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Esecuzione forzata ai danni della p.a.
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a cura della redazione
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1. La p.a. debitrice: i principi Allo Stato ed agli enti pubblici si applichi il principio della responsabilità patrimoniale di cui agli artt.2740 e 2910 c.c. Di fronte a sentenze di condanna al pagamento di somme di denaro, la posizione della p.a. è uguale a quella del privato (cfr. da ultimo, Cass. 5/5/2009, n. 10284), così come non ci sono differenze per la qualità pubblica o privata del soggetto debitore al fine della formazione del titolo esecutivo. 2. La natura del debitore non influisce sui requisiti del titolo esecutivo Il Giudice dell'esecuzione si limita a controllare la liquidità del credito portato dal titolo (Cass. 11/1/2006, n. 234). Sin dal 1979 le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato il principio che, a seguito di sentenza di condanna al pagamento della p.a. da parte del giudice amministrativo o del giudice ordinario, il pagamento del debito è un atto dovuto, rispetto al quale la p.a. manca di potere discrezionale, con la conseguenza che, in caso di inerzia, la situazione del creditore integra un diritto soggettivo tutelabile dinanzi al giudice ordinario attraverso l’esecuzione forzata per espropriazione (Cass.SS.UU.13/7/1979, n. 4071 e Cass. SS.UU.25/10/1999, n. 740). Le limitazioni alla disciplina di diritto comune sono di competenza della legge. Il legislatore ha derogato più volte alla disciplina comune di tutela del creditore, conciliando: a) la limitazione dei beni pubblici soggetti ad espropriazione, con la previsione di meccanismi e strumenti per conservare la garanzia patrimoniale dei soggetti pubblici; b) la non fallibilità, con la particolare eccezione degli enti locali, dei soggetti pubblici, che non possono considerarsi insolventi: l’indisponibilità di beni per l’adempimento delle obbligazioni non determina lo stato d’insolvenza della p.a. Gli strumenti di limitazione della responsabilità della p.a. verso i creditori privati acquistano maggiore spessore per il concorso di due fatti: la tendenza della p.a. a ricorre al diritto privato come forma alternativa per la cura degli interessi pubblici, rispetto alla tradizionale via pubblicistica e l’impossibilità di ricorrere, per i vincoli di bilancio posti dall’appartenenza all’Unione Europea, alla svalutazione del potere di acquisto della moneta quando lo Stato non è in grado di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni. Non è solo verso il creditore privato che si pone la disciplina speciale sulla propriazione dei beni pubblici: essa difende la p.a. dal rischio rappresentato da funzionari pubblici che, applicando le regole del diritto processuale civile, si sottroggano ai vincoli di spesa posti dalla finanza pubblica, ora dal c.d. patto di stabilità, non resistendo alle pretese dei creditori privati. Per questi i motivi il legislatore ha sottratto all’esecuzione forzata una parte del patrimonio pubblico, attribuendo al Giudice dell’esecuzione il potere di rilevarla officiosamente. Sino agli anni ’80 la possibilità di espropriare somme dell’amministrazione pubblica detenute dal tesoriere era nella pratica difficile, essendo l’esecuzione attuata nei limiti delle somme che dal bilancio risultavano destinate a scopi di interesse generale, attribuendosi, così, alla p.a. il potere discrezionale di effettuare i pagamenti in maniera graduale e di fatto incontrollabile. Il mutamento avviene negli anni ’80 grazie alla giurisprudenza della Cassazione che esclude il potere di scelta della p.a. in presenza di una condanna al pagamento. Contrariamente rispetto al passato, i bilanci e le procedure di pagamento assumono rilevanza sostanzialmente interna alla p.a. e sono trattati come norme d’azione e non di relazione, con il rilevante effetto di essere inopponibili ai creditori . Il principio che si afferma è che i crediti e le somme di denaro dello Stato sono pignorabili, salvo siano destinate ad un pubblico servizio o all’attuazione di una funzione istituzionale dell’amministrazione, per disposizione di legge o di un provvedimento amministrativo. Solo in presenza di questo vincolo di destinazione, le somme ed i crediti diventano patrimonio indisponibile (Cass.S.UU. 13/7/1979, n. 4071; Cass. 8/11/1983, n. 6597; Corte Cost. 21/7/1981, n. 138). L’esecuzione per espropriazione è dunque limitata ai crediti ed alle somme di denaro non destinate a pubblici servizi. La normativa speciale ha superato sino ad oggi il vaglio di costituzionalità della Consulta, che ha ribadito la ratio e la legittimità di tale disciplina, perché finalizzata all’attuazione dell’interesse pubblico al regolare svolgimento dell’attività amministrativa (v. Corte Cost. 23/4/1998, n. 142; Id. 9/10/1998, n. 350; Id. 9/10/1998, n. 353). Sono pubblici i beni: a) appartenenti ad un soggetto pubblico ovvero alla Patrimonio dello Stato s.p.a. (istituita dal Min. Finanze ai sensi dell’art.7 D.L. 15/4/2002, n. 63, convertito in ,legge 15/6/2002, n. 112), c.d. beni pubblici in senso soggettivo; b) assoggettati ad un regime speciale