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NORMATIVA
Normativa nazionale - Circolari - Governo

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Circolare dell'Agenzia delle Entrate 13 luglio 2009 n. 34
Modifiche al regime di deducibilità dal reddito d’impresa delle spese di rappresentanza – Articolo 108 del Testo unico delle imposte sui redditi, come modificato
 

1. PREMESSA
2. LA DISCIPLINA PREVIGENTE (CENNI)
3. I REQUISITI CHE QUALIFICANO LE SPESE DI RAPPRESENTANZA
3.1 Il carattere delle gratuità
3.2 Finalità promozionali o di pubbliche relazioni
3.3 Ragionevolezza e coerenza
4. ESEMPLIFICAZIONE DELLE SPESE DI RAPPRESENTANZA
4.1 La fattispecie residuale
5. PERIODO DI IMPUTAZIONE E LIMITI DI DEDUCIBILITÀ
5.1 Nozione di “ricavi e proventi della gestione caratteristica”
5.2 Spese di rappresentanza relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande
5.3 Spese di rappresentanza sostenute dalle imprese di nuova costituzione
5.4 Spese relative a beni distribuibili gratuitamente di valore unitario non superiore a 50 euro
6. ONERI CHE NON COSTITUISCONO SPESE DI RAPPRESENTANZA
6.1 Spese per l’ospitalità dei clienti attuali o potenziali
6.1.1 Spese di ospitalità sostenute nei confronti di soggetti diversi dai clienti
6.1.2 Spese di ospitalità per i clienti sostenute nell’ambito degli “eventi” di cui al comma 1 del decreto di attuazione
6.2 Società specializzate nell’organizzazione di fiere ed eventi simili
6.3 Imprenditore individuale
6.4 Spese che conservano natura “commerciale”
7. ONERI DOCUMENTALI
8. PROFILI IVA
9. LE SPESE DI RAPPRESENTANZA NEL REGIME DEI MINIMI
10. LE SPESE DI RAPPRESENTANZA IN DICHIARAZIONE



1. PREMESSA
L’articolo 1, comma 33, lett. p), della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (di seguito, “legge finanziaria 2008”) ed il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 19 novembre 2008, pubblicato sul n. 11 della G.U. del 15 gennaio 2009 (di seguito anche “decreto”), hanno modificato, in maniera sostanziale, la disciplina fiscale delle spese di rappresentanza contenuta nell’articolo 108, comma 2, del Tuir.
Le principali novità consistono nell’individuazione ex lege di:
- specifici criteri di qualificazione delle spese di rappresentanza, rilevanti ai fini della verifica della loro inerenza all’attività dell’impresa;
- un limite quantitativo di deducibilità di tali spese, ancorato ad una percentuale dei ricavi dell’impresa e non più fissato forfetariamente in funzione dell’ammontare delle spese sostenute;
- una categoria di spese (per viaggi, vitto e alloggio dei clienti) che non si considerano di rappresentanza anche se sostenute nell’ambito di eventi (mostre, fiere, esposizioni ed eventi simili) che normalmente possono dare origine a spese di rappresentanza.
L’introduzione delle citate novità - come chiarito dalla relazione illustrativa al decreto – intende perseguire obiettivi di semplificazione e razionalizzazione della materia, anche in ragione dell’avvenuta soppressione del Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive, di cui all’articolo 21 della legge 30 dicembre 1991, n. 413.
Come noto il Comitato, nel precedente contesto normativo nel quale non era prevista una definizione ad hoc delle spese di rappresentanza, era deputato tra l’altro a fornire pareri ai contribuenti in ordine alla qualificazione di determinati oneri come spese di pubblicità e propaganda (integralmente deducibili) o spese di rappresentanza (deducibili solo per una parte del loro ammontare).
Al riguardo, si ricorda che il contribuente, anche dopo la soppressione del predetto Comitato, ha comunque facoltà di attivare la procedura di interpello di cui all’articolo 21 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, secondo le modalità da ultimo stabilite dall’articolo 16 del decreto legge del 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, chiedendo all’Agenzia delle entrate di esprimere il proprio parere in merito alla riconducibilità delle spese sostenute alla categoria delle spese di rappresentanza ovvero di pubblicità. Per quanto riguarda la procedura per la gestione delle predette istanze si rinvia alla circolare n. 5/E del 24 febbraio 2009.
La modifica della disciplina delle spese di rappresentanza, così come dispone il comma 7 del decreto, interessa le spese sostenute a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.
La relazione al decreto precisa che per le spese sostenute nei periodi d’imposta precedenti restano ferme le norme applicabili “ratione temporis”; ne deriva che per le spese di rappresentanza sostenute fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007 resta ferma la deducibilità secondo le regole previgenti (deduzione pari ad un terzo delle spese sostenute, in cinque periodi d’imposta).
La medesima relazione specifica, inoltre, che le modifiche introdotte con la legge finanziaria per il 2008 interessano esclusivamente la disciplina generale delle spese di rappresentanza, contenuta nell’articolo 108 del Tuir, senza modificare le discipline a carattere speciale recate da altre norme dell’ordinamento. In particolare, resta valida la disciplina contenuta nell’articolo 2, comma 9, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, secondo cui sono indeducibili, ai fini della determinazione del reddito di impresa, i costi sostenuti per l’acquisto di beni e servizi destinati, anche indirettamente, a medici, veterinari o farmacisti, allo scopo di agevolare, in qualsiasi modo, la diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto ad uso farmaceutico. Parimenti, resta in vigore la disciplina contenuta nell’articolo 90, comma 8, della stessa legge n. 289 del 2002, secondo cui, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, costituiscono spese di pubblicità volte alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivo di 200.000 euro, le spese sostenute a favore di determinati enti, associazioni e fondazioni che operano nel settore dell’attività sportiva dilettantistica.
Infine, l’articolo 1, comma 33, lettera p) della legge finanziaria 2008, sempre intervenendo sull’articolo 108, comma 2, del TUIR, ha elevato a 50 euro, rispetto ai precedenti 25,82 euro, il limite del valore unitario dei beni la cui distribuzione gratuita si considera integralmente deducibile ai fini fiscali.
E’ rimasto, invece, invariato a 25,82 euro - “lire cinquantamila” - il limite di valore unitario rilevante ai fini della detrazione dell’Iva assolta sugli acquisti di beni e servizi che configurano spese di rappresentanza, ai sensi dell’articolo 19-bis-1, lettera h), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
La disciplina in commento rileva anche ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo, nell’ambito del quale le spese di rappresentanza “sono deducibili nei limiti dell’1 per cento dei compensi percepiti nel periodo di imposta” (cfr. articolo 54, comma 5, del TUIR). In tale contesto, in particolare, rilevano le disposizioni relative alla qualificazione delle spese di rappresentanza, previste dall’articolo 108 del TUIR e dal decreto attuativo (vedi paragrafo 3), ma non quelle relative al limite di deducibilità delle medesime spese (vedi paragrafo 4), autonomamente disciplinato dalla citata disposizione dell’articolo 54.
2. LA DISCIPLINA PREVIGENTE (CENNI)
L’articolo 108, comma 2, del Tuir, nella sua previgente formulazione, non forniva alcun criterio utile a qualificare un determinato onere come spesa di rappresentanza, limitandosi a prevedere un regime di parziale deducibilità di tali spese nella misura di un terzo del loro ammontare ed in quote costanti, nell’esercizio in cui le medesime erano state sostenute e nei quattro successivi.
La norma qualificava come spese di rappresentanza anche quelle sostenute per i beni distribuiti gratuitamente, anche se recanti emblemi, denominazioni o altri riferimenti atti a distinguerli come prodotti dell’impresa, nonché i contributi erogati per l’organizzazione di convegni e simili.
Ai sensi del medesimo comma 2, i citati limiti di deducibilità non erano applicabili alle spese per l’acquisto di beni distribuiti gratuitamente, di valore unitario non superiore a 25,82 euro.
La scelta del legislatore di introdurre un regime di deducibilità parziale su base forfetaria per le spese di rappresentanza (il comma 2 dell’art. 74 del “vecchio” Tuir, poi trasfuso nell’art. 108 del “nuovo” Tuir, è stato introdotto con l’art. 26, comma 2, del D.L. 2 marzo 1989, n. 69) era stata motivata dalla considerazione che il sostenimento di tali spese potesse prestarsi a manovre elusive, mascherando elargizioni a titolo di mera liberalità, assegnazioni di beni ai soci e fenomeni di autoconsumo.
