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Gli atti della pubblica amministrazione. Annullamento e risarcibilità del danno
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a cura della redazione
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L’autorità della p.a., giuridicamente definibile potestà, non è da intendersi come incondizionata bensì soggetta a rigorosi, virtuosi e stabili criteri e limiti obbligatori secondo legge, validi anche nelle pratiche giuridiche. Comportamenti e scelte della p.a. rilevano, per l’ordinamento, sul piano dell’illegittimità ed illiceità, potendo generare, cioè, accumulazione di illegalità e favorire l’espansione radicale e trasversale di responsabilità. L’esercizio senza titolo ovvero illegittimo di una funzione amministrativa, deviando da uno stato di armonia legale e sistemica con il cittadino, è fonte di lesione dell’interesse al bene della vita cui l’interesse legittimo si correla e, quindi, di danno risarcibile, se sussistente unitamente agli ulteriori elementi costitutivi della tutelabilità aquiliana (antigiuridicità, nesso causale, imputabilità e colpevolezza). Il potere pubblico di cui è titolare la p.a. deve caratterizzarsi quale guida per l’interesse comune e, quindi, implica il rispetto, da parte del privato, di obblighi particolarmente stringenti i quali, però, non possono tradursi in condizionamenti e/o forzature “corrosive” dei diritti del privato stesso, determinandone, di fatto, una sorta di “embargo giuridico” o la posticipazione delle tutele. Sotto il profilo della giurisdizione, la titolarità spetta al giudice amministrativo: questi deve verificare il corretto esercizio del potere ovvero, nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva (d.lgs n. 80/1998 e l. n. 205/2000), esaminare anche gli effetti prodotti in esecuzione dell’attività amministrativa (Cass. sez. un. 31.03.2005 n. 6745, 09.03.2005 n. 5078, 17.11.2004 n. 21710) e, quindi, le azioni risarcitorie (Cons. Stato ad. plen. n. 4/2003 e 18.10.2004 n. 10) , anche nei casi in cui il privato non abbia interesse all’annullamento dell’atto lesivo (Corte Cost. n. 281/2004, Cass. sez. un. ord. nn. 13659, 13600, 13911/2006) . La p.a., pertanto, non può agire nella propria unica dimensione bensì in un’ottica di interrelazioni con il privato: per certi versi, la situazione giuridica del privato che viene a contatto con la p.a. può addirittura ritenersi anche più corposa in quanto la p.a. è tenuta ad attenersi a determinate norme di esercizio del potere e di rispetto del soggetto privato. La giurisdizione amministrativa, indice costituzionale della sindacabilità dell’attività della p.a., sussiste non soltanto quando l’impugnazione riguardi un atto di un procedimento amministrativo ma anche quando sia finalizzato ad ottenere la tutela di un diritto soggettivo (o strumentale all’interesse legittimo), in presenza di un comportamento della p.a. connesso all’esercizio della funzione pubblica ovvero quando esercita il potere autoritativo o strumenti negoziali in sostituzione di quest’ultimo: l’area della giurisdizione ordinaria, invece, è ritenuta per comportamenti riconducibili a strumenti intrinsecamente privatistici (Corte Cost. 11.05.2006 n. 191, Corte Cost. 06.07.2004 n. 204, Cons. Stato ad. plen. nn. 9 e 4/2005, 09.02.2006 n. 2, Cass. 20.12.2006 nn. 27190, 27191, 27193) (4). Si è parlato, peraltro, che ne discenderebbe, addirittura, una sorta di indifferenza od intercambiabilità della tutela fornita dai due ordini di giurisdizione (Corte Cost. n. 140/2001) . Diversamente, è stata sostenuta la regola della pregiudizialità ovvero l’azione di risarcimento va proposta insieme o dopo quella di annullamento (Cons. Stato ad. plen. n. 12/2007, Cass. sez. un. n. 1207/2006) : ciò in quanto la tutela risarcitoria (patrimoniale) svolge una funzione complementare ovvero interviene nei casi in cui l’annullamento dell’atto non soddisfa le ragioni del privato, potendo ottenere la riespansione del diritto soggettivo soltanto