutte le politiche che mirano al benessere delle persone e alla qualità della vita.
2. La Regione, in conformità delle disposizioni di cui all’articolo 117 della Costituzione:
a) definisce gli ambiti territoriali d’intervento e gli strumenti per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali;
b) approva il Piano regionale delle politiche socio-sanitarie e assegna le risorse finanziarie;
c) esercita l’attività di monitoraggio e valutazione dell’efficacia e dell’efficienza della spesa;
d) promuove e finanzia lo sviluppo dei servizi, la tutela dei diritti sociali e la sperimentazione degli interventi innovativi;
e) promuove, finanzia e coordina le azioni di assistenza tecnica per l’istituzione e la gestione degli interventi sociali da parte degli enti locali;
e) definisce i requisiti minimi e le procedure per l’autorizzazione delle strutture e dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari pubblici e privati;
f) definisce i requisiti e le procedure per l’accreditamento delle strutture e dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari pubblici e privati;
g) determina le modalità per l’esercizio della vigilanza sulle strutture e sui servizi socio-assistenziali pubblici e privati;
i) istituisce e gestisce i registri regionali delle strutture e dei servizi socio-assistenziali pubblici e privati autorizzati all’esercizio delle attività ai sensi dell’articolo 16, comma 2, lettera d);
h) definisce i requisiti di qualità per la gestione dei servizi e per l’erogazione delle prestazioni;
k) definisce i criteri per la concessione da parte dei Comuni dei titoli di acquisto dei servizi sociali;
i) definisce i criteri generali per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni;
m) determina i criteri per la definizione delle tariffe che i Comuni sono tenuti a corrispondere ai soggetti titolari delle strutture e dei servizi accreditati;
j) individua le figure professionali sociali, disciplina i percorsi formativi, nei limiti delle proprie competenze, in stretta connessione con il sistema universitario e della formazione professionale regionale e il contenuto professionale dei servizi sociali;
k) promuove, finanzia e realizza iniziative informative e di assistenza formativa e tecnica rivolte ai soggetti pubblici per sostenere il percorso di programmazione sociale negli ambiti territoriali, nonché iniziative informative e formative, anche con il concorso delle Province, per i soggetti pubblici e privati operanti nel settore dei servizi sociali per favorire il concorso alla progettazione sulle iniziative comunitarie l’accesso ai fondi dell’Unione Europea;
l) disciplina l’attività di controllo dell’efficacia e dell’efficienza dei servizi sul territorio e di valutazione dei risultati delle azioni previste;
m) disciplina le modalità per il concorso degli enti locali alla programmazione regionale e la partecipazione dei soggetti di cui all’articolo 4, comma 2;
n) esercita il potere sostitutivo nei casi e con le modalità previste dalla vigente normativa;
o) disciplina le procedure amministrative, le modalità per la presentazione dei reclami da parte degli utenti delle prestazioni sociali e l’istituzione degli uffici di tutela degli utenti;
p) disciplina le modalità di partecipazione e di promozione civica, d’intesa con le diverse espressioni della cittadinanza attiva, per lo sviluppo dei servizi e la realizzazione d’interventi innovativi e di tutela dei diritti sociali nelle fasi della programmazione, verifica e controllo;
q) definisce i criteri generali per le procedure di rilascio della concessione di nuovi trattamenti economici a favore degli invalidi civili e per i raccordi con la fase dell’accertamento sanitario e per gli eventuali benefici aggiuntivi di cui all’articolo 130, comma 2, del d.lgs. 112/1998;
r) assume i provvedimenti contingibili e urgenti d’interesse non esclusivamente comunale.

ARTICOLO 19
(Concorso del terzo settore)

1. La Regione e gli enti locali riconoscono il ruolo e la rilevanza sociale ed economica dei soggetti del terzo settore e valorizzano l’apporto delle organizzazioni di volontariato, delle cooperative sociali e delle associazioni di promozione sociale, degli enti di patronato e delle fondazioni attraverso azioni per il sostegno e la qualificazione dei soggetti operanti.
2. I soggetti del terzo settore di cui all’articolo 4, comma 2, partecipano alla programmazione e alla progettazione del sistema integrato d’interventi e servizi sociali.
3. Le organizzazioni di volontariato, le cooperative sociali, le associazioni di promozione sociale, iscritte nei rispettivi registri regionali, concorrono alla realizzazione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali anche mediante la stipula di convenzioni per l’erogazione di servizi e prestazioni compatibili con la natura e le finalità statutarie, avvalendosi delle modalità individuate dalla Regione con il regolamento di cui all’articolo 64 e con il Piano regionale delle politiche sociali, per valorizzare il loro apporto all’erogazione dei servizi.
4. Ai fini dell’applicazione del comma 3, gli enti locali possono stipulare convenzioni con le organizzazioni di volontariato, nonché con gli enti di patronato e con le fondazioni, allo scopo di valorizzarne la funzione sociale, riconoscendo le spese per il perseguimento delle finalità statutarie, laddove le attività siano coerenti con gli obiettivi del Piano sociale di zona e adeguate a integrare la rete dei servizi, che sarà realizzata dai soggetti pubblici e privati chiamati a gestire i servizi previsti. Gli altri soggetti di cui al comma 3 possono essere chiamati alla gestione di interventi e servizi, così come previsti nei Piani sociali di zona, mediante affidamenti, concessione di pubblici servizi, ovvero altre modalità previste e disciplinate nel regolamento regionale di cui all’articolo 64 e nei rispettivi regolamenti comunali.
5. La Regione e gli enti locali assicurano la partecipazione dei cittadini e degli utenti al controllo della qualità dei servizi, anche favorendo l’attività delle associazioni di tutela degli utenti e delle organizzazioni sindacali.
6. Il regolamento regionale individua gli strumenti e le modalità per assicurare la partecipazione dei cittadini e degli utenti.

ARTICOLO 20
(Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza)

1. Le Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, anche come trasformate ai sensi della legge regionale 30 settembre 2004, n. 15 (Riforma delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e disciplina delle aziende pubbliche dei servizi alle persone), e successive modificazioni, partecipano, quali soggetti attivi, alla programmazione, all’organizzazione e alla gestione del sistema d’interventi e servizi sociali.

ARTICOLO 21
(Altri soggetti)

1. I soggetti privati operanti nel settore dei servizi socio-assistenziali partecipano alla realizzazione e alla gestione dei servizi nel rispetto delle disposizioni di cui alla presente legge.
2. La Regione promuove la diffusione della cultura della responsabilità sociale di impresa nel tessuto imprenditoriale pugliese, anche con azioni sperimentali, e definisce un sistema di incentivi che promuovano il contributo delle imprese al sostegno di iniziative di utilità sociale.
3. La Regione riconosce la funzione sociale delle attività di oratorio promosse dalle parrocchie e dagli enti ecclesiastici della Chiesa cattolica, nonché dagli enti delle altre confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato un’intesa ai sensi dell’articolo 8, comma terzo, della Costituzione, sia in fase di programmazione delle priorità di inclusione sociale, sia in fase di attuazione, nell’ambito della stesura del Piano sociale di zona da parte degli enti locali, che possono stipulare convenzioni con le parrocchie e gli enti suddetti, allo scopo di valorizzarne la funzione sociale, riconoscendo le spese per lo svolgimento delle attività più tipiche degli stessi, laddove tali attività siano coerenti con gli obiettivi del Piano stesso.

TITOLO II
FAMIGLIA NEL SISTEMA INTEGRATO DEI SERVIZI

ARTICOLO 22
(Famiglia nel sistema integrato dei servizi)

1. Il sistema integrato d’interventi e servizi sociali valorizza il ruolo della famiglia, così come riconosciuta dall’articolo 29 della Costituzione, quale nucleo essenziale della società, indispensabile per la crescita, per lo sviluppo e la cura delle persone, per la tutela della vita umana, del diritto di tutti i cittadini all’informazione, alle prestazioni essenziali, alla flessibilità degli interventi e alla libera scelta dei servizi, nonché al perseguimento della condivisione delle responsabilità tra uomini e donne.
2. A tal fine la Regione promuove la tutela e il potenziamento delle risorse di solidarietà della famiglia, attraverso il sostegno alla formazione di nuove famiglie, attraverso la valorizzazione dell’associazionismo familiare, attraverso l’integrazione tra strutture pubbliche, strutture di privato sociale e reti parentali.

ARTICOLO 23
(Obiettivi)

1. Nel quadro dell’indirizzo e programmazione e dell’erogazione dei servizi sociali a favore della famiglia, la Regione individua i seguenti obiettivi:
a) favorire la formazione di nuove famiglie attraverso interventi che concorrono a eliminare gli ostacoli di natura economica e sociale che ne impediscono la nascita e lo sviluppo, in coerenza con gli articoli 29 e 31 della Costituzione;
b) predisporre specifici programmi di sostegno, anche personalizzati, a fronte di situazioni di disagio e/o che violano la dignità della persona umana;
c) sostenere il ruolo delle famiglie che si fanno carico dei percorsi di cura di persone anziane e non autosufficienti, prevalentemente centrati sull’assistenza domiciliare;
d) valorizzare la corresponsabilità dei genitori nei confronti dei figli e il loro compito educativo e d’istruzione, favorendo la solidarietà tra generazioni anche per la permanenza dell’anziano nel proprio contesto di vita;
e) promuovere iniziative di mutuo sostegno tra famiglie e creare reti di solidarietà nonché forme di auto-organizzazione e imprenditorialità per favorire le funzioni familiari particolarmente nell’attenzione ai bambini, agli adolescenti, agli anziani, ai disabili;
f) promuovere le iniziative delle reti sociali e delle organizzazioni del privato sociale tendenti a sviluppare la responsabilità delle famiglie e la capacità ad assumere in pienezza le proprie funzioni educative e sociali, nonché a sostenere i percorsi per l’affido e l’adozione di minori;
g) conciliare e armonizzare i tempi di vita e di lavoro, riconoscendo il diritto delle donne e degli uomini ad assolvere agli impegni di cura senza rinunciare all’attività lavorativa, anche sostenendo iniziative di mutualità tese allo sviluppo della solidarietà e al miglioramento del rapporto tra le generazioni;
h) garantire parità di trattamento tra utenti di scuole statali e paritarie, secondo il principio di eguaglianza e nei limiti del dettato costituzionale, con riferimento agli interventi per l’integrazione e il sostegno scolastico e per il diritto allo studio dei minori;
i) affiancare le coppie nella costruzione di un nuovo progetto di vita e nel consolidamento del loro ruolo genitoriale, anche programmando interventi economici e di erogazione dei servizi per l’infanzia, con particolare riferimento alle prime fasi di vita dei figli, fino al compimento del trentaseiesimo mese di vita.

ARTICOLO 24
(Priorità di intervento)

1. Per il raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 23, comma 1, la Regione con il Piano regionale delle politiche sociali, ovvero con linee guida di indirizzo, previa concertazione con gli enti locali, le organizzazioni sindacali e con le associazioni delle famiglie più rappresentative a livello regionale, indica le priorità strategiche di intervento in favore delle famiglie, da realizzare nei Piani sociali di zona, nell’ambito delle risorse assegnate a ciascun ambito territoriale per la realizzazione degli stessi Piani.
2. La Regione favorisce l’assistenza a domicilio come risposta personalizzata ai bisogni di ciascuno dei suoi membri, particolarmente se portatori di handicap o anziani, anche assistendo, con idoneo sostegno economico o assegno di cura, il necessario lavoro di cura di cui si fanno carico gli stessi componenti del nucleo familiare, a condizione che tale lavoro di cura sia parte integrante di un complessivo programma assistenziale individualizzato rivolto a consentire la permanenza a domicilio di persone anche parzialmente prive di autonomia fisica o psichica, ma che comunque non necessitano del ricovero in strutture residenziali.
3. La Regione, in collaborazione con le AUSL e i Comuni, promuove lo sviluppo delle attività dei consultori pubblici e privati per la valorizzazione personale e sociale della maternità e della paternità responsabile, la tutela dei minori e delle donne in difficoltà, l’unità e la stabilità familiare, il ruolo genitoriale. La Regione sostiene lo sviluppo del servizio ostetrico sul territorio, anche a domicilio, a sostegno della donna in stato di gravidanza e del nucleo che si prepara ad accogliere una nuova vita.
4. La Regione promuove iniziative di educazione e informazione a sostegno del ruolo svolto nei percorsi di crescita dei ragazzi e delle ragazze in età pre-adolescenziale e sostiene, di concerto con gli enti locali, l’organizzazione di servizi territoriali di aggregazione e animazione sociale rivolti ai minori in età pre-adolescenziale e adolescenziale.
5. La Regione favorisce l’informazione, la consulenza, il sostegno e l’assistenza alle vittime di violenze sessuali, con particolare riguardo ai minori che abbiano subito maltrattamenti e abusi, cura la sensibilizzazione delle comunità locali sulle problematiche connesse all’abuso e al maltrattamento dei minori e delle donne e promuove la realizzazione di servizi e interventi correttivi specializzati.
6. La Regione Puglia valorizza e sostiene i servizi di consulenza e di mediazione familiare gestiti dagli enti locali, dall’associazionismo o dalle organizzazioni di volontariato, promuovendone l’utilizzo coordinato nell’ambito della programmazione regionale e locale secondo quanto previsto e nei limiti del Piano regionale delle politiche sociali di cui all’articolo 9.
I consultori pubblici e privati autorizzati devono assicurare la realizzazione di programmi di formazione dei giovani al futuro ruolo di coniugi e di genitori, nonché programmi formativi e informativi riguardanti la procreazione responsabile.
7. La Regione promuove la ricerca, lo studio e l’informazione sulle tematiche relative alla famiglia, articolando una specifica sezione dedicata alle politiche familiari nell’ambito dell’Osservatorio regionale delle politiche sociali di cui all’articolo 14.