Invero, l’applicazione di tali disposizioni, nel contesto di una realtà imprenditoriale in continua evoluzione, ha comportato spesso difficoltà legate all’assenza di una specifica definizione normativa delle spese in questione, nonché di parametri di riferimento volti a valutare la congruità delle stesse. Da qui il ruolo rilevante svolto nell’applicazione di tali disposizioni dall’Amministrazione finanziaria, dal Comitato consultivo e dalla giurisprudenza, ricorrendo al generale principio di inerenza stabilito dall’ordinamento ed individuando, di volta in volta in relazione a fattispecie concrete, sulla base del citato principo, i criteri per distinguere le spese di rappresentanza dalle spese di pubblicità, integralmente deducibili.
In tale contesto, il legislatore è intervenuto delineando criteri di deducibilità delle spese di rappresentanza che, come chiarito dalla relazione illustrativa al decreto, “pur con le necessarie cautele imposte dalla circostanza che le spese si caratterizzano per essere comunque delle erogazioni gratuite di reddito, intendono meglio coniugare le esigenze del fisco con l’opportunità di riconoscere che, in determinati casi, tali spese assolvono a una funzione di promozione e consolidamento degli affari dell’impresa analoga a quella riconducibile per definizione alla tradizionali forme di pubblicità e di propaganda in senso stretto”.
3. I REQUISITI CHE QUALIFICANO LE SPESE DI RAPPRESENTANZA
Come accennato in premessa, i principi dettati dalla legge finanziaria 2008 hanno trovato attuazione nel decreto ministeriale 19 novembre 2008, composto di un unico articolo suddiviso in sette commi che, in merito alla deducibilità delle spese di rappresentanza dal reddito d’impresa, ha individuato:
- specifici criteri di inerenza;
- criteri di congruità, attraverso la fissazione di un limite quantitativo di deducibilità, legato all’ammontare dei “ricavi” conseguiti dall’impresa;
- alcune tipologie di spese da escludere dal novero delle spese di rappresentanza e, quindi, integralmente deducibili.
Più in dettaglio, l’articolo 108, comma 2, del Tuir, come modificato dall’articolo 1, comma 33, lett. p), della legge finanziaria 2008, dispone che: “Le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse, del volume dei ricavi dell’attività caratteristica dell’impresa e dell’attività internazionale dell’impresa.”.
Il citato decreto di attuazione, al comma 1, con riferimento al requisito di inerenza, individua i caratteri essenziali delle spese di rappresentanza, stabilendo che “… si considerano inerenti, sempre che effettivamente sostenute e documentate, le spese per erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi, effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni e il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare anche potenzialmente benefici economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore.”.
3.1 Il carattere delle gratuità
Per quanto riguarda la definizione generale di spese di rappresentanza, la relazione illustrativa al decreto chiarisce che il comma 1 individua il carattere essenziale delle stesse nella “gratuità”. In particolare, la relazione, confermando sia l’orientamento giurisprudenziale che le interpretazioni fornite dalla scrivente e dal soppresso Comitato consultivo al riguardo, afferma che “le spese della specie si caratterizzano per essere comunque delle erogazioni gratuite di reddito”, nel senso che il carattere essenziale delle spese di rappresentanza è costituito dalla mancanza di un corrispettivo o di una specifica controprestazione da parte dei destinatari dei beni e servizi erogati.
La prassi elaborata in attuazione della previgente normativa, infatti, con riferimento ai criteri distintivi delle spese di pubblicità rispetto a quelle di rappresentanza, aveva già enunciato un principio di carattere generale in base al quale caratteristica delle spese di rappresentanza è la “gratuità” dell’erogazione di un bene o un servizio nei confronti di clienti o potenziali clienti. Le spese di pubblicità, invece, sono caratterizzate dalla circostanza che il loro sostenimento è frutto di un contratto a prestazioni corrispettive, la cui causa va ricercata nell’obbligo della controparte di pubblicizzare/propagandare – a fronte della percezione di un corrispettivo – il marchio e/o il prodotto dell’impresa al fine di stimolarne la domanda.
3.2 Finalità promozionali o di pubbliche relazioni
Come indicato dalla norma primaria dell’articolo 108, comma 2, del Tuir, il decreto collega il requisito di inerenza delle spese di rappresentanza, oltre che al carattere di gratuita, anche alla specifica destinazione delle stesse. In tal senso, il decreto considera “inerenti” quelle erogazioni a titolo gratuito che perseguono finalità promozionali o di pubbliche relazioni.
L’individuazione di specifiche finalità cui le spese di rappresentanza devono rispondere ha il fine di distinguere, tra l’altro, tali spese da altre tipologie di erogazioni a titolo gratuito, rispondenti a finalità differenti e sottoposte ad altre specifiche regole di deducibilità (cfr. articolo 100 del Tuir, rubricato “Oneri di utilità sociale”).
Come ribadito anche dalla relazione illustrativa al decreto, le spese di rappresentanza “assolvono a una funzione di promozione e consolidamento degli affari dell’impresa analoga a quella riconducibile per definizione alle tradizionali forme di pubblicità e di propaganda in senso stretto”, differenziandosi da queste ultime per l’assenza di un corrispettivo e di una generica controprestazione.
Si può, in generale, sostenere che le “finalità promozionali” richieste dalla norma consistono nella divulgazione sul mercato dell’attività svolta, dei beni e servizi prodotti, a beneficio sia degli attuali clienti, che di quelli potenziali.
Nel concetto di finalità di “pubbliche relazioni” devono essere ricomprese tutte le iniziative volte a diffondere e/o consolidare l’immagine dell’impresa, ad accrescerne l’apprezzamento presso il pubblico, senza una diretta correlazione con i ricavi.
Al riguardo, la relazione illustrativa al decreto fa espresso riferimento “all’esigenza di instaurare o mantenere rapporti con i rappresentanti delle amministrazioni statali, degli enti locali, ecc. o con organizzazioni private quali le associazioni di categoria, sindacali, ecc.”.
E’ dunque evidente che, in tale contesto, possono essere qualificate come spese di rappresentanza non solo le erogazioni gratuite a favore di clienti, ma anche quelle a favore di altri soggetti con i quali l’impresa ha un interesse ad intrattenere pubbliche relazioni.
In definitiva, affinché una spesa sostenuta per erogare gratuitamente beni e servizi possa essere definita spesa di rappresentanza è necessario dimostrare che sussista una finalità promozionale o, alternativamente, una finalità di pubbliche relazioni, nel senso sopra chiarito.
3.3 Ragionevolezza e coerenza
Il comma 1, dell’articolo 1 del decreto specifica ulteriormente il requisito dell’inerenza, richiedendo che il sostenimento delle spese di rappresentanza risponda, in ogni caso, a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare, anche solo potenzialmente, benefici economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore.
La norma richiede che le finalità tipicamente promozionali o di pubbliche relazioni delle spese in esame devono collegarsi alla idoneità delle stesse a generare un ritorno economico in capo a chi le sostiene, oppure alla circostanza che il loro sostenimento sia coerente con le pratiche commerciali in uso in un determinato settore.
Una spesa di rappresentanza deve, quindi, risultare ragionevole, in quanto idonea a generare ricavi ed adeguata rispetto all’obiettivo atteso in termini di ritorno economico, oppure, in alternativa, deve essere coerente con le pratiche commerciali di settore. In caso di assenza di pratiche commerciali di settore ovvero di incoerenza della spesa con le stesse, ai fini della deducibilità della spesa di rappresentanza è necessario dimostrarne la ragionevolezza, valutando l’idoneità della stessa a generare ricavi.
La relazione illustrativa al decreto, al riguardo, chiarisce che “… proprio il riscontro di tali elementi funzionali (le finalità promozionali o di pubbliche relazioni, la ragionevolezza ovvero la coerenza con gli usi e le pratiche di settore) garantisce il collegamento delle spese in questione con l’attività d’impresa e la loro distinguibilità rispetto ad altre fattispecie in cui l’erogazione gratuita di reddito, soprattutto in funzione del beneficiario, risponde evidentemente ad altre finalità (erogazione ai soci o a loro familiari, autoconsumo, liberalità a dipendenti o collaboratori) e alle quali la disciplina fiscale del reddito d’impresa riserva opportuni altri trattamenti”.
4. ESEMPLIFICAZIONE DELLE SPESE DI RAPPRESENTANZA
La definizione generale di spese di rappresentanza, dettata nella prima parte del comma 1 del decreto, trova una specificazione nelle fattispecie successivamente elencate nella seconda parte del medesimo comma 1.
