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Il condominio: la definizione, il regolamento, l'amministratore, le delibere. Note ed orientamenti giurisprudenziali
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a cura della redazione luglio 2010
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Indice 1. Premessa e definizione. 2. Decoro architettonico. Definizione. Alterazione. 3. Natura del regolamento. Comunicazioni a condomini. Nullità ed annullabilità delle delibere. Diritti del condomino in ordine agli argomenti da trattare o trattati in assemblea. 4. Regolamento condominiale e contratto 5. Uso della cosa comune. Definizione e modalità di attuazione. 6. Natura giuridica dell'obbligazione condominiale. 7. Amministratore di condominio.
1. Premessa e definizione. Il condominio è disciplinato dagli artt. 1117 e ss. del c.c. che però non ne forniscono una definizione esaustiva ed organica. Sinteticamente, esso può essere definito come una “contitolarità” di diritti sul medesimo bene, ex lege o ex contracto. Nella sostanza il condominio è un ente di gestione e non una persona giuridica (cfr. Cassazione civile 3064/2007). La Cassazione con la pronuncia n. 9093/2007 ha ribadito tale principio affermando che “nel condominio degli edifici affinchè possa ravvisarsi il diritto di condominio su un determinato bene, un impianto o un servizio comune, è necessario che sussista, una relazione di accessorietà tra questi e l'edificio in comunione ed un collegamento funzionale tra i primi e le unità immobiliari di proprietà singola. In mancanza di una specifica previsione contraria del titolo costitutivo, la destinazione all'uso e al godimento comune di taluni servizi, beni o parti dell'edificio comune, risultante da dati obiettivi, e cioè, dall'attitudine funzionale del bene al servizio dell'edificio, considerato nella sua unità, e al godimento collettivo, ne fa presumere la condominialità a prescindere dal fatto che il bene sia o possa essere utilizzato da tutti i condomini o solo da taluni di essi. Sicchè, quando il bene, per le sua obiettive caratteristiche funzionali e strutturali, serva al godimento delle parti singole dell'edificio comune, opera la presunzione di contitolarità necessaria di tutti in condomini cui il bene serve, laddove la presunzione di cui all'art. 1117 c.c. non sia vinta da un titolo contrario, la cui esistenza deve essere dedotta e dimostrata dal condomino che vanti la proprietà esclusiva sul bene, potendosi a tal fine, utilizzare il titolo - salvo che si tratti di acquisto a titolo originario - solo ove da esso si desumano elementi tali da escludere in maniera inequivocabile la comunione”.
2. Decoro architettonico. Definizione. Alterazione. Il decoro architettonico è l’ estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante dell'edificio imprimendo allo stesso una sua armoniosa fisionomia. Esso va valutato, ai sensi dell'art. 1120 c.c., comma 2, con riferimento al fabbricato condominiale nella sua totalità (potendo anche interessare singoli punti del fabbricato purché l'immutazione di essi sia suscettibile di riflettersi sull'intero stabile) e non rispetto all'impatto con l'ambiente circostante. L'alterazione del decoro deve essere apprezzabile, trattandosi di trovare una situazione di equilibrio tra gli interessi contrapposti della comunità dei condomini e del singolo condomino che ha agito sulla sua proprietà esclusiva. L'apprezzabilità dell'alterazione del decoro deve tradursi in un pregiudizio economico che comporti un deprezzamento sia dell'intero fabbricato che delle singole porzioni in esso comprese, per cui, sotto tale profilo è necessario tener conto dello stato estetico del fabbricato al momento in cui l'innovazione viene posta in essere (cfr. Cassazione civile, sez. II, sentenza 25.01.2010 n. 1286). In tema di condominio, ai sensi dell'art. 1102 cod. civ., comma 1, ciascun condomino è libero di servirsi della cosa comune, anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità, purchè non alteri la destinazione della cosa comune e consenta un uso paritetico agli altri condomini. L'apertura di finestre ovvero la trasformazione di luce in veduta su un cortile comune rientra nei poteri spettanti ai condomini ai sensi dell'art. 1102 cod. civ. tenuto conto che i cortili comuni, assolvendo alla precipua finalità di dare aria e luce agli immobili circostanti, ben sono fruibili a tale scopo dai condomini, cui spetta anche la facoltà di praticare aperture che consentano di ricevere aria e luce dal cortile comune o di affacciarsi sullo stesso, senza incontrare le limitazioni prescritte, in tema di luci e vedute, a tutela dei proprietari dei fondi confinanti di proprietà esclusiva (cfr. Cass. Civ. sez. II, sentenza 09.06.2010, n. 13874
