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Il riconoscimento in Italia del matrimonio celebrato all'estero
a cura dell'avv. Matteo Santini e della dott.ssa Erika Pigliapoco
 
Negli ultimi anni si assiste ad una crescita del numero di matrimoni celebrati all’estero.
Abbattute le rigide frontiere che un tempo dividevano le legislazioni
dei vari paesi e inducevano a considerare terra madre di tutti i
rapporti giuridici di carattere matrimoniale il solo territorio della
nazione di cui si era cittadini, oggi, sempre più spesso si da avvio
alla procedura di riconoscimento di atti di matrimonio contratti in
territorio straniero.
Ipotesi non più isolate di cittadini italiani che seppure residenti in Italia, dove vivono e lavorano stabilmente, si recano all’estero per contrarre matrimonio nel paese di cittadinanza del coniuge straniero si intrecciano alla varietà delle motivazioni che talvolta
spingono anche coniugi italiani alla scelta di una celebrazione al di
fuori del territorio italiano.
Data la molteplicità di interventi legislativi in merito, si tratta di una scelta che trova piena risposta nella normativa vigente.L’ordinamento giuridico italiano ha provveduto a regolare la materia con il DPR 396 del 2000 laddove , con specifica norma si prevede che i matrimoni riconoscibili o meglio trascrivibili in Italia, “sono quelli celebrati tra cittadini italiani, ovvero tra un cittadino
italiano ed uno straniero, innanzi all’autorità diplomatica o consolare competente, oppure dinnanzi all’autorità locale”. ( art 16)Ferma la possibilità di scegliere tra una celebrazione dinanzi all’autorità consolare italiana o dinanzi all’autorità locale, con le differenze procedurali di cui a breve, occorre chiarire in via preliminare un presupposto importante e valido per ogni matrimonio contratto all’estero.
Secondo l’orientamento dottrinale prevalente, difatti, quale che sia
la modalità di celebrazione prescelta, rimane saldo in capo ai
nubendi l’obbligo della pubblicazione, disciplinato agli’ art 93,94
e 95 del nostro codice civile, attesa la sua importantissima funzione
di verifica circa l’insussistenza, da parte dell’ufficiale di stato
civile, di impedimenti suscettibili di dar luogo a successive azioni
di nullità o annullamento, e proprio per questo incapace di essere
limitato da differenti modalità di celebrazione.
Ai sensi dell’art 11 del DPR 5/1/1967 n. 200, Disposizioni sulle
funzioni e sui poteri consolari, “le pubblicazioni per il cittadino
che intenda contrarre matrimonio avanti l'autorità consolare sono
effettuate presso l'ufficio consolare in cui la celebrazione deve
aver luogo, eventualmente presso quello nella cui circoscrizione sia
residente il nubendo ed in Italia, a norma dell'art. 115 codice
civile.” Due sono i criteri applicati dalla norma: il primo in
riferimento all’autorità consolare davanti alla quale il matrimonio
sarà celebrato, il secondo è quello relativo alla residenza dei
nubendi.
Nonostante la novella che ha abrogato il secondo comma dell’art 115 cod civ., comma prescrivente la suddetta pubblicazione, la dottrina ritiene che nessuna deroga a tale disciplina possa essere ritenuta valida nell’ipotesi di matrimonio celebrato dinanzi l’autorità
locale a cui si applica, al pari del matrimonio dinanzi all’autorità
consolare, in toto l’art 11 richiamato.
Le pubblicazioni di matrimonio hanno luogo mediante affissione
nell'albo consolare di un atto contenente nome, cognome, data e luogo di nascita, residenza e professione dei nubendi. Le legislazioni di alcuni paesi esteri richiedono un’ attestazione concernente la
mancanza di impedimenti in capo al cittadino italiano e talvolta il
rilascio del certificato di capacità matrimoniale ai sensi della
Convenzione di Monaco del 5 settembre 1980.