La citata disposizione prevede, infatti, che “Costituiscono, in particolare, spese di rappresentanza:
a) le spese per viaggi turistici in occasione dei quali siano programmate e in concreto svolte significative attività promozionali dei beni e dei servizi la cui produzione o il cui scambio costituisce oggetto dell’attività caratteristica dell’impresa;
b) le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di ricorrenze aziendali o di festività nazionali o religiose;
c) le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione dell’inaugurazione di nuove sedi, uffici o stabilimenti dell’impresa;
d) le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di mostre, fiere, ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall’impresa;
e) ogni altra spesa per beni e servizi distribuiti o erogati gratuitamente, ivi inclusi i contributi erogati gratuitamente per convegni, seminari e manifestazioni simili il cui sostenimento risponda ai criteri di inerenza indicati nel presente comma.”
Come chiarisce la relazione illustrativa al decreto, le disposizioni contenute nelle lettere a), b), c) e d) individuano alcune ipotesi, sottoposte in passato all’attenzione dell’Amministrazione finanziaria, nelle quali è evidente e preponderante la finalità di “intrattenimento”.
Il legislatore ha ritenuto opportuno, anche in ragione di esigenze di controllo, dare specifico e distinto rilievo a tali spese, ritenendole inerenti all’attività dell’impresa nei limiti di congruità fissati dal decreto stesso.
Poiché la citata esemplificazione rappresenta - come già detto - una specificazione del più ampio genus delle “spese di rappresentanza”, si ritiene che le spese in questione siano di regola inerenti all’attività di impresa, salvo il potere degli uffici di verificare, in sede di controllo, che nel caso specifico siano rispettati i criteri generali di inerenza di cui alla prima parte del comma 1 e quelli specifici in relazione alle singole ipotesi di cui alle lettere a), b), c) e d).
Con riferimento alle differenti fattispecie individuate dalla norma in esame, si osserva quanto segue.
Nel caso di spese sostenute per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di ricorrenze aziendali, di festività nazionali o religiose ovvero in occasione dell’inaugurazione di nuove sedi, uffici o stabilimenti, ai fini della qualificazione delle medesime come spese di rappresentanza ai sensi delle disposizioni in esame, si ritiene necessario documentare la tipologia di destinatari delle spese.
Si ritiene, in particolare, che non siano qualificabili come spese di rappresentanza quelle sostenute per eventi aziendali in cui sono presenti esclusivamente dipendenti dell’impresa, in quanto le spese non possono considerarsi sostenute nell’ambito di “significative attività promozionali” dei prodotti dell’impresa e per carenza, in definitiva, del requisito della ragionevolezza come prima individuato (collegamento con i ricavi dell’impresa).
Se un’impresa organizza, ad esempio, viaggi turistici nell’ambito dei quali siano programmate attività promozionali dei propri beni e servizi, l’inerenza della relativa spesa deve essere valutata anche in relazione al concetto di “significatività” dell’attività promozionale e all’effettivo svolgimento della stessa. L’impresa dovrà pertanto predisporre idonea documentazione che attesti l’effettivo svolgimento e la rilevanza di attività qualificabili come promozionali.
Nel caso di feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di mostre, fiere, ed eventi simili, si ritiene che l’impresa debba dimostrare, tenendo opportune evidenze documentali, che ha effettivamente esposto i propri beni nell’ambito dell’evento.
4.1 La fattispecie residuale
La lettera e) del comma 1 del decreto qualifica come spese di rappresentanza “ogni altra spesa per beni e servizi distribuiti o erogati gratuitamente, ivi inclusi i contributi erogati gratuitamente per convegni, seminari e manifestazioni simili il cui sostenimento risponda ai criteri di inerenza indicati nel presente comma”.
Come chiarito dalla relazione illustrativa al decreto, la lettera e) costituisce fattispecie residuale nella quale trova collocazione ogni altra erogazione gratuita di beni e servizi effettuata in occasioni diverse da quelle espressamente contemplate nelle lettere precedenti (e non soltanto in occasione di convegni, seminari e manifestazioni simili), ma che, in ogni caso, sia funzionalmente e potenzialmente idonea ad assicurare all’impresa benefici in termini economici, di promozione o di pubbliche relazioni.
A titolo esemplificativo, la citata relazione fa riferimento a quelle spese che un’impresa sostiene al fine di instaurare o mantenere rapporti con i rappresentanti delle amministrazioni statali, degli enti locali, ecc. o con le associazioni di categoria, sindacali, ecc. Tali spese, aventi finalità relazionali, sono deducibili (nei limiti di congruità fissati dal comma 2 del decreto) quando sono anche potenzialmente idonee a generare ritorni economici per l’impresa o sono coerenti con le pratiche commerciali del settore di attività.
Nella categoria residuale è inclusa anche una fattispecie già espressamente prevista dalla previgente disciplina, ossia quella della erogazione di contributi per l’organizzazione di convegni, seminari e iniziative simili. La formulazione della lettera e) richiede che anche per tali spese deve in ogni caso essere verificata l’inerenza ai sensi del comma 1, prima parte, del decreto.
5. PERIODO DI IMPUTAZIONE E LIMITI DI DEDUCIBILITÀ
L’articolo 1, comma 2, del decreto - conformemente alle previsioni del nuovo comma 2 dell’articolo 108 del TUIR – definisce il periodo d’imposta di imputazione delle spese di rappresentanza e i limiti di deducibilità delle stesse.
A differenza della normativa previgente (che, come si è visto, prevedeva la deducibilità delle spese di rappresentanza nella misura di un terzo del loro ammontare per quote costanti nell’esercizio di sostenimento e nei quattro successivi), il comma 2 dell’articolo 108 – nel testo in vigore dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 - stabilisce che “le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti con decreto (…)”.
Al riguardo, l’articolo 1, comma 2, del decreto prevede che le spese di rappresentanza, “deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento, sono commisurate all’ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa risultanti dalla dichiarazione dei redditi relativa allo stesso periodo in misura pari:
a) all’1,3 per cento dei ricavi e altri proventi fino a euro 10 milioni;
b) allo 0,5 per cento dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 10 milioni e fino a 50 milioni;
c) allo 0,1 per cento dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 50 milioni”.
Tale norma stabilisce, quindi, un limite quantitativo entro il quale le spese di rappresentanza sono da considerare “congrue” rispetto al volume dei ricavi dell’attività caratteristica dell’impresa e, come tali, deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute (c.d. plafond di deducibilità).
Le spese eventualmente eccedenti il predetto limite, al contrario, sono indeducibili e saranno oggetto di apposita variazione in aumento in dichiarazione dei redditi.
Si precisa che, qualora l’importo delle spese di rappresentanza sostenute nell’esercizio sia inferiore a quello del limite di congruità, la differenza, ossia l’importo del plafond che non trova riscontro in spese sostenute nel periodo di imposta, non potrà essere portata ad incremento del plafond di deducibilità del periodo d’imposta successivo e, pertanto, non potrà essere utilizzata per la “copertura” di spese sostenute negli anni successivi.
Esempio 1
Si consideri l’ipotesi di un’impresa che nell’anno d’imposta 2008 abbia conseguito ricavi ed altri proventi della gestione caratteristica per euro 70.000.000 ed abbia sostenuto spese di rappresentanza per euro 400.000. Il limite di congruità sarà pari ad euro 350.000, così determinato:
Ricavi ed altri proventi della gestione caratteristica Percentuale di deducibilità Spese di rappresentanza deducibili (plafond)
Primo scaglione (fino a 10.000.000)
10.000.000 1,3% 130.000 Secondo scaglione (da 10.000.001 a 50.000.000)
40.000.000 0,5% 200.000 Terzo scaglione (da 50.000.001)
20.000.000 0,1% 20.000 Totale 70.000.000 350.000
L’impresa in questione, nell’anno d’imposta 2008, potrà dedurre spese di rappresentanza per un ammontare massimo pari ad euro 350.000, mentre l’eccedenza, pari ad euro 50.000 (400.000 – 350.000), dovrà essere ripresa a tassazione.
Nella diversa ipotesi in cui la medesima impresa, invece, abbia sostenuto nel 2008 spese di rappresentanza per un ammontare inferiore al predetto limite di congruità (ad esempio per euro 320.000), potrà dedurre integralmente le spese sostenute; ovviamente, la quota del plafond di deducibilità non utilizzata nel periodo d’imposta, pari nella fattispecie ad euro 30.000 (350.000 – 320.000), non potrà essere utilizzata per incrementare i limiti di congruità dei periodi d’imposta successivi.