diverso dalla proprietà privata, per favorire il raggiungimento dei fini pubblici, a cui sono destinati, c.d. beni pubblici in senso oggettivo. Sono beni pubblici in senso soggettivo i beni demaniali e del patrimonio indisponibile. La disciplina del cod. civ. suddivide in tre categorie i beni appartenenti alla p.a.: -beni demaniali (artt. 822, 824 c.c.), -beni patrimoniali indisponibili (art. 826 c.c.), -beni patrimoniali disponibili. Acquisizione della demanialità. -demanio naturale, per il fatto che esistono: non è necessaria una disposizione amministrativa, basta la legge, -demanio artificiale, per una legge che lo dispone, con individuazione da parte dell’autorità amm.va (beni a c.d. destinazione pubblica, bendi destinati ad un pubblico servizio, art. 830, c. 2 c.c.). I beni demaniali si distinguono a loro volta in beni - del demanio necessario, appartenenti necessariamente allo Stato (demanio marittimo, lido del mare, spiaggia, rade, porti, lagune, fari ecc..; demanio idrico, fiumi, torrenti, laghi, acque pubbliche ex L. 5/1/1994, n. 37, beni ex artt. 942 e 946 c.c.; demanio militare); - del demanio accidentale, che sono demaniali solo se appartengono allo Stato o ad altro ente pubblico territoriale ovvero alla Patrimonio dello Stato s.p.a.(demanio stradale, strade e autostrade, demanio aeronautico, demanio culturale, ex art. 53 D. Lgs. 22/1/2004, n. 42). I beni demaniali sono assoggettati ad un particolare regime privatistico: non possono formare oggetto di negozi di diritto privato, sono inalienabili (art. 823 c.c.), non possono formare oggetto di possesso e conseguentemente non sono usucapibili, non sono pignorabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi. Appartengono solo agli enti territoriali. La p.a. ha il potere di tutelare in via amministrativa la proprietà/possesso di detti beni (c.d. autotutela esecutiva). I beni non demaniali appartenenti ad un ente pubblico territoriale si definiscono “beni patrimoniali” e si distinguono in beni del “patrimonio indisponibile” e del “patrimonio disponibile”. I beni del patrimonio indisponibile sono alienabili, purché l’alienazione non li sottragga alla destinazione pubblica (c.d. indisponibilità), ma non sono usucapibili. Possono formare oggetto di diritti a favore di terzi col limite anzidetto. A differenza dei beni demaniali, possono appartenere a qualsiasi ente pubblico. Non possono essere pignorati, ma possono essere espropriati per la realizzazione di un’opera pubblica (art. 4, D.P.R. 8/6/2001, n. 237 T.U. espropriazioni per pubblica utilità). Con riferimento all’esecuzione per espropriazione, considerato che l’effetto principale del pignoramento è di sottrarre al debitore la disponibilità dei beni pignorati, l’art. 514 c.p.c. individua come impignorabili quelli che sono tali per disposizione di legge: in questa categoria rientrano i beni demaniali e quelli del patrimonio indisponibile. Cenni sulla privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico. Lo Stato e gli enti pubblici territoriali possono costituire s.r.l., a titolo oneroso, a cui trasferire i beni facenti parte del patrimonio (non del demanio) immobiliare pubblico, affinché vengano venduti sul mercato (L. 27/12/2002, n. 289, art. 84). Le s.r.l. per pagare il prezzo dei beni devono procurarsi i mezzi con operazioni di cartolarizzazione (emissione di titoli o assunzione di finanziamenti garantiti dai beni acquistati, che vanno a costituire un patrimonio separato). Con il D.L. 63/2002 è stata costituita la società “Patrimonio dello Stato s.p.a.”, alla quale possono essere trasferiti con decreto del Ministro dell’Economia i diritti dello Stato su immobili che fanno parte del demanio o del patrimonio, disponibile o non; gli immobili possono essere ceduti solo alla Infrastrutture s.p.a., ora fusa per incorporazione nella Cassa Depositi e Prestiti s.p.a.; il trasferimento non modifica il regime di demanialità dei beni. L’oggetto sociale della società non si limita tuttavia alla sola cessione, ma è più ampio di quelle assegnato alle s.r.l., di cui al D.L. 351/2001, potendo la società valorizzare e gestire gli immobili. I beni del patrimonio disponibile sono sottoposti al regime dei beni dei privati, del codice civile con l’eccezione della loro alienazione, che deve avvenire con le forme del diritto pubblico. Sono quindi circolabili, usucapibili e pignorabili. L’effetto principale del pignoramento è di sottrarre al debitore la disponibilità dei beni pignorati. L’art. 514 c.p.c. individua come impignorabili quelli che sono tali per disposizione di legge: in questa categoria rientrano i beni demaniali e quelli del patrimonio indisponibile. I crediti di diritto pubblico, derivanti o connessi all’esercizio di poteri pubblici sono assolutamente impignorabili, in primo luogo i crediti tributari: il principio è stato enunciato dalle Sezioni Unite della Cassazione, che ha distinto tra crediti derivanti da rapporti di diritto privato, per i quali l’azione esecutiva è ammissibile e crediti pubblicistici, nascenti dall’esercizio di pubbliche potestà, tra i quali i crediti tributari, sottratti all’esecuzione coattiva dei creditori (Cass. Sez. Un. 12/10/1971, n. 2863 e recentemente