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NORMATIVA
Normativa nazionale - Leggi - Comunitarie

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Decreto legislativo 3 ottobre 2008, n. 159
Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, recante attuazione della direttiva 2005/85/CE relativa alle norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato. (G.U. n. 247 del21 ottobre 2008)
 

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato;
Vista la legge 6 febbraio 2007, n. 13, ed in particolare gli articoli 1, comma 5, e 12;
Visto il decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25;
Visto il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, concernente l'attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o
apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta;
Visto il decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, recante norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303, recante il regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 21
maggio 2008;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 23 settembre
2008;
Sulla proposta del Ministro per le politiche europee e del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della iustizia, dell'economia e delle finanze e per le pari
opportunità;


emana il seguente decreto legislativo:


Art.1.
1. Al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 4, comma 3, le parole: «con decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno» sono sostituite con le seguenti «con
decreto del Ministro dell'interno» e dopo il primo periodo é inserito il seguente: «In
situazioni di urgenza, il Ministro dell'interno nomina il rappresentante dell'ente locale, su
indicazione del sindaco del comune presso cui ha sede la commissione territoriale, e ne dà tempestiva comunicazione alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali.»;
b) all'articolo 7, comma 1, é aggiunto infine il seguente periodo: «Il prefetto
competente stabilisce un luogo di residenza o un'area geografica ove i richiedenti asilo possano circolare.»;
c) all'articolo 11 il comma 1 é sostituito dal seguente: «1. Il richiedente asilo ha l'obbligo, se convocato, di comparire personalmente davanti alla Commissione territoriale.
Ha altresì l'obbligo di consegnare i documenti in suo possesso pertinenti ai fini della domanda, incluso il passaporto.»;
d) all'articolo 20, comma 2, la lettera d) é soppressa;
e) all'articolo 21, comma 1, lettera c), dopo le parole «di espulsione» sono inserite le seguenti: «o di respingimento» e sono soppresse le seguenti: «, salvo i casi previsti
dall'articolo 20, comma 2, lettera d)»;
f) all'articolo 32, comma 1, dopo la lettera b) é inserita la seguente: «b-bis) rigetta la domanda per manifesta infondatezza quando risulta la palese insussistenza dei presupposti previsti dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, ovvero quando risulta che la domanda é stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento.»;
g) all'articolo 32, comma 4, le parole: «lettera b)» sono sostituite dalle seguenti «lettere b) e b-bis)»;
h) all'articolo 35, comma 1, quarto periodo, le parole: «Nei soli casi di trattenimento
disposto ai sensi dell'articolo 21» sono sostituite dalle seguenti: «Nei casi di accoglienza o trattenimento disposti ai sensi degli articoli 20 e 21»;
i) all'articolo 35, comma 7, dopo le parole: «dell'articolo 22, comma 2,» sono inserite le
seguenti: «e dell'articolo 32, comma 1, lettera b-bis),»;
l) all'articolo 35, comma 8, primo periodo, le parole: «di cui agli articoli 20, comma 2,
lettera d), e 21» sono sostituite dalle seguenti: «di cui agli articoli 20, comma 2, lettere b) e c), e 21» e al medesimo comma, secondo periodo, le parole: «ai sensi dell'articolo 20, comma 2, lettera d)» sono sostituite dalle seguenti: «ai sensi dell'articolo 20, comma 2, lettere b) e c)»;
m) all'articolo 35, comma 14, le parole: «comma 6» sono sostituite dalle seguenti
«comma 5».
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale
degli atti normativi della Repubblica italiana. é fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo
e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 3 ottobre 2008
NAPOLITANO
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Ronchi, Ministro per le politiche europee
Maroni, Ministro dell'interno
Frattini, Ministro degli affari esteri
Alfano, Ministro della giustizia
Tremonti, Ministro dell'economia e delle finanze
Carfagna, Ministro per le pariopportunità
Visto, il Guardasigilli: Alfano


Note alle premesse:
- L'art. 76 della Costituzione stabilisce che l'esercizio della funzione legislativa non
può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.