5.1 Nozione di “ricavi e proventi della gestione caratteristica”
Il meccanismo di calcolo previsto dal comma 2 del decreto commisura l’ammontare delle spese di rappresentanza deducibili al parametro costituito dai
“ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa risultanti dalla dichiarazione dei redditi”.
Al riguardo, si ritiene che tale nozione faccia riferimento ai ricavi e proventi rilevanti ai fini fiscali.
Si precisa, inoltre, che rilevano tutti quei proventi che, in considerazione dell’attività svolta dall’impresa, possono considerarsi “caratteristici”; in tal senso le società holding potranno considerare a tali fini anche i proventi finanziari iscritti nelle voci C15 e C16 del conto economico (cfr. risoluzione n. 143/E del 10 aprile 2008). Coerentemente, la relazione illustrativa al decreto, al riguardo, afferma che “la disposizione attuativa [il comma 2] usa la stessa formulazione individuata in altre norme del TUIR; come, ad esempio, nell’articolo 172, comma 7, concernente i requisiti di operatività delle società incorporate ai fini del riporto delle perdite fiscali. Per l’individuazione dei ricavi e proventi rilevanti agli effetti in questione, dunque, possono ritenersi senz’altro validi gli stessi criteri applicativi valevoli agli effetti della richiamata disposizione”.
Per quanto concerne le banche e gli altri enti creditizi e finanziari, tenuto conto che nei relativi schemi di bilancio non è prevista una voce espressamente denominata “ricavi e proventi”, ai fini del calcolo del plafond di deducibilità delle spese di rappresentanza rilevano i ricavi e proventi indicati nella dichiarazione dei redditi IRES, come peraltro previsto proprio dal citato decreto ministeriale che richiama l’ammontare dei ricavi e proventi risultanti dalla dichiarazione dei redditi.
In particolare occorre riferirsi ai dati indicati nel quadro RS (Prospetti vari) laddove anche per i soggetti che redigono il bilancio secondo gli IAS/IFRS è prevista la compilazione di un prospetto espressivo dei dati di bilancio, stato patrimoniale e conto economico, quest’ultimo secondo il criterio per natura e per destinazione.
Per quanto riguarda le banche, occorrerà fare riferimento, sempre che siano rilevanti ai fini fiscali, ai Ricavi di cui al rigo RS65 e agli Altri ricavi operativi (proventi) del rigo RS66, nei quali andranno ricompresi, analogamente a quanto previsto dalle istruzioni al Modello Unico per la compilazione del rigo RF13, colonna 1 da parte delle banche considerate “grandi contribuenti”, i seguenti componenti positivi:
- interessi attivi e proventi assimilati;
- proventi dei fondi comuni;
- commissioni attive;
- profitti delle operazioni finanziarie;
- altri proventi di gestione.
5.2 Spese di rappresentanza relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande
L’articolo 83, comma 28-quater, lettera a) del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112 (convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008 n. 133) ha aggiunto al comma 5 dell’articolo 109 del TUIR il seguente periodo: “Fermo restando quanto previsto dai periodi precedenti, le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande, diverse da quelle di cui al comma 3 dell’articolo 95, sono deducibili nella misura del 75 per cento”.
Tale disposizione, in vigore a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2008 (1° gennaio 2009 per i contribuenti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare), deve essere coordinata con la disciplina delle spese di rappresentanza in commento.
Con la circolare del 5 settembre 2008 n. 53/E, riguardante il trattamento ai fini IVA e delle imposte sul reddito delle prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande, è stato precisato che il limite di deducibilità del 75 per cento non deroga agli ordinari criteri di inerenza che presiedono alla determinazione del reddito d’impresa, ma rappresenta il limite massimo di deducibilità delle spese in questione.
La predetta circolare, inoltre, ha precisato che in materia di reddito d’impresa il predetto limite di deducibilità opera, in analogia a quanto chiarito in tema di redditi di lavoro autonomo, anche in relazione alle spese che si configurano quali spese di rappresentanza, sempre che le stesse possano essere comunque ammesse in deduzione, alla luce dei criteri stabiliti dall’articolo 108, comma 2, del TUIR.
Coerentemente con i principi sopra enunciati, si deve ritenere che le spese sostenute per prestazioni alberghiere e per somministrazioni di alimenti e bevande (diverse da quelle di cui al comma 3 dell’articolo 95, ossia quelle che costituiscono spese per prestazioni di lavoro) deducibili entro il limite teorico del 75 per cento, nel caso in cui si configurino come spese di rappresentanza ai sensi del comma 1 del decreto 19 novembre 2008, devono rispettare anche l’ulteriore parametro fissato dal comma 2 del medesimo decreto.
In altri termini, le spese per vitto e alloggio qualificabili come “spese di rappresentanza” dovranno essere assoggettate:
1) in via preliminare, alla specifica disciplina prevista dall’articolo 109, comma 5, del TUIR per le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande (deducibilità nei limiti del 75 per cento);
2) successivamente a quella dell’articolo 108, comma 2, ai sensi del quale l’importo delle predette spese, ridotto al 75 per cento per effetto dell’applicazione dell’articolo 109, dovrà essere sommato all’importo delle “altre” spese di rappresentanza. L’ammontare così ottenuto è deducibile entro il limite di congruità previsto dal comma 2 del decreto.
Per i lavoratori autonomi, in particolare, il costo sostenuto per prestazioni alberghiere e somministrazione di alimenti e bevande, deducibile entro il limite teorico del 75 per cento, qualora si configuri anche come spesa di rappresentanza ai sensi del decreto in esame, deve rispettare anche l’ulteriore parametro segnato dall’1 per cento dei compensi ritratti nel periodo d’imposta.
Diverso, invece, è il trattamento tributario delle spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande che rientrano nell’ambito delle spese per “ospitalità clienti” di cui al comma 5 del decreto. Tali spese, che - come si approfondirà meglio in seguito - “non costituiscono spese di rappresentanza” (e non sono pertanto soggette al predetto limite di congruità), sono deducibili nel limite del 75 per cento del loro ammontare, senza ulteriori limiti.
Esempio 2
Si consideri l’ipotesi di un’impresa che nell’anno d’imposta 2009 abbia conseguito ricavi ed altri proventi della gestione caratteristica per euro 70.000.000 ed abbia sostenuto spese di rappresentanza per euro 400.000, così suddivise:
a) spese per prestazioni alberghiere e per somministrazioni di alimenti e bevande - qualificabili come spese di rappresentanza - pari ad euro 100.000;
b) spese di rappresentanza - diverse dalle precedenti - pari ad euro 300.000.
Preliminarmente, le spese di cui al punto a) dovranno essere assoggettate al limite di deducibilità del 75 per cento previsto dall’articolo 109, comma 5, per cui l’importo teoricamente deducibile sarà pari ad euro 75.000 (100.000 x 75%).
Tale importo (75.000) dovrà essere sommato all’importo delle altre spese di rappresentanza (300.000); l’importo complessivo di tali spese, pari a 375.000, dovrà essere confrontato con il plafond di deducibilità previsto dal comma 2 del decreto, pari a euro 350.000.
Ne consegue che l’impresa, nell’anno d’imposta 2009, potrà dedurre spese di rappresentanza per un importo pari al suddetto plafond, mentre l’eccedenza rispetto al totale delle spese sostenute, pari ad euro 50.000 (400.000 – 350.000), dovrà essere ripresa a tassazione mediante una variazione in aumento in dichiarazione dei redditi.
Esempio 3
Si consideri una situazione analoga alla precedente nella quale le spese di rappresentanza sostenute nel 2009 siano così suddivise:
a) spese per prestazioni alberghiere e per somministrazioni di alimenti e bevande - qualificabili come spese di rappresentanza -
pari ad euro 300.000;
b) spese di rappresentanza - diverse dalle precedenti - pari ad euro 100.000.
Anche in tale fattispecie, le spese di cui al punto a) dovranno essere assoggettate al limite di deducibilità previsto dal citato articolo 109, comma 5, per cui l’importo teoricamente deducibile sarà pari ad euro 225.000 (300.000 x 75%).
Tale importo (225.000) dovrà essere sommato all’importo delle altre spese di rappresentanza (100.000). l’importo complessivo di tali spese, pari a 325.000, dovrà essere confrontato con il plafond di deducibilità delle spese di rappresentanza, pari sempre a euro 350.000.