con l’annullamento e, quindi, successivamente avere titolo per chiedere il risarcimento innanzi al giudice ordinario (Cass. sez. prima 01.09.1997 n. 8297) . Non si potrebbe, cioè, ritenere ingiusto il danno causato da un atto che, in quanto non rimosso, legittimamente produce i propri effetti. In altri termini, l’azione di annullamento costituirebbe il principale strumento di tutela degli interessi legittimi. All’uopo, va precisato che l’annullamento d’ufficio (con efficacia retroattiva), la revoca (con efficacia non retroattiva), la convalida, la ratifica, la sanatoria rappresentano le tipologie di autotutela amministrativa con cui la p.a. risolve unilateralmente i conflitti potenziali ed attuali relativi ai suoi provvedimenti, salvo ogni sindacato giurisdizionale. Tuttavia, non si può distinguere tra diritti soggettivi ed interessi legittimi in riferimento alle forme di tutela: essi andrebbero, cioè, considerati alla stregua del diritto oggettivo. In entrambe le situazioni giuridiche soggettive, il risarcimento del danno, peraltro, costituisce la misura minima e, perciò, necessaria di tutela. In tal senso, è l’azione demolitoria (l’annullamento dell’atto) a costituire un quid pluris, cioè un’ulteriore scelta di tutela: l’annullamento opera, cioè, su un piano diverso dall’accertamento del danno. L’illegittimità dell’atto, quindi, non è sanata dall’eventuale sopravvenuta inoppugnabilità del medesimo. Infatti, il danno può anche derivare non dall’atto, infine adottato in senso conforme all’interesse del richiedente, bensì dal ritardo con cui è stato emesso nonché dalle condizioni (sospensive o risolutive) apposte al rilascio di un provvedimento costitutivo (e quindi illegittime e nulle), subordinando cioè quest’ultimo all’accettazione, da parte del privato, delle condizioni. Peraltro, il diritto al risarcimento del danno è distinto dalla situazione giuridica soggettiva, rilevando la lesione di quest’ultima ed il danno ingiusto (Cass. sez. un. 22.07.1999 n. 500) più che lo stretto collegamento illegittimità dell’atto-illiceità della condotta: l’illegittimità, accompagnata dalla lesione dell’interesse legittimo, deve avere impedito il raggiungimento dell’utilitas. Bisognerebbe, peraltro, valutare, addirittura, la possibilità, per il privato, di raggiungere ugualmente l’utilitas qualora l’illegittimità non si fosse verificata. Esisterebbero, altresì, danni-evento (in re ipsa), risarcibili sulla base della sola dimostrazione della lesione dell’interesse protetto, a prescindere da qualsiasi prova sulle relative conseguenze. La tesi della risarcibilità fa riferimento all’azionabilità dell’art. 2043 c.c. per il danno con lesione di situazioni protette: nell’ordinamento interno, le situazioni tutelate sono quelle costituenti diritto soggettivo ma anche interesse legittimo. Nei casi in cui non sussista giurisdizione esclusiva amministrativa ed ove possibile, il giudice ordinario, in sede di verifica della risarcibilità del danno, ben potrebbe accertare, direttamente, l’illegittimità del provvedimento. In sostanza, il privato leso da un atto amministrativo illegittimo ben può adire il giudice amministrativo per ottenere il risarcimento, anche senza dover chiedere l’annullamento dell’atto (Cass. sez. un. 23.12.2008 n. 30254) e quindi senza pregiudizialità (Cass. 16.05.2003 n. 7630) : la scelta tra le possibili tipologie di tutela è libera per il privato e quest’ultimo non può essere costretto a promuovere azioni che non ritiene nel proprio interesse. Pertanto, il giudice amministrativo non può negare la tutela risarcitoria degli interessi legittimi sul presupposto che l’illegittimità dell’atto debba essere stata precedentemente richiesta e dichiarata. In ultima analisi, l’evoluzione giurisprudenziale in materia tende a slegare la concezione tradizionale dell’interesse legittimo, che poneva in primo piano l’interesse pubblico, dalle relative forme di tutela esperibili da parte del privato.
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