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Decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30
Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.
 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri;
Vista la legge 18 aprile 2005, n. 62, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 2004, che ha delegato il Governo a recepire la citata direttiva 2004/38/CE, compresa nell'elenco di cui all'allegato B della legge stessa;
Visto il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di circolazione e soggiorno dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 gennaio 2002, n. 54;
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 10 novembre 2006;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 gennaio 2007;
Sulla proposta del Ministro per le politiche europee e del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri degli affari esteri, dell'economia e delle finanze, della giustizia, del lavoro e della previdenza sociale e per gli affari regionali e le autonomie locali;


emana il seguente decreto legislativo:


Art. 1.
Finalità


1. Il presente decreto legislativo disciplina:
a) le modalità d'esercizio del diritto di libera circolazione, ingresso e soggiorno nel territorio dello Stato da parte dei cittadini dell'Unione europea e dei familiari di cui all'articolo 2 che accompagnano o raggiungono i medesimi cittadini;
b) il diritto di soggiorno permanente nel territorio dello Stato dei cittadini dell'Unione europea e dei familiari di cui all'articolo 2 che accompagnano o raggiungono i medesimi cittadini;
c) le limitazioni ai diritti di cui alle lettere a) e b) per motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza.


Note alle premesse:
- L'art. 76 della Costituzione stabilisce che l'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.
- L'art. 87 della Costituzione conferisce, tra l'altro, al Presidente della Repubblica il potere di promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi valore di legge ed i regolamenti.
- La direttiva n. 2004/38/CE é pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee n. L 158 del 30 aprile 2004.
- La legge 18 aprile 2005, n. 62 é pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 27 aprile 2005, n. 96, supplemento ordinario.
- Il decreto del Presidente della Repubblica 18 gennaio 2002, n. 54, é pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 aprile 2002, n. 83, supplemento ordinario.
- La legge 23 agosto 1988, n. 400, é pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 12 settembre 1988, n. 214, supplemento ordinario.


Art. 2.
Definizioni


1. Ai fini del presente decreto legislativo, si intende per:
a) «cittadino dell'Unione»: qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno Stato membro;
b) «familiare»:
1) il coniuge;
2) il partner che abbia contratto con il cittadino dell'Unione un'unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l'unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante;
3) i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera b);
4) gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera b);
c) «Stato membro ospitante»: lo Stato membro nel quale il cittadino dell'Unione si reca al fine di esercitare il diritto di libera circolazione o di soggiorno.


Art. 3.
Aventi diritto


1. Il presente decreto legislativo si applica a qualsiasi cittadino dell'Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera b), che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo.
2. Senza pregiudizio del diritto personale di libera circolazione e di soggiorno dell'interessato, lo Stato membro ospitante, conformemente alla sua legislazione nazionale, agevola l'ingresso e il soggiorno delle seguenti persone:
a) ogni altro familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, non definito all'articolo 2, comma 1, lettera b), se é a carico o convive, nel paese di provenienza, con il cittadino dell'Unione titolare del diritto di soggiorno a titolo principale o se gravi motivi di salute impongono che il cittadino dell'Unione lo assista personalmente;
b) il partner con cui il cittadino dell'Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata dallo Stato del cittadino dell'Unione.
3. Lo Stato membro ospitante effettua un esame approfondito della situazione personale e giustifica l'eventuale rifiuto del loro ingresso o soggiorno.


Art. 4.
Diritto di circolazione nell'ambito dell'Unione europea


1. Ferme le disposizioni relative ai controlli dei documenti di viaggio alla frontiera, il cittadino dell'Unione in possesso di documento d'identità valido per l'espatrio, secondo la legislazione dello Stato membro, ed i suoi familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, ma in possesso di un passaporto valido, hanno il diritto di lasciare il territorio nazionale per recarsi in un altro Stato dell'Unione.
2. Per i soggetti di cui al comma 1, minori degli anni diciotto, ovvero interdetti o inabilitati, il diritto di circolazione é esercitato secondo le modalità stabilite dalla legislazione dello Stato di cui hanno la cittadinanza.


Art. 5.
Diritto di ingresso


1. Ferme le disposizioni relative ai controlli dei documenti di viaggio alla frontiera, il cittadino dell'Unione in possesso di documento d'identità valido per l'espatrio, secondo la legislazione dello Stato membro, ed i suoi familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, ma in possesso di un passaporto valido, sono ammessi nel territorio nazionale.
2. I familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro sono assoggettati all'obbligo del visto d'ingresso, nei casi in cui é richiesto. Il possesso della carta di soggiorno di cui all'articolo 10 in corso di validità esonera dall'obbligo di munirsi del visto.
3. I visti di cui al comma 2 sono rilasciati gratuitamente e con priorità rispetto alle altre richieste.
4. Nei casi in cui é esibita la carta di soggiorno di cui all'articolo 10 non sono apposti timbri di ingresso o di uscita nel passaporto del familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea.
5. Il respingimento nei confronti di un cittadino dell'Unione o di un suo familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro, sprovvisto dei documenti di viaggio o del visto di ingresso, non é disposto se l'interessato, entro ventiquattro ore dalla richiesta, fa pervenire i documenti necessari ovvero dimostra con altra idonea documentazione, secondo la legge nazionale, la qualifica di titolare del diritto di libera circolazione.