3. Natura del regolamento. Comunicazioni ai condomini. Nullità ed annullabilità delle delibere. Diritti del condomino in ordine agli argomenti da trattare o trattati in assemblea. Il regolamento condominiale può avere o meno natura contrattuale. La Cassazione civile (n.17694/2007), ha affermato che il regolamento condominiale ha natura contrattuale, e quindi è modificabile solo all’unanimità, laddove contenga disposizioni che limitano i diritti dei condomini sulle loro proprietà esclusive o comuni o quando contenga clausole che attribuiscono ad alcuni condomini maggiori diritti rispetto ad altri;esso va sempre rispettato, anche nell’ipotesi di cane che abbaia (cfr. Cassazione civile n. 7856/2008). Nei casi in cui il regolamento si limiti a disciplinare l’uso dei beni comuni, non ha natura contrattuale e può, conseguentemente, essere modificato a maggioranza. Il condominio deve effettuare tutte le comunicazioni necessarie ai condomini e, se del caso, è tenuto a dimostrarlo (Tribunale di Bari, 29.05.2007). Se viene assunta una delibera in assenza di un condomino a cui non è stato inviato l’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale, la relativa delibera è annullabile. In particolare, a. sono annullabili le delibere: 1. con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea; 2. adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale; 3. affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea; 4. genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione; 5. che violano norme che richiedono qualificate maggioranze in relazione all'oggetto. b. sono nulle le delibere: 1. prive degli elementi essenziali; 2. con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume); 3. con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea; 4. che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini; 5.comunque invalide in relazione all'oggetto. é da evidenziare la sentenza 03.11.2008, n. 26408 con la quale la Cassazione civile, sez. II, la affermato affermato "la mancata comunicazione, a taluno dei condomini, dell'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale e la (eventuale) violazione dei criteri di calcolo della validità dell'assemblea e della maggioranza nonché la (pretesa) incapacità dell'amministratore di convocare assemblee, comportano non la nullità, ma l'"annullabilità" della delibera condominiale. L’omessa indicazione di un argomento, poi deliberato, nell’ordine del giorno di un’assemblea condominiale non può essere rilevata dal condomino dissenziente nel merito, se non ha preliminarmente eccepito in quella sede l’irregolarità della convocazione. Ciò in quanto la partecipazione del condomino alla discussione e, sia pur con voto contrario, alla deliberazione, senza eccepire l’incompletezza dell’ordine del giorno, preclude il diritto ad impugnare la delibera. Conseguentemente, la regola secondo cui la limitazione del diritto di impugnare le delibere annullabili ai soli condomini dissenzienti o assenti (cui vengono in giurisprudenza equiparati gli astenuti), opera anche laddove il condomino sia stato presente in assemblea a mezzo di proprio delegato, non può invece ritenersi sussistere per l’ipotesi in cui il vizio della delibera consista nella sua esorbitanza rispetto alle previsioni dell’ordine del giorno contenuto nell’avviso di convocazione (cfr. Tribunale Torino, sez. III civile, sentenza 06.03.2009, n. 1173). La violazione del diritto di ciascun condomino di esaminare a sua richiesta secondo adeguate modalità di tempo e di luogo la documentazione attinente ad argomenti posti all'ordine del giorno di una successiva assemblea condominiale determina l'annullabilità delle delibere ivi successivamente approvate, riguardanti la suddetta documentazione, in quanto la lesione del suddetto diritto all'informazione incide sul procedimento di formazione delle maggioranze assembleari (cfr. Cassazione civile, sez II, sentenza 19.05.2008, n. 12650). La delibera assembleare può essere impugnata con atto di citazione ed, in tal caso, ai fini della tempestività, si ha riguardo alla data della notifica (cfr. Cassazione civile, sez. II, sentenza 28.05.2008 n. 14007). Nel caso in cui venga chiesta la revisione delle tabelle, l'errore o gli errori lamentati devono, dunque, oltre che essere causa di una divergenza apprezzabile tra i valori posti a base della redazione delle tabelle e quello allora effettivo, risultare anche oggettivamente verificabili in base agli elementi sui quali il valore in quel momento doveva essere calcolato (cfr. Cassazione civile, sez. II, sentenza 10.02.2010 n. 3001).