- L'art. 87 della Costituzione conferisce, tra l'altro, al Presidente della Repubblica
il potere di promulgare le leggi ed emanare i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
- La direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, é pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 13 dicembre 2005, n. 326.
- Si riporta il testo degli articoli 1 e 12 della legge 6 febbraio 2007, n. 13
(Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle
Comunità europee - Legge comunitaria 2006), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 17
febbraio 2007, n. 40:
«Art. 1 (Delega al Governo per l'attuazione di direttive comunitarie). - 1. Il
Governo é delegato ad adottare, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B. Per le direttive il cui termine di recepimento sia già scaduto ovvero scada nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, il termine per l'adozione dei decreti legislativi di cui al presente comma é ridotto a sei mesi.
2. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dell'art. 14 della legge 23 agosto 1988,
n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all'oggetto della direttiva.
3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese
nell'elenco di cui all'allegato B, nonché, qualora sia previsto il ricorso a sanzioni
penali, quelli relativi all'attuazione delle direttive comprese nell'elenco di cui
all'allegato A sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla
Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere.
Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare di cui al presente comma, ovvero i diversi termini previsti dai commi 4 e 9, scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini previsti ai commi 1 o 5 o successivamente, questi ultimi sono prorogati di novanta giorni.
4. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive che comportano
conseguenze finanziarie sono corredati dalla relazione tecnica di cui all'art. 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Su di essi é richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Il Governo,
ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i
testi, corredati dei necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri
definitivi delle Commissioni competenti per i profili finanziari, che devono essere espressi
entro venti giorni. La procedura di cui al presente comma si applica in ogni caso per gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive: 2005/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005; 2005/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005; 2005/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005; 2005/47/CE del Consiglio, del 18 luglio 2005; 2005/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005; 2005/61/CE della Commissione, del 30 settembre 2005; 2005/62/CE della Commissione, del 30 settembre 2005; 2005/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre
2005;
2005/71/CE del Consiglio, del 12 ottobre 2005; 2005/81/CE della Commissione, del 28 novembre 2005; 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005; 2005/94/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2005;
2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006.
5 . Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti
legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati dalla presente
legge, il Governo può emanare, con la procedura indicata nei commi 2, 3 e 4, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi adottati ai sensi del comma 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 6.
6. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, adottati per il recepimento di direttive per le quali la Commissione europea si sia riservata di adottare disposizioni di attuazione, il Governo é autorizzato, qualora tali
disposizioni siano state effettivamente adottate, a recepirle nell'ordinamento nazionale con regolamento emanato ai sensi dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, secondo quanto disposto dagli articoli 9 e 11 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, e con le procedure ivi previste.
7. In relazione a quanto disposto dall'art. 117, quinto comma, della Costituzione e
dall'art. 16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, si applicano le disposizioni di
cui all'art. 11, comma 8, della medesima legge n. 11 del 2005.
8. Il Ministro per le politiche europee, nel caso in cui una o più deleghe di cui al
comma 1 non risultino ancora esercitate decorsi quattro mesi dal termine previsto dalla direttiva per la sua attuazione, trasmette alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica una relazione che dà conto dei motivi addotti dai Ministri con competenza istituzionale prevalente per la materia a giustificazione del ritardo. Il Ministro per le politiche europee ogni sei mesi informa altresì la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province autonome nelle materie di loro competenza.
9. Il Governo, quando non intende conformarsi ai pareri parlamentari di cui al comma
3, relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B, ritrasmette con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni i testi alla Camera dei deputati e al Senato
della Repubblica. Decorsi trenta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono adottati
anche in mancanza di nuovo parere.».
«Art. 12 (Attuazione della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato). - 1. Nella predisposizione del decreto legislativo per l'attuazione della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, il Governo é tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi di cui all'art. 2, anche il seguente: nel caso in cui il richiedente asilo sia cittadino di un Paese terzo sicuro, ovvero, se apolide, vi abbia in precedenza soggiornato abitualmente, ovvero provenga da un Paese di origine sicuro, prevedere che la domanda di asilo é dichiarata infondata, salvo che siano invocati gravi motivi per non ritenere sicuro quel Paese nelle circostanze specifiche in cui si trova il richiedente.