Art. 6.
Diritto di soggiorno fino a tre mesi


1. I cittadini dell'Unione hanno il diritto di soggiornare nel territorio nazionale per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna condizione o formalità, salvo il possesso di un documento d'identità valido per l'espatrio secondo la legislazione dello Stato di cui hanno la cittadinanza.
2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che accompagnano o raggiungono il cittadino dell'Unione, in possesso di un passaporto in corso di validità, che hanno fatto ingresso nel territorio nazionale ai sensi dell'articolo 5, comma 2.
3. Fatte salve le disposizioni di leggi speciali conformi ai Trattati dell'Unione europea ed alla normativa comunitaria in vigore, i cittadini di cui ai commi 1 e 2, nello svolgimento delle attività consentite, sono tenuti ai medesimi adempimenti richiesti ai cittadini italiani.


Art. 7.
Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi


1. Il cittadino dell'Unione ha diritto di soggiornare nel territorio nazionale per un periodo superiore a tre mesi quando:
a) é lavoratore subordinato o autonomo nello Stato;
b) dispone per sé stesso e per i propri familiari di risorse economiche sufficienti, per non diventare un onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato durante il periodo di soggiorno, e di un'assicurazione sanitaria o di altro titolo idoneo comunque denominato che copra tutti i rischi nel territorio nazionale;
c) é iscritto presso un istituto pubblico o privato riconosciuto per seguirvi come attività principale un corso di studi o di formazione professionale e dispone, per sé stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, per non diventare un onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato durante il suo periodo di soggiorno, da attestare attraverso una dichiarazione o con altra idonea documentazione, e di un'assicurazione sanitaria o di altro titolo idoneo che copra tutti i rischi nel territorio nazionale;
d) é familiare, come definito dall'articolo 2, che accompagna o raggiunge un cittadino dell'Unione che ha diritto di soggiornare ai sensi delle lettere a), b) o c).
2. Il diritto di soggiorno di cui al comma 1 é esteso ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnano o raggiungono nel territorio nazionale il cittadino dell'Unione, purché questi risponda alle condizioni di cui al comma 1, lettere a), b) o c).
3. Il cittadino dell'Unione, già lavoratore subordinato o autonomo sul territorio nazionale, conserva il diritto al soggiorno di cui al comma 1, lettera a) quando:
a) é temporaneamente inabile al lavoro a seguito di una malattia o di un infortunio;
b) é in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata dopo aver esercitato un'attività lavorativa per oltre un anno nel territorio nazionale ed é iscritto presso il Centro per l'impiego, ovvero ha reso la dichiarazione, di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, così come sostituito dall'articolo 3 del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, che attesti l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa;
c) é in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata al termine di un contratto di lavoro di durata determinata inferiore ad un anno, ovvero si é trovato in tale stato durante i primi dodici mesi di soggiorno nel territorio nazionale, é iscritto presso il Centro per l'impiego ovvero ha reso la dichiarazione, di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, così come sostituito dall'articolo 3 del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, che attesti l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa. In tale caso, l'interessato conserva la qualità di lavoratore subordinato per un periodo di un anno;
d) segue un corso di formazione professionale. Salvo il caso di disoccupazione involontaria, la conservazione della qualità di lavoratore subordinato presuppone che esista un collegamento tra l'attività professionale precedentemente svolta e il corso di formazione seguito.



Note all'art. 7:
- Si riporta il testo dell'art. 2 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181 (Disposizioni per agevolare l'incontro fra domanda ed offerta di lavoro, in attuazione dell'art. 45, comma 1, lettera a), della legge 17 maggio 1999, n. 144).
«Art. 2 (Stato di disoccupazione).
1. La condizione di cui all'art. 1, comma 2, lettera c), deve essere comprovata dalla presentazione dell'interessato presso il servizio competente nel cui ambito territoriale si trovi il domicilio del medesimo, accompagnata da una dichiarazione, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che attesti l'eventuale attività lavorativa precedentemente svolta, nonché l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa.
2. In sede di prima applicazione del presente decreto gli interessati all'accertamento della condizione di cui all'art. 1, comma 2, lettera f), sono tenuti a presentarsi presso il servizio competente per territorio entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del medesimo e a rendere la dichiarazione di cui al comma 1.
3. Le regioni definiscono gli indirizzi operativi per l'accertamento e la verifica dello stato di disoccupazione da parte dei servizi competenti.
4. La verifica dell'effettiva permanenza nello stato di disoccupazione é effettuata dai servizi competenti con le seguenti modalità:
a) sulla base delle comunicazioni di cui all'art. 4-bis o di altre informazioni fornite dagli organi di vigilanza;
b) in relazione al rispetto delle misure concordate con il disoccupato.
5. Nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari e i gestori di pubblici servizi, lo stato di disoccupazione é comprovato con dichiarazioni, anche contestuali all'istanza, sottoscritte dall'interessato. In tali casi, nonché in quelli di cui al comma 1, si applica il decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
6. La durata dello stato di disoccupazione si calcola in mesi commerciali. I periodi fino a giorni quindici, all'interno di un unico mese, non si computano, mentre i periodi superiori a giorni quindici si computano come un mese intero.».
- L'art. 737 c.p.c. é inserito nel Capo VI (Disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio) del Titolo II (Dei procedimenti in materia di famiglia e di stato di persone) del libro Quarto (Dei procedimenti speciali).


Art. 8.
Ricorsi avverso il mancato riconoscimento del diritto di soggiorno


1. Avverso il provvedimento di rifiuto e revoca del diritto di cui agli articoli 6 e 7, é ammesso ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo ove dimora il richiedente, il quale provvede, sentito l'interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.