Cass. 22/8/1997, n. 7864). In forza di questi principi la Cassazione (15/1/2003, n. 493) ha chiarito che l’obbligazione della banca avente per oggetto il versamento a favore della p.a. delle somme incassate a titolo di tributi ha natura pubblica e tali somme sono impignorabili. Diversamente dai crediti di diritto pubblico, per i crediti di carattere privatistico della p.a, esiste un’impignorabilità relativa se sono destinati al soddisfacimento di una finalità pubblica. Per l’impignorabilità dei crediti non basta l’iscrizione nel bilancio preventivo dello Stato o dell’ente pubblico, ma è necessaria una specifica destinazione impressa da una norma di legge o da un provvedimento amministrativo che trovi causa in una norma di legge (Corte Cost. 21/7/1981, n. 138). L’iscrizione a bilancio non vale come provvedimento amministrativo di vincolo del credito, perché costituisce atto interno all’amministrazione inopponibile ai creditori (Cass. 26/7/2005, n. 15601, Id. 22/8/1997, n. 7864, id. 10/7/1986, n. 4496). Dalle pronunce della Corte Costituzionale 29/6/1995, n. 285 e 20/3/1998, n. 69 si estraggono i seguenti principi: a) la sottrazione all’esecuzione forzata dei crediti e delle somme degli enti pubblici è soggetta a riserva di legge e dev’essere stabilita da una norma o da un atto amministrativo, che alla legge si rifaccia; b) l’impignorabilità dei crediti e delle somme è compatibile con le regole dell’ordinamento, purché l’ente pubblico: I) adotti una delibera che quantifichi le somme necessarie per soddisfare gli interessi pubblici specificamente individuati; II) rispetti l’ordine cronologico nei pagamenti delle fatture e degli impegni di spesa. Art. 14 D.L. 31/12/1996, n. 669 "Esecuzione forzata nei confronti delle pubbliche amministrazioni" (convertito nella l. 28/2/1997, n. 30, modif. art. 147, L. 23/12/2000, n. 388 e succ. art. 44, c. 3 D.L. 30/9/2003, n. 269, conv. L. 24/11/2003, n. 326) E’ la norma fondamentale in tema di espropriabilità dei crediti della p.a. e si applica gli enti locali (Cass. 16/11/2005, n. 23084) ed agli enti sanitari. La norma - comma 1 - ritarda i tempi dei pagamenti da parte della p.a. dei titoli esecutivi giudiziari, impedendo l’azione esecutiva per 120 (originariamente 60) gg dalla notifica del titolo esecutivo. Sul punto, la Corte Costituzionale con ordinanza n. 463/1998: premessa l’esistenza nella disciplina codicistica dell’esecuzione forzata di un principio generale di unicità della notificazione del titolo esecutivo, desumibile sul piano sistematico sia dalla circostanza che per il titolo esecutivo, diversamente che per il precetto, non sono stabiliti termini di efficacia, ferma l’applicabilità della disciplina generale della prescrizione, sia dalla previsione del rilascio di una solo copia in forma esecutiva, salva l’ipotesi della perdita incolpevole (art. 476 c.p.c. e 154 disp.att. c.p.c.), l’art. 14 cit. non deroga al principio dell’unicità della notificazione del titolo esecutivo, non potendosi desumere tale deroga né dall’interpretazione testuale della norma, né dalla ratio legis,ben potendo l’esigenza di consentire all’amministrazione un costante controllo del debito portato dal titolo esecutivo, essere adeguatamente soddisfatta, in caso di esecuzione, dalla notificazione di un nuovo precetto. Condizione di efficacia del titolo esecutivo e di procedibilità dell’azione esecutiva Il decorso del termine dilatorio dei 120 gg costituisce dal punto di vista sistematico una condizione di efficacia del titolo esecutivo e di procedibilità dell’esecuzione, che ha superato più volte il vaglio di costituzionalità (v. Corte Cost. 142/1998, Id. 463/1998; id. 343/2006, che ha confermato la legittimità dello spatium adimplendi riconosciuto alla p.a. per approntare i mezzi finanziari occorrenti al pagamento e per evitare il blocco dell’attività amministrativa). La violazione del termine è rilevabile d’ufficio (T.A.R. Lazio, 24 gennaio 2008, n. 531; l’ordinanza che la rileva è opponibile ex art. 617 c.p.c.); si discute se la violazione debba dedursi con l’opposizione all’esecuzione (giurisprudenza e dottrina maggioritaria, ex multis, Cass. 14/10/2005, n. 19966) o con l’opposizione agli atti esecutivi (giurisprudenza precedente al 2003, Cass. 21/12/2001, n. 16143, ripresa recentemente da Trib. Bari 31/5/2006, n. 1536 e Trib. Pinerolo 19/4/2005). Secondo la dottrina, l’opposizione è da qualificare ai sensi dell’art. 615 c.p.c. in quanto diretta a contestare il diritto a procedere ad esecuzione forzata, come Il decorso del termine oltre a condizione di procedibilità, è condizione di efficacia del titolo esecutivo, la cui inosservanza rende nullo il precetto intempestivamente intimato. Secondo l’art. 4 D.M. 2/4/1997 (G.U. 5/5/1997, n. 102)i tesorieri dello Stato, in caso di notificazione di atti di pignoramento/sequestri contro amministrazioni dello Stato, devono controllare il rispetto del termine ed effettuano i relativi accantonamenti solo nei casi in cui da detti atti esecutivi si desuma che il titolo esecutivo è stato notificato all’amministrazione e questa non ha provveduto nel termine dei 120 gg: diversamente, la tesoreria si astiene dall’eseguire l’accantonamento. Durante il termine non può pertanto essere notificato l’atto di precetto, pena la sua nullità (art. 14, c. 1, secondo periodo, cit., modif. art. 44, c. 3 D.L. 30/9/2003, n. 269, conv. L. 24/11/2003, n. 326): il termine dei 120 gg, sommato a quello dei 10 gg previsto dall’art. 480 c.p.c., fa sì che l’esecuzione non possa iniziare prima di 130 gg dalla notifica del titolo esecutivo (in realtà di più, dovendosi aggiungere il tempo necessario per la notificazione del precetto). 