Tra i gravi motivi possono essere comprese gravi discriminazioni e repressioni di comportamenti riferiti al richiedente e che risultano oggettivamente perseguiti nel Paese d'origine o di provenienza e non costituenti reato per l'ordinamento italiano».
- Il decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 (Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato), é pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 16 febbraio 2008, n. 40.
- Il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251 (Attuazione della direttiva 2004/83/CE
recante nome minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta), é pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4 gennaio 2008, n. 3.
- Il decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge
28 febbraio 1990, n. 39, é pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 dicembre 1989, n. 303.
- Il decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303, é pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 dicembre 2004, n. 299.


Note all'art. 1:
- Si riporta il testo degli articoli 4, 7, 11, 20, 21, 32 e 35 del decreto legislativo 28
gennaio 2008, n. 25, come modificato dal presente decreto legislativo:
«Art. 4 (Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale).
- 1. Le Commissioni territoriali per il iconoscimento dello status di rifugiato, di cui all'art.
1-quater del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, assumono la denominazione di: "Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale", di seguito: "Commissioni territoriali", e si avvalgono del supporto organizzativo e logistico del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno.
2. Le Commissioni territoriali sono fissate nel numero massimo di dieci. Con decreto del
Ministro dell'interno sono individuate le sedi e le circoscrizioni territoriali in cui operano le commissioni.
3. Le Commissioni territoriali sono nominate con decreto del Ministro dell'interno, e sono composte, nel rispetto del principio di equilibrio di genere, da un funzionario della carriera prefettizia, con funzioni di presidente, da un funzionario della Polizia di Stato, da un rappresentante di un ente territoriale designato dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e da un rappresentante dell'ACNUR. In situazioni di urgenza, il Ministro dell'interno nomina il rappresentante dell'ente locale, su indicazione del sindaco del comune presso cui ha sede la commissione territoriale, e ne da tempestiva comunicazione alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Per ciascun componente sono nominati uno o più componenti supplenti.
L'incarico ha durata triennale ed é rinnovabile. Le Commissioni territoriali possono essere integrate, su richiesta del presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo, da un funzionario del Ministero degli affari esteri con la qualifica di componente a tutti gli effetti, ogni volta che sia necessario, in relazione a particolari afflussi di richiedenti protezione internazionale, in ordine alle domande per le quali occorre disporre di particolari elementi di valutazione in merito alla situazione dei Paesi di provenienza di competenza del Ministero degli affari esteri.
Ove necessario, le Commissioni possono essere composte anche da personale in posizione di collocamento a riposo da non oltre due anni appartenente alle amministrazioni o agli enti rappresentati nella Commissione. Al presidente ed ai componenti effettivi o supplenti, per ogni partecipazione alle sedute della Commissione, é corrisposto un gettone di presenza. L'ammontare del gettone di presenza é determinato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
4. Le Commissioni territoriali sono validamente costituite con la presenza della maggioranza dei componenti e deliberano con il voto favorevole di almeno tre componenti. In caso di parità prevale il voto del presidente.
5. Salvo quanto previsto dall'art. 7 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140, la
competenza delle Commissioni territoriali é determinata sulla base della circoscrizione
territoriale in cui é presentata la domanda ai sensi dell'art. 26, comma 1. Nel caso di
richiedenti accolti o trattenuti ai sensi degli articoli 20 e 21 la competenza é determinata in base alla circoscrizione territoriale in cui é collocato il centro.
6. Le attività di supporto delle commissioni sono svolte dal personale in servizio appartenente ai ruoli dell'Amministrazione civile dell'interno.».
«Art. 7 (Diritto di rimanere nel territorio dello Stato durante l'esame della domanda). - 1. Il richiedente é autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato, ai fini esclusivi della
procedura, fatto salvo quanto previsto dall'art. 11 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140, fino alla decisione della Commissione territoriale in ordine alla domanda, a norma dell'art. 32. Il prefetto competente stabilisce un luogo di residenza o un'area geografica ove i richiedenti asilo possano circolare.