Art. 9.
Formalità amministrative per i cittadini dell'Unione ed i loro familiari


1. Al cittadino dell'Unione che intende soggiornare in Italia, ai sensi dell'articolo 7 per un periodo superiore a tre mesi, si applica la legge 24 dicembre 1954 n. 1228, ed il nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.
2. Fermo quanto previsto dal comma 1, l'iscrizione é comunque richiesta trascorsi tre mesi dall'ingresso ed é rilasciata immediatamente una attestazione contenente l'indicazione del nome e della dimora del richiedente, nonché la data della richiesta.
3. Oltre a quanto previsto per i cittadini italiani dalla normativa di cui al comma 1, per l'iscrizione anagrafica di cui al comma 2, il cittadino dell'Unione deve produrre la documentazione attestante:
a) l'attività lavorativa, subordinata o autonoma, esercitata se l'iscrizione é richiesta ai sensi dell'articolo 7, comma 1, lettera a);
b) la disponibilità di risorse economiche sufficienti per sé e per i propri familiari, secondo i criteri di cui all'articolo 29, comma 3, lettera b), del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché la titolarità di una assicurazione sanitaria ovvero di altro titolo comunque denominato idoneo a coprire tutti i rischi nel territorio nazionale, se l'iscrizione é richiesta ai sensi dell'articolo 7, comma 1, lettera b);
c) l'iscrizione presso un istituto pubblico o privato riconosciuto dalla vigente normativa e la titolarità di un'assicurazione sanitaria ovvero di altro titolo comunque denominato idoneo a coprire tutti i rischi, nonché la disponibilità di risorse economiche sufficienti per sé e per i propri familiari, secondo i criteri di cui all'articolo 29, comma 3, lettera b), del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, se l'iscrizione é richiesta ai sensi dell'articolo 7, comma 1, lettera c).
4. Il cittadino dell'Unione può dimostrare di disporre, per sé e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti a non gravare sul sistema di assistenza pubblica, anche attraverso la dichiarazione di cui agli articoli 46 e 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
5. Ai fini dell'iscrizione anagrafica, oltre a quanto previsto per i cittadini italiani dalla normativa di cui al comma 1, i familiari del cittadino dell'Unione europea che non hanno un autonomo diritto di soggiorno devono presentare, in conformità alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445:
a) un documento di identità o il passaporto in corso di validità, nonché il visto di ingresso quando richiesto;
b) un documento che attesti la qualità di familiare e, qualora richiesto, di familiare a carico;
c) l'attestato della richiesta d'iscrizione anagrafica del familiare cittadino dell'Unione.
6. Salvo quanto previsto dal presente decreto, per l'iscrizione anagrafica ed il rilascio della ricevuta di iscrizione e del relativo documento di identità si applicano le medesime disposizioni previste per il cittadino italiano.
7. Le richieste di iscrizioni anagrafiche dei familiari del cittadino dell'Unione che non abbiano la cittadinanza di uno Stato membro sono trasmesse, ai sensi dell'articolo 6, comma 7, del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, a cura delle amministrazioni comunali alla Questura competente per territorio.


Note all'art. 9:
- La legge 24 dicembre 1954, n. 1228, reca: «Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente».
- Il decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, reca: «Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente».
- Si riporta il testo degli articoli 29, comma 3, lettera b) e dell'art. 6, comma 7, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante: «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero»:
«Art. 29 (Ricongiungimento familiare).
1-2. (Omissis).
3. Salvo quanto previsto dall'art. 29-bis, lo straniero che richiede il ricongiungimento deve dimostrare la disponibilità:
a) (omissis);
b) di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di un solo familiare, al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di due o tre familiari, al triplo dell'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di quattro o più familiari. Per il ricongiungimento di due o più figli di età inferiore agli anni quattordici é richiesto, in ogni caso, un reddito minimo non inferiore al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale. Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente.».
«Art. 6 (Facoltà ed obblighi inerenti al soggiorno).
1.-6. (Omissis).
7. Le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di attuazione. In ogni caso la dimora dello straniero si considera abitualmente anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi presso un centro di accoglienza. Dell'avvenuta iscrizione o variazione l'ufficio dà comunicazione alla questura territorialmente competente.».
- Il decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, reca: «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa. (Testo A)».


Art. 10.
Carta di soggiorno per i familiari del cittadino comunitario non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea


1. I familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, di cui all'articolo 2, trascorsi tre mesi dall'ingresso nel territorio nazionale, richiedono alla questura competente per territorio di residenza la «Carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione», redatta su modello conforme a quello stabilito con decreto del Ministro dell'interno da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Fino alla data di entrata in vigore del predetto decreto, é rilasciato il titolo di soggiorno previsto dalla normativa vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
2. Al momento della richiesta di rilascio della carta di soggiorno, al familiare del cittadino dell'Unione é rilasciata una ricevuta secondo il modello definito con decreto del Ministro dell'interno di cui al comma 1.
3. Per il rilascio della Carta di soggiorno, é richiesta la presentazione:
a) del passaporto o documento equivalente, in corso di validità, nonché del visto di ingresso, qualora richiesto;
b) di un documento che attesti la qualità di familiare e, qualora richiesto, di familiare a carico;
c) dell'attestato della richiesta d'iscrizione anagrafica del familiare cittadino dell'Unione;
d) della fotografia dell'interessato, in formato tessera, in quattro esemplari.
4. La carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione ha una validità di cinque anni dalla data del rilascio.
5. La carta di soggiorno mantiene la propria validità anche in caso di assenze temporanee del titolare non superiori a sei mesi l'anno, nonché di assenze di durata superiore per l'assolvimento di obblighi militari ovvero di assenze fino a dodici mesi consecutivi per rilevanti motivi, quali la gravidanza e la maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un altro Stato; é onere dell'interessato esibire la documentazione atta a dimostrare i fatti che consentono la perduranza di validità.
6. Il rilascio della carta di soggiorno di cui al comma 1 é gratuito, salvo il rimborso del costo degli stampati e del materiale usato per il documento.