Ne consegue che l’impresa, nell’anno d’imposta 2009, potrà dedurre spese di rappresentanza per un importo pari ed euro 325.000, mentre l’eccedenza rispetto al totale delle spese sostenute, pari ad euro 75.000 (400.000 – 325.000), dovrà essere ripresa a tassazione mediante una variazione in aumento.
Esempio 4
Si consideri la situazione in cui rispetto all’esempio precedente l’impresa sostiene nel periodo di imposta 2009, in aggiunta alle medesime spese di rappresentanza, anche spese per l’ospitalità dei clienti – non qualificabili come spese di rappresentanza – per l’importo di euro 20.000 per viaggi e per l’importo di euro 50.000 per prestazioni alberghiere e per somministrazioni di alimenti e bevande.
Fermo restando che – analogamente all’esempio 3 – l’impresa potrà dedurre per il 2009 spese di rappresentanza per un importo di 325.000 euro, le spese di ospitalità dei clienti, non qualificabili come spese di rappresentanza, non saranno, invece, soggette al relativo plafond di deducibilità.
In particolare, le spese relative alle prestazioni alberghiere ed alle somministrazioni di alimenti e bevande sostenute a favore dei clienti saranno comunque deducibili nel limite del 75 per cento del loro ammontare, ossia per euro 37.500 (50.000 x 75%), con conseguente ripresa a tassazione in dichiarazione dei redditi per euro 12.500, mentre le spese di viaggio dei clienti, pari a euro 20.000, saranno integralmente deducibili.
5.3 Spese di rappresentanza sostenute dalle imprese di nuova costituzione
Il comma 3 dell’articolo 1 del decreto prevede una particolare disciplina per la deducibilità delle spese di rappresentanza sostenute dalle “imprese di nuova costituzione” che generalmente, nella fase di start up, sostengono costi elevati prima di conseguire ricavi.
Per queste imprese, “le spese sostenute nei periodi d’imposta anteriori a quello in cui sono conseguiti i primi ricavi, possono essere portate in deduzione dal reddito dello stesso periodo e di quello successivo se e nella misura in cui le spese sostenute in tali periodi siano inferiori all’importo deducibile”.
La norma, in definitiva, riserva un trattamento speciale alle spese sostenute dalle imprese di nuova costituzione in esercizi anteriori a quello di conseguimento dei primi ricavi, consentendone la deduzione negli esercizi successivi (più precisamente, in quello di conseguimento dei primi ricavi e in quello successivo).
Ragioni di coerenza sistematica inducono a ritenere che la nozione di “ricavi” contenuta nella predetta norma debba essere intesa nel senso di “ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa”, cui fa riferimento il precedente comma 2.
In virtù delle previsioni del comma 3, pertanto, la deducibilità delle spese di rappresentanza sostenute dall’impresa nella fase di start up (in cui i ricavi sono pari a zero - ed il plafond determinato ai sensi del comma 2 è anch’esso pari a zero - potrà essere differita nel rispetto di due limiti:
1) limite temporale: le spese potranno essere dedotte nell’esercizio di conseguimento dei primi “ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa” e, al massimo, in quello successivo;
2) limite quantitativo: le spese di rappresentanza sostenute nella fase di start up saranno deducibili nella misura in cui le medesime spese sostenute nel periodo di conseguimento dei primi ricavi e del successivo siano inferiori al relativo plafond di deducibilità.
Per ragioni di coerenza del sistema, si ritiene che la nozione di “imprese di nuova costituzione”, anche ai fini della specifica disposizione in esame, coincide con quella contenuta nell’articolo 84, comma 2, del TUIR ai fini del riporto delle perdite. Ne deriva che per “imprese di nuova costituzione”
s’intendono le imprese che presentino entrambi i requisiti di novità previsti dalla citata norma ai fini del riporto illimitato nel tempo delle perdite di start up, ossia quello soggettivo e quello oggettivo riferito all’attività esercitata.
Esempio 5
Si consideri una società, costituita nel corso del 2008, che presenti la seguente situazione:
2008 2009 2010 2011
Ricavi e proventi della gestione caratteristica 0 0 1.000.000 1.500.000 Spese di rappresentanza sostenute nell’esercizio 10.000 9.000 8.000 7.000 Limite quantitativo di deducibilità (art. 1 comma 2 DM 19/11/2008) 0 0 13.000 19.500 Le spese di rappresentanza sostenute nel 2008 e 2009 (in totale euro 19.000) potranno essere dedotte nel 2010 e - al massimo - nel 2011, fermo restando, per ciascuno di questi ultimi due periodi, il rispetto del parametro di congruità derivante dall’applicazione del comma 2.
Nel 2010, la società potrà dedurre spese di rappresentanza per un importo massimo di euro 13.000 (1.000.000 x 1,3%), di cui euro 8.000 sostenute nell’esercizio e euro 5.000 sostenute nei precedenti periodi d’imposta 2008 e 2009; le spese di rappresentanza sostenute nel 2008 e 2009, ancora deducibili nel 2011, saranno pari ad euro 14.000 (19.000 – 5.000).
Nel 2011, la stessa società potrà dedurre spese di rappresentanza per un importo massimo di euro 19.500 (1.500.000 x 1,3%), di cui euro 7.000 sostenute nel medesimo periodo di imposta ed euro 12.500 sostenute nei periodi d’imposta 2008 e 2009; le residue spese di rappresentanza relative al 2008 e 2009 non ancora dedotte, pari ad euro 1.500 (14.000 – 12.500), non saranno ulteriormente riportabili al 2012 e risulteranno, quindi, definitivamente indeducibili.
Si fa presente, inoltre, che la relazione illustrativa al decreto precisa che le spese riportabili disciplinate dal comma 3 sono quelle “di rappresentanza”.
Conseguentemente, la “riportabilità” all’esercizio in cui sono conseguiti i primi ricavi è da escludere per le spese di cui al comma 5 (“ospitalità clienti”, v. paragrafi successivi), che per espressa previsione normativa “non costituiscono spese di rappresentanza” e che comunque, non essendo soggette ai limiti quantitativi previsti dal comma 2 del decreto, sono deducibili per il loro intero ammontare nell’esercizio di sostenimento.
La specifica disciplina delle spese di rappresentanza sostenute dalle imprese di nuova costituzione non riguarda, infine, le spese di cui al comma 4 (relative a “beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a 50 euro”), in quanto anche tali spese non sono soggette ai predetti limiti quantitativi e sono deducibili per il loro intero ammontare nell’esercizio di sostenimento (v. paragrafo successivo).
5.4 Spese relative a beni distribuibili gratuitamente di valore unitario non superiore a 50 euro L’articolo 1, comma 4, del decreto stabilisce che “ai fini della determinazione dell’importo deducibile di cui al comma 2, non si tiene conto delle spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a 50 euro, deducibili per il loro intero ammontare ai sensi del terzo periodo del comma 2 del citato articolo 108 del TUIR”.
Si evidenzia, preliminarmente, che la particolare disciplina recata dalla norma in commento è applicabile solo ai “beni” di modico valore distribuiti gratuitamente e non è, al contrario, riferibile alle spese relative a “servizi”.
Le spese relative all’acquisto dei beni in questione (di seguito, per brevità, “piccoli omaggi”) non vanno incluse nell’ammontare delle spese di rappresentanza da confrontare con il plafond di deducibilità previsto dal comma 2 del decreto, ma possono essere interamente dedotte. A tal proposito, la relazione al decreto afferma che l’importo delle spese relative alla distribuzione gratuita dei predetti beni “non interferisce con l’importo deducibile di cui al comma 2”.
Nel caso di un omaggio composto di più beni, il valore di 50 euro deve essere riferito al valore complessivo dell’omaggio e non al valore dei singoli beni che lo compongono. Ad esempio, un cesto natalizio composto di tre diversi beni che hanno un valore di 20 euro ciascuno, dovrà essere considerato come un unico omaggio dal valore complessivo di 60 euro e, come tale, sarà soggetto - ai fini della deducibilità - alla disciplina di cui al comma 2 del decreto.
6. ONERI CHE NON COSTITUISCONO SPESE DI RAPPRESENTANZA
Il comma 5, dell’articolo 1, del decreto, specifica che alcune spese sostenute per ospitare i clienti dell’impresa “non costituiscono spese di rappresentanza e non sono, pertanto, soggette ai limiti previsti dal presente decreto”.
In particolare, si tratta delle “spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute per ospitare clienti, anche potenziali, in occasioni di mostre, fiere, esposizioni ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall’impresa o in occasione di visite a sedi, stabilimenti o unità produttive dell’impresa”.