2. La previsione di cui al comma 1 non si applica a coloro che debbano essere:
a) estradati verso un altro Stato in virtù degli obblighi previsti da un mandato di arresto europeo;
b) consegnati ad una Corte o ad un Tribunale penale internazionale;
c) avviati verso un altro Stato dell'Unione competente per l'esame dell'istanza di protezione internazionale. ».
«Art. 11 (Obblighi del richiedente asilo).
1. Il richiedente asilo ha l'obbligo, se convocato, di comparire personalmente davanti
alla Commissione territoriale. Ha altresì l'obbligo di consegnare i documenti in suo possesso pertinenti ai fini della domanda, incluso il passaporto.
2. Il richiedente é tenuto ad informare l'autorità competente in ordine ad ogni suo
mutamento di residenza o domicilio.
3. In caso di mancata osservanza dell'obbligo di cui al comma 2, eventuali comunicazioni concernenti il procedimento si intendono validamente effettuate presso l'ultimo domicilio del richiedente.
4. In tutte le fasi della procedura, il richiedente é tenuto ad agevolare il compimento
degli accertamenti previsti dalla legislazione in materia di pubblica sicurezza».
«Art. 20 (Casi di accoglienza). - 1. Il richiedente non può essere trattenuto al solo fine
di esaminare la sua domanda.
2. Il richiedente é ospitato in un centro di accoglienza richiedenti asilo nei seguenti
casi:
a) quando é necessario verificare o determinare la sua nazionalità o identità, ove lo stesso non sia in possesso dei documenti di viaggio o di identità, ovvero al suo arrivo nel territorio dello Stato abbia presentato documenti risultati falsi o contraffatti;
b) quando ha presentato la domanda dopo essere stato fermato per aver eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera o subito dopo;
c) quando ha presentato la domanda dopo essere stato fermato in condizioni di soggiorno irregolare;
d) (soppressa).
3. Nel caso in cui al comma 2, lettera a), il richiedente é ospitato nel centro per il tempo strettamente necessario agli adempimenti ivi previsti e, in ogni caso, per un periodo non superiore a venti giorni. Negli altri casi il richiedente é ospitato nel centro per il tempo strettamente necessario all'esame della domanda innanzi alla commissione territoriale e, in ogni caso, per un periodo non superiore a trentacinque giorni. Allo scadere del periodo di accoglienza al richiedente é rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo valido tre mesi, rinnovabile fino alla decisione della domanda.
4. La residenza nel centro non incide sull'esercizio delle garanzie inerenti alla sua
domanda, né sulla sfera della sua vita privata, fatto salvo il rispetto delle regole di convivenza previste nel regolamento di cui al comma 5, che garantiscono comunque la facoltà di uscire dal centro nelle ore diurne. Il richiedente può chiedere al prefetto un permesso temporaneo di allontanamento dal centro per un periodo di tempo diverso o superiore a quello di uscita, per rilevanti motivi personali o per motivi attinenti all'esame della domanda, fatta salva la compatibilità con i tempi della procedura per l'esame della domanda. Il provvedimento di diniego sulla richiesta di autorizzazione all'allontanamento é motivato e comunicato all'interessato ai sensi dell'art. 10, comma 4.
5. Con il regolamento di cui all'art. 38 sono fissate, le caratteristiche e le modalità di gestione, anche in collaborazione con l'ente locale, dei centri di accoglienza richiedenti asilo, che devono garantire al richiedente una ospitalità che garantisca la dignità della persona e l'unità del nucleo familiare. Il regolamento tiene conto degli atti adottati dall'ACNUR, dal Consiglio d'Europa e dall'Unione europea. L'accesso alle strutture é
comunque consentito ai rappresentanti dell'ACNUR, agli avvocati ed agli organismi ed enti di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore, autorizzati dal Ministero
dell'interno».
«Art. 21 (Casi di trattenimento).
1. é disposto il trattenimento, nei centri di cui all'art. 14 del decreto legislativo25 luglio 1998, n. 286, del richiedente:
a) che si trova nelle condizioni previste dall'art. 1, paragrafo F, della Convenzione di Ginevra;
b) che é stato condannato in Italia per uno dei delitti indicati dall'art. 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, ovvero per reati inerenti agli stupefacenti, alla libertà
sessuale, al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati, o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite;
c) che é destinatario di un provvedimento di espulsione o di respingimento.