Art. 11.
Conservazione del diritto di soggiorno dei familiari in caso di decesso o di partenza del cittadino dell'Unione europea


1. Il decesso del cittadino dell'Unione o la sua partenza dal territorio nazionale non incidono sul diritto di soggiorno dei suoi familiari aventi la cittadinanza di uno Stato membro, a condizione che essi abbiano acquisito il diritto di soggiorno permanente ai sensi dell'articolo 14 o siano in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 7, comma 1.
2. Il decesso del cittadino dell'Unione non comporta la perdita del diritto di soggiorno dei familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, sempre che essi abbiano soggiornato nel territorio nazionale per almeno un anno prima del decesso del cittadino dell'Unione ed abbiano acquisito il diritto di soggiorno permanente di cui all'articolo 14 o dimostrino di esercitare un'attività lavorativa subordinata od autonoma o di disporre per sé e per i familiari di risorse sufficienti, affinché non divengano un onere per il sistema di assistenza sociale dello Stato durante il loro soggiorno, nonché di una assicurazione sanitaria che copra tutti i rischi nello Stato, ovvero di fare parte del nucleo familiare, già costituito nello Stato, di una persona che soddisfa tali condizioni. Le risorse sufficienti sono quelle indicate all'articolo 9, comma 3.
3. Nell'ipotesi di cui al comma 2, quando non sussiste il requisito del soggiorno nel territorio nazionale per almeno un anno si applica l'articolo 30, comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni.
4. La partenza del cittadino dell'Unione dal territorio nazionale o il suo decesso non comportano la perdita del diritto di soggiorno dei figli o del genitore che ne ha l'affidamento, indipendentemente dal requisito della cittadinanza, se essi risiedono nello Stato e sono iscritti in un istituto scolastico per seguirvi gli studi, e fino al termine degli studi stessi.


Nota all'art. 11:
- L'art. 30, comma 5, de1 citato decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, così recita:
«Art. 30 (Permesso di soggiorno per motivi familiari).
- 1.-4. (Omissis).
5. In caso di morte del familiare in possesso dei requisiti per il ricongiungimento e in caso di separazione legale o di scioglimento del matrimonio o, per il figlio che non possa ottenere la carta di soggiorno, al compimento del diciottesimo anno di età, il permesso di soggiorno può essere convertito in permesso per lavoro subordinato, per lavoro autonomo o per studio, fermi i requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro.».


Art. 12.
Mantenimento del diritto di soggiorno dei familiari in caso di divorzio e di annullamento del matrimonio


1. Il divorzio e l'annullamento del matrimonio dei cittadini dell'Unione non incidono sul diritto di soggiorno dei loro familiari
aventi la cittadinanza di uno Stato membro, a condizione che essi abbiano acquisito il diritto di soggiorno permanente di cui all'articolo 14 o soddisfino personalmente le condizioni previste all'articolo 7, comma 1.
2. Il divorzio e l'annullamento del matrimonio con il cittadino dell'Unione non comportano la perdita del diritto di soggiorno dei familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro a condizione che essi abbiano acquisito il diritto al soggiorno permanente di cui all'articolo 14 o che si verifichi una delle seguenti condizioni:
a) il matrimonio é durato almeno tre anni, di cui almeno un anno nel territorio nazionale, prima dell'inizio del procedimento di divorzio o annullamento;
b) il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro ha ottenuto l'affidamento dei figli del cittadino dell'Unione in base ad accordo tra i coniugi o a decisione giudiziaria;
c) l'interessato risulti parte offesa in procedimento penale, in corso o definito con sentenza di condanna, per reati contro la persona commessi nell'ambito familiare;
d) il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro beneficia, in base ad un accordo tra i coniugi o a decisione giudiziaria, di un diritto di visita al figlio minore, a condizione che l'organo giurisdizionale ha ritenuto che le visite devono obbligatoriamente essere effettuate nel territorio nazionale, e fino a quando sono considerate necessarie.
3. Nei casi di cui al comma 2, quando non si verifichi alcuna delle condizioni di cui alle lettere a), b), c) e d), si applica l'articolo 30, comma 5, del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, e successive modificazioni.
4. Nei casi di cui al comma 2, salvo che gli interessati abbiano acquisito il diritto di soggiorno permanente di cui al successivo articolo 14, il loro diritto di soggiorno é comunque subordinato al requisito che essi dimostrino di esercitare un'attività lavorativa subordinata o autonoma, o di disporre per sé e per i familiari di risorse sufficienti, affinché non divengano un onere per il sistema di assistenza sociale dello Stato durante il soggiorno, nonché di una assicurazione sanitaria che copra tutti i rischi nello Stato, ovvero di fare parte del nucleo familiare, già costituito nello Stato, di una persona che soddisfa tali condizioni. Le risorse sufficienti sono quelle indicate all'articolo 9, comma 3.


Nota all'art. 12:
- Per l'art. 30, comma 5, del decreto legislativo n. 286 del 1998, vedi note all'art. 11.