3. Luogo della notificazione del titolo esecutivo, precetto, pignoramento, sequestro (art. 14, c. 1bis) a. Amministrazione dello Stato. A pena di nullità, l’atto di precetto si notifica ex artt. 480, uc. c.p.c. e 144 c.p.c. direttamente all’ufficio amministrativo debitore e non presso l’Avvocatura dello Stato ex art. 11 R.D. 30/10/1933, n. 1611, norma ritenuta applicabile solo agli atti giudiziali; tra l’altro, nel processo esecutivo si applica l’art. 479 c.p.c. che prevede la notificazione degli atti esecutivi alla parte personalmente (Cass. 19/12/2003, n. 19512, contraria Cass. 28/2/2007, n. 4665). b. Ente pubblico. A pena di nullità (rilevabile d’uff.) la notificazione degli atti di precetto, di pignoramento/ sequestri deve avvenire presso la struttura territoriale nella cui circoscrizione risiedono i soggetti privati interessati e negli atti devono essere riportati i dati anagrafici dell’interessato, il domicilio ed il cod.fisc. L’errore/vizio della notificazione dà luogo ad una nullità processuale, alla quale si applica l’art. 156, c. 3 c.p.c., secondo cui la nullità non può essere dichiarata se l’atto ha raggiunto il suo scopo, come avviene con la partecipazione del debitore al processo esecutivo, che sana il vizio ex tunc (v. Cass. 27/1/2001, n. 1184, quanto alla costituzione del convenuto nel giudizio civile di cognizione). La competenza per territorio (enti pubblici esercenti forme di previdenza ed assistenza obbligatorie, INPS, INAIL , INPDAP) La competenza territoriale per il pignoramento presso terzi appartiene – di regola - al giudice del luogo di residenza del terzo debitore (art. 543, c. 2, n. 4 c.p.c.). Per l’art. 14 cit., il pignoramento di crediti nei confronti degli Enti ed istituti di previdenza ed assistenza obbligatorie, in deroga della regola generale, deve essere instaurato, a pena d’improcedibilità rilevabile d’ufficio, presso il GE (della sede principale) del tribunale nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio giudiziario che ha emesso il titolo esecutivo. Si tratta di una deroga ai criteri previsti dagli artt. 26, 543, c. 2, n. 4 c.p.c., che radica la competenza nel luogo di emissione del titolo esecutivo, allo scopo di concentrare la procedura esecutiva presso le sedi centrali dei Tribunali ordinari. Perdita di efficacia del pignoramento e dell’ordinanza di assegnazione Il pignoramento di crediti perde di efficacia quando dal suo compimento è trascorso un anno senza che sia stata disposta l’assegnazione. La previsione dell’inefficacia introduce una condizione ulteriore a quella contenuta nell’art. 497 c.p.c., secondo cui il pignoramento perde di efficacia se entro 90 giorni dalla sua notificazione non è chiesta l’assegnazione o la vendita. Individuazione del dies a quo. La norma parla di compimento del pignoramento e con riguardo all’esecuzione presso terzi decorre dalla data della notificazione del pignoramento, il cui effetto è quello di vincolare il credito pignorato. L’inefficacia consegue ipso iure per il decorso del tempo; si tratta di un’inefficacia relativa, non rilevabile d’ufficio, che il debitore può eccepire ai sensi dell’art. 617 c.p.c. (rimane aperto il problema dell’applicabilità del termine di efficacia, quando sia stato promosso il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo promosso ex art. 548 c.p.c.) L’ordinanza che dispone ex art. 553 c.p.c. l’assegnazione di crediti perde di efficacia se il creditore, entro un anno dall’emissione dell’ordinanza, non provvede all’esazione delle somme assegnate (art.14, comma 1 bis cit.). Individuazione delies ad quem. La norma parla di esazione, termine che indica l’attivazione delle procedure di riscossione. Trasportato nella procedura esecutiva, il termine intende la notifica di una diffida ad adempiere a quanto prescritto dall’ordinanza del GE o della stessa ordinanza di assegnazione. Impedita la decadenza, il diritto del creditore resta soggetto al solo termine ordinario di prescrizione. Art. 14: assenza di disponibilità finanziarie (D.M. 2/4/1997, art. 1) La procedura di pagamento c.d. in conto sospeso è utilizzata dal dirigente responsabile della spesa per effettuare il pagamento in assenza di disponibilità e si realizza con l’emissione di uno speciale ordine di pagamento rivolto al tesoriere, da regolare in conto sospeso. Il pagamento avviene con una sorta di prenotazione presso i fondi del Tesoro. Le Agenzie delle Entrate possono utilizzare detta procedura per eseguire le sentenze delle Commissioni tributarie. Sono impignorabili i fondi di contabilità speciale destinati a finalità di difesa nazionale, protezione civile, sicurezza pubblica, lotta alla droga, servizi segreti, pagamento di retribuzioni e pensioni dei dipendenti