2. Il provvedimento di trattenimento é adottato dal questore con le modalità di cui
all'art. 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Quando é già in corso il
trattenimento, il questore chiede al tribunale in composizione monocratica la proroga del periodo di trattenimento per ulteriori trenta giorni per consentire l'espletamento della procedura di cui all'art. 28.
3. L'accesso ai centri di identificazione ed espulsione é comunque garantito ai rappresentanti dell'ACNUR, agli avvocati ed agli organismi di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore autorizzati dal Ministero dell'interno».
«Art. 32 (Decisione). - 1. Fatto salvo quanto previsto dagli articoli 23, 29 e 30 la Commissione territoriale adotta una delle seguenti decisioni:
a) riconosce lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria, secondo quanto previsto dagli articoli 11 e 17 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251;
b) rigetta la domanda qualora non sussistano i presupposti per il riconoscimento della
protezione internazionale fissati dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, o ricorra una delle cause di cessazione o esclusione dalla protezione internazionale previste dal medesimo decreto legislativo, ovvero il richiedente provenga da un Paese di origine sicuro e non abbia addotto i gravi motivi di cui al comma 2;
b-bis) rigetta la domanda per manifesta infondatezza quando risulta la palese insussistenza dei presupposti previsti dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, ovvero quando risulta che la domanda é stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento.
2. Nel caso in cui il richiedente provenga da un Paese di origine sicuro ed abbia addotto gravi motivi per non ritenere sicuro quel Paese nelle circostanze specifiche in cui egli si trova, la Commissione non può pronunciarsi sulla domanda senza previo esame, svolto in conformità ai principi ed alle garanzie fondamentali di cui al capo secondo. Tra i gravi motivi possono essere comprese gravi discriminazioni e repressioni di comportamenti non costituenti reatoper l'ordinamento italiano, riferiti al richiedente e che risultano oggettivamente perseguibili nel Paese di origine sicuro.
3. Nei casi in cui non accolga la domanda di protezione internazionale e ritenga che possano sussistere gravi motivi di carattere umanitario, la Commissione territoriale
trasmette gli atti al questore per l'eventuale rilascio del permesso di soggiorno ai sensi
dell'art. 5, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
4. La decisione di cui al comma 1, lettera b)e b-bis), ed il verificarsi delle ipotesi previste dagli articoli 23 e 29 comportano alla scadenza del termine per l'impugnazione l'obbligo per il richiedente di lasciare il territorio nazionale, salvo che gli sia stato rilasciato un permesso di soggiorno ad altro titolo. A tale fine si provvede ai sensi dell'art. 13, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nei confronti dei soggetti accolti o trattenuti ai sensi degli articoli 20 e 21 e ai sensi dell'art. 13, comma 5, del medesimo decreto legislativo nei confronti dei soggetti ai quali era stato rilasciato il permesso di soggiorno per richiesta asilo».
«Art. 35 (Impugnazione).
1. Avverso la decisione della Commissione territoriale é ammesso ricorso dinanzi al tribunale che ha sede nel capoluogo di distretto di Corte d'appello in cui ha sede la Commissione territoriale che ha pronunciato il provvedimento. Il ricorso é ammesso anche nel caso in cui l'interessato abbia richiesto il riconoscimento dello status di rifugiato e la Commissione territoriale lo abbia ammesso esclusivamente alla protezione sussidiaria. Il ricorso e proposto, a pena di inammissibilità, nei trenta giorni successivi alla comunicazione del provvedimento; allo stesso é allegata copia del provvedimento impugnato. Nei casi di accoglienza o trattenimento disposti ai sensi degli articoli 20 e 21, il ricorso é proposto, a pena di inammissibilità, nei quindici giorni successivi alla comunicazione del provvedimento dinanzi al tribunale che ha sede nel capoluogo di
distretto di Corte d'appello in cui ha sede il centro.