ARTICOLO 25
(Politiche per il sostegno dell’educazione e della crescita di minori)

1. La Regione, nella definizione degli strumenti attuativi per assicurare un effettivo diritto allo studio, al fine di favorire il superamento delle limitazioni derivanti da condizioni di disagio economico, può prevedere, tra l’altro, interventi e contributi per progetti destinati alla prevenzione e recupero degli abbandoni e della dispersione scolastica, anche mediante l’attivazione di un servizio di psicologia scolastica.
2. In particolare la Regione finanzia annualmente progetti mirati e iniziative sperimentali per il potenziamento dei servizi per la prima infanzia, come individuati nel regolamento regionale di cui all’articolo 64, per il sostegno dei percorsi per l’affido e l’adozione, per la protezione sociale delle madri sole con figli, per la promozione di attività ludiche ed educative per l’infanzia e di iniziative a sostegno del tempo libero, nonché per il sostegno economico in situazioni di difficoltà e con figli fino ai trentasei mesi di età.
3. Gli interventi di cui ai commi 1 e 2, nonché degli articoli 24 e 28, sono promossi dalla Regione nell’ambito delle risorse annualmente attribuite al Fondo nazionale per le politiche sociali di competenza regionale e al Fondo globale socio-assistenziale regionale e sono realizzati dai Comuni associati in ambiti territoriali, in modo integrato con i rispettivi Piani sociali di zona, con il concorso di tutti i soggetti pubblici, privati e del terzo settore.

ARTICOLO 26
(Consulta delle associazioni familiari)

1. E’ istituita la Consulta regionale pugliese delle associazioni familiari composta da:
a) il Presidente della Giunta regionale o Assessore delegato;
b) un rappresentante del Forum regionale delle associazioni familiari;
c) un rappresentante delle associazioni di volontariato iscritte nel registro delle associazioni di volontariato ai sensi della legge regionale 16 marzo 1994, n. 11 (Norme di attuazione della legge-quadro sul volontariato);
d) un rappresentante delle cooperative sociali iscritte nel registro delle cooperative sociali ai sensi della legge regionale 1 settembre 1993, n. 21 (Iniziative regionali a sostegno delle cooperative sociali e norme attuative della legge 8 novembre 1991, n. 381);
e) un rappresentate delle Province designato dall’UPI;
f) un rappresentante dei Comuni designato dall’ANCI Puglia;
g) una rappresentante della Commissione regionale pari opportunità;
h) il dirigente dell’Ufficio competente per le politiche per le famiglie, nell’ambito del Settore sistema integrato servizi sociali della Regione; i) tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali regionali più rappresentative a livello nazionale.
2. La Consulta é nominata con decreto del Presidente della Giunta regionale, elegge nel proprio seno il Presidente e delibera un proprio regolamento interno per l’organizzazione e la disciplina dei lavori.
3. La Consulta dura in carica per la legislatura nel corso della quale è stata insediata.
4. La Consulta esprime pareri e formula proposte in ordine alla predisposizione degli atti di programmazione regionale che riguardano la politica per la famiglia, nonché in ordine all’attuazione della medesima.
5. La Consulta è istituita senza oneri a carico del bilancio regionale.

TITOLO III
CARATTERE UNIVERSALISTICO DELLE POLITICHE SOCIALI

ARTICOLO 27
(Carattere universalistico dei servizi)

1. In ottemperanza a quanto previsto dagli articoli 2 e 3 della Costituzione, il sistema integrato dei servizi sociali ha un carattere universalistico ed è teso a promuovere la dignità e il benessere di ogni uomo e di ogni donna in Puglia.
2. Il sistema integrato dei servizi destinati alla famiglia, diversi da quelli individuati al comma 2 dell’articolo 22, sono estesi ai nuclei di persone legate, così come previsto all’articolo 4, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223 (Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente), da vincoli di parentela, affinità, adozione, tutela e da altri vincoli solidaristici, purché aventi una coabitazione abituale e continuativa e dimora nello stesso Comune. Salvo che per le persone legate da parentela o affinità, per coabitazione abituale e continuativa s’intende quella tra due o più persone che perduri da almeno due anni.

ARTICOLO 28
(Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e armonizzazione dei tempi delle città)

1. La Regione promuove iniziative sperimentali per favorire la stipula di accordi tra le organizzazioni imprenditoriali e le organizzazioni sindacali e i soggetti del privato sociale, che consentano forme di articolazione dell’attività lavorativa capaci di sostenere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche in attuazione della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città).
2. La Regione promuove iniziative sperimentali, di concerto con le amministrazioni locali, volte a sostenere percorsi per l’armonizzazione dei tempi e degli orari delle città con i tempi di cura della famiglia, con specifico riferimento all’organizzazione dei tempi delle attività amministrative al servizio dei cittadini, all’attivazione di centri di conciliazione e all’incentivazione della costituzione di banche del tempo e altre forme di auto-organizzazione e mutualità familiari.
3. Al fine dell’attuazione delle iniziative di cui ai commi precedenti, la Regione può destinare risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, del Fondo globale socio-assistenziale e del Fondo per l’armonizzazione dei tempi delle città di cui all’articolo 8 della l. 53/2000, nonché altre risorse regionali, nazionali e comunitarie finalizzate al perseguimento degli stessi scopi.

ARTICOLO 29
(Politiche abitative)

1. La Regione, anche al fine di agevolare le famiglie e i nuclei di persone in
stato di bisogno, con particolare riferimento a quelli numerosi o con persone anziane o non autosufficienti in condizioni economiche disagiate, promuove l’integrazione tra le politiche d’inclusione sociale e le politiche abitative, con il sostegno per gli affitti, con il sostegno all’acquisto di un’abitazione, con gli interventi per l’emergenza alloggiativa degli sfrattati e affianca i Comuni nella realizzazione di programmi di edilizia residenziale pubblica e di programmi di riqualificazione urbana rivolti anche all’incremento dell’offerta di alloggi nelle aree urbane a maggiore tensione abitativa.
2. Al fine di sostenere il diritto alla casa per tutti i cittadini pugliesi la Regione può destinare risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali e del Fondo globale socio-assistenziale, secondo quanto previsto e nei limiti del Piano regionale delle politiche sociali di cui all’articolo 9, a integrazione delle risorse regionali, nazionali e comunitarie destinate alle politiche abitative.

ARTICOLO 30
(Garante regionale dei diritti del minore)

1. Al fine di assicurare sul territorio regionale la piena attuazione dei diritti e degli interessi individuali e collettivi dei minori, ai sensi di quanto previsto dalla legge 27 maggio 1991, n. 176 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989), dalla Carta Europea dei diritti del fanciullo adottata a Strasburgo il 25 gennaio 1996 e dall’articolo 50, comma 2, lettera a), dello Statuto della Regione Puglia, è istituito presso il Consiglio regionale l’Ufficio del Garante regionale dei diritti del minore, a cui è affidata la protezione e la tutela non giurisdizionale dei diritti dell’infanzia, degli adolescenti e dei minori residenti o temporaneamente presenti sul territorio regionale.
2. L’Ufficio, in collaborazione e stretto raccordo con i competenti Assessorati regionali, nonché con gli enti e le istituzioni che si occupano di minori, promuove:
a) la diffusione di una cultura rispettosa dei diritti per l’infanzia e l’adolescenza;
b) iniziative a favore dell’esercizio dei diritti di cittadinanza da parte dei minori;
c) la collaborazione con enti locali e istituzioni scolastiche per agevolare l’obbligo scolastico anche da parte dei minori che vivono in contesti sociali a rischio di esclusione;
d) le azioni per la prevenzione dell’abuso e del maltrattamento familiare e iniziative nei confronti delle famiglie;
e) le azioni per accogliere le segnalazioni in merito a violazioni dei diritti di minori e per sollecitare le amministrazioni competenti nell’adozione di interventi adeguati per rimuovere le cause che ne impediscono la tutela e il rispetto dei diritti;
f) le iniziative, anche in collaborazione con le istituzioni della giustizia minorile, per il rispetto dei diritti dei minori sottoposti a provvedimenti restrittivi e per la prevenzione della devianza minorile, rivolte a insegnanti, forze di polizia e altri operatori pubblici;
g) il rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini, anche attraverso la promozione di azioni positive in raccordo con la Consigliere regionale di parità di cui alle legge 10 aprile 1991, n. 125 (Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro);
h) la sensibilizzazione presso gli organi d’informazione, a mezzo di stampa, radio, televisione e web, nei confronti dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ivi inclusa la vigilanza sulla programmazione televisiva e su ogni altra forma di comunicazione audiovisiva e telematica, affinché siano salvaguardati e tutelati i bambini e le bambine, in ordine alla rappresentazione della realtà rispetto alla percezione infantile;
i) il sostegno tecnico e legale agli operatori dei servizi sociali e propone alla Giunta regionale lo svolgimento di attività di formazione;
j) l’istituzione di un elenco regionale di tutori o curatori a cui possano attingere anche i giudici competenti;
k) la verifica delle condizioni e degli interventi volti all’accoglienza e all’inserimento del minore straniero non accompagnato;
l) la formulazione di proposte ovvero di pareri su atti normativi e di indirizzo che riguardino l’infanzia e l’adolescenza, di competenza della Regione e degli enti locali.
3. Per lo svolgimento dei compiti di cui al comma 2, l’Ufficio del Garante regionale dei diritti del minore;
a) stipula apposite convenzioni con soggetti pubblici e privati per lo svolgimento di specifiche attività;
b) stabilisce accordi e intese con ordini professionali e associazioni di categoria, nonché con organismi che si occupano di infanzia e adolescenza;
c) sostiene studi, ricerche e scambi di esperienze negli ambiti della tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza;
d) attiva interventi sostitutivi in caso di inadempienza o gravi ritardi nell’azione degli enti locali a tutela dei minori;
e) collabora con l’Assessorato regionale competente per l’avvio di campagne di comunicazione e di sensibilizzazione contro il maltrattamento e l’abuso a danno dei minori, per il sostegno dell’affido di minori, per la promozione del ruolo genitoriale.
4. L’Ufficio del Garante regionale dei diritti del minore ha sede presso il Consiglio regionale e si avvale di apposita struttura nonché opera in stretto raccordo con le strutture regionali competenti in materia di politiche e di servizi sociali.
5. La Giunta regionale approva, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il regolamento per la composizione e il funzionamento dell’Ufficio del Garante regionale dei diritti del minore.
6. La Presidenza dell’Ufficio del Garante regionale dei diritti del minore viene assegnata all’Unicef nella persona del rappresentante regionale pro-tempore.

ARTICOLO 31
(Ufficio del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale)

1. E’ istituito, presso il Consiglio regionale, l’Ufficio del Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, di seguito denominato Garante, nell’ambito del territorio della Regione Puglia, al fine di contribuire a garantire, in conformità ai principi fondamentali della Costituzione e nell’ambito delle competenze regionali, i diritti delle persone presenti negli istituti penitenziari, negli istituti penali per minori, nei centri di prima accoglienza e nei centri di assistenza temporanea per stranieri, nelle strutture sanitarie in quanto sottoposti al trattamento sanitario obbligatorio.
2. Il Garante svolge le seguenti funzioni:
a) assume ogni iniziativa volta ad assicurare che le misure di restrizione della libertà personale siano attuate in conformità dei principi e delle norme stabiliti dalla Costituzione, dalle convenzioni internazionali sui diritti umani, dalle leggi dello Stato e dai regolamenti. In particolare assume ogni iniziativa volta ad assicurare che ai soggetti interessati siano erogate le prestazioni inerenti al diritto alla salute, all’istruzione e alla formazione professionale e ogni altra prestazione finalizzata al recupero, alla reintegrazione sociale e all’inserimento nel mondo del lavoro;
b) segnala agli organi regionali eventuali fattori di rischio o di danno per i soggetti interessati, dei quali venga a conoscenza in qualsiasi forma, su indicazione sia degli stessi soggetti sia di associazioni o di organizzazioni non governative che svolgano attività inerenti a quanto segnalato;
c) si attiva nei confronti dell’amministrazione interessata affinché questa assuma le necessarie iniziative volte ad assicurare le prestazioni di cui alla lettera a);
d) interviene nei confronti degli enti interessati e delle strutture regionali in caso di accertate omissioni o inosservanze di quanto disposto dalle norme vigenti, per le rispettive competenze, che compromettano l’erogazione delle prestazioni di cui alla lettera a) e, qualora dette omissioni o inosservanze perdurino, propone agli organi regionali titolari della vigilanza su tali strutture ed enti le opportune iniziative, ivi compreso l’esercizio dei poteri sostitutivi;
e) propone agli organi regionali gli interventi amministrativi e legislativi da intraprendere per contribuire ad assicurare il pieno rispetto dei diritti dei soggetti interessati e, su richiesta degli stessi organi, esprime pareri su atti amministrativi e legislativi che possono riguardare anche detti soggetti;
f) propone all’Assessorato regionale competente iniziative concrete d’informazione e promozione culturale sui temi dei diritti e delle garanzie delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale;
g) informa dello svolgimento delle funzioni di cui al comma 1 costantemente il Presidente della Giunta regionale.
3. L’Ufficio del Garante ha sede presso il Consiglio regionale. Per il suo finanziamento è istituito il Servizio del Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, la cui dotazione organica è stabilita con deliberazione del Consiglio regionale, sentito il Garante. Il personale assegnato è individuato nell’organico regionale e dipende funzionalmente dal Garante. Il Garante può, inoltre, avvalersi di esperti da consultare su specifici temi e problemi, nonché della collaborazione di associazioni di volontariato e di enti di ricerca.
4. Il Garante, d’intesa con gli Assessori proponenti, promuove la sottoscrizione di protocolli d’intesa tra la Regione e le amministrazioni statali per:
a) attivare all’interno degli istituti penitenziari strumenti informativi e di supporto ai detenuti in relazione agli interventi rientranti nelle materie di competenza regionale per le finalità di cui al comma 1;
b) prevedere anche altre forme di collaborazione volte ad agevolare lo svolgimento delle sue funzioni.
5. Il Garante presenta ogni anno, entro il 30 aprile, al Consiglio regionale una relazione sugli accertamenti espletati, sui risultati di essi e sui provvedimenti normativi e organizzativi di cui intende segnalare la necessità.
Il Consiglio regionale discute la relazione in apposita sessione, convocata entro trenta giorni dalla data di presentazione della stessa.
6. La Giunta regionale approva, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il regolamento per la composizione e il funzionamento dell’Ufficio del Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale.