Art. 13.
Mantenimento del diritto di soggiorno


1. I cittadini dell'Unione ed i loro familiari beneficiano del diritto di soggiorno di cui all'articolo 6, finché hanno le risorse economiche di cui all'articolo 9, comma 3, che gli impediscono di diventare un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante e finché non costituiscano un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica.
2. I cittadini dell'Unione e i loro familiari beneficiano del diritto di soggiorno di cui agli articoli 7, 11 e 12, finché soddisfano le condizioni fissate negli stessi articoli.
3. Ferme le disposizioni concernenti l'allontanamento per motivi di ordine e sicurezza pubblica, un provvedimento di allontanamento non può essere adottato nei confronti di cittadini dell'Unione o dei loro familiari, qualora;
a) i cittadini dell'Unione siano lavoratori subordinati o autonomi;
b) i cittadini dell'Unione siano entrati nel territorio dello Stato per cercare un posto di lavoro. In tale caso i cittadini dell'Unione e i membri della loro famiglia non possono essere allontanati fino a quando i cittadini dell'Unione possono dimostrare di essere iscritti nel Centro per l'impiego da non più di sei mesi, ovvero di aver reso la dichiarazione di immediata disponibilità allo svolgimento dell'attività lavorativa, di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, così come sostituito dall'articolo 3 del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297 e di non essere stati esclusi dallo stato di disoccupazione ai sensi dell'articolo 4 del medesimo decreto legislativo n. 297 del 2002.


Nota all'art. 13:
- Per l'art. 2 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, vedi note all'art. 7.


Art. 14.
Diritto di soggiorno permanente


1. Il cittadino dell'Unione che ha soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale ha diritto al soggiorno permanente non subordinato alle condizioni previste dagli
articoli 7, 11, 12 e 13.
2. Salve le disposizioni degli articoli 11 e 12, il familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro acquisisce il diritto di soggiorno permanente se ha soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale unitamente al cittadino dell'Unione.
3. La continuità del soggiorno non é pregiudicato da assenze che non superino complessivamente sei mesi l'anno, nonché da assenze di durata superiore per l'assolvimento di obblighi militari ovvero da assenze fino a dodici mesi consecutivi per motivi rilevanti, quali la gravidanza e la maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un altro Stato membro o in un Paese terzo.
4. Il diritto di soggiorno permanente si perde in ogni caso a seguito di assenze dal territorio nazionale di durata superiore a due anni consecutivi.


Art. 15.
Deroghe a favore dei lavoratori che hanno cessato la loro attività nello Stato membro ospitante e dei loro familiari


1. In deroga all'articolo 14 ha diritto di soggiorno permanente nello Stato prima della maturazione di un periodo continuativo di cinque anni di soggiorno:
a) il lavoratore subordinato o autonomo il quale, nel momento in cui cessa l'attività, ha raggiunto l'età prevista ai fini dell'acquisizione del diritto alla pensione di vecchiaia, o il lavoratore subordinato che cessa di svolgere un'attività subordinata a seguito di pensionamento anticipato, a condizione che abbia svolto nel territorio dello Stato la propria attività almeno negli ultimi dodici mesi e vi abbia soggiornato in via continuativa per oltre tre anni. Ove il lavoratore appartenga ad una categoria per la quale la legge non riconosce il diritto alla pensione di vecchiaia, la condizione relativa all'età é considerata soddisfatta quando l'interessato ha raggiunto l'età di 60 anni;
b) il lavoratore subordinato o autonomo che ha soggiornato in modo continuativo nello Stato per oltre due anni e cessa di esercitare l'attività professionale a causa di una sopravvenuta incapacità lavorativa permanente. Ove tale incapacità sia stata causata da un infortunio sul lavoro o da una malattia professionale che dà all'interessato diritto ad una prestazione interamente o parzialmente a carico di un'istituzione dello Stato, non si applica alcuna condizione relativa alla durata del soggiorno;
c) il lavoratore subordinato o autonomo che, dopo tre anni d'attività e di soggiorno continuativi nello Stato, eserciti un'attività subordinata o autonoma in un altro Stato membro, pur continuando a risiedere nel territorio dello Stato, permanendo le condizioni previste per l'iscrizione anagrafica.
2. Ai fini dell'acquisizione dei diritti previsti nel comma 1, lettere a) e b), i periodi di occupazione trascorsi dall'interessato nello Stato membro in cui esercita un'attività sono considerati periodi trascorsi nel territorio nazionale.
3. I periodi di iscrizione alle liste di mobilità o di disoccupazione involontaria, così come definiti dal decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, o i periodi di sospensione dell'attività indipendenti dalla volontà dell'interessato e l'assenza dal lavoro o la cessazione dell'attività per motivi di malattia o infortunio sono considerati periodi di occupazione ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1.
4. La sussistenza delle condizioni relative alla durata del soggiorno e dell'attività di cui al comma 1, lettera a) e lettera b), non sono necessarie se il coniuge é cittadino italiano, ovvero ha perso la cittadinanza italiana a seguito del matrimonio con il lavoratore dipendente o autonomo.
5. I familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, del lavoratore subordinato o autonomo, che soggiornano con quest'ultimo nel territorio dello Stato, godono del diritto di soggiorno permanente se il lavoratore stesso ha acquisito il diritto di soggiorno permanente in forza del comma 1.
6. Se il lavoratore subordinato o autonomo decede mentre era in attività senza aver ancora acquisito il diritto di soggiorno permanente a norma del comma 1, i familiari che hanno soggiornato con il lavoratore nel territorio acquisiscono il diritto di soggiorno permanente, qualora si verifica una delle seguenti condizioni:
a) il lavoratore subordinato o autonomo, alla data del suo decesso, abbia soggiornato in via continuativa nel territorio nazionale per due anni;
b) il decesso sia avvenuto in seguito ad un infortunio sul lavoro o ad una malattia professionale;
c) il coniuge superstite abbia perso la cittadinanza italiana a seguito del matrimonio con il lavoratore dipendente o autonomo.
7. Se non rientrano nelle condizioni previste dal presente articolo, i familiari del cittadino dell'Unione di cui all'articolo 11, comma 2, e all'articolo 12, comma 2, che soddisfano le condizioni ivi previste, acquisiscono il diritto di soggiorno permanente dopo aver soggiornato legalmente e in via continuativa per cinque anni nello Stato membro ospitante.


