Secondo quanto stabilito dall’art. 2934 c.c. ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare, non lo esercita per il tempo determinato dalla legge. Autorevoli giuristi ritengono, tuttavia, che la norma parli impropriamente di estinzione del diritto: se la prescrizione operasse nel senso di estinguere il diritto - evidenziano- non si comprenderebbe la regola posta dal successivo art. 2940 c.c., secondo cui non è possibile chiedere la restituzione di quanto pagato in adempimento di un debito prescritto. Se il debito fosse estinto, il pagamento non sarebbe dovuto e se effettuato dovrebbe essere restituito. Pertanto, il diritto più che estinguersi perde la propria forza, nel senso che, se si agisce in giudizio, il terzo potrà eccepire la prescrizione, e in tal modo viene arrestata l’iniziativa giurisdizionale; se tale eccezione non viene opposta, il diritto potrà essere fatto valere ad ogni effetto. Altri preferiscono parlare di estinzione dell’azione, piuttosto che di estinzione del diritto.
Da questa breve descrizione della normativa e delle diverse posizioni in dottrina, si può affermare che i presupposti dell’istituto sono:
1) un diritto soggettivo che può essere esercitato e non imprescrittibile;
2) il mancato esercizio del diritto (inerzia da parte del titolare);
3) il decorso del tempo previsto dalla legge.
Con riguardo alle specifiche regole sulla prescrizione, l’art. 2936 stabilisce che è nullo ogni patto diretto a modificare la disciplina legale della prescrizione. La norma precisa che i precetti dettati dalla legge non sono derogabili convenzionalmente dalle parti e dunque non possono essere stabilite eccezioni tendenti all’eliminazione, prolungamento o all’abbreviazione dei termini. Il divieto si riferisce anche a quelle modifiche riguardanti, quindi la decorrenza, le cause di sospensione o di interruzione. La nullità del patto inteso a modificare la disciplina legale della prescrizione fonda la sua ratio, sulla considerazione che la prescrizione è un istituto di ordine pubblico, e la sua normativa è pertanto inderogabile e, tra i cui fini, vi è quello di assicurare che ciascun soggetto possa godere della tutela legislativa in piena libertà, senza essere indotto per un motivo o per l’altro a subirne le modificazioni.
Il successivo art. 2937 stabilisce che solo dopo che sia trascorso il tempo stabilito, è consentita la rinuncia che è un atto di dismissione di un diritto da parte del suo titolare, atto unilaterale a carattere non recettizio, che dipende esclusivamente dalla volontà di chi lo compie.
La prescrizione, al fine di operare, presuppone dunque il mancato esercizio di un diritto per un determinato tempo fissato inderogabilmente dalla legge in misura variabile a seconda dei casi. L’art. 2946 c.c. stabilisce che, salvi i casi in cui la legge dispone diversamente, i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni. La norma in oggetto è di portata generale, nel senso che se non è previsto un termine più breve o più lungo di prescrizione, si applicherà quello generale. Si tratta di una norma di chiusura, ovvero applicabile ove il legislatore non abbia specificatamente previsto un termine diverso, come per esempio,
a. il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito che si prescrive in cinque anni (art. 2947 c.c.),
b. in due anni si prescrive, invece, il risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli di ogni specie.
L’art. 2948 c.c., prevede altri casi di prescrizione di diritti in cinque anni, mentre l’art. 2955 c.c. contempla casi di prescrizione in un anno, l’art. 2956 in tre anni.
Infine, la legge regola anche le prescrizioni denominate presuntive, che sono caratterizzate dal fatto che, trascorso un certo periodo di tempo indicato variamente dagli artt. 2954 – 2956, il diritto si presume estinto per intervenuto pagamento. Si tratta di una presunzione iuris tantum di estinzione, salvo la prova contraria, secondo le regole degli artt. 2959-2960.
Il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.).
E’ stato evidenziato in dottrina che l’inerzia non rileva in quanto tale, ma esclusivamente l’inerzia che, configurandosi come incuria e disinteresse rispetto al diritto e alla sua tutela, sia giuridicamente e socialmente apprezzabile come non esercizio di una situazione giuridica soggettiva. Se l’inerzia del titolare del diritto è giustificata o viene a mancare, la prescrizione non decorre più, si delineano, così, i due istituti della sospensione e dell’ interruzione.
Il legislatore ha previsto talune cause di sospensione e di interruzione, la prima, si verifica quando l’inerzia del titolare permane, ma trova giustificazione in particolari situazioni espressamente previste dalla legge, durante le quali, la prescrizione, viene provvisoriamente arrestata. La giurisprudenza, reputa che i casi di sospensione siano tassativi, ossia solo quelli previsti dalla legge.
Si ha interruzione della prescrizione, quando l’inerzia del titolare del diritto viene a mancare o perché compie un atto con quale esercita il suo diritto o perché il diritto viene riconosciuto dal soggetto passivo del rapporto.
La differenza fra i due istituti consiste nel fatto che la sospensione apre una parentesi, l’interruzione è una frattura che impedisce di tener conto del tempo già trascorso, cosicché inizia a decorrere un nuovo periodo di prescrizione, mentre con la fine della sospensione, il computo del termine ricomincia, sommandolo, al periodo precedente.
Natura e fondamento della prescrizione.
Gli orientamenti dottrinari in proposito sono molteplici. Secondo alcuni la prescrizione è la risposta all’esigenza di adeguamento alla situazione di fatto della situazione di diritto che risulta compromessa dell’inerzia del titolare; altri (E. Roppo, Istituzioni di diritto privato, Bologna, 2008, pag. 104) ritengono che il fondamento della prescrizione sia da identificare nella necessità di assicurare un uso produttivo delle risorse. Secondo un diverso orientamento, la ratio andrebbe ricercata nella soddisfazione di esigenze di certezza giuridica (A.Torrente e P. Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, Dott. A. Giuffrè Editore, 1994, pag. 133). In questa direzione, la Corte costituzionale (sentenza n. 47 del 1964) rilevava che alla base della prescrizione vi è l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici.
In successivi articoli affronteremo gli argomenti connessi "la prescrizione in materia previdenziale" e "la prescrizione dell’indennità di maternità" auspicando di dare un modesto contributo in materia così delicata.