pubblici. I pignoramenti effettuati presso le tesorerie provinciali di questi fondi sono nulli, con nullità rilevabile d’ufficio. Il sistema della tesoreria unica art. 1-bis L. 29 ottobre 1984, n. 720, istituzione del sistema della tesoreria unica per enti ed organismi pubblici, art. 66 L. 23/12/2000, n. 388 controllo dei flussi finanziari degli enti pubblici e norme sulle tesoreria unica Il sistema della tesoreria unica è stato introdotto a partire dal 30/8/1984 per porre un freno all’ indebitamento dello Stato: anziché finanziare gli enti sulla base del loro bilancio preventivo, il criterio della tesoreria unica finanzia l’ente dopo che ha speso le risorse che gli spettano (la Legge 31/12/2009, n. 196, di contabilità e finanza pubblica ha previsto entro il 2011 l’adozione di un testo unico di razionalizzazione della disciplina della tesoreria per adeguarla al bilancio di cassa dello Stato). La disciplina è di grande rilievo perché tra gli enti soggetti al regime della tesoreria unica, troviamo le aziende municipalizzate, gli enti portuali, le università, i comuni, le provincie, le comunità montane e le regioni. La norma prevede l’obbligo di procedere nelle forme dell’espropriazione presso terzi in caso di pignoramento o di sequestro nei confronti degli enti soggetti al sistema della tesoreria unica, ove l’esecuzione abbia ad oggetto le somme che affluiscono sulle contabilità speciali ad essi intestate presso le sezioni di tesoreria provinciale dello stato. L’espropriazione avviene obbligatoriamente presso la banca che svolge il servizio di cassa o tesoreria, che assume – ex lege - la posizione del terzo pignorato, ai fini della dichiarazione ex art. 547 c.p.c. Il cassiere o tesoriere è tenuto a vincolare un importo pari al credito per cui si procede e non l’intera somma di pertinenza dell’ente pubblico e tantomeno una somma pari al credito aumentato della metà come previsto dall’art. 546 c.p.c. L’ultimo comma dell’art. 1-bis cit. vieta espressamente, a pena di nullità rilevabile d’ufficio, i pignoramenti od i sequestri presso le sezioni di tesoreria dello Stato e le sezioni decentrate del bancoposta, che non soggiacciono all’obbligo di accantonamento delle somme pignorate. Le Regioni: l’obbligo del pignoramento presso terzi alle Regioni in base alla Legge 720/1984, è stato esteso dall’art. 66, c. 5, L. 388/2000, che ha incluso le Regioni negli enti assoggettati al sistema della tesoreria unica, indicati nella Tabella A, allegata alla L. 720/1984. Ai sensi dell’art. 66, c. 6 cit. per le Regioni a statuto ordinario sono state aperte contabilità speciali infruttifere intestate a ciascuna Regione presso la relativa sezione di Tesoreria provinciale dello Stato (v. Min. Tesoro, circ. n. 8 del 13/2/2001), in sostituzione dei precedenti tre conti correnti (conto ordinario, conto sanità e conto disavanzi sanità). Quanto alle entrate regionali non provenienti dal bilancio statale o da operazioni d’indebitamento assistite da interventi finanziari dello Stato, esse sono detenibili presso il Tesoriere regionale al di fuori delle contabilità speciali infruttifere. Per i pagamenti, alle Regioni si applica il criterio di priorità stabilito dall’art. 7, c. 7 D.Lgs. 7/8/1997, n. 279:il tesoriere regionale deve eseguire i pagamenti utilizzando prima le entrate proprie depositate presso le banche, comprese le liquidità temporaneamente reimpiegate in operazioni finanziarie e poi le entrate giacenti presso la contabilità speciale e cioè assegnazioni, contributi e quant’altro provenga dal bilancio dello Stato, direttamente o indirettamente. Ai sensi dell’art. 7, c. 5 cit., per il rispetto del criterio di prioritario utilizzo, non si considerano liquidità pignorabili gli accantonamenti per i fondi di previdenza a capitalizzazione per la quiescenza del personale dipendente, nonché i valori mobiliari provenienti da atti di liberalità di privati destinati a borse di studio. Il tesoriere regionale è direttamente responsabile per la mancata applicazione del criterio di priorità. Limitazione del pignoramento contro la p.a. (art. 11, D.L. 18/1/1993, n. 8, conv. L. 197/3/1993, n. 68 .L’art. 11, c. 1 ha introdotto una limitazione alla responsabilità patrimoniale della p.a. ex art. 2740 c.c., stabilendo la non pignorabilità dei fondi pubblici vincolati per il pagamento delle retribuzioni al personale dipendente ed i conseguenti oneri previdenziali (per i tre mesi successivi), delle rate dei mutui (scadenti nel semestre in corso) e per l’espletamento dei servizi pubblici essenziali. Il vicolo d’impignorabilità deve risultare da una precedente delibera della giunta regionale e non dalla sola iscrizione del denaro dell’ente al bilancio (Cass. Sez. Un. 13/7/1979, n. 4071 e Corte Cost. 21/7/1981, n. 138) e dal fatto che vengano emessi mandati di pagamento solo per i titoli previsti dalla delibera, seguendo l’ordine cronologico delle fatture o delle deliberazioni d’impegno dell’ente. Come già osservato, per giurisprudenza consolidata della Cassazione i crediti della p.a. sono pignorabili, salvo abbiano ricevuto per effetto di una disposizione di legge o di un provvedimento amministrativo, una precisa e concreta destinazione ad un