Non sono mancate voci dissonanti che hanno rinvenuto, nella richiesta espressa del paese estero di tali certificati, un’ esimente
all’onere di pubblicazione, riconoscendo una funzione sostitutiva in
capo agli stessi: tuttavia, a prevalere, rimane il dato certo che
tali presunti “palliativi”, richiesti da alcune legislazioni estere,
in realtà possono essere validamente rilasciati solo dopo compiute le
pubblicazioni e qualora non ne siano risultate opposizioni.
In ogni caso occorre sottolineare la piena validità di un atto di
matrimonio non preceduto dalle prescritte pubblicazioni, trattandosi
di una fase meramente preparatoria e precedente alla formazione del
vincolo coniugale.
Per quello che più precisamente attiene alle modalità di celebrazione del matrimonio, due sono le alternative previste dall’art 16 del DPR 396 del 2000: la celebrazione dinanzi all’autorità consolare italiana e la celebrazione dinanzi l’autorità locale.
Qualora la celebrazione avvenga dinanzi all’autorità consolare
italiana, ai sensi e per gli effetti dell’art 13 del DPR 200/1967,
troverà applicazione la procedura prevista all’ art 107 cod. civ.
“Nel giorno indicato dalle parti l'ufficiale dello stato civile, alla
presenza di due testimoni, anche se parenti, dà lettura agli sposi
degli artt. 143, 144 e 147; riceve da ciascuna delle parti
personalmente, l'una dopo l'altra, la dichiarazione che esse si
vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio. L'atto di matrimonio deve essere compilato immediatamente dopo la celebrazione.”All’ identità di procedura rispetto a quella del matrimonio celebrato in territorio italiano fa seguito l’identità di funzione dell’ autorità consolare, che parificata di fatto a qualsiasi ufficiale di stato civile italiano, tramite il ponte del terzo comma dell’ art. 53 del DPR 396/2000,una volta eseguita la pubblicazione, “potrà richiedere la celebrazione del matrimonio anche all’ufficiale dello stato civile del comune italiano di residenza attuale di uno degli sposi.”
Nel caso in cui il matrimonio sia celebrato davanti l’autorità locale
troveranno applicazione le leggi del luogo (art 16 D.P.R. 396 del
2000).
In relazione alla verifica circa la capacità dei nubendi, dal momento
che la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre
matrimonio ai sensi dell’art 27 della L 218 /1995 di Riforma del
sistema italiano di diritto internazionale privato, debbono essere
regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento dello
stesso, sarà essenzialmente la legge italiana, a regolare la capacità
dei futuri coniugi di porre in essere l’atto di communio omnis vitae.
Diventa pertanto cruciale avere ben chiare le norme cardine in materia.
In primis l’art . 115 comma 1 del codice civile, il quale prevede che il cittadino italiano, nell’ipotesi di matrimonio all’estero,sia comunque soggetto alle norme italiane sulle “condizioni necessarie
per contrarre matrimonio” di cui agli art 84 e ss cod civ.Una volta che siano state rispettate le norme come richiamate dall’art 115, la validità sostanziale del matrimonio contratto da cittadino italiano all’estero (nell’osservanza delle forme ivi previste) può essere negata solo previo esperimento dell’azione di nullità o annullamento di cui all’art 117 c.c.; in assenza di tale accertamento, il matrimonio produce i propri effetti con conseguente attribuzione al coniuge straniero del relativo status anche ai fini dell’ottenimento di un titolo di soggiorno in Italia o a fini successori.
Secondo l’opinione prevalente l’art 115 non impedisce l’applicazione
dell’art 28 della Legge di Riforma del sistema italiano di diritto
internazionale privato il quale prevede tre criteri alternativi e
concorrenti al fine di stabilire la validità di un atto di matrimonio
celebrato innanzi all’autorità locale agli effetti dell’ordinamento
giuridico italiano. “Il matrimonio è valido, quanto alla forma, se è
considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione o dalla legge
nazionale di almeno uno dei due coniugi al momento della
celebrazione o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale
momento “.Non è dunque necessaria la compresente osservanza dei tre criteri, la semplice esistenza di uno essendo sufficiente a configurare un atto di matrimonio perfettamente valido ai sensi e per gli effetti della legge italiana.