4. Regolamento condominiale e contratto La limitazione dei diritti dei condomini sulle unità immobiliari di proprietà esclusiva, contenuta nel regolamento condominiale di origine contrattuale, è lecita solo nel caso in cui sia espressamente prevista e non anche quando sia contenuta in clausole dalla formulazione troppo generica (Cassazione civile , sez. III, sentenza 20.07.2009, n. 16832). I divieti e le limitazioni al godimento delle unità immobiliari di proprietà esclusiva spettanti ai singoli condomini contenuti in un regolamento avente natura contrattuale devono risultare da una volontà chiaramente ed espressamente manifestata o, comunque, desumibile in modo non equivoco dall'atto stesso (Cassazione civile, sez. II, sentenza 10.02.2010, n. 3002).
5. Uso della cosa comune. Definizione e modalità di attuazione. Il bene condominiale può essere usato dai condomini, anche con modalità particolari e con “intensità” diversa, purchè non si limitino le concorrenti utilizzazioni. La Cassazione civile con sentenza n.972/2006, coerentemente con l’orientamento prevalente, ha ribadito che la cosa comune può essere utilizzata dal singolo condomino con modalità particolari e diverse rispetto alla sua normale destinazione, ma ciò deve avvenire comunque rispettando le concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri condomini. La Suprema Corte ha ribadito in particolare che è legittimo l'uso più intenso della cosa comune da parte di un condomino, a patto però che non venga alterato il rapporto di equilibrio tra tutti i comproprietari, avendo a tal fine riguardo all'uso potenziale in relazione ai diritti di ciascuno. Così, nel caso di uso promiscuo del garage condominiale, l’eventuale assegnazione del posto macchina non può essere a tempo indeterminato e la scelta del posto non può seguire il criterio del valore degli appartamenti e quindi non può essere fatta in funzione dei millesimi di proprietà, favorendo i condomini con i millesimi più alti. la nozione di pari uso del bene comune non è da intendersi nel senso di uso necessariamente identico e contemporaneo, fruito cioè da tutti i condomini nell'unità di tempo e di spazio, perchè se si richiedesse il concorso simultaneo di tali circostanze si avrebbe la conseguenza della impossibilità per ogni condomino di usare la cosa comune tutte le volte che questa fosse insufficiente a tal fine. La delibera, che stabilisce la specifica destinazione dei posti uto disponibili, per assicurare ai condomini il miglior godimento e la migliore utilizzazione dei posti, può essere adottata con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 2, c.c. e non con l'unanimità. La disciplina turnaria, dei posti macchina, lungi dal comportare l'esclusione di un condomino dall'uso del bene comune è adottata per disciplinare l'uso di tale bene in modo da assicurarne ai condomini il massimo godimento possibile nell'uniformità di trattamento tenendo conto delle circostanze. Laddove, poi, venga violato il regolamento contrattuale “di destinare i singoli locali di proprietà esclusiva dell'edificio condominiale a determinati usi, il condominio può richiedere la cessazione della destinazione abusiva sia al conduttore che al proprietario locatore” (cfr. Cassazione civile n.4920/2006). Sul rapporto tra uso indiretto del bene condominiale e maggioranza dei condomini, parte della giurisprudenza di merito ha affermato che l’uso indiretto della cosa comune, incidendo sull'estensione del diritto reale che ciascun comunista possiede sull'intero bene indiviso, può essere disposto dall'assemblea dei condomini a maggioranza soltanto quando non sia possibile o ragionevole l'uso promiscuo e che quest'ultimo può realizzarsi anche attraverso un godimento ternario; poiché, l'indivisibilità del godimento costituisce presupposto per l'insorgenza del potere assembleare circa l'uso indiretto l'onere probatorio non può che gravare sui convenuti che hanno adottato la delibera impugnata proprio sull'assunto che fosse impossibile un uso diretto.