pubblico servizio. In tal caso i crediti e le somme di denaro diventano indisponibili e non possono essere sottratte alla loro destinazione se non nei modi previsti dall’art. 828 c.c. e, quindi, sono impignorabili per il soddisfacimento di crediti di terzi verso la p.a. (ex multis, Cass. 5/5/2009, n. 10284 e Cass. 12/2/2008, n. 3287). L’onere della prova (art. 2697 c.c.) dell’impignorabilità delle somme grava sulla PA, che dovrà provare due fatti: 1) l’esistenza di una delibera di giunta antecedente alla notificazione dell’atto di pignoramento presso terzi, 2) l’insussistenza di somme disponibili, dedotte quelle vincolate (Cass. 18/1/2000, n. 496). L’onere della prova dell’emissione da parte dell’ente di mandati di pagamento per titoli diversi da quelli vincolati e senza seguire l’ordine cronologico grava invece sul creditore procedente. Il pignoramento dev’essere eseguito solo presso la banca incaricata del servizio di tesoreria dell’ente: l’art. 11, c. 1-bis D.L. 18/1/1993,n. 8, conv. L.19/3/1993, n. 68 vieta il pignoramento presso soggetti diversi dal tesoriere regionale. Pignoramento su fondi vincolati, la nullità è rilevabile se non dedotta con opposizione agli atti esecutivi, anche se per le Regioni non è prevista espressamente la rilevabilità d’ufficio come per gli enti locali (art. 159, c. 2, D. Lgs. 18/8/2000, n. 267). La banca tesoriere della Regione, quale terza pignorata, non essendo il soggetto passivo dell’esecuzione, non è legittimata a far valere l’impignorabilità, neanche sotto il profilo della sussistenza di vincoli di destinazione (ex plurimis, Cass.11/4/2008, n. 9678). E’ dovere del tesoriere dichiarare se esistano presso di lui somme di cui è debitore verso l’ente locale e quale ne sia la condizione (siano essi vincolati o meno), spettando poi al GE, sulla base della documentazione depositata e delle osservazioni del creditore procedente, accertare se il pignoramento sia nullo, perché caduto su somme vincolate e che non si sia perso il vincolo per effetto di pagamenti eseguiti violando l’ordine cronologico (Cass. 16/9/2008, n. 23727). Pignoramento presso soggetti diversi dal tesoriere regionale, la nullità è rilevabile d’ufficio? Sì, per prassi, anche se per le Regioni non è espressamente prevista, come invece per gli enti locali dall’art. 159, c. 1 D. Lgs. 267/2000). La contestazione dell’impignorabilità dei fondi attiene alla procedibilità dell’esecuzione, deducibile ex art. 617 c.p.c. e non di opposizione all’esecuzione (Cass.20/2/2006, n. 3655). 4. Le contabilità speciali Le contabilità speciali costituiscono un particolare sistema di decentramento della spesa, realizzato delegando un organo periferico a provvedere autonomamente alle necessità funzionali del suo ufficio, ponendo a sua disposizione fondi con accredito presso la sezione di tesoreria provinciale dello Stato a favore dell’organo delegato. Al Ministero dell’interno fanno capo 103 contabilità speciali intestate ai Prefetti, ai Commissari delle provincie autonome di Trento e Bolzano ed al Presidente della Regione Valle d’Aosta. Le contabilità speciali sono simili ai conti correnti: si tratta di conti particolari accesi a favore delle amministrazioni, enti o funzionari pubblici presso le Sezioni di tesoreria provinciale, utilizzabili dai beneficiari per effettuare pagamenti mediante l’emissione di appositi capitoli di spesa. I conti sono alimentati dalle somme versate a favore dei destinatari. Le contabilità speciali devono essere preventivamente autorizzate dalla Direzione generale del Tesoro e, di regola, non possono essere costituite con fondi di bilancio, salva l’eventuale autorizzazione legislativa (art. 585, c. 2, Reg. contabilità pubblica). La norma in esame riguarda le contabilità intestate a prefetti, corpi militari dello Stato e si effettuano a mezzo di funzionari delegati; presso ogni sezione provinciale di tesoreria è istituita una contabilità speciale a loro intestata ove affluiscono i versamenti autorizzati, con ordini di accredito mensilmente emessi dall’Amministrazione centrale del Tesoro. Gli ordini vengono eseguiti con l’accredito dell’importo nel conto di contabilità speciale. Il sistema della contabilità speciale consente di soddisfare le richieste mensili di fondi, mediante somministrazioni di fondi, che costituiscono “anticipazioni”. Per ogni ente viene emesso mensilmente un distinto ordinativo: quelli per il pagamento dei fornitori o dei creditori è accreditato sul c/c postale dell’ente. Gli ordini sono esigibili dai tesorieri degli enti stessi o dai responsabili di cassa, con emissione di quietanza; ogni qualvolta questi soggetti si recano presso la Tesoreria a riscuotere gli ordinativi, il funzionario responsabile compila il c.d. “trittico”, composto da matrice contabile, atto di riscossione o delegazione e avviso di riscossione. Riscossi i fondi concessi in conto anticipazioni, gli enti beneficiati trasmettono alla Direzione una “dichiarazione di ricevuta”, contenente l’indicazione della somma ricevuta, suddivisa per capitoli di spesa. Le contabilità speciali derogano alle regole ordinarie di gestione del denaro pubblico, perché costituiscono conti (di entrata e spese) di cui sono intestatarie