6.1 Spese per l’ospitalità dei clienti attuali o potenziali
Le spese in questione, connotate dalla gratuità al pari delle altre spese di rappresentanza, sono quelle rivolte verso una particolare categoria di soggetti, i clienti attuali e potenziali dell’impresa, e sostenute in occasioni specifiche. Il legislatore, ritenendo che tali spese siano altresì connotate da una forte caratterizzazione commerciale, ne ha disposto l’assimilazione, quanto al regime di deducibilità fiscale dal reddito d’impresa, agli ordinari costi di produzione.
In altri termini, le spese sostenute per l’ospitalità dei clienti assumono un “peso” diverso rispetto alle normali spese di rappresentanza, in quanto si tratta di spese strettamente correlate alla produzione dei ricavi tipici dell’impresa. Si tratta, a ben vedere, di spese sostenute all’interno di un contesto commerciale ben definito (fiere, mostre, esposizioni, eventi similari e visite all’azienda) e dirette a beneficio di quei soggetti attraverso i quali l’impresa consegue effettivamente i propri ricavi.
In particolare, sono da considerare “clienti”, ai sensi del comma 5, quei soggetti attraverso i quali l’impresa consegue attualmente i propri ricavi; sono da considerare “clienti potenziali”, invece, quei soggetti che abbiano, in qualche modo, già manifestato o possano manifestare un interesse di natura commerciale (acquisto) verso i beni ed i servizi dall’impresa (cfr. pareri del Comitato n. 18 del 2000, n. 1 del 2001 e n. 19 del 2004), ovvero siano i destinatari dell’attività caratteristica esercitata dalla stessa (cfr. parere n. 16 del 2006).
Nell’ambito dei rapporti tra imprese, la potenzialità può essere dedotta in relazione alla attività esercitata dal soggetto che partecipa agli eventi di cui al comma 5: l’esercizio di un’attività affine ovvero collegata nell’ambito della filiera produttiva - adeguatamente documentata - può far, infatti, presumere un interesse all’acquisto dei beni e servizi prodotti dall’impresa.
Va evidenziato che le spese in parola, per poter essere considerate deducibili senza le limitazioni di cui al comma 2, devono, inoltre, essere sostenute all’interno di particolari “contenitori commerciali” e, cioè, secondo un’elencazione da ritenersi tassativa, nell’ambito di mostre, fiere, esposizioni ed eventi simili in cui devono essere esposti i beni e servizi prodotti dall’impresa, ovvero in occasione di visite a sedi, stabilimenti o unità produttive dell’impresa.
Per mostre, fiere ed eventi simili si devono intendere quelle particolari manifestazioni in cui l’impresa partecipa attraverso l’esposizione dei propri beni e servizi ed in cui si incontrano tutta una serie di attori connotati da un forte interesse e propensione commerciale (compratori, espositori, fornitori, ecc.).
6.1.1 Spese di ospitalità sostenute nei confronti di soggetti diversi dai clienti
La relazione illustrativa al decreto specifica che la scelta adottata circa l’integrale deducibilità delle spese di ospitalità dei clienti intende, tra l’altro, incentivare le imprese del nostro Paese in termini di maggiore competitività.
In tale ottica, come detto, le spese in questione vengono considerate interamente deducibili (fatta salva l’applicabilità dell’articolo 109, comma 5, ultimo periodo, del TUIR) in ragione del diretto rapporto che lega il sostenimento di queste spese all’ottenimento di ricavi.
Tali motivazioni, unitamente al tenore letterale della norma in esame, inducono ad escludere la piena deducibilità delle spese sostenute per l’ospitalità di soggetti diversi dai clienti, ad esempio fornitori o giornalisti, che partecipano agli eventi di cui al comma 5.
Analoghe considerazioni valgono anche per quanto concerne gli agenti dell’impresa: non si possono quindi ritenere integralmente deducibili le spese di vitto e alloggio, sostenute in occasione degli eventi richiamati dalla norma (fiere, esposizioni, mostre, ecc.), a beneficio degli agenti. A ben vedere, non può fondatamente sostenersi un collegamento diretto tra le predette spese sostenute per gli agenti e il conseguimento dei ricavi dell’impresa. In tal caso, quindi, l’inerenza deve essere valutata alla stregua dei principi generali dell’articolo 109 del TUIR, prescindendo dall’applicazione della disposizione in esame.
6.1.2 Spese di ospitalità per i clienti sostenute nell’ambito degli “eventi” di cui al comma 1 del decreto di attuazione
La disposizione del comma 5 del decreto va posta in relazione con quella del comma 1, atteso che le due disposizioni fanno riferimento a spese sostenute in occasione di eventi simili.
In particolare il comma 5 prevede la deducibilità integrale per “spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute per ospitare clienti, anche potenziali, in occasione di mostre, fiere, esposizioni ed eventi simili in cui sono esposti i beni e servizi prodotti dall’impresa”.
Il comma 1, lettera d) prevede invece la deducibilità commisurata all’ammontare dei ricavi con riguardo a “spese per feste, ricevimenti ed altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di mostre, fiere ed eventi simili in cui sono esposti i beni e servizi prodotti dall’impresa”.
Dal confronto delle due disposizioni è possibile affermare che le spese di viaggio, vitto e alloggio nei confronti dei clienti, purché analiticamente documentate, rientrano comunque nel disposto del citato comma 5, anche se sostenute nell’ambito di eventi di cui alla lettera d) del comma 1: la disposizione del comma 5, infatti, è di tipo speciale rispetto a quella del comma 1.
Nel caso in cui le spese per viaggio, vitto o alloggio siano sostenute in maniera indistinta sia per i clienti che per altri destinatari (si pensi alle spese per un buffet offerto in occasione di una fiera o di una mostra, al quale partecipano sia i clienti, attuali o potenziali, sia dipendenti, giornalisti o autorità invitate all’evento) tali spese vengono attratte dal regime delle spese di rappresentanza per cui possono essere dedotte nei limiti delle percentuali di ricavi e proventi stabiliti dal comma 2.
Diversa dalle due disposizioni richiamate è quella recata dal comma 1, lettera a), secondo cui rientrano tra le spese di rappresentanza a deducibilità condizionata “Le spese per viaggi turistici in occasione dei quali siano programmate ed in concreto svolte significative attività promozionali dei beni o dei servizi la cui produzione o il cui scambio costituisce oggetto dell’attività caratteristica dell’impresa”.
La fattispecie enucleata dalla norma, infatti, non è sovrapponibile alle precedenti (comma 5 e comma 1, lettera d)), in quanto prevede come evento principale non le mostre, fiere ed eventi simili (tra i quali si potrebbe far rientrare anche l’esposizione di prodotti), ma i viaggi turistici. L’esposizione dei prodotti, in tal caso, rileva come iniziativa collaterale all’evento principale, costituito dall’organizzazione del viaggio turistico.
L’esposizione di beni o servizi prodotti dall’impresa nell’ambito di viaggi turistici non può rientrare in uno degli eventi di cui al comma 5 del decreto. Ne consegue che l’impresa che organizza viaggi turistici riconducibili alla lettera a) del comma 1 non può estrapolare dall’insieme dei costi sostenuti quelli che si riferiscono a viaggio, vitto e alloggio dei clienti, attuali e potenziali.
Tutti i costi afferenti il viaggio turistico sono pertanto deducibili nei limiti di congruità di cui al comma 2.
6.2 Società specializzate nell’organizzazione di fiere ed eventi simili
Il secondo periodo del citato comma 5 prevede che: “Per le imprese la cui attività caratteristica consiste nell’organizzazione di manifestazioni fieristiche e altri eventi simili, non costituiscono spese di rappresentanza e non sono, pertanto, soggette ai limiti previsti dal presente decreto, le spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute per ospitare clienti, anche potenziali, sostenute nell’ambito di iniziative finalizzate alla promozione di specifiche manifestazioni espositive o altri eventi simili”.
Tale disposizione afferma la deducibilità integrale delle spese per ospitalità clienti sostenute dalle imprese che organizzano manifestazioni fieristiche non durante le fiere (che in prosieguo andranno ad organizzare e nelle quali le imprese-clienti andranno ad esporre i propri prodotti), ma in eventi propedeutici nei quali venga svolta attività di promozione di fiere o di altri eventi simili già programmati.
Il dato letterale, infatti, della norma richiede, infatti, che l’iniziativa sia finalizzata a promuovere “specifiche” manifestazioni espositive o eventi similari.