Nota all'art. 15:
- Il decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, reca: «Disposizioni modificative e correttive del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, recante norme per agevolare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, in attuazione dell'art. 45, comma 1, lettera a), della legge 17 maggio 1999, n. 144.».


Art. 16.
Attestazione di soggiorno permanente per i cittadini dell'Unione europea


1. A richiesta dell'interessato, il comune di residenza rilascia al cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea un attestato che certifichi la sua condizione di titolare del diritto di soggiorno permanente. L'attestato é rilasciato entro trenta giorni dalla richiesta corredata dalla documentazione atta a provare le condizioni, rispettivamente previsti dall'articolo 14 e dall'articolo 15.
2. L'attestato di cui al comma 1 può essere sostituito da una istruzione contenuta nel microchip della carta di identità elettronica di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, secondo le regole tecniche stabilite dal Ministero dell'interno.


Nota all'art. 16:
- Il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, reca:«Codice dell'amministrazione digitale».


Art. 17.
Carta di soggiorno permanente per i familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro


1. Ai familiari del cittadino comunitario non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea, che abbiano maturato il diritto di soggiorno permanente, la Questura rilascia una «Carta di soggiorno permanente per familiari di cittadini europei».
2. La richiesta di Carta di soggiorno permanente é presentata alla Questura competente per territorio di residenza prima dello scadere del periodo di validità della Carta di soggiorno di cui all'articolo 10 ed é rilasciata entro 90 giorni, su modello conforme a quello stabilito con decreto del Ministro dell'interno.
3. Il rilascio dell'attestazione é gratuito, salvo il rimborso del costo degli stampati o del materiale utilizzato.
4. Le interruzioni di soggiorno che non superino, ogni volta, i due anni consecutivi, non incidono sulla validità della carta di soggiorno permanente.


Art. 18.
Continuità del soggiorno


1. La continuità del soggiorno, ai fini del presente decreto legislativo, nonché i requisiti prescritti dagli articoli 13, 14, 15 e 16 possono essere comprovati con le modalità previste dalla legislazione vigente.
2. La continuità del soggiorno é interrotta dal provvedimento di allontanamento adottato nei confronti della persona interessata.


Art. 19.
Disposizioni comuni al diritto di soggiorno e al diritto di soggiorno permanente


1. I cittadini dell'Unione e i loro familiari hanno diritto di esercitare qualsiasi attività economica autonoma o subordinata, escluse le attività che la legge, conformemente ai Trattati dell'Unione europea ed alla normativa comunitaria in vigore, riserva ai cittadini italiani.
2. Fatte salve le disposizioni specifiche espressamente previste dal Trattato CE e dal diritto derivato, ogni cittadino dell'Unione che risiede, in base al presente decreto, nel territorio nazionale gode di pari trattamento rispetto ai cittadini italiani nel campo di applicazione del Trattato. Il beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente.
3. In deroga al comma 2 e se non attribuito autonomamente in virtù dell'attività esercitata o da altre disposizioni di legge, il cittadino dell'Unione ed i suoi familiari non godono del diritto a prestazioni d'assistenza sociale durante i primi tre mesi di soggiorno o, comunque, nei casi previsti dall'articolo 13, comma 3, lettera b), salvo che tale diritto sia automaticamente riconosciuto in forza dell'attività esercitata o da altre disposizioni di legge.
4. La qualità di titolare di diritto di soggiorno e di titolare di diritto di soggiorno permanente può essere attestata con qualsiasi mezzo di prova previsto dalla normativa vigente.


Art. 20.
Limitazioni al diritto di ingresso e di soggiorno per motivi di ordine pubblico