ARTICOLO 32
(Interventi sociali per lo sviluppo e la riqualificazione urbana)

1. Nell’ambito dei programmi di riqualificazione urbana promossi e finanziati dalla Regione Puglia a valere su risorse comunitarie, nazionali e regionali finalizzate, sono individuati gli interventi a valenza sociale volti ad assicurare un reale miglioramento nelle condizioni di vita dei cittadini residenti in un quartiere o in un Comune oggetto di interventi.
2. A tal fine i programmi di riqualificazione urbana di cui al comma 1 prevedono, quali elementi qualificanti e da considerare parte integrante dei programmi stessi, investimenti per accrescere la dotazione di infrastrutture sociali del territorio oggetto dell’intervento, la qualità e l’offerta di soluzioni abitative per i residenti, la dotazione di verde urbano e di aree attrezzate a servizi per favorire l’aggregazione sociale, la rete del trasporto urbano e la dotazione di piste ciclabili e pedonali, impiati semaforici e segnaletica dedicata al fine di favorire la mobilità accessibile
e sicura nei contesti urbani per diversamente abili, bambini e ragazzi, persone anziane.
3. Gli interventi di cui al comma 2 si integrano con la rete dei servizi e degli interventi sociali di cui il Piano sociale di zona dell’ambito territoriale interessato prevede la realizzazione.

ARTICOLO 33
(Interventi di sostegno economico e contrasto alle povertà)

1. La Regione promuove la conoscenza e la programmazione di interventi mirati per il contrasto di tutte le forme di povertà derivanti da insufficienza dei mezzi economici per il sostentamento delle persone e dei nuclei familiari.
2. Nell’ambito del sistema integrato d’interventi e servizi sociali, la Regione promuove l’introduzione di forme di sostegno economico delle persone e delle famiglie, a integrazione del reddito e in relazione alle differenti condizioni di disagio economico, purché tali sostegni economici siano strettamente integrati con:
a) l’offerta di servizi di socializzazione e cura per le persone in condizione di povertà, anche temporanea, per le quali non è utile definire percorsi di inserimento o di reinserimento lavorativo o che risultano inserite nel mondo del lavoro con forme contrattuali flessibili che determinano discontinuità del reddito da lavoro (contributo sociale per l’integrazione del reddito);
b) la frequenza di percorsi scolastici di ogni ordine, nonché con l’offerta di percorsi di formazione professionale e di inserimento lavorativo, per le persone in condizione di povertà che possono essere inserite in percorsi di recupero graduale dell’autonomia e dell’autosufficienza economica, anche mediante la stretta collaborazione con i Centri territoriali per l’impiego, per lo sviluppo di percorsi per l’autoimprenditorialità e di interventi a sostegno dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro (reddito minimo di inserimento);
c) l’offerta di servizi complementari all’assistenza domiciliare di persone fragili di cui il nucleo familiare si fa carico (assegno di cura);
d) altre forme di sostegno economico a integrazione del reddito, quali i contributi per l’alloggio, i servizi del pronto intervento sociale e altri, così come potranno essere individuati dalla Regione e dai Comuni attraverso i Piani sociali di zona.
3. La Regione promuove misure specifiche in favore delle famiglie numerose, in termini di interventi di agevolazioni fiscali e tributarie, nei limiti delle competenze proprie e degli enti locali in materia e nei limiti delle risorse disponibili, nonché per accrescerne le opportunità e le priorità di accesso ai servizi e per favorirne la partecipazione alla definizione delle politiche sociali e familiari.
4. Il Settore programmazione sociale e integrazione socio-sanitaria predispone e la Giunta regionale approva, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge e previa concertazione con le associazioni degli enti locali, con le organizzazioni sindacali e con le principali rappresentanze dei soggetti del terzo settore, il Piano regionale per il contrasto alla povertà, a integrazione del Piano regionale delle politiche sociali, che viene finanziato con risorse aggiuntive individuate dalla Giunta regionale tra i fondi comunitari, nazionali e regionali rivolti alle politiche d’inclusione sociale.
5. In coerenza con gli indirizzi della Regione, i Comuni prevedono nei rispettivi Piani sociali di zona gli interventi mirati al contrasto alle povertà, a valere sulle risorse assegnate dalla Regione per l’attuazione degli stessi piani e sulle risorse proprie comunali apportate a cofinanziamento, derivanti anche dalla contestuale razionalizzazione di tutte le forme di sostegno economico attuate sul proprio territorio.
6. I Comuni, per sostenere le responsabilità individuali e familiari nel superamento delle condizioni di povertà, in alternativa a interventi di sostegno economico e in presenza di situazioni temporanee di gravi difficoltà finanziarie, possono concedere prestiti sull’onore a tasso zero secondo piani di restituzione concordati e funzionali al raggiungimento di obiettivi condivisi nell’ambito di un progetto personalizzato. A tal fine i Comuni sottoscrivono apposite convenzioni con istituti di credito e con la finanza etica, rimanendo a carico dei Comuni l’onere degli interessi, nell’ambito di quanto sarà definito nel Piano regionale per il contrasto alla povertà e nei rispettivi Piani sociali di zona.
7. La Regione individua e promuove azioni di sostegno e aiuto finalizzate a favorire l’autonomia, l’integrazione sociale, l’inserimento lavorativo e la mobilità delle persone diversamente abili residenti nel territorio regionale, nell’ambito delle attribuzioni rivenienti dalle vigenti norme nazionali e regionali in materia. A tal fine promuove, con le modalità che saranno definite nel regolamento regionale di cui all’articolo 64, la concessione di specifici contributi in favore di persone diversamente abili, loro tutori o altre persone dello stesso nucleo familiare che intendano guidare autovetture per cui è necessario il possesso della patente A, B o C speciali, al fine di concorrere al sostegno della spesa per l’acquisizione delle patenti speciali, per l’adattamento di veicoli di uso privato destinati alla mobilità di cittadini con gravi disabilità, per l’adattamento e la manutenzione degli strumenti di guida a favore dei titolari di patenti A, B o C speciali con disabilità motorie permanenti.

ARTICOLO 34
(Politiche per le persone immigrate)

1. La Regione Puglia, in attuazione dei principi indicati nello Statuto, nell’ambito delle proprie competenze ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione e del Testo Unico emanato con d.lgs. 286/1998, e ispirandosi ai principi e ai valori della "Dichiarazione fondamentale dei diritti dell’uomo" e della "Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea", promuove iniziative rivolte ad attribuire a tutte le persone immigrate e alle loro famiglie che dimorano o risiedono nel territorio della Regione Puglia e che dimostrino di avere rispettato le vigenti disposizioni normative in materia di flussi migratori, condizioni di uguaglianza con i cittadini italiani nel godimento dei diritti civili e concorre a rimuovere le cause che ne ostacolano l’inserimento nell’organizzazione sociale, culturale ed economica della Regione.
2. Le politiche per le persone immigrate sono rivolte a favorirne l’accoglienza, a prevenire e contrastare fenomeni di esclusione sociale e quindi di emarginazione e devianza, a promuovere la piena integrazione sociale e culturale delle persone immigrate nelle comunità locali in cui vivono. La Regione Puglia concorre ad assicurare condizioni di vita dignitose agli immigrati ospitati temporaneamente nei centri di accoglienza con iniziative adeguate da realizzare in raccordo con i Comuni sul cui territorio insistono tali centri.
3. La Regione promuove l’articolazione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali e gli specifici interventi rivolti alla tutela e promozione sociale delle persone immigrate, perseguendo le seguenti finalità, in stretto raccordo con i Comuni, per le rispettive competenze:
a) individuare e rimuovere gli ostacoli di carattere economico, sociale e culturale alla piena integrazione, allo scopo di garantire alle persone immigrate pari opportunità di accesso all’abitazione, al lavoro, all’istruzione e alla formazione professionale, ai percorsi di cura e assistenza sociale per tutte le situazioni di fragilità e a rischio di devianza;
b) individuare e rimuovere eventuali condizioni di marginalità sociale;
c) promuovere la comunicazione e la reciproca conoscenza tra cittadini stranieri immigrati e italiani, singoli e associati, anche attraverso centri interculturali;
d) contrastare fenomeni che comportano atti di violenza o di sfruttamento, anche sessuale, delle persone immigrate, con specifico riferimento alle donne e ai minori;
e) garantire, nell’ambito delle proprie competenze, percorsi di assistenza e tutela rivolti a minori stranieri non accompagnati, nonché di reinserimento di minori dimessi da istituti penali minorili;
f) garantire il rispetto per la cultura di origine e la pratica religiosa, purché non in contrasto con le leggi vigenti in Italia e nel rispetto dei diritti umani.
4. Oltre alle prestazioni erogate ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, lettera m), della Costituzione, nonché dell’articolo 12 della presente legge, in coerenza con le finalità espresse al comma 3, sono compresi tra gli interventi e i servizi per le persone immigrate:
a) l’attivazione di percorsi integrati di inserimento sociale, scolastico, formativo e lavorativo, favorendo la comunicazione e la convivenza interculturale;
b) la promozione della partecipazione degli immigrati alle attività culturali, educative e ricreative delle comunità locali, nonché la promozione di attività di recupero della cultura e della lingua di origine, al fine di garantire il rispetto dell’identità personale delle persone immigrate;
c) l’accesso ai servizi offerti sul territorio, culturali, di trasporto, amministrativi, sociali e sanitari, mediante l’attivazione di specifiche campagne d’informazione e interventi di mediazione culturale, consulenza legale, orientamento, formazione. In particolare, in applicazione della Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo (1990), si provvede a iscrivere al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) tutti i minori presenti nel territorio regionale;
d) la predisposizione di progetti mirati a favore di cittadini stranieri in situazioni di particolare fragilità, quali profughi, rifugiati, richiedenti asilo, vittime di tratta;
e) la predisposizione di interventi a sostegno abitativo per le persone immigrate, capaci di affrontare le emergenze abitative, anche a carattere temporaneo, che le interessino;
f) la predisposizione di specifici interventi finalizzati al contrasto del lavoro sommerso;
g) la realizzazione di appositi corsi di formazione per il personale degli uffici pubblici che si occupano di gestione delle politiche per le persone immigrate;
h) la promozione, d’intesa con i Comuni, di progetti sperimentali per i problemi abitativi dei Rom, attraverso il reperimento di aree attrezzate sia per le situazioni di transito che per quelle residenziali.

ARTICOLO 35
(Azioni e interventi. Competenze dei Comuni)

1. Le iniziative e le attività previste dalla presente legge sono realizzate sulla base della rilevazione dei bisogni operata dagli enti locali, dalle associazioni e dalle forze sociali, per conseguire un’azione territorialmente equilibrata e integrata.
2. I Comuni concorrono alla programmazione e realizzano gli interventi per le persone immigrate in modo da garantire la massima integrazione con la rete degli interventi e dei servizi sociali promossa con i Piani sociali di zona, anche considerando le pari opportunità di accesso a tale rete per le persone immigrate.
3. Ogni ambito territoriale organizza, in modo integrato con la rete dei servizi d’accesso previsti nel Piano sociale di zona, un apposito servizio per gli immigrati con compiti di osservazione, informazione, assistenza legale, mediazione culturale e linguistica, intermediazione abitativa. Detto servizio deve essere organizzato in modo da estendere i suoi effetti su tutti i Comuni dell’ambito territoriale ed è prioritariamente rivolto agli immigrati vittime di discriminazioni per motivi etnici, razziali, religiosi, sessuali.
4. I Comuni dedicano alla realizzazione degli interventi e dei servizi in favore delle persone immigrate, ove si tratti di interventi specifici e dedicati rispetto alla rete dei servizi sociali, una quota di risorse finalizzate dei trasferimenti ricevuti dalla Regione, di cui all’articolo 67, secondo quanto previsto dal Piano regionale delle politiche sociali, oltre a eventuali risorse aggiuntive di provenienza comunitaria, nazionale e regionale.