2. Avverso la decisione della Commissione nazionale sulla revoca o sulla cessazione dello status di rifugiato o di persona cui é accordata la protezione sussidiaria, é ammesso ricorso dinanzi altribunale competente in relazione alla Commissione territoriale che ha emesso il provvedimento che ha riconosciuto lo status di cui é stata dichiarata la revoca o la cessazione.
3. Tutte le comunicazioni e notificazioni si eseguono presso l'avvocato del ricorrente
mediante avviso di deposto in cancelleria.
4. Il procedimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione monocratica con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio.
5. Entro cinque giorni dal deposito del ricorso, il tribunale, con decreto apposto in calce allo stesso, fissa l'udienza in camera di consiglio. Il ricorso e il decreto di fissazione
dell'udienza sono notificati all'interessato e comunicati al pubblico ministero e alla Commissione nazionale ovvero alla competente Commissione territoriale.
6. La proposizione del ricorso avverso il provvedimento che rigetta la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui é accordata la protezione sussidiaria ai sensi dei commi 1 e 2 sospende l'efficacia del provvedimento impugnato.
7. La proposizione del ricorso avverso il provvedimento che dichiara inammissibile la
domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui é accordata la protezione sussidiaria ovvero avverso la decisione adottata dalla Commissione territoriale ai sensi dell'art. 22, comma 2, e dell'art. 32, comma 1, lettera b-bis), non sospende l'efficacia del provvedimento impugnato. Il ricorrente può tuttavia chiedere al tribunale, contestualmente al deposito del ricorso, la sospensione del provvedimento quando ricorrano gravi e fondati motivi. In tale caso il tribunale, nei cinque giorni successivi al deposito, decide con ordinanza non impugnabile, anche apposta in calce al decreto di fissazione dell'udienza.
Nel caso di sospensione del provvedimento impugnato al richiedente é rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta di asilo ed é disposta l'accoglienza nei centri di cui all'art. 20.
8. La procedura di cui al comma 7 si applica, in ogni caso, al ricorso presentato dal
richiedente di cui agli articoli 20, comma 2, lettere b), e c) e 21. Il richiedente ospitato
nei centri di accoglienza ai sensi dell'art. 20, comma 2, lettere b) e c) o trattenuto ai
sensi dell'art. 21 permane nel centro in cui si trova fino alla adozione dell'ordinanza di cui al comma 7.
9. All'udienza può intervenire un rappresentante designato dalla Commissione nazionale o territoriale che ha adottato l'atto impugnato. La Commissione interessata può in ogni caso depositare alla prima udienza utile tutti gli atti e la documentazione che ritiene necessari ai fini dell'istruttoria.
10. Il tribunale, sentite le parti e assunti tutti i mezzi di prova necessari, decide con sentenza entro tre mesi dalla presentazione del ricorso, con cui rigetta il ricorso ovvero riconosce al ricorrente lo status di rifugiato o di persona cui é accordata la protezione sussidiaria; la sentenza viene notificata al ricorrente e comunicata al pubblico
ministero e alla Commissione interessata.
11. Avverso la sentenza pronunciata ai sensi del comma 10 il ricorrente ed il pubblico
ministero possono proporre reclamo alla Corte d'appello, con ricorso da depositarsi nella cancelleria della Corte d'appello, a pena di decadenza, entro dieci giorni dalla notificazione o comunicazione della sentenza.
12. Il reclamo non sospende gli effetti della sentenza impugnata;
tuttavia la Corte d'appello, su istanza del ricorrente, può disporre con ordinanza non
impugnabile che l'esecuzione sia sospesa quando ricorrano gravi e fondati motivi.
13. Nel procedimento dinanzi alla Corte d'appello, che si svolge in camera di consiglio, si applicano i commi 5, 9 e 10.
14. Avverso la sentenza pronunciata dalla Corte d'appello può essere proposto ricorso per cassazione. Il ricorso deve essere proposto, a pena di decadenza, entro trenta
giorni dalla notificazione della sentenza. Esso viene notificato ai soggetti di cui al comma
5, assieme al decreto di fissazione dell'udienza in camera di consiglio, a cura della
cancelleria. La Corte di cassazione si pronuncia in camera di consiglio ai sensi dell'art. 375 c.p.c.».



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