1. Il diritto di ingresso e di soggiorno dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari, qualsiasi sia la loro cittadinanza, può essere limitato solo per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.
2. I provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati nel rispetto del principio di proporzionalità ed in relazione a comportamenti della persona, che rappresentino una minaccia concreta e attuale tale da pregiudicare l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica. La esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l'adozione di tali provvedimenti.
3. Nell'adottare un provvedimento di allontanamento dal territorio per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, si tiene conto della durata del soggiorno in Italia dell'interessato, della sua età, del suo stato di salute, della sua situazione familiare e economica, della sua integrazione sociale e culturale nel territorio nazionale e dell'importanza dei suoi legami con il Paese d'origine.
4. I cittadini dell'Unione europea ed i loro familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, che abbiano acquisito il diritto di soggiorno permanente di cui all'articolo 14 possono essere allontanati dal territorio dello Stato solo per gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica.
5. I cittadini dell'Unione europea che hanno soggiornato nel territorio nazionale nei precedenti dieci anni o che siano minorenni possono essere allontanati solo per motivi di pubblica sicurezza che mettano a repentaglio la sicurezza dello Stato, salvo quando l'allontanamento sia necessario nell'interesse stesso del minore, secondo quanto contemplato dalla Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata con legge 27 maggio 1991, n. 176.
6. Le malattie o le infermità che possono giustificare limitazioni alla libertà di circolazione sul territorio nazionale sono solo quelle con potenziale epidemico individuate dall'Organizzazione mondiale della sanità, nonché altre malattie infettive o parassitarie contagiose, sempreché siano oggetto di disposizioni di protezione che si applicano ai cittadini italiani. Le malattie che insorgono successivamente all'ingresso nel territorio nazionale non possono giustificare l'allontanamento del cittadino dell'Unione e dei suoi familiari.
7. Il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale di cui ai comma 1, 4 e 5 é adottato dal Ministro dell'interno con atto motivato, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato, e tradotto in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero in inglese. Il provvedimento di allontanamento é notificato all'interessato e riporta le modalità di impugnazione e della durata del divieto di reingresso sul territorio nazionale, che non può essere superiore a 3 anni. Il provvedimento di allontanamento indica il termine stabilito per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore ad un mese dalla data della notifica, fatti salvi i casi di comprovata urgenza.
8. Il destinatario del provvedimento di allontanamento che rientra nel territorio nazionale in violazione del divieto di reingresso é punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda da euro 500 ad euro 5.000 ed é nuovamente allontanato con accompagnamento immediato.
9. Qualora il cittadino dell'Unione o il suo familiare allontanato si trattiene nel territorio dello Stato oltre il termine fissato nel provvedimento di cui al comma 7, ovvero quando il provvedimento é fondato su motivi di pubblica sicurezza che mettano a repentaglio la sicurezza dello Stato, il questore dispone l'esecuzione immediata del provvedimento di allontanamento dell'interessato dal territorio nazionale.


Nota all'art. 20:
- La legge 27 maggio 1991, n. 176, reca: «Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989».


Art. 21.
Allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno


1. Il provvedimento di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea e dei loro familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, può altresì essere adottato quando vengono a mancare le condizioni che determinano il diritto di soggiorno dell'interessato, salvo quanto previsto dagli articoli 11 e 12.
2. Il provvedimento di cui al comma 1 é adottato dal Prefetto, territorialmente competente secondo la residenza o dimora del destinatario, con atto motivato e notificato all'interessato. Il provvedimento é adottato tenendo conto della durata del soggiorno dell'interessato, della sua età, della sua salute, della sua integrazione sociale e culturale e dei suoi legami con il Paese di origine ed é tradotto in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero in inglese, e riporta le modalità di impugnazione, nonché il termine per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore ad un mese. Il provvedimento di allontanamento di cui al comma 1 non può prevedere un divieto di reingresso sul territorio nazionale.


Art. 22.
Ricorsi contro i provvedimenti di allontanamento


1. Avverso il provvedimento di cui all'articolo 20 é ammesso ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma.
2. Il ricorso può essere presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di provenienza dall'interessato. In tale caso la procura speciale al patrocinante legale é rilasciata avanti all'autorità consolare.
Presso le stesse autorità sono eseguite le comunicazioni relative al procedimento.
3. Il ricorso di cui al comma 1 può essere accompagnato da una istanza di sospensione dell'esecutorietà del provvedimento di allontanamento. Fino all'esito dell'istanza di cui al presente comma, l'efficacia del provvedimento impugnato resta sospesa, salvo che il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale ovvero sia fondato su motivi di pubblica sicurezza che
mettano a repentaglio la sicurezza dello Stato.
4. Avverso il provvedimento di allontanamento di cui all'articolo 21 può essere presentato ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo in cui ha sede l'autorità che lo ha disposto. Il ricorso é presentato, a pena d'inammissibilità, entro venti giorni dalla notifica del provvedimento di allontanamento e deciso entro i successivi trenta giorni.
5. Il ricorso può essere sottoscritto personalmente dall'interessato e può essere presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di provenienza dall'interessato. In tale caso la sottoscrizione é autenticata dai funzionari presso le rappresentanze diplomatiche che ne certificano l'autenticità e ne curano l'inoltro all'autorità giudiziaria italiana. Presso le stesse autorità sono eseguite le comunicazioni relative al procedimento.
6. La parte può stare in giudizio personalmente.
7. Contestualmente al ricorso può essere presentata istanza di sospensione dell'esecutorietà del provvedimento di allontanamento.
Fino all'esito dell'istanza di sospensione, l'efficacia del provvedimento impugnato resta sospesa, salvo che provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale.
8. Al cittadino comunitario o al suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, cui é stata negata la sospensione del provvedimento di allontanamento é consentito, a domanda, l'ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale per partecipare alle fasi essenziali del procedimento di ricorso, salvo che la sua presenza possa procurare gravi turbative o grave pericolo all'ordine e alla sicurezza pubblica. L'autorizzazione é rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare su documentata richiesta dell'interessato.
9. Il tribunale decide a norma degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Qualora i tempi del procedimento dovessero superare il termine entro il quale l'interessato deve lasciare il territorio nazionale ed é stata presentata istanza di sospensione ai sensi del comma 7, il giudice decide con priorità sulla stessa prima della scadenza fissata per l'allontanamento.
10. Nel caso in cui il ricorso é respinto, l'interessato presente sul territorio dello Stato deve lasciare immediatamente il territorio nazionale.


Nota all'art. 22:
- Per l'art. 737 del codice di procedura civile, vedi note all'art. 8.


Art. 23.
Applicabilità ai soggetti non aventi la cittadinanza italiana che siano familiari di cittadini italiani


1. Le disposizioni del presente decreto legislativo, se più favorevoli, si applicano ai familiari di cittadini italiani non aventi la cittadinanza italiana.