ARTICOLO 36
(Programmazione e sostegno. Competenze della Regione)

1. La Regione partecipa, anche con l’apporto di risorse proprie, a iniziative nazionali e comunitarie rivolte a promuovere l’accoglienza, l’inclusione sociale e l’inserimento lavorativo di persone immigrate.
2. La Regione programma e promuove, con il Piano regionale delle politiche sociali, ovvero con linee guida di indirizzo mirate, iniziative concernenti attività sociali integrate con attività culturali, diritto allo studio,
inserimento nel mercato del lavoro e formazione professionale, attività economiche di sostegno all’autoimprenditorialità e all’emersione del sommerso, specificamente nel lavoro di cura, interventi socio-assistenziali e sanitari, diritto alla casa, assicurando agli immigrati di cui all’articolo 34, comma 1, l’estensione degli interventi e delle azioni previste a favore dei cittadini pugliesi, oltre a specifiche iniziative concernenti la tutela dei minori immigrati.

ARTICOLO 37
(Albo dei centri di accoglienza)

1. E’ istituito l’Albo regionale dei centri di accoglienza per gli immigrati.
2. La Giunta regionale disciplina con il regolamento regionale di cui all’articolo 64 i criteri strutturali e gestionali cui i centri devono uniformarsi per ottenere l’iscrizione all’Albo e le modalità di iscrizione.
3. I Comuni interessati autorizzano l’istituzione di non più di due centri di accoglienza nel proprio territorio; nel quadro delle norme regolamentari regionali, i Comuni espletano compiti di gestione, controllo e vigilanza sui centri di accoglienza.
4. L’iscrizione all’Albo regionale dei centri di accoglienza costituisce condizione indispensabile per l’ammissione ai finanziamenti e alla stipula delle convenzioni di cui all’articolo 38, comma 2, del d. lgs. 286/1998.
5. Ai Comuni inferiori ai 20 mila abitanti, sede di centri di accoglienza con permanenza media di duecento unità giornaliere su base annua, vengono attribuite risorse rivenienti dalla legge regionale 12 maggio 1980, n. 42 (Norme organiche per l’attuazione del diritto allo studio), calcolando al doppio il numero degli alunni ammessi ai vari servizi e per l’articolo 15 della legge regionale 4 maggio 1999, n. 17 (Misure di rilievo finanziario per la programmazione regionale e la razionalizzazione della spesa - Collegato alla legge di bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 1999 e bilancio pluriennale 1999/2001), calcolando al doppio il numero dei residenti.
6. Nelle more dell’istituzione dell’Albo regionale dei centri di accoglienza, le disposizioni di cui al comma 5, fermo restando l’ammontare delle risorse rivenienti dalla l.r. 42/1980, nonché dall’articolo 15 della l.r. 17/1999, si applicano direttamente nei confronti dei Comuni sede dei centri di accoglienza riconosciuti con decreto del Ministro per la solidarietà sociale ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 (Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), su richiesta del Sindaco che attesta la permanenza media di duecento unità giornaliere su base annua con riferimento all’anno precedente.

ARTICOLO 38
(Centri di accoglienza già in funzione)

1. I centri di accoglienza in funzione alla data di entrata in vigore della presente legge in collaborazione con le Prefetture e/o i Comuni possono continuare la propria attività adottando metodologie di gestione sempre meglio ispirate al criterio del rispetto dei diritti delle persone e della dignità umana, nonché di tutte le norme igieniche e sulla sicurezza vigenti.
2. Le strutture e l’organizzazione interna dei centri devono successivamente essere adeguate entro termini perentori alle norme regolamentari di cui all’articolo 37.

TITOLO IV
TIPOLOGIE, STANDARD, AUTORIZZAZIONE E ACCREDITAMENTO

ARTICOLO 39
(Criteri)

1. Nel presente titolo sono definiti i criteri per l’autorizzazione, l’accreditamento e la vigilanza delle strutture socio-assistenziali a gestione pubblica o a gestione privata.
2. L’iscrizione nei registri regionali delle strutture e dei servizi socio-assistenziali garantisce ai cittadini la qualità delle prestazioni.

ARTICOLO 40
(Strutture e servizi soggetti ad autorizzazione)

1. Sono soggette all’autorizzazione e al funzionamento tutte le strutture e i servizi socio-assistenziali già operanti e quelli di nuova istituzione che, indipendentemente dalla denominazione dichiarata, sono rivolti a:
a) minori, per interventi socio-assistenziali ed educativi integrativi o sostitutivi della famiglia;
b) disabili e affetti da malattie croniche invalidanti e/o progressive e terminali, per interventi socio-assistenziali o socio-sanitari finalizzati al mantenimento e al recupero dei livelli di autonomia della persona e al sostegno della famiglia;
c) anziani, per interventi socio-assistenziali o socio-sanitari finalizzati al mantenimento e al recupero delle residue capacità di autonomia della persona e al sostegno della famiglia;
d) persone affette da AIDS che necessitano di assistenza continua e risultano prive del necessario supporto familiare o per le quali la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente o definitivamente impossibile o contrastante con il progetto individuale;
e) persone con problematiche psico-sociali che necessitano di assistenza continua e risultano prive del necessario supporto familiare o per le quali la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente o definitivamente impossibile o contrastante con il progetto individuale;
f) adulti con problematiche sociali per i quali la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente o permanentemente impossibile o contrastante con il progetto individuale;
g) adulti e nuclei familiari che si trovino in specifiche situazioni di difficoltà economica, connesse a forme estreme di povertà, anche temporanee, a difficoltà abitative, ovvero a provvedimenti di restrizione delle libertà personali mediante regimi detentivi disposti dall’autorità giudiziaria;
h) persone immigrate e loro nuclei familiari.
2. Per le strutture di cui alle lettere b), c), d) ed e) del comma 1 che chiedono di erogare anche prestazioni socio-sanitarie, fatto salvo il rispetto dei requisiti richiesti per le prestazioni sanitarie, l’autorizzazione alla realizzazione e al funzionamento di cui al comma 1 è rilasciata in conformità delle disposizioni di cui all’articolo 8 ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), con specifico riferimento all’autorizzazione rilasciata dal Comune e subordinata alla verifica di compatibilità prevista per le strutture di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), punto 1), della legge regionale 28 maggio 2004, n. 8 (Disciplina in materia di autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio, all’accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private).

ARTICOLO 41
(Strutture per minori)

1. Le strutture per minori che erogano interventi socio-assistenziali ed educativi integrativi o sostitutivi della famiglia sono distinti secondo le seguenti tipologie:
a) comunità familiare;
b) comunità educativa;
c) comunità di pronta accoglienza;
d) comunità alloggio o gruppo appartamento per adolescenti;
e) centro socio-educativo diurno e di aggregazione per pre-adolescenti e adolescenti;
f) centro aperto polivalente;
g) asili nido.
2. La comunità familiare è struttura educativa residenziale, caratterizzata da bassa intensità assistenziale, destinata alla convivenza stabile di un piccolo gruppo di minori con due o più adulti che assumono le funzioni genitoriali.
3. La comunità educativa è struttura residenziale a carattere comunitario di tipo familiare caratterizzata dalla convivenza di un gruppo di minori con un’équipe di operatori professionali che svolgono la funzione educativa come attività di lavoro. Se la struttura accoglie anche minori con problematiche psico-sociali, le prestazioni socio-sanitarie eventualmente richieste sono a carico del Servizio Sanitario Regionale (SSR).
4. La comunità di pronta accoglienza è struttura educativa residenziale a carattere comunitario caratterizzata dalla temporaneità dell’accoglienza di un piccolo gruppo di minori con un gruppo di educatori che a turno assumono la funzione di adulto di riferimento svolgendo attività lavorativa.
5. La comunità alloggio o gruppo appartamento per adolescenti è struttura educativa residenziale a carattere comunitario caratterizzata dalla convivenza di un gruppo di giovani, con la presenza, limitata ad alcuni momenti della giornata, di operatori professionali che a turno assumono la funzione di adulto di riferimento.
6. Il centro socio-educativo diurno è struttura di prevenzione e recupero aperta a tutti i minori che, attraverso la realizzazione di un programma di attività e servizi socio-educativi, culturali, ricreativi e sportivi, mira in particolare al recupero di minori con problemi di socializzazione o esposti al rischio di dispersione scolastica, emarginazione e di devianza e opera in stretto collegamento con i servizi sociali dei comuni e con le istituzioni scolastiche, nonché con i servizi di cui ai commi 3 e 4. Se la struttura accoglie anche minori con problematiche psico-sociali, le prestazioni socio-sanitarie eventualmente richieste sono a carico del SSR.
7. Il centro aperto polivalente è una struttura aperta a tutti i minori del territorio e opera, preferibilmente, in raccordo con i servizi sociali dei comuni e con le istituzioni scolastiche, attraverso la progettazione e la realizzazione di interventi di socializzazione ed educativo-ricreativi miranti a promuovere il benessere della comunità e contrastare fenomeni di marginalità e disagio minorile.
8. L’asilo nido è un servizio educativo e sociale aperto ai minori in età compresa tra i tre mesi e i tre anni che concorre con le famiglie alla loro crescita e formazione, nel quadro di una politica per la prima infanzia e delle garanzie del diritto all’educazione, nel rispetto dell’identità individuale, culturale e religiosa. Questo servizio è organizzato anche come micro-nido, come asilo nido aziendale, ovvero come sezioni primavera, per l’accoglienza dei bambini da ventiquattro a trentadue mesi connessa alla riforma nazionale della scuola e il regolamento regionale ne disciplina gli standard strutturali e organizzativo-funzionali.

ARTICOLO 42
(Strutture per disabili)

1. Le strutture per disabili sono distinte secondo le seguenti tipologie:
a) comunità alloggio/gruppo appartamento;
b) comunità socio-riabilitativa;
c) residenza protetta o residenza socio-sanitaria assistenziale, a bassa e media intensità assistenziale;
d) centro diurno socio-educativo e/o riabilitativo.
2. La comunità alloggio/gruppo appartamento è struttura residenziale a bassa intensità assistenziale, parzialmente autogestita, destinata a soggetti maggiorenni, privi di validi riferimenti familiari, in situazione di handicap fisico, intellettivo o sensoriale che mantengano una buona autonomia tale da non richiedere la presenza di operatori in maniera continuativa.
3. La comunità socio-riabilitativa è struttura residenziale socio-assistenziale a carattere comunitario destinata a soggetti privi del sostegnofamiliare o per i quali la permanenza nel nucleo familiare sia valutata
temporaneamente o definitivamente impossibile o contrastante con il progetto individuale. La struttura è finalizzata a garantire una vita quotidiana significativa, sicura e soddisfacente a persone in situazione di compromissione funzionale, con nulla o limitata autonomia e assicura l’erogabilità d’interventi socio-sanitari non continuativi assimilabili alle forme di assistenza rese a domicilio. In presenza di utenti minori, l’équipe di operatori è integrata con le figure professionali adeguate in relazione alle specifiche esigenze.
4. La residenza protetta o residenza socio-sanitaria assistenziale a bassa e media intensità assistenziale è struttura residenziale socio-assistenziale destinata a persone in situazione di handicap con gravi deficit psico-fisici che richiedono un alto grado di assistenza alla persona con interventi di tipo educativo, assistenziale e riabilitativo a elevata integrazione socio-sanitaria.
5. Il centro diurno socio-educativo, anche all’interno o in collegamento con le strutture di cui ai commi 3 e 4, è struttura socio-assistenziale a ciclo diurno finalizzata al mantenimento e al recupero dei livelli di autonomia della persona e al sostegno della famiglia. Il centro è destinato a soggetti diversamente abili, anche psico-sensoriali, con notevole compromissione delle autonomie funzionali, ovvero pazienti psichiatrici stabilizzati, e per i quali non è prevedibile nel breve periodo un percorso di inserimento lavorativo e assicura l’erogabilità delle prestazioni riabilitative di carattere socio-sanitario.

ARTICOLO 43
(Strutture per anziani)

1. Le strutture per anziani sono distinte secondo le seguenti tipologie:
a) comunità alloggio/gruppo appartamento;
b) casa alloggio;
c) casa di riposo;
d) residenza protetta o residenza socio-sanitaria assistenziale a bassa e media intensità assistenziale;
e) centro diurno.
2. La comunità alloggio/gruppo appartamento è struttura residenziale autogestita, a bassa intensità assistenziale, consistente in un nucleo di convivenza a carattere familiare per anziani autosufficienti che necessitano di una vita comunitaria e di reciproca solidarietà.
3. La casa alloggio è struttura residenziale a prevalente accoglienza alberghiera, a bassa intensità assistenziale, costituita da un insieme di alloggi di piccola dimensione e varia tipologia dotati di tutti gli accessori per consentire una vita autonoma e da servizi collettivi, destinata ad anziani autosufficienti.
4. La casa di riposo è struttura residenziale a prevalente accoglienza alberghiera destinata a ospitare, temporaneamente o permanentemente, anziani autosufficienti che per loro scelta preferiscono avere servizi collettivi anziché gestire in maniera autonoma la propria vita o che hanno dei limitati condizionamenti di natura fisica, psichica, economica o sociale nel condurre una vita autonoma.
5. La residenza protetta o residenza sanitaria assistita a bassa e media intensità assistenziale è struttura residenziale, a prevalente accoglienza alberghiera e a integrazione socio-sanitaria, destinata a ospitare, temporaneamente o permanentemente, anziani non autosufficienti con limitazioni fisiche e/o psichiche non in grado di condurre una vita autonoma, ma che non necessitano di prestazioni sanitarie complesse.
6. Il centro diurno è struttura socio-assistenziale a regime semiresidenziale costituente luogo d’incontro e di relazioni in grado di permettere, anche all’interno o in collegamento con le strutture di cui ai commi 3, 4 e 5, l’erogabilità delle prestazioni che rispondano a specifici bisogni della popolazione anziana.

