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Diritto dell’informatica. Giurisprudenza. Considerazioni.
a cura della redazione
 


Di solito, il diritto dell’informatica viene considerato come una materia in costante evoluzione, che si occupa delle applicazioni del diritto alle nuove tecnologie, verificando, caso per caso, l’applicabilità di singole disposizioni al fatto verificatosi.
Si tratta di una materia, com’è ovvio, certamente in evoluzione in relazione all'evolversi tecnologico
del nuovo strumento informatico, restia a tollerare definitive catalogazioni.
Di recente, si è posto il quesito circa la sussistenza di una responsabilità civile in capo al
provider per i contenuto dei messaggi inseriti in un forum.
Al quesito posto, il Tribunale Lucca, sez. civile, con sentenza 20 agosto 2007 ha ritenuto di dare
risposta negativa: la società che si limita a fornire la connessione alla rete e l’operatore che consente agli utenti di accedere ai newsgroups non possono essere ritenuti responsabili per i messaggi che passano attraverso i propri elaboratori; diversamente si verrebbe ad introdurre una nuova ed inaccettabile ipotesi di responsabilità oggettiva.
Lo stesso Tribunale con la suddetta occasione, ha fatto un’altra affermazione di principio molto
importante: il grado di lesività delle affermazioni in internet vanno valutate in rapporto al contesto specifico, perché nella rete il linguaggio è informale, con la conseguenza logico – deduttiva, che ciò che può sembrare una condotta, lato sensu, diffamatoria in altri contesti sociali, potrebbe non esserlo in internet (a favore di una verifica sul contesto sociale, si è espressa anche Cassazione penale 27966/2007).
E’ stato anche affermato che l'introduzione della norma speciale di cui all'art. 156 bis della Legge
633/41 in materia di diritto d'autore non può essere letta secondo il criterio sotteso agli artt. 118 e 210 c.p.c., perché la ratio della nuova normativa predisposta ad hoc dal legislatore nazionale con il recepimento la direttiva comunitaria 2004/48/CE in materia di tutela del diritto di proprietà intellettuale, è quella di rafforzare le posizioni soggettive attraverso un sistema coordinato ed efficace per il contrasto a livello comunitario della violazione dei diritti di proprietà intellettuale anche attraverso strumenti processuali innovativi.
Né tale disposizione normativa interna si pone in contrasto interpretativo con la disciplina
comunitaria prevista dalla direttiva 2004/48/CE nella parte in cui fa salve le disposizioni regolamentari (nazionali e comunitarie) per la protezione e riservatezza dei dati personali. Infatti, il D.Lgs. 196/2003 è precedente alla direttiva e di conseguenza costituisce una di quelle regolamentazioni interne fatte salve dalla stessa direttiva e tra le disposizioni da ritenere armonizzate con quest'ultima ricorre certamente l'art. 24 del D.Lgs. 196/2003 che bilancia la tutela dei dati personali con le esigenze di giustizia dei terzi, consentendone l'uso, sicché non autorizzato, ai soli fini di far valere un diritto in giudizio (Tribunale Roma, ordinanza 09.02.2007).
E’ responsabile il provider che agevola lo scambio di file, così da vulnerare il diritto d’autore?
La giurisprudenza di merito risponde in senso affermativo: il sito internet, che attraverso un
circuito “peer-to-peer”, agevola lo scambio di file, in violazione del diritto di autore, e, comunque, al di fuori degli ordinari e leciti circuiti commerciali dei beni oggetto di proprietà intellettuale, compie una condotta penalmente rilevante, che giustifica l’adozione di misure preventive ed inibitorie (Tribunale Bergamo, ordinanza 1 agosto 2008, n. 3277).
Sfortunatamente, non di rado, internet viene utilizzato ai fini del compimento di reati, soprattutto
con riferimento ad ipotesi di pornografia minorile (virtuale, ex art. 600 quater 1 c.p.).
In tali casi, non assume alcuna rilevanza la presunta libertà sessuale; l’accesso a siti a pagamento
per visionare materiale pedopornografico costituisce reato, poiché, la libertà sessuale non può essere considerata lecita e costituzionalmente garantita quando comporti danno per altre persone: specialmente se si tratti di soggetti incapaci di difendersi e impossibilitati ad operare delle libere scelte (Cassazione penale 41570/2007).
In questa prospettiva di tutela ampia, è ben possibile procedere a sequestro del periodico o del sito
internet: il sequestro di periodici e di siti internet, contenenti annunci collegabili allo sfruttamento della prostituzione, è legittimo e non costituisce una violazione della libertà di stampa, poiché tale principio costituzionalmente garantito, incontra un limite nella tutela del buon costume (Cassazione penale 39354/2007).
E’ istigazione all’uso di sostanze stupefacenti l’attività inerente la pubblicizzazione on line sulle
modalità di coltivazione della cannabis (Cassazione penale, sez. IV, sentenza 10 giugno 2009, n. 23903).