Art. 24.
Norma finanziaria


1. Agli oneri derivanti dagli articoli 2, 3, 7, 11, 14 e 15, valutati in 14,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2007, si provvede a carico del Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, le cui risorse sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate all'I.N.P.S. e al Fondo sanitario nazionale.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui al presente decreto legislativo, ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ovvero delle misure correttive da assumere, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della medesima legge. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge 5 agosto 1978, n. 468, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al precedente periodo, sono tempestivamente trasmesse alle Camere, corredati di apposite relazioni illustrative.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze é autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


Note all'art. 24:
- Si riporta il testo dell'art. 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, recante: «Coordinamento delle politiche riguardanti l'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi comunitari»: «Art. 5 (Fondo di rotazione).
1. E istituito, nell'ambito del Ministero del tesoro - Ragioneria generale dello Stato, un fondo di rotazione con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio, ai sensi dell'art. 9 della legge 25 novembre 1971, n. 1041.
2. Il fondo di rotazione di cui al comma 1 si avvale di un apposito conto corrente infruttifero, aperto presso la tesoreria centrale dello Stato denominato "Ministero del tesoro - fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie", nel quale sono versate:
a) le disponibilità residue del fondo di cui alla legge 3 ottobre 1977, n. 863, che viene soppresso a decorrere dalla data di inizio della operatività del fondo di cui al comma 1;
b) le somme erogate dalle istituzioni delle Comunità europee per contributi e sovvenzioni a favore dell'Italia;
c) le somme da individuare annualmente in sede di legge finanziaria, sulla base delle indicazioni del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera c), nell'ambito delle autorizzazioni di spesa recate da disposizioni di legge aventi le stesse finalità di quelle previste dalle norme comunitarie da attuare;
d) le somme annualmente determinate con la legge di approvazione del bilancio dello Stato, sulla base dei dati di cui all'art. 7.
3. Restano salvi i rapporti finanziari direttamente intrattenuti con le Comunità europee dalle amministrazioni e dagli organismi di cui all'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 1971, n. 321, ed alla legge 26 novembre 1975, n. 748.».
- Si riporta il testo dell'art. 11-ter, comma 7, l'art. 11, comma 3, lettera i-quater), e l'art. 7, secondo comma n. 2) della legge 5 agosto 1978, n. 468, recante:
«Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio»:
«7. Qualora nel corso dell'attuazione di leggi si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa o di entrata indicate dalle medesime leggi al fine della copertura finanziaria, il Ministro competente ne dà notizia tempestivamente al Ministro dell'economia e delle finanze, il quale, anche ove manchi la predetta segnalazione, riferisce al Parlamento con propria relazione e assume le conseguenti iniziative legislative. La relazione individua le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione degli oneri autorizzati dalle predette leggi. Il Ministro dell'economia e delle finanze può altresì promuovere la procedura di cui al presente comma allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica indicati dal documento di programmazione economico-finanziaria e da eventuali aggiornamenti, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari. La stessa procedura é applicata in caso di sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri.».
«3. La legge finanziaria non può contenere norme di delega o di carattere ordinamentale ovvero organizzatorio.
Essa contiene esclusivamente norme tese a realizzare effetti finanziari con decorrenza dal primo anno considerato nel bilancio pluriennale e in particolare:
a)-i-ter) (omissis);
i-quater) norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi di cui all'art. 11-ter, comma 7.».
«Art. 7 (Fondo di riserva per le spese obbligatorie e di ordine). - (Omissis).
Con decreti del Ministro del tesoro, da registrarsi alla Corte dei conti, sono trasferite dal predetto fondo ed iscritte in aumento sia delle dotazioni di competenza che di cassa dei competenti capitoli le somme necessarie:
1) (omissis).
2) per aumentare gli stanziamenti dei capitoli di spesa aventi carattere obbligatorio o connessi con l'accertamento e la riscossione delle entrate.».


Art. 25.
Norme finali e abrogazioni


1. Le amministrazioni competenti provvederanno, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, a diffondere tramite i propri siti internet i contenuti del presente decreto.
2. Alla data di entrata in vigore del presente decreto sono o restano abrogati il decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1965, n. 1656, il decreto legislativo 18 gennaio 2002, n. 52, il decreto del Presidente della Repubblica 18 gennaio 2002, n. 53, il decreto del Presidente della Repubblica 18 gennaio 2002, n. 54.
3. Il comma 4 dell'articolo 30 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, é abrogato.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. é fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 6 febbraio 2007
NAPOLITANO
Prodi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Bonino, Ministro per le politiche europee
Amato, Ministro dell'interno
D'Alema, Ministro degli affari esteri
Padoa Schioppa, Ministro dell'economia e delle finanze
Mastella, Ministro della giustizia
Damiano, Ministro del lavoro e della previdenza sociale
Lanzillotta, Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali
Visto, il Guardasigilli: Mastella


Note all'art. 25:
- Il decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1965, n. 1656, reca: «Norme sulla circolazione e il soggiorno dei cittadini degli Stati membri della C.E.E.».
- Il decreto legislativo 18 gennaio 2002, n. 52, reca:
«Testo unico delle disposizioni legislative in materia di circolazione e soggiorno dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea».
- Il decreto del Presidente della Repubblica 18 gennaio 2002, n. 53, reca: «Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di circolazione e soggiorno dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea. (Testo C)».
- Per il decreto del Presidente della Repubblica 18 gennaio 2002, n. 54, vedi note alle premesse.
- Per il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, vedi note all'art. 11.



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