6. Natura giuridica dell'obbligazione condominiale. Si è posto il problema circa la natura giuridica delle obbligazioni assunte dall’amministratore di condominio, optando, poi, per la natura di obbligazioni parziarie. Nello specifico Cassazione, Sezioni Unite 9148/2008 hanno affermato che in materia condominiale, l'amministratore vincola i singoli nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote: le obbligazioni e la susseguente responsabilità dei condomini sono governate dal criterio dalla parziarietà. Ai singoli si imputano, in proporzione alle rispettive quote, le obbligazioni assunte nel cosiddetto "interesse del condominio", in relazione alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza. Il contratto, stipulato dall'amministratore rappresentante, in nome e nell'interesse dei condomini rappresentati e nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetti nei confronti dei rappresentati. Conseguita nel processo la condanna dell'amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore può procedere all'esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno. E’ stato pure detto, per la verità, che in applicazione del principio generale secondo il quale la solidarietà si presume nei caso di pluralità di debitori, anche le obbligazioni dei condomini devono ritenersi governate dal principio della solidarietà (cfr. Cassazione civile, sez. II, sentenza 04.06.2008, n. 14813). Solo nell'ipotesi di solidarietà attiva convenzionalmente pattuita tra le parti della mediazione e cioè da un lato i soggetti dell'affare concluso e dall'altro la pluralità dei mediatori ed in presenza dell'avvenuto pagamento dell'intera provvigione ad uno solo, gli altri mediatori hanno azione, non per le norme che regolano la mediazione ma per quelle che regolano la solidarietà attiva per il conseguimento della quota loro spettante nei confronti del mediatore che ha ricevuto il pagamento della intera provvigione ed è perciò unico legittimato passivo (cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 11.06.2008 n. 15484).
7. Amministratore di condominio. L’amministratore di condominio (che può essere anche una persona giuridica, come ricordato dalla Cassazione civile -sentenza n. 22840/2006-) può agire in giudizio (Cassazione civile 16240/2003) ed irrogare sanzioni ai condomini che non rispettano il regolamento, laddove questo lo preveda. La stessa Cassazione civile (n. 14735/2006) ha affermato che: 1. al fine di attivarsi per far cessare gli abusi, l’amministratore non necessita di alcuna previa delibera assembleare, posto che egli è già tenuto ex lege (articolo 1130 comma 1 c.c.) a curare l’osservanza del regolamento del condominio al fine di tutelare l’interesse generale al decoro, alla tranquillità ed all’abitabilità dell’edificio 2. rientra nelle sue facoltà, ai sensi dell’articolo 70 disp. att. c.c., anche quella di irrogare sanzioni pecuniarie ai condomini responsabili di siffatte violazioni del regolamento, ove lo stesso preveda tale possibilità. 3. Il condominio, pur potendo essere amministrato da una persona giuridica, non è ex se una persona giuridica, ma ente di gestione, con la conseguenza applicativa che la notifica della domanda giudiziale non si fa secondo le disposizioni previste dall’articolo 145 c.p.c., ma va fatta alla persona dell’ amministratore e, se non può essere fatta all’amministratore di persona, va fatta a norma degli articoli 139 e ss. 4. l’amministratore di condominio può stare in giudizio senza necessità di autorizzazione dell’assemblea (Cassazione civile n. 3064/2007). Laddove un condomino deceda, l’amministratore che viene a conoscenza del decesso di un condomino, non avendo utili elementi di riferimento e non essendo obbligato a fare alcuna particolare ricerca, non è tenuto ad inviare alcun avviso fino a quando gli eredi non gli manifesteranno la loro qualità (Cassazione civile n. 6926/2007). L’amministratore è tenuto a rispettare la normativa vigente in tema di riservatezza, come chiarito, di recente, dal Garante per la protezione dei dati personali. Il condominio è custode rispetto ai danni derivati ai condomini. L’imprudenza del danneggiato può essere ritenuta idonea ad integrare il concorso colposo del creditore, nella verificazione del danno (Cassazione civile n. 22882/2007).
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