Ciò significa che le manifestazioni oggetto di promozione devono essere già “calendarizzate”, cioè già programmate o in fase di realizzazione.
Uno specifico approfondimento merita il trattamento fiscale delle spese sostenute dalle imprese organizzatrici per l’ospitalità di personalità del settore che possono costituire un richiamo per la manifestazione. Ci si riferisce, in particolare, alle spese sostenute per ospitare personalità del mondo scientifico invitate a tenere conferenze nel settore oggetto di una determinata manifestazione. Diversamente da quelle sostenute per organizzare generici eventi di intrattenimento (un buffet o una festa), dette spese possono essere trattate alla stregua dei costi pertinenti all’organizzazione.
Limitatamente a tale fattispecie, pertanto, si ritiene possibile la deducibilità integrale delle relative spese ai sensi dell’articolo 109 del TUIR, in quanto spese correlate ai ricavi della manifestazione, sempre che si tratti delle spese sostenute in via definitiva dalle società organizzatrici. Diverso è il caso in cui le spese siano invece sostenute dalle società espositrici, in quanto ad esse
“ribaltate” dalle società organizzatrici dell’evento; in tal caso, infatti, in capo alla società espositrice la stretta correlazione tra costo sostenuto e ricavi conseguiti verrebbe sicuramente meno.
6.3 Imprenditore individuale
Il terzo periodo del comma 5 del decreto prevede, infine, che “non sono soggette altresì ai predetti limiti le spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute direttamente dall’imprenditore individuale in occasione di trasferte effettuate per la partecipazione a mostre, fiere, ed eventi simili in cui sono esposti beni e servizi prodotti dall'impresa o attinenti all’attività caratteristica della stessa”.
La disposizione citata riconosce la piena deducibilità delle spese di viaggio, vitto e alloggio direttamente sostenute dall’imprenditore individuale per partecipare a mostre, fiere ed altri eventi simili in cui sono esposti o promossi i beni o servizi prodotti dalla sua impresa o che abbiano un’attinenza con la sua attività.
La norma, che fa riferimento ai beni e servizi “attinenti all’attività caratteristica” dell’impresa consente quindi di estendere la deducibilità integrale alle spese sostenute direttamente dall’imprenditore individuale per partecipare a quelle manifestazioni fieristiche ed eventi similari in cui sono esposti i prodotti o servizi di altre aziende (fornitori, concorrenti, ecc.) che comunque possano rappresentare, in un’ottica di “filiera”, eventi di interesse.
La disposizione in commento, infine, deve essere coordinata con quella dell’articolo 109, comma 5, ultimo periodo del Tuir, che prevede la deducibilità limitata dal reddito dell’impresa nella misura del 75% delle spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande sostenute dall’imprenditore, diverse da quelle sostenute per le trasferte fuori dal territorio comunale e per quelle all’estero effettuate dai lavoratori dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. Queste ultime, ai sensi del comma 3 dell’articolo 95 del Tuir, sono infatti deducibili per intero, entro il limite massimo giornaliero di euro 180,76 per le trasferte fuori dal territorio comunale, elevato ad euro 258,23 per quelle all’estero.
Al riguardo, con circolare n. 6/E del 3 marzo 2009, con riferimento alle spese per prestazioni alberghiere e somministrazione di alimenti e bevande sostenute in relazione alle trasferte effettuate dai soci di una società di persone, è stato chiarito che opera la previsione normativa dettata dall’articolo 109, comma 5, del Tuir ai sensi del quale tali costi sono deducibili nei limiti del 75 per cento del loro ammontare. Tali considerazioni si ritengono valide anche in relazione alle spese sostenute dall’imprenditore individuale nell’ambito delle proprie trasferte.
6.4 Spese che conservano natura “commerciale”
La relazione illustrativa al decreto, con riferimento alla previsione di cui al terzo periodo del comma 5 – che, come appena illustrato, riconosce piena deducibilità alle spese di viaggio, vitto e alloggio direttamente sostenute dall’imprenditore individuale per partecipare a mostre, fiere ed altri eventi simili in cui sono esposti o promossi i beni o servizi oggetto dell’attività della sua impresa o attinenti alla medesima attività – precisa che la stessa “assume portata effettiva solo per le spese della indicata natura, essendo evidente che le spese sostenute, ad esempio, per l’affitto e l’allestimento degli stand o il trasporto dei prodotti da esporre, restano deducibili come normali spese di gestione in base alle regole generali”.
Invero, la precisazione è di carattere generale, nel senso che le spese - non solo quelle sostenute dall’imprenditore individuale – relative alla organizzazione ed all’allestimento di mostre, fiere, ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall’impresa (fra le quali, ad esempio, spese di trasporto, di affitto e di allestimento degli stand) conservano la natura di spese commerciali, deducibili ai sensi dell’articolo 109 del Tuir.
Più in generale, i costi che l’impresa sostiene nel proprio esclusivo interesse, senza alcuna componente di liberalità nei confronti di altri soggetti, mantengono la natura di spese di tipo “commerciale”, in quanto caratterizzate da un univoco vincolo di inerenza in rapporto ai ricavi delle vendite e sono deducibili ai sensi dell’articolo 109 del Tuir.
7. ONERI DOCUMENTALI
I commi 5 e 6 del decreto stabiliscono, a carico dei contribuenti che abbiano sostenuto delle spese qualificabili come di ospitalità dei clienti (interamente deducibili) o di rappresentanza (limitatamente deducibili), taluni oneri documentali.
In particolare, con riferimento alle spese di ospitalità dei clienti, di cui al comma 5 del decreto, il legislatore ha previsto oneri documentali stringenti.
L’ultimo periodo del comma 5 dispone, infatti, che “La deducibilità delle erogazioni e delle spese indicate nel presente comma è, tuttavia, subordinata alla tenuta di un’apposita documentazione dalla quale risultino anche le generalità dei soggetti ospitati, la durata e il luogo di svolgimento della manifestazione e la natura dei costi sostenuti”.
La ratio di tale disposizione, come illustrato dalla relazione al decreto, si pone evidentemente nell’ottica di consentire all’Amministrazione finanziaria di svolgere un’efficace attività di controllo in merito alla corretta deduzione delle spese in commento.
Particolare rilevanza assume, a tal riguardo, la documentazione relativa alle generalità dei soggetti ospitati, posto che ai fini del riconoscimento della piena deducibilità delle spese di ospitalità è essenziale riscontrare che si tratti di “clienti, anche potenziali” dell’azienda.
Inoltre, ai fini della deducibilità integrale delle predette spese, la documentazione prodotta deve comprovare il nesso esistente tra la spesa sostenuta a favore dei clienti, anche potenziali e la loro partecipazione all’evento promozionale.
Al riguardo, si ritiene che la tenuta della apposita documentazione richiesta dalla norma, cui è subordinata la deduzione delle spese in questione, è un onere documentale la cui inosservanza comporta decadenza dal diritto alla deduzione integrale. In sede di controllo il contribuente potrà tuttavia integrare gli elementi documentali richiesti ai fini della deducibilità integrale delle spese.
Con riferimento alle spese di rappresentanza di cui al comma 1 del decreto, il comma 6 richiede oneri di rendicontazione meno stringenti rispetto a quelli imposti in relazione alle spese di ospitalità dei clienti integralmente deducibili.
Il predetto comma 6 stabilisce, infatti, che “l’Agenzia delle Entrate e gli organi di controllo competenti possono invitare i contribuenti a fornire indicazione, per ciascuna delle fattispecie indicate nel comma 1, dell’ammontare complessivo, distinto per natura, delle erogazioni effettuate nel periodo d’imposta e dell’ammontare dei ricavi e proventi derivanti dalla gestione caratteristica dell’impresa assunti a base di calcolo della percentuale di deducibilità indicata nel comma 2”.
La citata disposizione prosegue stabilendo che “L’invito può riguardare anche l’ammontare complessivo delle spese relative ai beni distribuiti gratuitamente di valore unitario superiore a euro 50,00 e l’ammontare complessivo delle spese indicate nel comma 5”, ossia quelle di ospitalità dei clienti interamente deducibili.
In ordine alle modalità di rilevazione e di documentazione delle spese in esame, nel silenzio della norma, si ritiene che, salvo il rispetto delle regole generali previste dal DPR 29 settembre 1973, n. 600, in tema di tenuta della contabilità rilevante anche ai fini fiscali, i contribuenti siano liberi di utilizzare il sistema di rilevazione più consono alle loro esigenze gestionali.