Unico limite rilevante è l’osservanza del requisito del necessario
rispetto dell’ ordine pubblico come previsto e richiesto dall’art.
17 P.R. 5 gennaio 1967 n 200 ai sensi del quale “la legge straniera
non è applicata se i suoi effetti sono contrari all’ordine
pubblico”.Si tratta di una barriera inderogabile per la quale il
secondo comma del medesimo articolo prevede l’applicazione in via
surrogatoria e subordinata della “legge richiamata mediante altri
criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima
ipotesi normativa . In mancanza si applica la legge italiana.”
Formato un valido atto di matrimonio ai sensi delle norme richiamate,
gli interessati dovranno trasmettere una copia dell’atto di matrimonio all’autorità diplomatica o consolare italiana la quale
darà seguito alla verifica della validità del matrimonio secondo la
legge dello stato di celebrazione, curando di provvedere alla traduzione e legalizzazione dell’atto stesso prima di inoltrarlo all’ufficiale di stato civile italiano. Sarà poi di competenza delle
autorità consolari medesime trasmettere gli atti relativi ai matrimoni celebrati secondo le forme locali e ad esse pervenuti inclusi gli atti relativi a matrimoni celebrati in forma religiosa in tutte le iporesi in cui la legge locale li riconosca agli effetti civili. (art 16 D.P.R. 5 gennaio 1967 n 200).
Con dettato di contenuto quasi identico l’art. 17 del D.P.R. n. 396
del 2000 prevede, ai fini della trascrizione nei registri dello stato
civile italiano, che l’autorità diplomatica o consolare trasmetta
copia degli atti e dei provvedimenti all’ufficiale dello stato civile del comune in cui l’interessato ha o dichiara che intende stabilire la propria residenza .
Il matrimonio contratto all’estero dal cittadino italiano residente
in Italia deve essere seguito pertanto dalla trascrizione dell’atto
nei registri dello stato civile italiano. Al pari delle pubblicazioni
è da escludere tuttavia la natura costitutiva di tale adempimento; il
matrimonio sarà validamente contratto anche in assenza di trascrizione , ferma in ogni caso l’intrascrivibilità degli atti formati all’estero se contrari all’ordine pubblico.(Art. 18 DPR 396
del 2000.)
La giurisprudenza della Suprema Corte infatti, ha riconosciuto con
pronunce costanti nel tempo( Cass., n. 9578 del 1993; n. 3599 del
1990; n. 569 del 1975; n. 1298 del 1971; n. 1719 del 1967) che i
matrimoni celebrati all’estero tra italiani e stranieri hanno immediata validità nell’ordinamento italiano qualora risultino celebrati in accordo con le forme richieste dalla legge straniera
.(Cass.civ. sent. 10351 del 1998 : “.. le norme di diritto internazionale privato.. attribuiscono ai matrimoni celebrati all'estero tra cittadini italiani ovvero tra italiani e stranieri immediata validità e rilevanza nel nostro ordinamento, sempre che essi risultino celebrati secondo le forme previste dalla legge straniera - e quindi spieghino effetti civili nell'ordinamento interno dello Stato straniero - e sempre che sussistano i requisiti sostanziali relativi allo stato ed alla capacità delle persone previsti dalla legge italiana. Né il principio di immediata rilevanza può essere condizionato dalla osservanza delle norme italiane relative alla trascrizione (art. 51 ordinamento dello stato civile), tteso che la trascrizione non ha natura costitutiva, ma meramente certificativa e scopo di pubblicità di un atto già di per sé valido sulla base del principio "locus regit actum", in quanto diretta unicamente a rendere pubblico che il cittadino ha contratto all'estero un matrimonio ritenuto valido dall'ordinamento locale, e quindi anche da quello italiano ai sensi dell’art 115 cod. civ.”
Avv. Matteo Santini (www.studiolegalesantini.com)
Dott.ssa Erika Pigliapoco


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