ARTICOLO 44
(Strutture per persone con problematiche psico-sociali)

1. Le strutture per persone con problematiche psico-sociali sono distinte secondo le seguenti tipologie:
a) casa famiglia per persone con problematiche psico-sociali;
b) comunità alloggio/gruppo appartamento per ex tossicodipendenti.
2. La casa famiglia per persone con problematiche psico-sociali è struttura residenziale a carattere prevalentemente sociale e a bassa intensità assistenziale sanitaria, per accoglienza temporanea o permanente, consistente in un nucleo, anche autogestito, di convivenza a carattere familiare per persone con problematiche psico-sociali definitivamente uscite dal circuito sanitario/psichiatrico, prive di validi riferimenti familiari, ovvero persone con disturbi mentali per le quali si reputi opportuno l’allontanamento dal nucleo familiare e/o che necessitano di sostegno nel mantenimento del livello di autonomia e nel percorso di inserimento o reinserimento sociale e/o lavorativo.
3. La comunità alloggio/gruppo appartamento per ex tossicodipendenti è struttura residenziale temporanea o permanente a bassa intensità assistenziale, a carattere familiare, autogestito da soggetti privi di validi riferimenti familiari o per i quali si reputi opportuno l’allontanamento dal nucleo familiare o che necessitano di sostegno nel percorso di autonomia e di inserimento o reinserimento sociale.

ARTICOLO 45
(Strutture per adulti con problematiche sociali)

1. Le strutture per persone adulte con problematiche sociali sono distinte secondo le seguenti tipologie:
a) comunità alloggio/gruppo appartamento per gestanti e madri con figli a carico;
b) alloggio sociale per adulti in difficoltà, anche immigrati;
c) centro pronta accoglienza per adulti;
d) centro di accoglienza per detenuti ed ex detenuti;
e) centro sociale rieducativo per detenuti;
f) casa rifugio per donne, anche con figli minori, vittime di violenza o vittime della tratta a fine di sfruttamento sessuale.
2. La comunità alloggio/gruppo appartamento per gestanti e madri con figli a carico è struttura residenziale a bassa intensità assistenziale, a carattere temporaneo o permanente, consistente in un nucleo autogestito di convivenza a carattere familiare per gestanti e madri con figli a carico, prive di validi riferimenti familiari o per le quali si reputi opportuno l’allontanamento dal nucleo familiare e che necessitano di sostegno nel percorso d’inserimento o reinserimento sociale.
3. L’alloggio sociale per adulti in difficoltà è struttura che offre una risposta temporanea alle esigenze abitative e di accoglienza di persone con difficoltà di carattere sociale prive del sostegno familiare o per le quali la permanenza nel nucleo familiare sia valutata temporaneamente o permanentemente impossibile o contrastante con il progetto individuale.
4. Il centro di pronta accoglienza per adulti è struttura residenziale a carattere comunitario destinata esclusivamente alle situazioni di emergenza.
5. Il centro di accoglienza per detenuti ed ex detenuti è struttura residenziale a carattere comunitario che offre ospitalità completa e/o diurna a persone già o ancora sottoposte a misure restrittive della libertà personale. Analoghe strutture possono essere destinate all’accoglienza e all’assistenza di immigrati con permesso di soggiorno.
6. Il centro sociale rieducativo per detenuti è struttura a carattere comunitario e a ciclo diurno, aperta a persone sottoposte a provvedimenti di restrizione delle libertà personali da parte dell’autorità giudiziaria, mediante un regime detentivo, a cui venga consentito di trascorrere parte del giorno fuori dall’Istituto di pena, per partecipare ad attività lavorative, istruttive e comunque utili al reinserimento sociale, in base a un programma di trattamento concordato tra il direttore dell’istituto di pena e il responsabile del centro.
7. La casa rifugio per donne, anche con figli minori, vittime di violenza o vittime della tratta a fine di sfruttamento sessuale è struttura residenziale a carattere comunitario che offre ospitalità e assistenza a donne vittime di violenza fisica e/o psicologica, con o senza figli, e a donne vittime della tratta e sfruttamento sessuale, per le quali si renda necessario il distacco dal luogo in cui è avvenuta la violenza e l’inserimento in una comunità.

ARTICOLO 46
(Servizi socio-assistenziali)

1. Sono classificabili servizi socio-assistenziali:
a) tutte le prestazioni erogate nell’ambito delle strutture soggette alla disciplina della presente legge;
b) il servizio di segretariato sociale;
c) lo sportello sociale o d’informazione sociale;
d) il servizio di pronto intervento sociale;
e) il servizio sociale professionale;
f) le prestazioni di assistenza domiciliare;
g) le ludoteche;
h) il centro ludico per la prima infanzia
i) il tutor;
j) i servizi socio-assistenziali di cui alla legge regionale 9 giugno 1987, n. 16 (Norme organiche per l’integrazione scolastica degli handicappati);
k) il centro di ascolto per le famiglie e i servizi di sostegno alla famiglia e alla genitorialità;
l) i servizi di mediazione;
m) le comunità -familiari;
n) l’affido minori;
o) l’affido adulti;
p) l’affido anziani;
q) il servizio civile degli anziani;
r) il servizio di telefonia sociale;
s) i servizi socio-educativi innovativi e sperimentali per la prima infanzia;
t) i servizi di contrasto della povertà e della devianza;
u) i servizi educativi per il tempo libero;
v) gli interventi educativi di strada;
x) i centri sociali polivalenti per disabili, minori, anziani;
w) il centro antiviolenza;
y) gli sportelli per l’integrazione socio-sanitaria-culturale degli immigrati;
z) ogni altro servizio individuato nel regolamento regionale di cui all’articolo 62.
2. I servizi socio-assistenziali di cui alle lettere a), b), e) ed f) del comma 1 sono erogati secondo gli standard fissati dal regolamento regionale di cui all’articolo 64 garantendo in ogni caso:
a) la presenza di figure professionali qualificate in relazione alla tipologia del servizio;
b) la presenza di un coordinatore responsabile del servizio;
c) la pubblicizzazione delle tariffe praticate con l’indicazione delle prestazioni offerte, in conformità della carta dei servizi come definita dalla presente legge;
d) la predisposizione di piani individualizzati di assistenza definiti in un apposito registro degli utenti;
e) l’integrazione con i servizi socio-sanitari;
f) le attività integrative aperte al contesto sociale;
g) l’applicazione dei contratti di lavoro e dei relativi accordi integrativi, nonché la regolarità contributiva e previdenziale.
3. I servizi socio-assistenziali di cui alle lettere e), f), g), h), i), m), n), o), p), x) e w) sono erogati nel rispetto dei criteri fissati dal regolamento regionale di cui all’articolo 64.

ARTICOLO 47
(Definizione dei servizi socio-assistenziali)

1. Il servizio di segretariato sociale opera quale sportello unico per l’accesso ai servizi socio-assistenziali e svolge attività d’informazione, di ascolto e di orientamento sui diritti di cittadinanza con caratteristiche di gratuità per l’utenza. Il segretariato sociale può articolare l’accesso unico ai servizi anche mediante sportelli sociali o di informazione sociale distribuiti sul territorio e rivolti a fornire le prime informazioni sui diritti, le opportunità e i servizi ai cittadini, nonché la prima assistenza per la predisposizione delle istanze per l’accesso alle prestazioni.
2. Il servizio sociale professionale è finalizzato alla lettura e decodificazione della domanda sociale, alla presa in carico della persona, della famiglia e/o del gruppo sociale, alla predisposizione di progetti personalizzati, all’attivazione e integrazione dei servizi e delle risorse in rete, all’accompagnamento e all’aiuto nel processo di promozione ed emancipazione; svolge uno specifico ruolo nei processi di pianificazione e coordinamento della rete dei servizi sociali e socio-sanitari; deve essere garantito da professionisti assistenti sociali iscritti all’Albo; assume un ruolo d’interventi professionali proprio e di livello essenziale per osservare e gestire i fenomeni sociali, erogare prestazioni d’informazioni, consulenza e aiuto professionale. Rispetto alla tipologia di intervento, si distingue in:
a) servizio di segretariato sociale;
b) gestione sociale del caso (case management);
c) osservazione, pianificazione, direzione e coordinamento delle politiche socio-assistenziali e socio-sanitarie;
d) servizio di pronto intervento per le situazioni di emergenza sociale.
3. Il servizio di pronto intervento per le situazioni di emergenza sociale è un servizio sempre funzionante, che affronta l’emergenza e l’urgenza sociale in tempi rapidi e in maniera flessibile, strettamente collegato con i servizi sociali territoriali.
4. Il servizio di assistenza e di educativa domiciliare consiste:
a) in interventi da fornire ai cittadini al fine di favorire la permanenza nel proprio ambiente di vita;
b) in prestazioni di tipo socio-assistenziale, anche domiciliari, per malati affetti da disturbi mentali, da malattie croniche invalidanti e/o progressivo-terminali;
c) in servizi per il reinserimento dei minori a rischio di devianza (maestri di strada e formazione integrata in botteghe).
5. Il servizio di ludoteca consiste in un insieme di attività educative, ricreative e culturali aperto a minori in età compresa tra i tre e i cinque anni e tra i sei e i dieci anni, per i quali s’intende promuovere le esperienze di gioco e ha lo scopo di favorire lo sviluppo personale, la socializzazione, l’educazione all’autonomia e alla libertà di scelta al fine di valorizzare le capacità creative ed espressive.
6. L’affido minori è un servizio a carattere temporaneo prestato da famiglie che assicura a soggetti minori in situazione di disagio il sostegno alla vita quotidiana in un contesto relazionale familiare.
7. Il centro ludico per la prima infanzia consiste in un insieme di attività socio-educative-ricreative per i minori in età compresa tra i sei e i trentasei mesi, destinato a favorire il benessere psico-fisico e le opportunità di socializzazione dei bambini. Si caratterizza come luogo di vita per i bambini capace di fornire risposte flessibili e differenziate in relazione alle esigenze delle famiglie e nel rispetto delle opportunità educative, di socialità e di comunicazione per i bambini e in cui sono previsti orari ridotti di permanenza continuativa nell’arco della giornata.
8. Il tutor è un servizio che assume la responsabilità d’interventi personalizzati nell’ambito di progetti assistenziali definiti per ogni specifico caso.
9. La comunità familiare consiste nel servizio di accoglienza offerto da nuclei familiari o sul modello familiare a minori e persone temporaneamente prive di adeguati supporti familiari. E’ assimilabile a tale tipologia la casa-famiglia, che si caratterizza per l’accoglienza multiutenza per età e situazione di bisogno, con una capacità limitata di accoglienza e un rapporto operatori/utenti adeguato ai casi di particolare gravità.
10. Il centro di ascolto per le famiglie offre uno spazio di accoglienza, ascolto, consulenza specialistica a coppie con figli minori, a coppie e a singoli, al fine di promuovere azioni che aumentino il benessere personale, la qualità delle relazioni interpersonali, le capacità genitoriali, le capacità di auto-organizzazione e di autonomia progettuale del singolo e rispetto al nucleo in cui vive.
11. Il servizio di mediazione offre risposte specifiche alle difficoltà causate da relazioni conflittuali o da assenza di relazioni; consente la realizzazione di interventi di mediazione familiare, sociale, culturale nonchè l’attivazione di uno spazio neutro, quale contenitore o percorso qualificato per la gestione degli incontri tra bambini e genitori, finalizzata alla ricostruzione del binomio genitore-bambino in un luogo terzo e in un tempo distinto dallo svolgersi della vita quotidiana. 12. L’affido adulti è un servizio prestato da famiglie finalizzato ad
assicurare a persone in difficoltà o prive di assistenza il sostegno alla vita quotidiana in un contesto relazionale familiare.
13. L’affido anziani è un servizio prestato da famiglie che assicura a persone anziane, in difficoltà o prive di assistenza, il sostegno alla vita quotidiana finalizzato ad escludere forme di assistenza al di fuori di un contesto relazionale familiare.
14. I centri sociali polivalenti per disabili, minori e anziani consistono in strutture aperte alla partecipazione anche non continuativa di utenti alle attività ludico-ricreative, di socializzazione, di animazione, in cui sono garantite le prestazioni minime connesse alla socializzazione, alla organizzazione delle attività, ai presidi di garanzia per la salute e l’incolumità degli utenti durante lo svolgimento delle attività del centro.
15. Il servizio civile degli anziani consiste nell’attività prestata da persone anziane in programmi di pubblica utilità finalizzata a valorizzare il ruolo della persona anziana nella società.
16. Il servizio di telefonia consiste nell’aiuto rivolto a tutti i cittadini, da assicurare nei tempi e nei modi adeguati al bisogno, per l’accesso alle prestazioni fruibili sul territorio.
17. Il centro antiviolenza consiste in un insieme di servizi d’informazione, ascolto e accoglienza, a cui può rivolgersi ogni donna in momentanea difficoltà dovuta a qualsiasi forma di violenza. Il centro eroga informazioni sui presidi sanitari, psicologici e legali a supporto della donna che abbia subito violenza, svolge colloqui di accoglienza e gestisce una linea telefonica di pronto intervento, offre consulenze psico-sociali, socio-educative, legali e psicologiche, assiste la donna nella ricerca del lavoro e nel reperimento di un’adeguata sistemazione alloggiativa.
18. Gli sportelli per l’integrazione socio-sanitaria-culturale degli immigrati erogano servizi d’informazione e orientamento, assistenza legale e amministrativa, mediazione culturale e linguistica, intermediazione abitativa, tutoraggio per l’accesso ai servizi per l’accesso ai servizi della persona immigrata e della sua famiglia, nonché svolgono la funzione di monitoraggio e osservazione dei bisogni, delle condizioni di vita e del rispetto dei diritti delle persone immigrate; per il funzionamento degli sportelli sono impiegate figure professionali qualificate tra cui la figura del mediatore interculturale, di nazionalità italiana e di nazionalità straniera, avendo cura di rappresentare le principali aree geografiche di provenienza degli immigrati fruitori dei servizi in un comune o ambito territoriale.