determinate amministrazioni per finalità specificamente determinate. Questi conti sono accesi presso le sezioni di Tesoreria provinciale e non sono sottoposti alla legge ed al regolamento di contabilità generale dello Stato (R.D. 2440/1923 e 827/1924, ma alle regole del patto di stabilità, sì), con l’importante conseguenza pratica, di consentire alle amministrazioni intestatarie l’immediata necessità delle somme di cui necessitano per far fronte alle urgenze che si presentano. La materia è stata razionalizzata dal D.L. 313/1994, a seguito dell’utilizzo da parte delle amministrazioni delle contabilità speciali per attività ordinarie e non speciali, com’era nella ratio della loro originaria istituzione. La razionalizzazione ha stabilito regole cogenti per l’istituzione e gestione delle contabilità speciali: a) Autorizzazionedel Miniostero del Tesoro (o Ministero dell' Interno), b) Ricorso alle contabilità speciali solo per specifici interventi da definire con decreto del Ministro competente, che indichi la legge di spesa, i capitoli di bilancio interessati, la durata degli interventi, il quantum dei finanziamenti, c) Obbligo di rendiconto amministrativo dei funzionari titolari di contabilità speciali, d) Obbligo di estinzione della contabilità speciale da parte della Tesoreria provinciale in caso non utilizzo del conto per oltre un anno. Art. 159 D. Lgs. 18/8/2000, n. 267 Norme sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali, c.d. TUEL L’art. 159, norma di riferimento per gli enti locali, stabilisce ( e ribadisce il principio) che non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri. (comma 1) I creditori possono aggredire solo le somme giacenti presso le rispettive tesorerie: il privato creditore non può intromettersi tra l’ente ed i propri contribuenti e tra l’ente e gli utenti dei suoi servizi. Il divieto è posto a pena di nullità, rilevabile d’ufficio. A pena di nullità, rilevabile d’ufficio, non sono soggette ad esecuzione le somme degli enti locali, che hanno un vicolo di destinazione, in quanto destinate a : - pagamento delle retribuzioni ed oneri previdenziali dei dipendenti per i tre mesi successivi, - pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scandenti nel semestre in corso, - espletamento dei servizi locali indispensabili. (comma 3) Le somme destinate al soddisfacimento delle voci di spesa indicate nel comma 2 devono essere stabilite con delibera della giunta dell’ente locale, da adottare con cadenza semestrale e da notificare al tesoriere responsabile della cassa dell’ente (con sentenza (additiva) la Corte Cost. 29/6/1985 n. 285 ha esteso alle ASL l’obbligo della preveniva delibera di quantificazione degli importi vincolati e di emissione dei mandati di pagamento solo per i titoli vincolati, seguendo l’ordine cronologico di arrivo delle fatture o della delibera di impegno della spesa). A seguito della delibera dell’ente, gli atti esecutivi notificati dopo la sua pubblicazione sono nulli e non determinano vincoli sulle somme dell’ente (c.d. vincolo di destinazione con efficacia esterna). Se, invece, la delibera non venisse adottata (la norma conferisce all’ente un potere, che questo deve esercitare discrezionalmente), l’azione esecutiva sarebbe libera di vincoli. Rimedio impugnatorio: L’eccezione della non assoggettabilità del credito ad esecuzione forzata esula dall’accertamento dell’obbligo del terzo e costituisce in linea di principio motivo di opposizione agli atti esecutivi e non di opposizione all’esecuzione, trattandosi di contestazione della procedibilità dell’esecuzione forzata e non del diritto a procedere all’esecuzione (Cass. 20/2/2006, n. 3655). Secondo la Cassazione, l’opposizione contro l’ordinanza del GE che accerta l’impignorabilità dei crediti è da configurare come opposizione agli atti esecutivi, mentre contro l’ordinanza che accerta il contrario è da configurare come opposizione all’esecuzione (Cass. 16/11/2005, n. 23084). L’onere della prova del vincolo d’impignorabilità (art. 2697, c. 2 c.c.) L’adozione da parte dell’ente locale della delibera semestrale di destinazione di determinate somme ai fini previsti dall’art. 159 cit. e la notificazione della delibera al tesoriere producono l’effetto giuridico di rendere impignorabili dette somme; tale effetto si conserva sino a quando non venga emesso un mandato di pagamento per un titolo diverso da quelli vincolati in violazione del principio cronologico. Gli elementi costitutivi della nascita del vincolo d’impignorabilità sono due: 1. la delibera semestrale di destinazione, 2. la notificazione della delibera al tesoriere. Il vincolo viene a cadere se vengono successivamente emessi mandati di pagamento per titoli diversi, violando il criterio cronologico di pagamento. L’onere di provare che i crediti non sono soggetti a vincolo di destinazione come conseguenza dell’emissione da parte dell’ente di mandati di pagamento per titoli diversi da quelli previsti dalla delibera, senza seguire l’ordine cronologico delle fatture o delle delibere d’impegno dell’ente, grava sul creditore procedente (Cass. 6/6/2006, n. 13263). Grava, invece, sul debitore pubblico l’onere di provare i fatti impeditivi all’esercizio dell’azione esecutiva e cioè l’esistenza di una precedente delibera di vincolo. Pignoramento del tesoriere presso sé stesso La banca tesoriera di un ente pubblico, creditrice di un soggetto creditore dell’ente pubblico, nel caso intendesse agire esecutivamente contro il debitore, deve osservare le forme del pignoramento presso terzi e non a mani proprie ex art. 513, c. 4 c.p.c. (Cass. 5/5/2003, n. 6795). 