Sarà comunque opportuno che il sistema adottato consenta di individuare agevolmente le spese di rappresentanza e di ospitalità in base alle categorie del decreto, al fine di facilitare l’attività di controllo degli organi competenti.
8. PROFILI IVA
Per quanto concerne le spese di rappresentanza, l’articolo 19-bis 1, comma 1, lettera h) del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, opera un rinvio alla disciplina delle imposte sui redditi, prevedendo che“non è ammessa in detrazione l’imposta relativa alle spese di rappresentanza, come definite ai fini delle imposte sul reddito, tranne quelle sostenute per l’acquisto di beni di costo unitario non superiore a lire cinquantamila (pari ad euro 25,82)”.
Si ricorda che i criteri di qualificazione delle spese di rappresentanza ai fini delle imposte sui redditi, previsti dall’art. 108, comma 2, e dal decreto di attuazione, rilevano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007. Ne deriva che i predetti criteri di qualificazione hanno avuto riflesso immediato sull’applicazione dell’Iva già a decorrere dal 1° gennaio 2008.
Nelle more di approvazione del decreto, può essersi verificato che la liquidazione dell’IVA relativa alle spese in questione sia stata effettuata, per i periodi anteriori all’entrata in vigore del decreto, sulla base delle pregresse disposizioni e, in particolare, che sia stato esercitato il diritto alla detrazione in relazione a spese per le quali, alla luce delle sopravvenute disposizioni del decreto, lo stesso sia venuto meno.
Atteso che al momento in cui è stata operata la detrazione la nuova disciplina non era nota al contribuente, si ritiene che lo stesso potrà effettuare il conguaglio della detrazione in sede di dichiarazione annuale IVA senza applicazione di sanzioni o interessi moratori, sulla base del principio di tutela dell’affidamento ai sensi dell’articolo 10, comma 2, dello Statuto del Contribuente. Il conguaglio della detrazione può essere operato anche in diminuzione, nell’ipotesi in cui il contribuente non abbia, invece, detratto l’imposta ritenendola erroneamente afferente ad una spesa qualificabile come spesa di rappresentanza.
Si precisa, infine, che la detraibilità dell'IVA è preclusa quando una determinata spesa è qualificata come “di rappresentanza” ai sensi della disciplina in esame, indipendentemente dal fatto che, ai fini della determinazione del reddito, la deducibilità della medesima sia in tutto o in parte consentita in funzione del plafond di deducibilità di cui al comma 2 del decreto.
9. LE SPESE DI RAPPRESENTANZA NEL REGIME DEI MINIMI
I contribuenti che applicano il c.d. regime dei minimi, disciplinato dai commi da 96 a 117 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e dal relativo decreto attuativo dell’11 gennaio 2008, determinano il reddito di impresa (e di lavoro autonomo), come differenza tra l’ammontare dei ricavi o compensi percepiti nel periodo d’imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività d’impresa, dell’arte o professione.
Sul reddito così determinato ai sensi del citato comma 104 si applica un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali pari al 20 per cento.
I contribuenti soggetti al regime dei minimi sono invece esenti dall’imposta regionale sulle attività produttive.
Con riferimento alle spese parzialmente inerenti, quali quelle relative a beni ad uso promiscuo, nonché le spese relative a tutti i beni a deducibilità limitata indicati negli articoli 164 e 102, comma 9, del Tuir (ad esempio autovetture, autocaravan, ciclomotori, motocicli, e telefonia), la circolare n. 7/E del 28 gennaio 2008 ha chiarito che esse rilevano nella determinazione del reddito dei contribuenti minimi nella misura del 50 per cento dell’importo corrisposto, comprensivo dell’Iva per la quale non può essere esercitato il diritto alla detrazione.
Le spese di rappresentanza, pertanto, che possono essere ritenute anch’esse inerenti entro limiti di congruità fissati dal comma 2 del decreto, saranno deducibili nei limiti del citato plafond anche per i soggetti che rientrano nel regime dei minini.
Nella medesima circolare è stato inoltre chiarito che le spese per omaggi (di valore unitario inferiore a 50 euro), vitto e alloggio possono essere portate in deduzione per l’intero importo pagato, semprechè l’inerenza delle spese all’esercizio dell’attività d’impresa o di lavoro autonomo sia dimostrabile sulla base di criteri oggettivi.
10. LE SPESE DI RAPPRESENTANZA IN DICHIARAZIONE
Le modifiche normative in commento al regime delle spese di rappresentanza comportano, tra l’altro, che le stesse non si qualificano più quali spese relative a più esercizi deducibili in più periodi di imposta, ma unicamente nel periodo d’imposta in cui sono state sostenute.
In base alla previgente disciplina, infatti, il contribuente deduceva le spese di rappresentanza – nei limiti di un terzo del loro ammontare – in quote costanti, nell’esercizio di sostenimento e nei quattro successivi.
La rateizzazione della deduzione delle spese di rappresentanza si traduceva – per quanto riguarda gli obblighi dichiarativi – in una variazione in aumento (nel quadro RF della dichiarazione dei redditi) pari a 14/15 del costo nel periodo d’imposta di sostenimento e, nei quattro periodi successivi, in una variazione in diminuzione per 1/15 del relativo ammontare, con conseguente rilevazione della fiscalità differita.
In base alla disciplina descritta nei paragrafi precedenti, le spese di rappresentanza sono, invece, deducibili, nel limite di congruità fissato dal comma 2 del decreto, unicamente nel periodo d’imposta di sostenimento.
Di conseguenza, andrà effettuata nella dichiarazione dei redditi del periodo di imposta di sostenimento delle spese una variazione in aumento, di importo pari all’intero ammontare delle spese di rappresentanza contabilizzato nel conto economico dell’esercizio ed una in diminuzione di importo pari all’ammontare delle spese di rappresentanza deducibili ai sensi delle nuove disposizioni.
Ovviamente poiché la deducibilità limitata delle spese di rappresentanza assume carattere definitivo, non occorre rilevare la fiscalità differita.
Esempio 6
Si riprendano in considerazione i dati dell’esempio 1 in cui, nell’anno d’imposta 2008, un’impresa abbia conseguito ricavi ed altri proventi della gestione caratteristica per euro 70.000.000 ed abbia sostenuto spese di rappresentanza per euro 400.000.
Il limite di congruità di cui al comma 2 del decreto è pari, come illustrato nel precedente esempio, a euro 350.000.
L’impresa, pertanto, nell’anno d’imposta 2008 potrà dedurre spese di rappresentanza per un ammontare massimo pari ad euro 350.000 mentre l’eccedenza, pari ad euro 50.000 (400.000 – 350.000), dovrà essere ripresa a tassazione.
In tale fattispecie, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2008, modello UNICO 2009 – Società di capitali – Quadro RF, nel rigo RF24, colonna 1 e 2, va indicato tra le variazioni in aumento della base imponibile l’intero importo delle spese di rappresentanza, pari a 400.000.
...omissis...
Nel rigo RF43, colonna 1 e 2, vanno indicate, invece, tra le variazioni in diminuzione, le spese di rappresentanza deducibili ai sensi dell’art. 108, comma 2, secondo periodo del Tuir, nel caso specifico pari ad euro 350.000.
...omissis...
La relazione al decreto ha chiarito che per le spese sostenute nei periodi di imposta precedenti a quelli di entrata in vigore delle nuove regole restano ferme le norme applicabili “ratione temporis”. Ne consegue che, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007 ed in quelle relative ai quattro periodi d’imposta successivi, potranno ancora essere effettuate variazioni in diminuzione relative ai “quinti” delle spese di rappresentanza deducibili, sostenute in periodi di imposta in cui era in vigore la precedente disciplina e la cui deduzione è stata rinviata in ottemperanza della stessa.
Tali variazioni in diminuzione, relative quindi a periodi d’imposta precedenti a quelli in cui si applicano le modifiche normative in commento, devono essere indicate nel rigo RF43, sia in colonna 1 che in colonna 2 (ivi sommate alle spese deducibili sostenute nel periodo di imposta).
Nel caso di imprese di nuova costituzione, si ricorda che, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del decreto, le spese di rappresentanza sostenute nei periodi d’imposta anteriori a quello in cui sono conseguiti i primi ricavi, possono essere portate in deduzione dal reddito di tale ultimo periodo d’imposta e di 350.000 350.000
quello successivo; in tal caso l’importo delle spese non deducibili deve essere indicato tra le variazioni in aumento, nel rigo RF24, e deve essere riportato anche nel rigo RS145 della dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui sono state sostenute.



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