ARTICOLO 48
(Titoli per l’acquisto di servizi)

1. I Comuni possono assicurare, su richiesta, le prestazioni assistenziali mediante titoli validi per l’acquisto di servizi socio-assistenziali presso i soggetti accreditati al fine di garantire un percorso assistenziale attivo d’integrazione o reintegrazione sociale dei soggetti beneficiari.
2. I criteri e le modalità per la concessione dei titoli sono stabiliti dal Piano regionale delle politiche sociali e dal regolamento regionale di cui all’articolo 64.

ARTICOLO 49
(Autorizzazione)

1. Le strutture e i servizi socio-assistenziali sono autorizzati dai Comuni competenti per territorio in conformità delle disposizioni di cui alla presente legge e del regolamento regionale di cui all’articolo 64.
2. Il provvedimento di autorizzazione individua la denominazione e l’ubicazione della struttura, la sede legale e amministrativa del soggetto proprietario e/o gestore, il legale rappresentante, i servizi socio-assistenziali e socio-sanitari erogati, la ricettività, la natura pubblica o privata.
3. Le modifiche agli elementi a base del provvedimento di autorizzazione, gli ampliamenti e le trasformazioni delle strutture determinano la decadenza dell’autorizzazione.
4. Nelle more dell’approvazione del regolamento regionale, i Comuni rilasciano autorizzazione provvisoria sulla base dei requisiti minimi di cui al regolamento approvato con decreto del Ministro per la solidarietà sociale 21 maggio 2001, n. 308 (Requisiti minimi strutturali e organizzativi per l’autorizzazione all’esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, a norma dell’articolo 11 della legge 8 novembre 2000, n. 328) e, in quanto compatibili, alle disposizioni regionali vigenti in materia di standard strutturali e assistenziali e di procedimenti autorizzativi.
5. I servizi e le strutture socio-assistenziali per minori e per anziani iscritte rispettivamente all’Albo di cui alla legge regionale 31 agosto 1981, n. 49 (Interventi promozionali per la realizzazione e il potenziamento dei servizi di assistenza sociale a favore delle persone anziane), che alla data di entrata in vigore della presente legge siano in possesso di autorizzazione provvisoria ai sensi dell’articolo 28, comma 5, della legge regionale 25 agosto 2003, n. 17 (Sistema integrato d’interventi e servizi sociali in Puglia), e dei regolamenti regionali 9 maggio 1983, n. 1 (Standard strutturali organizzativi dei Servizi istituiti con la l.r. 49/1981) e 23 giugno 1993, n. 1 (Modifiche e integrazioni al regolamento 6 giugno 1990, n. 1 - Apertura e funzionamento dei servizi residenziali e non residenziali per minori:
determinazione degli standard relativi), la mantengono fino alla approvazione del regolamento regionale di cui all’articolo 64 della presente legge. Tali strutture devono provvedere all’adeguamento ai requisiti di legge e di regolamento entro tre anni dalla data di entrata in vigore del suddetto regolamento.
6. I Comuni dispongono per la provvisoria autorizzazione entro e non oltre il termine di novanta giorni dalla data della richiesta, decorso il quale l’autorizzazione provvisoria s’intende concessa.
7. I servizi e le strutture socio-assistenziali per le quali non era prescritta l’autorizzazione regionale, operanti alla data di entrata in vigore della l. 328/2000, su richiesta di parte sono provvisoriamente autorizzate dai Comuni competenti per territorio, che dispongono contestualmente il termine entro cui deve provvedersi all’adeguamento ai requisiti di legge e di regolamento.
8. In ogni caso il termine di cui ai commi 5 e 7, da definirsi dai Comuni in relazione all’entità e all’impegno finanziario richiesto, non può essere superiore a tre anni dalla data di entrata in vigore del regolamento regionale di cui all’articolo 64.
9. Decorso il termine di validità dell’autorizzazione provvisoria, in assenza di adeguamento ai requisiti di legge e di regolamento regionale, la stessa decade automaticamente.
10. Per le strutture di cui all’articolo 42, comma 4 e all’articolo 43, comma 5, la verifica di compatibilità prescritta dall’articolo 8 ter del comma 3 del d.lgs. n. 502/1992 è effettuata dalla Giunta regionale, su proposta dell’Assessore regionale ai servizi sociali, in relazione agli obiettivi del Piano regionale socio-assistenziale e del Piano regionale socio-sanitario.
11. Restano ferme le disposizioni adottate in attuazione della legge 18 febbraio 1999, n. 45 (Disposizioni per il Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga e in materia di personale dei Servizi per le tossicodipendenze), in materia di strutture e servizi destinati al recupero e alla riabilitazione dalla tossicodipendenza.

ARTICOLO 50
(Requisiti minimi per l’autorizzazione)

1. Le strutture soggette ad autorizzazione, oltre a rispettare i requisiti prescritti dalle norme di carattere generale e, in particolare, dalle disposizioni in materia di urbanistica, di edilizia, di prevenzione incendi, di igiene e sicurezza, di contratti di lavoro, devono possedere i requisiti minimi previsti dalla presente legge e dal regolamento regionale di cui all’articolo 64.
2. Nelle more dell’approvazione del regolamento regionale si applicano i requisiti previsti dalla presente legge, dal d.m. per la solidarietà sociale 308/2001 e, in quanto compatibili, dalla l.r. 49/1981, dal regol. reg. 1/1983 e dal regol. reg. 1/1993.

ARTICOLO 51
(Comunicazione avvio attività)

1. I servizi di cui all’articolo 46, comma 1, a eccezione di quelli previsti dalla lettera a), sono automaticamente autorizzati con la comunicazione di avvio dell’attività da parte del titolare in conformità delle modalità stabilite dalla presente legge.

ARTICOLO 52
(Permanenza dei requisiti di autorizzazione)

1. La permanenza dei requisiti per l’esercizio delle attività autorizzate ai sensi della presente legge è garantita dai titolari delle strutture e dei servizi socio-assistenziali a mezzo di autocertificazione da presentare con cadenza annuale al Comune che ha rilasciato l’autorizzazione e che è competente per la vigilanza sulle strutture autorizzate. La Regione, in accordo e in collaborazione con i Comuni, svolge azioni periodiche di verifica e controllo, anche con visite ispettive in loco da realizzare a campione, per le quali può avvalersi di organismi di controllo, da individuare secondo i criteri definiti nel regolamento regionale di cui all’articolo 64.
2. La Regione riconosce la certificazione di qualità conseguita e rinnovata periodicamente dalle strutture e dai servizi socio-assistenziali quale strumento essenziale per la crescita delle organizzazioni e il mantenimento della qualità dei servizi e la pone tra i criteri preferenziali per la valutazione delle proposte nelle procedure di affidamento dei servizi, di cui all’articolo 55, secondo quanto disciplinato nel regolamento regionale di cui all’articolo 64.
3. I requisiti e le modalità d’iscrizione all’Albo degli organismi di controllo, la validità e le caratteristiche dei controlli sono definiti dal regolamento regionale, che deve stabilire:
a) i requisiti di qualità per la gestione dei servizi e per l’erogazione delle prestazioni;
b) gli indici oggettivi di qualità;
c) i casi che determinano la cancellazione dall’Albo degli organismi di controllo;
d) la periodicità della certificazione.

ARTICOLO 53
(Registri)

1. Presso il Settore sistema integrato servizi sociali della Regione sono istituiti i seguenti registri regionali articolati per provincia:
a) registro delle strutture e dei servizi autorizzati all’esercizio delle attività socio-assistenziali destinate ai minori;
b) registro delle strutture e dei servizi autorizzati all’esercizio delle attività socio-assistenziali destinate ai disabili;
c) registro delle strutture e dei servizi autorizzati all’esercizio delle attività socio-assistenziali destinate agli anziani;
d) registro delle strutture e dei servizi autorizzati all’esercizio delle attività socio-assistenziali destinate alle persone con problematiche psico-sociali;
e) registro delle strutture e dei servizi autorizzati all’esercizio delle attività socio-assistenziali destinate agli adulti con problematiche sociali.
2. I registri, in forma cartacea e/o informatica, contengono in ordine cronologico d’iscrizione la denominazione e l’ubicazione della struttura, la sede legale e amministrativa del soggetto proprietario e/o gestore, il legale rappresentante, i servizi socio-assistenziali e socio-sanitari erogati, la ricettività, gli estremi dei provvedimenti concernenti l’autorizzazione al funzionamento e l’iscrizione al registro, la natura pubblica o privata.
3. I Comuni, entro quindici giorni dall’adozione, trasmettono all’Assessorato regionale ai servizi sociali, ai fini dell’esercizio delle competenze regionali, i provvedimenti concernenti le autorizzazioni al funzionamento, le relative modifiche e le revoche previste dalla presente legge e dal regolamento regionale di cui all’articolo 64.
4. Il dirigente del Settore sistema integrato servizi sociali della Regione, entro trenta giorni dalla data di ricevimento del provvedimento del Comune, dispone, in conformità del regolamento regionale, l’iscrizione, le modifiche e le revoche nei rispettivi registri.
5. Nel caso di non conformità del provvedimento del Comune alle disposizioni vigenti, il dirigente del Settore Sistema integrato servizi sociali, con motivato atto di diniego, restituisce il provvedimento al Comune.
6. L’iscrizione nel registro determina la legittimità all’esercizio delle attività delle strutture e dei servizi autorizzati e comporta l’obbligo per i soggetti gestori di indicare nella denominazione sociale e in tutte le forme di pubblicità gli estremi d’iscrizione nei registri regionali.
7. Con provvedimento del dirigente del Settore sistema integrato servizi sociali è disposta la pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione,
con riferimento al 31 dicembre di ogni anno, delle strutture iscritte nei registri e negli albi regionali di cui alla presente legge.
8. Sono fatte salve le iscrizioni ai registri istituzioni ai sensi dell’articolo 32 della l.r. 17/2003, che si intendono valide ed efficaci ai sensi del presente articolo, con i relativi progressivi numerici. La numerazione dei nuovi servizi e delle nuove strutture da iscrivere ai registri progredirà da questi ultimi.

ARTICOLO 54
(Accreditamento)

1. Gli enti pubblici possono instaurare rapporti con i soggetti erogatori dei servizi socio-assistenziali a condizione che le strutture risultino accreditate.
2. L’accreditamento, in particolare, è condizione essenziale per i soggetti erogatori per:
a) instaurare rapporti economici al fine dell’erogazione delle prestazioni a carico degli enti pubblici;
b) partecipare all’istruttoria pubblica;
c) partecipare all’attuazione dei piani di zona.
3. I regolamento regionale di cui all’articolo 64 determina i requisiti e le modalità per l’accreditamento delle strutture e dei soggetti erogatori dei servizi disciplinati dalla presente legge, le procedure per la costituzione dell’elenco nonché i criteri per la definizione delle tariffe da corrispondere ai soggetti accreditati da parte dei Comuni.
4. L’accreditamento ha validità su tutto il territorio regionale e riguarda i servizi gestiti da enti pubblici e da soggetti privati.

ARTICOLO 55
(Affidamento dei servizi)

1. Gli enti pubblici affidano i servizi previsti dalla presente legge con procedure di evidenza pubblica secondo modalità tali da permettere il confronto tra più soggetti e più offerte, valorizzando prioritariamente l’apporto progettuale e gli elementi di conoscenza del territorio in cui tali soggetti operano, nonché fissando un prezzo base che sia compatibile con l’applicazione dei contratti collettivi per determinare la remunerazione delle risorse umane impiegate.
2. Il regolamento regionale di cui all’articolo 64 fissa:
a) i requisiti generali per la partecipazione;
b) i criteri per la valutazione della qualità dell’offerta secondo il metodo della proposta economicamente più vantaggiosa sulla base della qualità e del prezzo, attribuendo al fattore prezzo un punteggio non superiore al 40 per cento del punteggio complessivo;
c) l’obbligo del rispetto dei trattamenti economici previsti dalla contrattazione collettiva di comparto e dagli accordi firmati dalle principali centrali cooperative giuridicamente riconosciute e dalle norme di previdenza e assistenza;
d) l’obbligo del rispetto delle disposizioni normative regionali, nazionali e comunitarie vigenti per l’affidamento dei servizi pubblici;
e) le forme e le modalità per la verifica periodica degli adempimenti contrattuali e per i provvedimenti da adottare in caso d’inadempimento, da parte dei gestori ovvero dei soggetti committenti.