6. Esecuzione contro le ASL; art. 1, comma 5, D.L. 18/1/1993 n. 9 cenvertito nella legge 19/3/1993, n. 67 Il regime è uguale a quello degli enti locali. Per la giurisprudenza civile le ASL e AO sono enti pubblici non economici (Cass. Sez. Un. 7/11/2008, n. 24713): per questa natura alle ASL si applica lo spatium adimplendi di 120 gg. Di cui all’art. 14, D.L. 669/1996. ASL e AO sono soggette al sistema della tesoreria unica (Tabella A, L. 29/10/1984, n. 720). Quindi, i loro tesorieri effettuano le operazioni di incasso e pagamento a valere sulle contabilità speciali aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello stato. Sono sottratte al pignoramento le somme dovute alle ASL/AO nei limiti degli importi dovuti per stipendi al personale e nella misura dei fondi a destinazione vincolata essenziali per l’erogazione dei servizi sanitari. Essendo lacunosa la disciplina dell’art. 1 comma 5 in comm. con riferimento a quella prevista per gli enti locali (art. 159 TUEL), si applica analogicamente quest’ultima, quanto: - alla nullità, rilevabile d’ufficio, del pignoramento che abbia colpito somme impignorabili, - al divieto per i creditori di procedere al pignoramento presso soggetti diversi dal tesoriere. La Corte Costituzionale è intervenuta per stabilire che l’organo amministrativo delle ASL deve quantificare, con delibera trimestrale, le somme destinate ai servizi essenziali e che, dopo l’emissione della delibera, i mandati di pagamento devono seguire l’ordine cronologico delle fatture, come pervenute all’ente (C.Cost. 29/6/2005, n. 285). L’intervento della Consulta era dovuto perché la norma, sancendo l’impignorabilità dei fondi di pertinenza delle ASL, conferiva – in deroga ai principi generali in tema di pignoramento delle somme degli enti pubblici – ai bilanci ed agli atti amministrativi interni delle ASL efficacia esterna, consentendo di eccepire l’impignorabilità dei fondi sulla base di stime presuntive, con lesione dei diritti dei creditori. Non è sufficiente, né opponibile al creditore pignorante una delibera programmatica di destinazione della spesa, essendo inidonea a creare il vincolo d’indisponibilità, per il quale occorre uno specifico collegamento tra le disponibilità presso il tesoriere e le singole uscite. Una successiva delibera di specificazione della destinazione, se adottata dopo la notificazione del pignoramento, è in opponibile al creditore.
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P.s.
1. Riteniamo di interesse richiamare la recente sentenza della Suprema Corte (Cass.civ. sezioni unite sentenza 02 luglio 2012 n 11067 in tema di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali avente ad oggetto somme giacenti presso il tesoriere, qualora il giudice dichiari, anche di ufficio, la nullità del pignoramento, per aver accertato che lo stesso è caduto su somme destinate con delibera dell'organo esecutivo alle finalità di cui all'art. 159, comma secondo, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267. l creditore procedente -che intende far valere l'inefficacia del vincolo di destinazione per la sussistenza della condizione preclusiva dell'impignorabilità delle somme prevista dalla sentenza della Corte costituzionale n. 211 del 2003 (consistente nell'emissione, dopo l'adozione della delibera indicata e la relativa notificazione al tesoriere dell'ente locale, di mandati per titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente stesso)- assolve l'onere della prova incombente su di lui adducendo circostanze di fatto dalle quali sia desumibile il sospetto della sussistenza dell'indicata condizione preclusiva, né tale allegazione è validamente contrastata dalla produzione di una mera certificazione proveniente da uno degli organi o uffici dell'ente, in quanto, nel processo civile, salvo specifiche eccezioni previste dalla legge, nessuno può formare prove a proprio favore, tanto più che il giudice, specie a fronte dell'impossibilità per il creditore di fornire ulteriore prova, può disporre consulenza tecnica di ufficio.
1. Riteniamo ancora di interesse richiamare la recente sentenza della Corte Costituzionale (sentenza 12 dicembre 2012 n 280) in ordine al termine decadenziale dell'azione risarcitoria . La Corte ha riktenuito inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 30, comma 5, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo), sollevata – in riferimento agli articoli 3, 24, 103 e 113 della Costituzione. Ha sancito che la valutazione di rilevanza effettuata dal giudice a quo non appare plausibile, perché egli ha denunciato una norma – l’art. 30, comma 5, del d.lgs. n. 104 del 2010 – della quale non doveva fare applicazione, in quanto estranea al tema sottoposto al suo esame.
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