Si sono posti significativi interrogativi circa l’estensibilità delle ricostruzioni giurisprudenziali
in materia di diffamazione, volte a perimetrare l’ambito del legittimo esercizio del diritto di manifestazione del pensiero (attraverso i criteri della rilevanza sociale, verità obiettiva e continenza), anche al settore delle comunicazioni diffuse in rete: i requisiti della rilevanza sociale, verità obiettiva e continenza, vanno rispettati anche per le informazioni diffuse tramite internet (Cassazione penale 31392/2008) , al punto che, se del caso, è legittimo procedere ad applicazione delle misure cautelari (Cassazione penale 17401/2008).
Sul piano probatorio, è stato precisato che se ad un articolo pubblicato on line viene aggiunto un
titolo e sottotitolo di contenuto diffamatorio, spetta all’autore del singolo articolo dimostrare che tale aggiunta è stata apposta da terzi, tanto più che non è applicabile, in via analogica, la disciplina giuridica sulla stampa, specie nel caso in cui il sito internet (c.d. blog) non risulti neppure soggetto a registrazione (Cassazione penale 24018/2008).
Deve essere respinta la richiesta di sequestro preventivo di un sito internet contenente un testo
offensivo dell’onore e della reputazione di una Onlus, in quanto, nonostante la potenziale rilevanza penale della propalazione, non sussistono le condizioni per disporre l’oscuramento del sito, non ravvisandosi nella concreta fattispecie alcuna lesione del buon costume che legittimerebbe, il richiesto provvedimento cautelare (Tribunale Cassino, ufficio del Gip, sentenza 26.06.2009).
Nel 2007, la Cassazione (pronuncia n. 149/2007), sul tema della condivisione della musica in rete, con
riferimento alla possibilità di duplicazione dell’opera di ingegno, valutando un caso avvenuto prima della L. 248/2000, ha ritenuto che la semplice messa a disposizione, a titolo gratuito, di programmi o opere cinematografiche su un server non è duplicazione abusiva delle opere d’ingegno perché non vi è il fine di lucro. Con tale definizione ci si riferisce ad un fine di guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell’autore del fatto, che non può identificarsi con un qualsiasi vantaggio di altro genere; né l’incremento patrimoniale può identificarsi con il mero risparmio di spesa derivante dall’uso di copie non autorizzate di programmi o altre opere dell’ingegno, al di fuori dello svolgimento di un’attività economica da parte dell’autore del fatto, anche se di diversa natura, che connoti l’abuso.
Sostanzialmente: se non vi è fine di lucro è possibile condividere la musica in rete (l’affermazione
riguarda, si ripete, un caso precedente alla L. 248/2000).
La posta elettronica è tutelata nella stessa misura della violazione, sottrazione e soppressione di
corrispondenza: se il sistema telematico è protetto da una password, deve ritenersi che la corrispondenza in esso custodita sia lecitamente conoscibile da parte di tutti coloro che legittimamente dispongano della chiave informatica di accesso (Cassazione penale 47096/2007).
Ulteriore quesito che si è posto, di recente, all’attenzione della Suprema Corte, è stato quello circa
la sussistenza del reato di sostituzione di persona, ex art. 494 c.p., relativamente all’ipotesi in cui un soggetto crei un account di posta elettronica usando un nome altrui; ebbene, sul punto, è stato affermato che, in effetti, ben potrebbe sussistere il reato di sostituzione di persona (Cassazione penale 46674/2007).
Non sussiste l’inadempimento contrattuale nel caso in cui una società abbia consentito l’accesso al
proprio sistema informatico attraverso un software diverso da quello di solito utilizzato (Cassazione civile 23823/2010).
Si configura il reato di cui all’art. 615ter c.p. nel caso in cui un agente di polizia stradale si
introduca abusivamente nel sistema informatico del Ministero, dovendosi intendere per accesso abusivo non solo la condotta di chi non abbia alcun titolo per accedere al sistema, ma anche quella di chi, pur avendone titolo, lo utilizzi per finalità diverse da quelle consentite (nel caso di specie per scopi privati); così Cassazione penale, sez. V, sentenza 10.11.2010, n. 3962).
Il forum on line non è parificabile ad una rivista: il semplice fatto che i messaggi e gli interventi
siano visionabili da chiunque, o almeno da coloro che si siano registrati nel forum, non fa sì che il forum stesso, che è assimilabile ad un gruppo di discussione, possa essere qualificatocome un prodotto editoriale, o come un giornale online, o come una testata giornalistica informatica. Si tratta quindi di una semplice area di discussione, dove qualsiasi utente o gli utenti registrati sono liberi di esprimere il proprio pensiero, rendendolo visionabile a tutti gli altri soggetti autorizzati ad accedere al forum, ma non per questo il forum resta sottoposto alle regole ed agli obblighi cui è soggetta la stampa (Cassazione penale, sez. V, sentenza 10 marzo 2009, n. 10535).



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