ARTICOLO 56
(Coprogettazione di interventi innovativi e sperimentali)

1. Gli enti locali, per affrontare specifiche problematiche sociali e per promuovere forme sperimentali di intervento sul proprio territorio, possono indire istruttorie pubbliche per la coprogettazione degli interventi, a cui partecipano i soggetti di cui al comma 3 dell’articolo 19, che, secondo quanto previsto al comma 4 dell’articolo 19 e nel rispetto della disciplina statale e comunitaria vigente, possono svolgere attività di gestione dei servizi e quelli che possono concorrere alla realizzazione degli interventi mediante il riconoscimento degli oneri sostenuti, tutti individuati per essere operanti sul territorio oggetto dell’intervento.
2. L’istruttoria pubblica raccoglie le proposte e i contributi progettuali dei soggetti partecipanti e si conclude con la definizione di progetti innovativi e sperimentali, per i quali gli enti locali definiscono forme e modalità di collaborazione di tutti i soggetti che hanno dichiarato la rispettiva disponibilità a collaborare.
3. Il regolamento regionale di cui all’articolo 64 definisce i criteri in base ai quali i Comuni valutano il ricorso all’istruttoria pubblica, le modalità di esperimento di tale istruttoria, i criteri di valutazione dei soggetti che partecipano alla progettazione e delle proposte progettuali.

ARTICOLO 57
(Formazione delle professioni sociali)

1. La formazione degli operatori costituisce strumento per la promozione della qualità ed efficacia degli interventi e dei servizi del sistema integrato, per l’integrazione professionale e per lo sviluppo dell’innovazione organizzativa e gestionale.
2. La Regione, con apposito regolamento regionale, da adottare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa concertazione con le organizzazioni sindacali, gli ordini e le associazioni professionali, i rappresentanti dei soggetti privati e del privato sociale gestori dei servizi, riconosce le figure e le professioni sociali aggiuntive rispetto a quelle già definite a livello nazionale e nelle more dell’individuazione a livello nazionale dei nuovi profili professionali sociali, come previsti dall’articolo 12 della l. n. 328/2000. La Regione individua, inoltre, per quanto di competenza, i criteri per l’accesso ai percorsi di formazione scolastica e professionale e/o universitaria, nonché i criteri per il riconoscimento delle competenze acquisite mediante precedenti esperienze professionali e/o formative.
3. La Regione e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze e delle procedure previste dalla normativa regionale, valorizzano lo sviluppo delle professionalità degli operatori sociali e ne sostengono la formazione continua, a ciò destinando risorse finalizzate a valere su fondi comunitari,
nazionali e regionali.

TITOLO V
ACCESSO E PARTECIPAZIONE DEGLI UTENTI

ARTICOLO 58
(Carta dei servizi)

1. Al fine di garantire la trasparenza delle azioni dei gestori dei servizi e la tutela degli utenti, nonché la qualità dei servizi, i soggetti erogatori sono tenuti ad adottare la Carta dei servizi, ispirata ai principi fondamentali che regolano l’erogazione dei servizi pubblici a livello nazionale e comunitario.
2. I soggetti erogatori definiscono una propria Carta dei servizi che contenga almeno i seguenti elementi:
a) tipologia delle prestazioni;
b) tariffa per ciascuna prestazione;
c) partecipazione/compartecipazione alla spesa da parte degli utenti;
d) modalità d’informazione sui servizi;
e) modalità di rilevazione periodica della qualità erogata e percepita dei servizi, nonché di partecipazione degli utenti al controllo della qualità dei servizi e alla vita comunitaria;
f) modalità per i ricorsi da parte degli utenti nei confronti dei responsabili dei servizi;
g) informazione sul regolamento interno;
h) standard generali e specifici di qualità dei servizi.
3. L’adozione della Carta dei servizi è requisito indispensabile per l’accreditamento di cui all’articolo 54.

ARTICOLO 59
(Modalità di accesso ai servizi)

1. L’accesso ai servizi è organizzato in modo da garantire agli utenti pari opportunità di fruizione, orientamento e diritto di scelta. L’accesso ai servizi è garantito dai Comuni mediante i servizi di segretariato sociale, anche articolato in sportelli sociali sul territorio e il servizio sociale professionale, che concorrono alla realizzazione delle seguenti azioni:
a) organizzazione della porta unica di accesso, quale rete dei punti di accesso al sistema dei servizi, con uniformità di procedure di accesso ai servizi;
b) informazione continua e diffusa sull’offerta dei servizi, le condizioni di accesso e i relativi costi;
c) orientamento e accompagnamento all’accesso ai servizi;
d) trasparenza nella gestione dei tempi di attesa;
e) monitoraggio continuo delle domande sociali espresse e del grado di soddisfazione dell’utenza.
2. Per l’accesso ai servizi sociali e socio-sanitari, i Comuni e le AUSL, per quanto di propria competenza, effettuano in modo integrato una valutazione del bisogno complessivo della persona e, quando possibile, del suo nucleo familiare, al fine di definire risposte complessive, uniche e personalizzate.
La valutazione del bisogno è condizione necessaria per accedere ai servizi a titolo gratuito o con concorso parziale alla spesa, nonché per fruire del titolo per l’acquisto di servizi.
3. La valutazione del bisogno si conclude con la predisposizione di un progetto personalizzato, concordato con la persona e la sua famiglia, che indichi la natura del bisogno, la complessità e l’intensità dell’intervento, la sua durata, le fasi di verifica del percorso di cura, i relativi costi, il soggetto responsabile della gestione del caso.
4. La Regione promuove la costituzione in ogni ambito territoriale o distretto socio-sanitario la costituzione di unità di valutazione multidimensionali,
composte da professionalità diverse e in rappresentanza dei Comuni e della AUSL, al fine di consentire l’adeguata valutazione del bisogno preventivamente alla presa in carico delle persone. A tal fine la Giunta regionale predispone apposite linee guida operative e promuove appositi programmi di assistenza formativa e tecnica per le strutture e gli operatori sociali e sanitari interessati dall’attivazione delle unità di valutazione multidimensionale.

ARTICOLO 60
(Tutela degli utenti)

1. Gli organismi di rappresentanza dei cittadini e degli utenti e le organizzazioni sindacali partecipano al controllo della qualità dei servizi e della conformità degli stessi alla Carta dei servizi di cui all’articolo 58.
2. I soggetti erogatori degli interventi e dei servizi socio-assistenziali individuano gli strumenti per la partecipazione al controllo di cui al comma 1.
3. L’individuazione degli strumenti di cui al comma 2 è requisito preliminare ed essenziale per l’accreditamento di cui all’articolo 54.
4. E’ istituito l’Ufficio regionale di tutela degli utenti, di cui l’apposito regolamento regionale, da approvare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disciplina le funzioni, i compiti, le modalità di funzionamento, nonchè le procedure amministrative e le modalità per la presentazione dei reclami da parte degli utenti e degli organismi di cui al comma 1.

TITOLO VI
NORME FINALI

ARTICOLO 61
(Vigilanza)

1. Il Comune competente per territorio esercita l’attività di vigilanza sulle strutture e sui servizi socio-assistenziali disciplinati dalla presente legge avvalendosi, per gli aspetti di natura sanitaria, dei servizi dell’AUSL competente per territorio in conformità delle modalità stabilite dal regolamento regionale di cui all’articolo 64.

ARTICOLO 62
(Verifica e potere sostitutivo)

1. Il regolamento di cui all’articolo 64 disciplina l’attività di verifica regionale per il controllo dell’efficacia e dell’efficienza dei servizi sul territorio definendo termini e modalità di sospensione o revoca dell’autorizzazione all’esercizio dei servizi nei casi d’inosservanza degli indici oggettivi di qualità e dei requisiti strutturali e assistenziali, nonché di violazione delle leggi e dei regolamenti, del Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) di comparto e della regolarità contributiva e previdenziale.
2. Il regolamento, nell’ambito dell’attività di verifica regionale, stabilisce i criteri per l’individuazione degli organismi di controllo di cui la Regione può avvalersi.
3. Lo stesso regolamento disciplina le modalità di esercizio del potere sostituivo della Regione nei casi d’inosservanza della presente legge da parte dei Comuni prevedendo, in ogni caso e salvo casi urgenti, il preavviso e la fissazione del termine, non inferiore a quindici giorni, entro cui le amministrazioni comunali devono provvedere.

ARTICOLO 63
(Sanzioni)

1. Chiunque apra, ampli, trasformi o gestisca una struttura socio-assistenziale o eroghi un servizio di cui all’articolo 46 senza aver ottenuto la preventiva autorizzazione al funzionamento, ovvero averne dato comunicazione, è punito con la sanzione amministrativa da euro 2 mila a euro 10 mila. L’apertura, l’ampliamento, la trasformazione o la gestione di una struttura socio-assistenziale o l’erogazione di un servizio di cui all’articolo 46, comma 1, senza l’acquisizione della prevista autorizzazione al funzionamento comportano inoltre la chiusura dell’attività disposta con provvedimento del Comune competente, che adotta le misure necessarie per tutelare gli utenti.
2. Il gestore di struttura che, in possesso di autorizzazione al funzionamento, supera la capacità ricettiva massima autorizzata, viene diffidato dal Comune a rientrare nei limiti entro un termine fissato; qualora detta infrazione viene rilevata una seconda volta, il soggetto gestore è punito con la sanzione amministrativa di euro 2 mila per ogni posto che supera la capacità ricettiva autorizzata. In caso di recidiva, il Comune può disporre la sospensione o la revoca dell’autorizzazione al funzionamento.
3. L’inosservanza dell’obbligo di indicare nella denominazione sociale e in tutte le forme di pubblicità gli estremi d’iscrizione nei registri regionali, prescritto dal comma 6 dell’articolo 53, comporta l’applicazione della sanzione amministrativa di euro 2 mila 500 e, in caso di recidiva, il Comune può disporre la sospensione o la revoca dell’autorizzazione al funzionamento.
4. Il Comune può inoltre disporre la revoca o la sospensione dell’autorizzazione al funzionamento, in relazione alla gravità della violazione, qualora accerti il venir meno dei presupposti che hanno dato luogo al suo rilascio. Il provvedimento di revoca o sospensione deve indicare gli adempimenti da porre in essere e la documentazione da produrre per riprendere l’attività.
5. La decisione del gestore di interrompere o sospendere l’attività autorizzata di cui all’articolo 46 deve essere preventivamente comunicata al Comune che ha rilasciato l’autorizzazione. In caso d’inosservanza si applica la sanzione amministrativa da euro mille ad euro 3 mila.
6. L’accertamento, la contestazione e la notifica della violazione, nonché l’introito dei proventi, sono di competenza del Comune.
7. L’introito dei proventi è esclusivamente destinato a rifinanziare le politiche sociali, con l’apertura di apposito capitolo.

ARTICOLO 64
(Regolamento)

1. La Giunta regionale approva il regolamento regionale entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza Regione-Autonomie locali e previa concertazione con le organizzazioni sindacali e con le principali rappresentanze dei soggetti di cui all’articolo 4, comma 2, lettera c).
2. Nelle more dell’approvazione del regolamento continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti in quanto compatibili con la presente legge.

ARTICOLO 65
(Commissione regionale per le politiche sociali)

1. È istituita, presso l’Assessorato regionale ai servizi sociali, la Commissione regionale per le politiche sociali costituita da:
a) l’Assessore regionale ai servizi sociali - Presidente;
b) il Presidente della Commissione sanità e servizi sociali del Consiglio regionale, o un suo delegato;
c) un componente, esperto in materia, designato dal Dirigente scolastico regionale;
d) un componente per ogni provincia, esperto in materia, in rappresentanza dei Comuni, designati dall’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) di Puglia;
e) un componente, esperto in materia, designato dall’Unione province italiane (UPI) di Puglia;
f) un componente, esperto in materia, designato dal Direttore del Centro di giustizia minorile per la Puglia;
g) un componente, esperto in materia, nominato dai Presidenti dei Tribunali per i minorenni della Puglia;
h) un componente, esperto in materia, nominato tra i rappresentanti delle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale;
i) un componente, esperto in materia, nominato dalle principali centrali cooperative a livello regionale, da individuarsi tra quanti operano nell’ambito di cooperative sociali iscritte nell’Albo regionale;
j) un rappresentante della Commissione regionale per le pari opportunità;
k) un componente, esperto nella materia delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza;
l) un componente, esperto in materia, nominato dall’Ordine degli assistenti sociali di Puglia;
m) un componente, esperto in materia, nominato dall’Ordine degli psicologi di Puglia;
n) un componente, esperto in materia, nominato dalla Società italiana dei sociologi;
o) un componente, esperto in materia, nominato dall’Associazione nazionale educatori professionali;
p) un componente, esperto in materia, nominato dalla Federazione italiana pedagogisti (FIPED);
q) un componente, esperto in materia, nominato dall’Associazione nazionale dei pedagogisti italiani (ANPE);
r) un componente, esperto in materia, nominato da ciascuna Confederazione sindacale nazionale più rappresentativa a livello nazionale;
s) un componente, esperto in materia, nominato da ciascuna organizzazione sindacale dei pensionati del lavoro più rappresentativa a livello nazionale;
t) un componente, esperto in materia, nominato tra i rappresentanti delle organizzazioni operanti a livello nazionale e regionale per i diversamente abili;
u) tre membri, esperti in materia, nominati dalla Giunta regionale;
v) il dirigente del Settore programmazione sociale e integrazione socio-sanitaria della Regione;
w) il dirigente del Settore sistema integrato servizi sociali della Regione;
x) il dirigente del Settore programmazione sanitaria della Regione;
y) il dirigente del Settore diritto allo studio della Regione;
z) il dirigente del Settore formazione professionale della Regione;
aa)il dirigente del Settore lavoro e cooperazione della Regione;
ab)il dirigente del Settore urbanistica della Regione;
ac)il dirigente del Settore politiche migratorie della Regione.
2. La Commissione è costituita con decreto del Presidente della Giunta regionale. La mancata designazione di uno o più componenti non è motivo ostativo al suo funzionamento e il mandato coincide con quello del Consiglio regionale.
3. Le funzioni di Segretario della Commissione sono svolte da un dipendente regionale designato dal Dirigente del Settore programmazione sociale.
4. La Commissione ha funzione consultiva e propositiva nell’area delle problematiche relative alle tematiche sociali ed educative a sostegno dell’azione della Regione. Essa è convocata dal Presidente non meno di due volte l’anno, è validamente costituita con la presenza di almeno la maggioranza assoluta dei componenti e decide a maggioranza dei presenti.
5. La Commissione per il suo funzionamento approva un proprio regolamento e per lo svolgimento dell’attività può articolarsi in sottocommissioni. E’ costituita come sottocommissione obbligatoria e autonoma quella dedicata alla tematica minorile. E’ costituita, inoltre, la sottocommissione delle Autonomie locali per la verifica periodica del sistema integrato dei servizi sociali e per la valutazione delle politiche pubbliche regionali per l’inclusione sociale.

ARTICOLO 66
(Conferenza regionale delle politiche sociali)

1. E’ istituita la Conferenza regionale delle politiche sociali, organizzata con cadenza almeno biennale, aperta alla partecipazione di tutti gli operatori pubblici e privati di cui all’articolo 1 e all’articolo 19, per discutere sullo stato di attuazione del sistema integrato d’interventi e servizi sociali e socio-sanitari sul territorio regionale e per elaborare, in modo allargato e partecipato, gli indirizzi per la programmazione sociale regionale.
2. Le risorse umane, finanziarie e strumentali per il supporto organizzativo all’attività della Commissione, nonché per la realizzazione della Conferenza regionale delle politiche sociali, sono definite con direttiva della Giunta regionale, su proposta dell’Assessore ai servizi sociali.

ARTICOLO 67
(Fondi regionali per l’attuazione del sistema integrato socio-assistenziale)

1. Il Fondo globale per i servizi socio-assistenziali, istituito con legge regionale 17 aprile 1990, n. 11 (Disposizioni sostitutive e integrative della legge regionale 4 ottobre 1989, n. 14), è ripartito tra i Comuni con le modalità e le priorità definite dal Piano regionale socio-assistenziale, quale concorso regionale alla realizzazione del sistema integrato socio-assistenziale, fatta salva la riserva di risorse di cui al comma 3 e la riserva delle somme dovute ai Comuni ai sensi dell’articolo 11, comma 3, della l.r. 11/1990. Il Fondo globale per i servizi socio-assistenziali spettante ai Comuni viene ripartito sulla base dei parametri individuati nello stesso Piano regionale socio-assistenziale.
2. Le quote del Fondo nazionale per le politiche sociali, di cui alla l. 328/2000, attribuite alla Regione confluiscono in apposito capitolo di entrata e di spesa vincolata e sono utilizzate per la realizzazione degli obiettivi fissati dal Piano regionale socio-assistenziale.
3. Per sostenere gli oneri derivanti dall’attuazione della riforma prevista dalla l. 328/2000, ivi comprese le attività di comunicazione sociale e di potenziamento e diffusione di buone pratiche, è posta a disposizione del Settore sistema integrato dei servizi sociali e del Settore programmazione sociale e integrazione socio-sanitaria della Regione, una quota non superiore al 3 per cento delle risorse assegnate del Fondo nazionale per le politiche sociali e una quota non superiore al 5 per cento delle risorse del Fondo globale per i servizi socio-assistenziali, di cui al comma 1.
4. I Comuni, singoli o associati, possono destinare agli oneri di cui al comma 3 una percentuale non superiore al 2 per cento delle risorse finanziarie assegnate dalla Regione ai sensi dei commi 1 e 2.
5. Per sostenere gli oneri derivanti dall’attuazione degli interventi di cui al comma 2 dell’articolo 22, dal comma 5 dell’articolo 14, dal comma 1, lettera i), dell’articolo 23 e dall’articolo 29 è riservata una quota pari al 10 per cento del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all’articolo 69, comma 1. Il 5 per cento di tale riserva è dedicato al sostegno dell’associazionismo familiare e delle attività dell’Osservatorio regionale delle politiche per la famiglia.

ARTICOLO 68
(Disposizioni per il personale adibito ai servizi sociali d’integrazione scolastica dei portatori di handicap, di cui alla l.r. 16/1987)

1. Fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 6, comma 1, della legge regionale 12 luglio 2002, n. 13 (Individuazione degli ambiti territoriali e disciplina per la gestione associata dei servizi socio-assistenziali), e quelle ministeriali sulle definizioni delle figure professionali sociali di cui all’articolo 12 della l. 328//2000, i Comuni, singoli o associati, per le particolari prestazioni d’integrazione e sostegno sociali di cui all’articolo14, comma 1, all’articolo 16, comma 3, lettera e), e all’articolo 22, comma 2, lettera f), della l. 328/2000, utilizzano, allo scopo di evitare duplicazioni di esborsi finanziari, gli operatori non sanitari che risultano in servizio al 30 maggio 2006 presso l’AUSL di riferimento ai sensi e per le finalità della l.r. 16/1987, a condizione che gli stessi abbiano operato nel regime di convenzione indiretta con le AUSL, anche non continuativamente, per almeno ventisette mesi dal 31 dicembre 1999 e sino alla data di entrata in vigore della presente legge ovvero che siano titolari di una convenzione al 31 ottobre 1998.
2. I Comuni facenti parte del medesimo distretto sanitario o socio-sanitario attuano il provvedimento di cui al comma 1 entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge associandosi obbligatoriamente fra di loro allo scopo della gestione ottimale del personale. L’iniziativa per la costituzione dell’associazione è assunta dal Sindaco del Comune sede del distretto sanitario o socio-sanitario. Il Presidente dell’associazione dei Comuni facenti parte del distretto, di cui al primo periodo del presente comma, ovvero, se non ancora nominato, il Sindaco del Comune sede del distretto sanitario o socio-sanitario delega all’AUSL, sentiti i Sindaci degli altri Comuni, lo svolgimento dei servizi sociali di cui al comma 1, assegnando, contestualmente alla delega, le risorse finanziarie necessarie, a norma dell’articolo 3, comma 3, del d.lgs. n. 502/1992 e successive modificazioni.
3. Le AUSL, per le attività di diagnosi, cura e riabilitazione dell’handicap, continuano ad avvalersi, oltre che del personale dipendente, del personale sanitario in servizio ai sensi della l.r. 16/1987, a condizione che lo stesso sia in possesso dei requisiti professionali previsti per l’accesso al rapporto di lavoro presso le aziende del SSN e che abbia operato, anche non continuativamente incluso nel regime di convenzione indiretta con le AUSL, per almeno ventisette mesi dal 31 ottobre 1998 e sino alla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero che sia titolare di una convenzione al 31 ottobre 1998 e attualmente in servizio.
4. I rapporti di lavoro del personale di cui ai commi 1 e 3, con decorrenza dall’applicazione del presente articolo, sono regolati da contratti di lavoro subordinato, full time, a tempo determinato di durata annuale, rinnovabili, in rapporto ai finanziamenti a disposizione degli enti e aziende interessate, e sono regolati dai contratti collettivi di lavoro (CCNL), rispettivamente, degli enti locali e delle aziende del SSN.

ARTICOLO 69
(Norma finanziaria)

1. Agli oneri derivanti dalla presente legge, per quanto afferente all’area "Servizi alla persona", si fa fronte con gli stanziamenti di risorse nazionali di cui al Fondo nazionale per le politiche sociali ex legge n. 328 del 2000 e agli altri fondi vincolati per il finanziamento di interventi sociali, di risorse regionali come specificate al comma 3 del presente articolo, nonché di altre risorse comunitarie rivolte al conseguimento di priorità strategiche per l’inclusione sociale nell’ambito dei programmi di iniziativa comunitaria, nazionale e regionale.
2. A decorrere dall’anno 2006 le risorse vincolate del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui al comma 1 sono allocate sui seguenti capitoli del bilancio annuale:
a) capitolo 784025 "Fondo nazionale politiche sociali. l. n. 328/2000 - Trasferimenti ai Comuni e alle Province per il Piano regionale delle politiche sociali", unità previsionale di base 7.1 "Sistema integrato servizi sociali";
b) capitolo 784026 (C.N.I.) "Fondo nazionale politiche sociali. l. n. 328/2000 - Azioni di sistema di iniziativa regionale (articolo 67 comma 3)", unità previsionale di base 7.3 "Programmazione sociale e integrazione";
c) capitolo 784027 (C.N.I.) "Fondo nazionale politiche sociali. l. n. 328/2000 - Azioni sperimentali e innovative di iniziativa regionale (articolo 18, comma 2)", unità previsionale di base 7.3 "Programmazione sociale e integrazione";
d) capitolo 785010 che è rinominato "Fondo per la prima dote per i nuovi nati fino al trentaseiesimo mese di vita e servizi per la prima infanzia", unità previsionale di base 7.3 "Programmazione sociale e integrazione", al quale confluiscono le risorse della riserva del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui al comma 5 dell’articolo 69.
3. A decorrere dall’anno 2006 le risorse autonome previste dalla legge di bilancio annuale sono allocate sui seguenti capitoli:
a) capitolo 784010 "Fondo globale per i servizi socio-assistenziali", nità previsionale di base 7.1 "Sistema integrato servizi sociali", al quale confluiscono annualmente le risorse, nella misura non inferiore agli stanziamenti previsti nel bilancio 2003, di cui ai capitoli 781035 "Spese e/o trasferimenti ai Comuni per il funzionamento Case di riposo ex ONPI di Bari e San Vito dei Normanni, Centro educativo ex G.I. di Gallipoli. Legge 649/1968, legge 764/1975 e l.r. 37/1994", 781075 "Trasferimenti alle AUSL per il rimborso delle spese sostenute per interventi di trapianto. l.r. 25/1996 e successive modificazioni e integrazioni", 782010 "Spese per la gestione della Casa di riposo dei profughi di Bari. l.r. 28/1979";
b) capitolo 785000 "Azioni mirate per la non autosufficienza e le nuove povertà", unità previsionale di base 7.3 "Programmazione sociale e integrazione";
c) capitolo 785010 "Fondo per la prima dote per i nuovi nati fino al trentaseiesimo mese di vita", unità previsionale di base 7.3 "Programmazione sociale e integrazione";
d) capitolo 785020 "Interventi per la connettività sociale e l’integrazione scolastica ed extrascolastica dei disabili", unità previsionale di base 7.3 "Programmazione sociale e integrazione".

ARTICOLO 70
(Abrogazioni e disposizioni transitorie)

1. Sono abrogati gli articoli 1, 2, 3, 4, 6 e 7 - escluso il comma 7 - della l.r. 13/2002 e l’articolo 15 della l.r. 17/1999.
2. Sono abrogati gli articoli 2, 3, 10, 11, 12 della legge regionale 15 dicembre 2000, n. 26 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi in
materia di immigrazione extracomunitaria). 3. Sono abrogati la l.r. 17/2003 e gli articoli 3 e seguenti della legge
regionale 2 aprile 2004, n. 5 (Legge quadro per la famiglia). 4. E’ abrogato l’articolo 4 della legge regionale 11 febbraio 1999, n. 10
(Sviluppo degli interventi in favore dell’infanzia e dell’adolescenza).
5. Con l’entrata in vigore del regolamento regionale previsto dalla presente
legge sono abrogati:
a) la l.r. 49/1981;b) il regol. reg. 1/1983; c) la legge regionale 7 settembre 1987, n. 26 (Assegnazioni finanziarie
alle USL per interventi socio-assistenziali collegati all’assistenza
psichiatrica);
d) il regol. reg. 1/1993; e) la legge regionale 21 aprile 1995, n. 25 (Modifica della legge regionale 14 giugno 1994, n. 18 concernente norme per l’istituzione degli
ambiti territoriali delle USL);
f) il comma 2 dell’articolo 11 della l.r. 11/1990; g) la legge regionale 3 marzo 1973, n. 6 (Programmazione e finanziamento
del piano di costruzione degli asili-nido). 6. Sino alla data di entrata in vigore del regolamento regionale continuano ad
applicarsi le disposizioni vigenti in quanto compatibili con la presente legge.
7. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale propone l’adeguamento della normativa vigente per specifica materia alla presente legge, nonché un aggiornamento del vigente Piano regionale delle politiche sociali.
8. Nelle more dell’adeguamento della normativa, ai sensi del comma 4, nei casi non disciplinati dalla presente legge, il Piano regionale definisce le modalità di esercizio delle funzioni individuando l’ente subentrante.

Formula Finale:
La presente legge è dichiarata urgente e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi e per gli effetti dell'art. 53, comma 1 della L.R. 12/05/2004, n° 7 "Statuto della
Regione Puglia" ed entrerà in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione.
é fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della Regione Puglia.
Data a Bari, addì 10 luglio 2006
VENDOLA


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